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TERZA SERIE

AVVERTENZA

Il presente volume, secondo della III Serie dei Documenti Diplomatici Italiani, abbraccia il periodo dal 1° maggio 1897 al 23 giugno 1898. Esso termina cioè con la caduta del secondo Ministero Di Rudinì.

I documenti raccolti e pubblicati provengono da:

l) Archivio Storico del Ministero degli Affari Esteri. Fondi: a) Telegrammi in partenza; b) Telegrammi in arrivo; c) Serie Politica; d) Archivio Riservato del Segretario Generale e del Gabinetto; e) Archivio della Legazione di Vienna; f) Carte eredità Nigra.

2) Archivio Centrale dello Stato, Carte Martini.

3) Archivio Visconti Venosta, Santena.

Le ll'icerche condotte nelle Carte Visconti Venosta dell'Archivio Centrale dello Stato hanno dato esito negativo.

Si riferiscono al periodo compreso nel presente volume i Libri Verdi n. 96 e n. 97, rispettivamente presentati alla Camera dei Deputati in data lo dicembre 1897 e 29 novembre 1898, e riferentisi al conflitto turco-ellenico e alla questione di Creta.

I documenti già pubblicati nei Libri Verdi sono stati collazionati, per quanto possibile, con gli originali esistenti nell'Archivio Storico del Ministero degli Affari Esteri.

Purtroppo non si è rinvenuta alcuna traccia di documenti relativi al colloquio avuto dal Visconti Venosta con il Goluchowski a Monza il 7 novembre 1897, in occasione della visita che questi fece al Re Umberto in quella località. Come è risaputo, il colloquio si concluse con un accordo per la questione albanese che a distanza di due anni doveva esseil'e sancito con uno scambio di lettere a firma dei due Ministri: inutili in proposito sono state le ricerche condotte nell'Archivio Storico del Ministero degli Esteri, nell'Archivio Visconti Venosta di Santena, nelle Carte Visconti Venosta dell'Archivio Centrale dello Stato, nelle Carte dell'eredità Nigra e in r1uelle della famiglia Pansa.

Nelle carte della Legazione di Vienna si è soltanto ~rinvenuto, unito al dispaccio con cui il Ministro Visconti Venosta dava istruzioni al Nigra per lo scambio di lettere con il Goluchowski, l'appunto che si pubblica in nota a pag. 215.

Per l'uso delle abbreviazioni e per le norme seguite nella pubblicazione dei documenti si rinvia a quanto indicato nella prefazione generale al primo volume della Raccolta.

Si avverte soltanto che la grafia, talvolta errata, dei nomi propri e di luoghi, l'interpunzione e l'uso delle maiuscole e delle minuscole sono stati riportati con rigorosa -fedeltà al testo nei dispacci, nei rapporti e nelle lettere, ma non nei telegrammi il cui testo contiene spesso inesattezze dovute ad errori di decifrazione.

Nel momento di licenziare alle ·stampe il volume sento il dovere di ringraziare l'amico prof. Ruggero Moscati, che mi è stato largo di consigli e di indicazioni, e di esprimere la mia gratitudine al dott. Mario Pastore per la sua preziosa collaborazione, alla dottoressa Emma !annetti Minniti e alla professoressa Anna Ronchetti Colesanti che mi hanno coadiuvato nelle ricerche, nella paziente e sagace conrezione delle bozze e nella compilazione degli indici.

GIACOMO PERTICONE.

VII


DOCUMENTI
1

L'AMBASCIATORE A LONDRA, FERRERO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 2065. Londra, 1 maggio 1897, ore 20,47.

Oggi soltanto ho potuto avere informazioni chieste da V. E. cogli ultimi telegrammi. Riguardo blocco Creta Salisbury pensa che esso possa essere levato appena uscite dall'isola truppe greche, a condizione si prendano !Precauzioni evitare arrivo neWisola di volontari, armi, munizioni; riguardo nomina di un Governatore, egli ha riconosciuto più volte essere la cosa desiderabile, ma, non volendo Governatore sia un inglese, aspetta che qualche potenza indichi persona adatta; riguardo alla proposta germanica per la conclusione della pace ritiene quanto segue: l) circa restituzione alla Turchia di alcuni punti di importanza strategica alla frontiera non ha nulla da obiettare; 2) circa l'indennità neppure, sempre che sia moderata; 3) intorno capitolazioni non vuole prendere nessuna iniziativa, ma è pronto secondare altre potenze che cercassero farle mantenere; 4) dichiara di essere assolutamente indifferente a quanto si riferisce al trattato estradizione sembrandogli cosa che concerne le sole due potenze interessate.

2

IL MINISTRO AD ATENE, AVARNA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 744/365 (1). Atene, 2 maggio 1897.

Ho fatto ieri la mia prima visita ufficiale al nuovo ministro degli affari esteri, signor Scouloudis. In conformità delle istruzioni impartitemi dall'E. V. col telegrafo in data del 30 aprile scorso (2), io mi espt!'essi seco lui in termini di simpatia e di benevolenza e gli rappresentai come il miglior consiglio che poteva esser dato in questo momento al Governo ellenico fosse quello d'impegnarlo a non prolungare una lotta oramai inutile e di affrettarsi ad invocare la mediazione del concerto europeo. Gli feci intendere ad un ,tempo che, qualora il Governo ellenico a ciò s'inducesse, l'Halia avrebbe recato nel compito comune il proposito di adoperarsi, per quanto da essa dipendeva, in favore degli interessi e della dignità della nazione ellenica. Cercai quindi di scandagliare il pensiero del Governo per conoscere quali fossero le sue intenzioni a questo riguardo.

Il ministro mi ringraziò anzitutto per la simpatia dimostratagli e per i consigli da me datigli e mi disse che la Grecia avea seguito con soddisfazione. le intenzioni benevole manifestate dall'Italia durante i vari periodi della quistione. Ed aggiunse ch'egli si felicitava di questo cambiamento operatosi nei sentimenti della nazione, giacchè esisteva dapprima nell'opinione pubblica del paese un

I -Documenti diplomatici · Serie JII -Yol. Il.

certo malumore pel contegno tenuto nel passato dall'Italia a riguardo della Grecia.

Il ministro mi dichiarò poscia che il Governo non avea ancora preso, nè pensava prendere alcuna decisione prima di ricevere la relazione, di cui erano sta'ti incaricati i ministri della guerra e dell'interno partiti nella notte dei giorno precedente per Volo a fine di esaminare le condizioni dell'esercito. Nel riferirmi quindi il colloquio da lui avuto col ministro di Russia, di cui è parola nel mio telegramma del l o corrente (l), il ministro mi disse, come opinione sua personale, che la Grecia sarebbe disposta ad accogliere le proposte che le fossero fatte dalle potenze, ma che non credeva poterne fare per ora alcuna per le conseguenze che tale sua iniziativa avrebbe potuto avere nel paese. Nel corso del colloquio il signor Scouloudis si dimostrò meco molto preoccupato della situazione e specialmente di quella che gli eventi avevano creato alla dinastia.

(l) -Con R. 145/366 di pari data, non pubblicato, l'Avarna riferiva su un suo colloquio col presidente del consiglio greco, Ralles. (2) -Cfr. LV 96, p. 230, n. 483.
3

L'AMBASCIATORE A VIENNA, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 1492/395. Vienna, 3 maggio 1897. Ho eslPosto al conte Goluchowski il contenuto del telegramma di ieri sera (1), col quale io ero incaricato di fare dei passi presso questo ministro per indurlo a consentire a propome la mediazione delle Potenze tra la Grecia e la Turchia, senza esigere che ne venga fatta richiesta dalla Grecia, conformemente alla proposta dei Ministri di Russia, di Franc.ia, d'Inghilterra e d'Italia in Atene. Il conte Goluchowski cominciò col dirmi che, secondo le informazioni da lui ricevute da Berlino, il conte Muravieff aveva inviato al Ministro russo in Atene altre istruzioni che rendevano senza effetto la comunicazione dei quattro Ministri, riferita nel citato telegramma di V. E. Ma, esaminando la questione indipendentemente da questo incidente, il conte Goluchowski mi fece le seguenti osservazioni, confermando in sostanza ciò che ebbe a diJ"mi ripetutamente negli ultimi giorni. Il sentimento filellenico europeo, disse il conte Goluchowski, altamente commendevole in sè, e del quale si è dovuto e si deve ·tener conto, ha impedito le gtrandi Potenze dal rendere alla Grecia il grande servizio di usare verso di essa i mezzi coercitivi che soli avrebbero potuto evitare la guerra. I consigli delle potenze, privi di sanzione, non furono ascoltati e la guerra scoppiò. La Grecia ha subìto rovesci, ma non è abbattuta, non ha rinunciato alla speranza di una vittoria, e non vuoi chiedere mediazioni, e finora almeno non ha richiamato le sue truppe da Creta. L'opinione pubblica in Grecia non è preparata ad una mediazione il cui risultato, nella migliore delle ipotesi, sarebbe di ridurre le .cose allo statu quo ante, salvo U vantaggio della promessa autonomia di Creta. Ora, secondo il concetto del conte Goluchowski, perchè la mediazione sia efficace, e non finisca in un nuovo scacco

della diplomazia europea, è indispensabile che la necessità di essa sia sentita e riconosciuta dal Governo e dal popolo greco. E come prova di questo sentimento,

il) Cfr. LV 96, p. 230.

e come prima guarentigia dell'accettazione dell'opera delle potenze, il Governo greco dovrebbe richiamare senza ritardo da Creta tutti i soldati greci. Senza il compimento di questa prima condizione il conte Goluchowski non è disposto a dare il suo appoggio ad una proposta di mediazione, e a prestar le mani dall'un lato ad un nuovo insuccesso della diplomazia europea, e dall'altro ad uno scoppio di accuse da parte dei patrioti greci e forse ad una rivoluzione in Atene.

Finalmente il conte Goluchowski aggiunse che l'Austria-Ungheria, se doveva dall'un lato tener conto dell'opinione del Governo italiano di cui io mi era reso interprete, non poteva d'altro lato mettere in non cale la risoluzione dell'imperatore di Germania, il quale. si mostrava ben deciso a non entrare in nessuna mediazione se prima la Grecia non ritirava le truppe da Creta e non si mostrava disposta ad accettare con deferenza l'opera dell'Europa in suo favore.

4

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, AGLI AMBASCIATORI A BERLINO, LANZA, A LONDRA, FERRERO, A PARIGI, TORNIELLI, A PIETROBURGO, MAFFEI, E A VIENNA, NIGRA

(Ed. in LV 96, p. 232)

T. 1277. Roma, 4 maggio 1897, ore 11,20. I telegrammi del R. Ministro in Atene indicano che i ministri ellenici non escludono il concetto di una mediazione ma non sono disposti almeno per ora, a prenderne l'iniziativa * per timore delle conseguenze che un simile passo potrebbe avere sulla situazione interna del paese. * In tale stato di cose è lecito chiedersi se convenga, per una questione di puro formalismo, lasciar protrarsi una situazione che potrebbe in Grecia riuscire pericolosa * all'ordine e alla monarchia, * mettendo l'Europa in faccia a nuove e maggiori complicazioni.

Prego V. E. di esprimersi confidenzialmente in questo senso col ministro degli affari esteri, e di farmene conoscere il pensiero.

5

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, ALL'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI

T. 1284. Roma, 4 maggio 1897, 01·e 14,15. Il R. Agente in Tuni;i mi telegrafa quanto segue (l): «Corre voce a Gabes di gravi torbidi alla frontiera tripolo-tunisina, ed il R. Vice Console a Susa mi riferisce che l'autorità militare cerca di prendere a nolo per sei mesi mille carri da far partire fra breve per detta frontiera». Prego V. E. di segnalare queste nostre notizie al sig. Hanotaux per fornirgli occasione di opportuni schiarimenti. V. E. sa che rispetto a quella regione il nostro intendimento è solo che vi sia mantenuto lo statu quo. L'autorizzo a farne, nel corso della conversa

zione, schietta dichiarazione. Gioverebbe che ella potesse ottenerne identica assicurazione dal sig. Hanotaux.

(l) Si tratta del tel. n. 1816 del 3 maggio, non pubblicato.

6

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, ALL'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, PANSA

T. 1289. Roma, 4 maggio 1897, ore 20,30. È probabile che codesto ambasciatore di Russia riceva istruzioni di adoperarsi, d'accordo coi colleghi, presso la Sublime Porta per indurla a ·prestarsi alla mediazione delle potenze di cui si farebbe intanto la proposta al Governo

ellenico. In tale ipotesi l'E. V. è fin d'ora autorizzata ad associarsi ai colleghi per l'azione che in tal senso fosse da esercitarsi.

7

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, AL MINISTRO AD ATENE, AVARNA (Ed. in LV 96, pp. 232-33)

T. 1290. Roma, 4 maggio 1897, ore 20,30. L'ambasciatore di Russia mi ha fatto la seguente comunicazione: il Governo russo è informato che una pmposta di armistizio sarebbe accettata con riconoscenza dal Governo greco, ma il Gabinetto di Atene chiede, nell'interesse della dinastia, che l'iniziativa della proposta emani dalle grandi potenze. In tale stato di cose il Governo imperiale opina che le potenze potrebbero incaricare i loro rappresentanti di proporre al Governo greco la loro mediazione. Il ministro di Russia è stato invitato ad intendersi coi suoi colleghi e di procedere a tale proposta tosto che questi avranno ,ricevuto analoghe istruzioni. Nel caso in cui le potenze fossero concordi per la proposta di mediazione da farsi ad Atene, il ministro di Russia ha pure istruzione di intendersi coi colleghi per un modo di procedere che, senza * troppo* umiliare il Governo ellenico, gli faccia comprendere di dovere, nella situazione in cui si trova, rispondere alla generosa iniziativa delle grandi potenze, accettando senza riserva le loro raccomandazioni. Ho risposto all'ambasciatore che le avrei tosto impartite istruzioni di inten

dersi, per la proposta e per il procedimento, col collega di Russia e con gli altri muniti di analoghe istruzioni; il che faccio col presente mio telegramma.

8

L'AMBASCIATORE A VIENNA, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. CONFIDENZIALE S. N. Vienna, 4 maggio 1897. Goluchowsky mi ha riferito la sostanza di quanto fu convenuto tra i due imperatori a Pietroburgo, che si riduce ai punti seguenti: l) mantenimento dello statu quo in Oriente; 2) se questo dovesse necessariamente modificarsi in qualche punto, rimane inteso tra le due potenze che non si impadronirebbero di qualunque particella di territorio, mantenendo, d'altronde, fermo il concerto colle altre potenze. Pasetti informerà V. E. di ciò, ma Goluchowsky desidera che questa comu

nicazione resti confidenziale. Scriverò con occasione.

9

L'AMBASCIATORE A VIENNA, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. CONFIDENZIALE 1448/380. Vienna, 4 maggio 1897. lVIi pregio di rispondere ai due dispacci del 1° e del 26 aprile scorso, numeri 12135/274 e 15495/330 (1), coi quali. V. E. mi comunicò due rapporti de1 signor Leoni, R. Console a Scutari. Nel primo di questi rapporti il R. Console annunzia che il signor Hickel console generale d'Austria-Ungheria a Scutari fu traslocato al posto di Costantinopoli. Il signor Leoni commenta questo fatto osservando che il signor Hickel fu traslocato o per essersi troppo spinto nel lavorio della politica austriaca in Albania, ovvero per non aver abbastanza secondato quella politica. Questo commento mi dispensa dal fare lunghe osservazioni su quel rapporto. lVIi permetto soltanto di notare che è anche possibile che il trasloco del ·signor Hickel non sia stato determinato nè dall'uno nè dall'altro di questi motivi. Il conte Goluchowski, che pure aveva dovuto controfirmare il decreto, apprese da me questa modificazione avvenuta nel corpo cons!olare aust,ro-ungarico. Nel secondo rapporto del signor Leoni è narrato che un prete cattolico, suddito ottomano, suppongo albanese, dopo aver chiesto invano un colloquio col console del Montenegro, scrisse a questi che «i montagnoli albanesi bramerebbero avere qualche assicurazione se possono far calcolo sull'appoggio del Governo montenegrino, mantenendo le ostilità esistenti» (quali?) «ed aprendo in caso la stmda al medesimo, dandosi interamente a lui». Quel prete cattolico si sarebbe poi recato due volte al consolato austro-ungarico e all'arcivescovado. Il signor Leoni deduce da ciò: « che la mossa» (del prete) «fu fatta dietro suggestione e diTezione del consolato d'Austria; che nel suscitare i gravi fatti

recentemente avvenuti, l'Austria, per mezzo del clero, ebbe la mano; che quando volesse, altri del genere ne potrebbero sorgere, usando degli stessi strumenti».

Seguono altre gravi induzioni della stessa natura.

Io non abuserò del tempo di V. E. discutendo qui tali induzioni.

Io credo all'assicurazione formale più volte datami dal conte Kàlnoky e dal conte Goluchowski che il Governo austro-ungarico non ha alcuna mira ambiziosa sull'Albania e che non pensa ad impossessarsi di qualsiasi particella di territorio nè in quella nè in altre regioni; e che è fedele alle stipulazioni che lo legano coll'Italia. L'Austria ha colà come in qualche altra località, la protezione del dero cattolico, che contende alla Francia e che l'Italia non è certo nel caso di contestarle. A me non risulta che l'Austria abbia abusato per fini nascosti, ostili all'Italia, di questa sua posizione.

Se il R. Ministero ha notizia di fatti reali, che siano in opposizione a questa crede11za, io lo prego di informarmene, e saprò quello che ho da fare. Ma io non credo dover impiegare Ia mia azione per semplici sospetti e per induzioni a priori, non fondate su fatti. L'imputare al Governo austro-ungarico l'ostilità che il clero cattolico mostra al Governo italiano su tutta la faccia del globo è assolutamente ingiusto.

In tutti questi rapporti del R. console a Scutari io non vedo che una sola cosa seria, ed è il sospetto dell'agente italiano verso il suo collega d'AustriaUngheria, e quindi il sospetto verso il Governo austro-ungarico. Dico che questa cosa è seria, perchè sarebbe lamentevole se quel sospetto fosse condiviso dal Governo del Re.

(l) Non pubblicati.

10

L'AMBASCIATORE A PIETROBURGO, MAFFEI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. RISERVATO 227/127 (1). Pietroburgo, 4 maggio 1897.

Mi risulta che a Sofia furono accolte con molta soddisfazione le note identiche del conte Murawieff e del conte Goluchowski, aprendo quest'ultima la via ad un riavvicinamento ·coll'Austria-Ungheria, che sempre erasi palesata così fredda per la Bulgaria.

For·se la mutata situazione odierna permetterà finalmente al principe Ferdinando di concertare una gita a Vienna. So che ciò forma un suo voto ardentissimo.

Come .sintomo dei tempi riuscirà d'interesse per V. E., il conoscere che lo Czar ha, di moto proprio, concesso il gran Cordone di S. Anna al ministro della guerra bulgaro, in riconoscimento del contegno corretto da lui mantenuto nella crisi odentale. Infatti l'ufficioso Mi1· •continua a raccomandare d'astener.si dal provocare qualsiasi agitazione in Macedonia per non scontentare il Gabinetto di Pietroburgo, e non perdere la sua p1·otezione.

A questo riguardo non debbo passar sotto silenzio che.il conte Muravieff, al momento in cui l'attitudine del Governo di Sofia nella questione dei bérats, sembrava assumere un carattere minatorio, enunciò nettamente all'agente principesco qui accreditato, signor Stancioff, che se la Bulgaria suscitava imoarazzi, non doveva fare assegnamento sull'appoggio di alcuna potenza, e tanto meno su quello della Russia.

Il medesimo signor Stancioff è adesso intento a negozLare un trattato di commercio la cui stipulazione sarebbe seriamente compromessa in caso di complicazioni.

Da una :fonte che ho ragione di credere autorevolissima, ho ricevuto ulteriori particolari circa la vera natura deg'li accordi intervenuti tra la Serbia e :la Bulgaria, per una eventuale linea di ·condotta comune, ·Che fornì materia a tanti racconti.

Riassumendo quanto ho avuto l'onore di riferire a V. E. su questo soggetto. tutto si ridurrebbe ad una lettera scambiata fra i ministri degli ester! di quei due paesi, dutante il soggiorno di re Alessandro a Sofia, a termini della qualt" si stabilirebbe mutuamente l'impegno di non intraprendere alcuna azione isolata contro i propri vicini. Gli sforzi del Gabinetto di Be'lgrado, non sarebbero riusciti ad ottener di più, e, secondo le mie informazioni, della lettera in dissenso si convenne dar comunicazione al Principe di Montenegro.

P. -S.-Mi giunge in questo istante a notizia che il signor Stancioff ha avuto incarico di esprimere al Governo russo i più vivi ringraziamenti per la nota del conte Mouravieff facente constare il modo irreprensibile in cui il Principato si comportò nella fase attuale del'la questione d'Oriente, e di dare l'assicurazione che la Bulgaria non si scosterà da quella politica in conformità delle recenti dichiarazioni del signor Stoiloff alla Sobranjè.
(l) -Il rapporto fu inviato ~er corriere a Berlino da dove venne ritrasmesso al ministero per posta.
11

L'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA (Ed. in LV 96, p. 234)

T. 1837. Parigi, 5 maggio 1897, ore 17,50 (per. ore 20,20). Minista:-o degli Affari Esteri mi disse di aver dato istruzioni al ministro di Francia a Atene nel senso di quelle ricevute colà dal rappresentante russo, *ma di avere contemporaneamente esposto al Gabinetto di Pietroburgo la necessità di non lasciarsi attorcigliare dai raggiri del Gabinetto di Atene, di cui la sincerità è dubbia, e che, a parer suo, manovra a condurre le cose al punto in cui l'una o l'altra potenza spinte dall'opinione pubblica, potrebbero trovarsi costrette di intimare alla Turchia di fermarsi e di opporsi colla forza ai progressi della medesima. * Ministro degli affari esteri ha rappresentato a Pietroburgo l'ur:genza di ottenere il richiamo non solo del colonnello Vassos e di due ufficiali, ma del corpo di truppe elleniche dalla Creta; in caso contrario bisogna prevedere che la Turchia vi spedirà delle trUJppe: potrà così nascere una ·Situazione nella quale

le potenze troveranno le maggiori difficoltà per mantenere l'impegno da esse preso di assicurare all'isola l'autonomia.

12

IL MINISTRO AD ATENE, AVARNA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 1856. Atene, 6 maggio 1897, ore 21,40 (per. il 7, ore 6). In una riunione tenutasi casa ministro di Francia, a cui parteciparono anche i rappresentanti di Germania e Austria-Ungheria, io ed i miei col'leghi siamo convenuti, in attesa delle istruzioni che sarebbero impartite ai detti rappresentanti, di affidare ministro di Russia, come decano del corpo diplomatico, incarico fare, in nome nostro e suo, Governo ellenico proposta mediazione potenze. A tale effetto si sono concretati termini nota, con cui si affida mandato ministro di Russia e si è stabilito sottometterla approvazione rispettivi governi. Ecco il testo: «Les représentants etc.... confient à leur collègue et doyen qui veut bien s'en charger le soin de proposer au Gouvernement hellénique, tant en leur nom qu'au sien, la médiation des puissances, en vue d'obtenir 'conclusion aussi prompte que possible entre la Grèce et la Turquie d'un arm1stice qui serait un

acheminement vers la solution pacifique définitive des difficultés actuelles. Ministre Russie en prendra occasion pour démontrer au ministre des affaires etrangères que dans conjoncture aussi critique aussi pressante Grèce ne saurait mieux répondre à l'initiative amicale, :pleine sollicitude de,s: :puissances qu'en leur ahandonnant Ie soin de ses intérets et en adhérant sans réserve à leurs conseils et à leurs recommandations ».

In vista urgenza che vi sarebbe fare proposta in discorso, si è ad un tempo convenuto pregare rispettivi governi ottenere dai Governi germanico e austroungarico ,perchè istruzioni di associarsi ai colleghi siano impartite loro rappresentanti Atene, i quali dal Iato loro telegrafano Berlino e Vienna testo nota.

13

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DELL'INTERNO, RUDINI', AL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, MALVANO

L. S.N. Roma, 6 maggio 1897.

Il barone Pasetti ha voluto conferire con me e mi ha ripetuto, diffusamente, quanto Goluchowski avea comunicato a Nigra.

Se ne avrò tempo scriverò un piccolo verbale della conversazione avuta.

A ogni modo Ella potrà informare il marchese Visconti Venosta della comunicazione fattami dal barone Pasetti (1).

14

IL MINISTRO AD ATENE, AVARNA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 780/386. Atene, 6 maggio 1897.

Con telegramma in data del 4 k:orrente (2) feci conoscere all'E. V. che questo ministro di Russia avevami dato lettura di un telegramma del conte Muraview con cui gli s'impartiva l'istruzione di concertarsi coi suoi colleghi a fine di

I due imperatori, aggiunse il barone Pasetti, sono stati di accordo che convenisse man

tenere il concerto delle grandi potenze, e perseverare altresi nel mantenimento dello statu quo.

Che se avvenimenti imprevedibili avessero imposto una mutazione dello statu quo,

nelle provincie europee dell'Impero turco, bisognava che le potenze escludendo ogni pensiero

di conquista, si concertassero per ottenere una sistemazione delle provincie sudette. Mi

disse ancora che quanto a Costantinopoli (con la zona che ne dipende), agli stretti, e alle

provincie asiatiche, non si poteva, in nessun caso, ammettere una mutazione qualsiasi.

Risposi al barone Pasetti, ch'io ero felice della comunicazione fattami. Che il desiderio

di mantenere lo statu quo in Oriente era stato il mio pensiero costante. Che al Governo,

come all'opposizione, avevo sempre sostenuto la necessità del matenimento dello statu quo.

Comprendevo però che lo statu quo poteva essere alterato per forza maggiore, ma che, in

questo caso, il reciproco generale disinteresse delle grandi potenze era una guarentigia di

pace. Che non avevo perciò nessuna difficoJtà ad accettare il principio del generale disin

teresse di tutte le grandi potenze.

E colsi quest'occasione per dire che a torto si attribuiva all'Italia l'aspirazione a

impadronirsi dell'Albania e della Tripolitania. Noi non abbiamo interesse o desiderio

d'ottenere simili ingrandimenti territoriali, che non sarebbero elemento di forza ma di

debolezza. Ci rincrescerebbe però se questi territori dovessero passare nelle mani d'altre

potenze. Il reciproco disinteresse delle grandi potenze ci rassicura e ci basta. Siamo con ciò

pienamente soddisfatti.

Questa è la sostanza della conversazione avuta quest'oggi con S. E. il barone Pasetti ambasciatore d'Austria-Ungheria •.

proporre al Governo ellenico la mediazione spontanea delle grandi potenze in vista di un armistizio, mediazione però che dovea esser da essa accettata senza riserva. Nell'intendimento del Governo russo tale proposta avea per iscopo di salvare la dinastia e risparmiare un'umiliazione alla Grecia.

Siccome era urgente di fare una simile proposta e tale era pure il parere dei miei colleghi, di cui alcuni avevano già ricevuto istruzioni in proposito, pregai V. E. di volermi telegrafare al più presto se io fossi o meno autorizzato ad associarmi alla medesima.

Nella notte del giorno medesimo mi pervenne il telegramma di V. E. col quale, nel riferirmi la comunicazione fattale nel senso suddetto da codesto ambasciatore di Russia, m'impartiva l'istruzione d'intendermi circa la proposta in discorso e circa il procedimento della medesima, col mio collega di Russia e con gli altri colleghi che fossero muniti di analoghe istruzioni.

Essendomi affrettato di abboccarmi con vari rappresentanti seppi che tutti erano già muniti d'istruzioni, salvo l'incaricato d'affari d'Austria-Ungheria e che le istruzioni ricevute dal rappresentante di Germania differivano del tutto da quelle dei suoi colleghi. Infatti mentre questi erano autorizzati ad associarsi alla proposta di mediazione suggerita dal Governo russo, al barone Plessen era ingiunto di non far passo qualsiasi presso il Governo ellenico prima ch'esso avesse dichiarato di accettare l'autonomia di Creta e di consentire al ritiro delle sue truppe dall'isola.

Nonostante ciò si convenne tra noi di procedere ad uno scambio di idee e di riunirsi dal ministro di Francia, che era ritenuto in casa da una lieve indisposizione.

In tale riunione, che fu tenuta il 6 corrente, ed alla quale parteciparono pure i rappresentanti di Germania e d'Austria-Ungheria, si decise, in attesa delle istruzioni che sarebbero impartite ai detti rappresentanti, di affidare al ministro di Russia, nella sua qualità di decano, il mandato di fare, in nome nostro e suo, al Governo ellenico la proposta di mediazione per parte delle potenze. A tal effetto si fissarono i termini della nota da dirigersi al signor Onou constatanti il mandato affidatogli. Ma prima di rimettergliela si stabilì di sottometterla all'approvazione dei rispettivi Governi.

Mi pregio di qui unito trasmettere a V. E. una copia di quella nota.

In vista dell'urgenza che vi era a far la proposta in discorso, si convenne ad un tempo di pregare i rispettivi Governi di ottenere dai Governi di Germania e d'Austria-Ungheria, perchè istruzioni di associarsi ai loro colleghi fossero possibilmente impartite ai loro rappresentanti, i quali del resto loro dichiararono che avrebbero sottomesso la nota suddetta a Berlino ed a Vienna.

.ALLEGATO

Les représentants de la Grande Bretagne, de l'Allemagne, de la France, de l'Italie et de l'Autriche-Hongrie confient à leur collègue et doyen qui veut bien s'en charger le soin de proposer au Gouvernement hellénique, tant en leur nom qu'au sien la médiation des puissances en vue d'obtenir la conclusion aussi prompte que possible entre la Grèce et la Turquie d'un armistice, qui serait un acheminement vers la solution pacifique et définitive des difficultés actuelles.

Mr. Onou en prendra occasion pour démontrer à monsieur le Ministre des Affaires Etrangères que, dans des conjonctures aussi critiques et aussi pressantes, la Grèce ne saurait mieux répondre à l'initiative amicale et pleine de sollicitude des puissances, qu'en leur abandonnant le soin de ses interets et en adhérant sans réserve à leurs conseils et à leurs recommandations.

(l) Il verbale del colloquio fu trasmesso al Malvano in data 7 maggio secondo il testo qui riprodotto: « Il barone Pasetti mi disse che nell'assenza del marchese Visconti Venosta ha voluto vedermi per informarmi di quanto erasi stabilito, per le cose d'Oriente, nei recenti colloqui di Pietroburgo, fra lo Czar e l'imperatore d'Austria-Ungheria.

(2) Si tratta del tel. n. 1822, non pubblicato.

15

IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, BONIN LONGARE, AL MINISTRO AD ATENE, AVARNA

T. 1321. Rom.a, 7 maggio 1897, ore 17,30.

Approvo progetto nota. Ho telegrafato a Vienna e a Berlino per sollecitare approvazione e istruzioni di quei due Governi (1).

16

IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, BONIN LONGARE, AGLI AMBASCIATORI A PARIGI, TORNIELLI, A LONDRA, FERRERO, A PIETROBURGO. MAFFEI, A VIENNA, NIGRA, A BERLINO, LANZA, E A COSTANTINOPOLI, PANSA

T. 1324. Roma, 7 maggio 1897, ore 19,05.

Il R. ministro in Atene telegrafa quanto segue: « In una riunione..... (vedi telegramma n. 1856 da Atene) (2). Ho risposto ·al R. ministro approvando progetto nota.

(Per Vienna e Berlino). Dopo i fatti militari di ieri ogni ulteriore indugio mi parrebbe pericoloso. Prego adoperarsi nel modo che Le sembri più con,veniente per affrettare adesione di codesto Governo ed invio di analoghe istruzioni al suo rappresentante in Atene.

(Per gli altri). Ho pure telegrafato a Vienna e a Berlino per sollecitare approvazione e istruzioni di quei due :Governi.

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L'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA (Ed. in LV 96, pp. 235-36)

T. 1880. Berlino, 8 maggio 1897, ore 15,37 (per. ore 16,30).

Il giorno 5 io telegrafava a V. E. (3), ministro di Germania essere autorizzato associarsi passi colleghi per mediazione che assicurino in precedenza adesione Grecia a volere potenze circa Creta. A tale concetto non rispondendo nota concordata da rappresentanti per incaricare ministro di Russia prendere l'ini

lO

ziativa proposta mediazione, il ministro di Germania non potè associarvisi. Barone Marshall mi conferma ciò e mi soggiunge che a parer suo quella nota dovrebbe almeno essere redatta nel senso che ministro di Russia dovrà non solo cercare di persuadere Governo ellenico ad aderire consiglio potenze, ma ottenere da quello in un modo o nell'altro assicurazione come condizione mediazione che accetta autonomia Creta e ritiro truppe dall'isola. Gabinetto di Berlino è convinto che ottenuto armistizio e presa lena Governo ellenico non potrebbe più far concessioni a volere potenze, * senza mettere in pericolo monarchia. *

(l) -Il telegramma, molto modificato, è pubblicato in LV 96, p. 235, a firma di Visconti Venosta. Eccone il testo: • Approvo il progetto di nota da rimettersi a codesto governo per provocare da esso una domanda di mediazione •. (2) -Cfr. n. 12. (3) -Cfr. LV 96, p. 233.
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L'AMBASCIATORE A VIENNA, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 1881. Vienna, 8 maggio 1897, ore 15,55 (pe1·. ore 17,25).

Ho fatto a Goluchowski la comunicazione di cui V. E. mi ha incaricato con telegramma di ieri (1).

Goluchowski mi ha risposto che egli non insiste sulla formalità di una domanda scritta del Governo ellenico, ma crede indispensabile che qualsiasi proposta di mediazione sia preceduta dal richiamo effettivo delle truppe greche da Creta. Goluchowski soggiunse che noi dobbiamo anche tenere un poco conto della risoluzione dell'imperatore di Germania e non esporre ad un nuovo scacco le grandi potenze delle quali nessuna è disposta ad avvalorare la mediazione con una sanzione effettiva. Finalmente mi informò che il conte Murawieff impartì al ministro di Russia in Atene altre istruzioni.

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IL MINISTRO AD ATENE, AVARNA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 1882. Atene, 8 maggio 1897, ore 17,02 (per. o1•e 17,37 ).

Ministro di Germania mi riferisce telegramma Governo germanico, in cui si fa conoscere che l'imperatore di Germania mantiene suo punto di vista ante. riore, cioè che è necessario, .prima di proporre mediazione Governo ellenico, che esso dichiari formalmente accettare autonomia Creta, ritiro truppe isola; conseguentemente gli si ingiunga non partecipare alcuna azione per la mediazione, prima che tale dichiarazione sia stata fatta. Si osserva che sarà più facile al Governo ellenico giustificare provvedimenti suddetti di fronte alla popolazione « effettiva» prima dell'armistizio, anzichè dopo.

(l) Cfr. n. 16.

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APPUNTO DEL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

(AVV)

Roma, 9 maggio 1897.

II viaggio dell'imperatore Francesco Giuseppe a Pietroburgo ha dato l'occasione a uno scambio di vedute tra i due Governi intorno ai loro reciproci interessi in Oriente e segnatamente nella penisola dei Balcani. Da questo esame è risultato che questi interessi non si trovano in opposizione e che, se qualche difficoltà potesse sorgere, essa sarà però tale da poter essere appianata con delle franche spiegazioni. Così essi convennero che lo scopo da proporsi doveva innanzi tutto essere quello di conservare lo statu quo mediante l'unanime accordo delle grandi potenze. Questo statu quo dovrà essere, in ogni modo mantenuto, in nome di un interesse generale europeo, a Costantinopoli, e negli stretti e nei territori che li circondano. Quanto alle provincie europee della Turchia, se qualche modificazione diventasse, per la forza delle cose, necessaria, il Governo russo e il Governo austro-ungarico si sono reciprocamente assicurati di essere loro intenzione di astenersi, in questo caso, da ogni acquisto territoriale a proprio vantaggio. Questo principio di mutuo disinteresse dovrebbe essere rispettato anche dalle altre grandi potenze.

Nel portare, in modo strettamente confidenziale, a notizia del Governo italiano il risultato della visita imperiale a Pietroburgo, il conte Goluchowski ha altresì incaricato il barone Pasetti di aggiungere la formale assicurazione che i detti accordi non possono in nulla alterare le relazioni esistenti fra le tre Potenze a:Heate, che il Governo imperiale e reale è sempre animato dal desiderio di procedere in intiero accordo col Governo italiano, tenendo presenti gli impegni che esistono tra i due stati.

21

L'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

(AVV)

L. P. Parigi, 9 maggio 1897. Le sono molto grato di aver accompagnato il dispaccio relativo agli accordi commerciali (l) con la cortese lettera particolare del 1° corr. (l) di cui mi sono valso, come Ella potrà vedere nel rapporto che parte stassera col corriere (1). Finora non posso dirLe se non incontreremo la risposta dilatoria che la condizione presente delle cose non esclude dalle mie previsioni. Vorrei anch'io che qui si accettasse finalmente di entrare nel periodo di una formale trattativa. Però

ciò che scrivo nel rapporto ufficiale merita considerazione ed attenuerebbe in qualunque ipotesi il carattere di un indugio dimostrandone il motivo.

La questione della inopportunità di portare avanti alle Camere francesi

il patto commerciale quando queste saranno giunte all'ultima sessione della

presente legislatura, deve essere tenuta in molto conto. Non è in tale periodo

che i deputati vorranno facilmente incorrere nel biasimo degli elettori fra i

quali abbondano i protezionisti oscuri e tanto più ostinati quanto meno sono

aperti ad altri concetti d'ordine economico e politico. Il solo modo di evitare

la difficoltà sarebbe il condurre le trattative ad una conclusione rapidissima alla

quale temo osti l'indole stessa del negoziato.

Per una singolarità di circostanze la questione delle nostre relazioni commerciali con la Francia ha completamente cambiato, in pochi mesi, di posizione. Ci fondavamo in passato sovra gli interessi del commercio francese per vincere l'ostacolo di taluni gruppi produttori ed industriali della Francia e speravamo che la pressione che eserciterebbero quegli interessi preponderanti vincerebbe l'animosità politica che impediva il ravvicinamento. Nell'ora presente il signor Hanotaux ha ragione di credere ,che è nell'interesse politico ben inteso dei due paesi che l'accordo commerciale si faccia e misura egli stesso la forza di persuasione che gli argomenti politici potranno esercitare per vincere le opposizioni d'ordine economico. Mi era pertanto assai facile affrontare fiduciosamente con Hanotaux il tema assegnatomi dal dispaccio ufficiale perchè io aveva la persuasione di non incontrare da parte di lui le difficoltà di altri tempi. Ma io aspetto con qualche impazienza di conoscere il pensiero di Lei, Signor Marchese, circa il modo di arrivare a conchiudere un affare di questa importanza e vastità in così brev'ora. Capirà bene che io per il primo non desidererei di meglio che di condurre ogni cosa a buon fine in brevissimo termine. Ma la probabilità che tale mio desiderio si compia, non mi pare solidamente fondata e non soltanto per ciò che potrà dipendere dalla Francia, ma anche per la necessità di tutelare certe nostre ragioni.

Nel rapporto ufficiale mi sembra aver detto presso a poco tutto ciò che vi era di sostanziale nel colloquio avuto con il Ministro Hanotaux. Una so~a omisi delle considerazioni Ida lui svolte, ed è questa. Egli 'spontaneamente ha preso in ·considerazione la frequente mutabilità dei Ministeri per conchiuderne che la presenza di Lei al Governo in Italia era tale circostanza da pesare as.sai nella risoluzione da prendersi per trattare subito. Neppure in questa lettera ne parlerei se i continui e molesti rumori di crisi ministeriali non fossero registrati anche negli ultimi nostri giornali. Non per altro che per il bisogno che Ella sappia tutta la verità, mi consenta Le dica che se Ella si allontanasse dal Ministero, i gradi di probabilità di avere il trattato commerciale con la Francia diminuirebbero in grandissima misura. Mi lasci dunque aggiungere il mio voto perchè nessuna novità venga a sorprenderei in questo lavoro.

Circa il segreto, condizione assolutamente indispensabile per una trattativa che per necessità di cose prende colore politico, siamo perfettamente d'accordo. Però debbo segnalarLe che, volendosi dare una spiegazione della tendenza al rialzo dei fondi italiani, corse in Borsa qui il rumore che il Governo nostro pensi a riprendere le trattative commerciali e qualche cenno in questo senso è anche comparso in alcuni giornali. La cosa però non fu molto avvertita ed una smentita ne avrebbe ;potuto accrescere l'importanza.

Potremo rallegrarci se l'affare greco-turco finirà entro non troppo lungo termine e se sino alla fine l'accordo europeo sarà stato mantenuto. Lo averlo salvato incolume sarà stato un gran servizio reso all'umanità. A questo conto lasciamo pure che la povera diplomazia venga messa in canzone.

(l) Non pubblicato.

22

L'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 1919. Berlino, l O maggio 1897, o1·e 16,24 (pe1·. ore 17,30j

Rispondo telegramma V. E. in data di questa notte, (l) circa nota rimessa ieri da ministro affari esteri Atene ai rappresentanti esteri in quella capitale e premetto che da Pietroburgo e da Vienna dichiarazioni contenute in quella nota sarebbero considerate sufficienti per iniziare mediazione potenze, sebbene pa:rlino solamente n:-itiro truppe da Creta e non, come insisteva Germania, del dconoscimento autonomia isola. Mourawieff Goluchowski opinano che, la Grecia non essendo potenza firmataria trattati, non occorra, anzi sia pericoloso, chiedere le dichiarazioni esplicite relative a sorte futura di Creta. Stamane, essendomi trovato al dipartimento esteri insieme ai colleghi di Russia e di Austria-Ungheria, Marshall ci ricevette insieme e ci fece comunicazione che qui riassumo: « Governo germanico consente, per parte sua, e trova equo che sia accordato il chiesto libero passaggio navi greche per trasportare ufficiali e truppe che governo ellenico dichiara volere ritirare dall'isola; esso non trova, però, sufficienti quelle dichiarazioni per rendere possibile proposta di mediazione. II Gabinetto di Berlino non nega valore obiezione fatta Vienna e Pietroburgo, circa minor convenienza chiedere Grecia formale dichiarazione accettazione autonomia Creta e non insistere su tale questione · così posta, occorre però aver presente che Grecia agì contro volere potenze e contro il diritto delle genti con due distinti atti: l) coll'invio truppe a Creta; 2) con :presa possesso isola per ordine re di Grecia data Vassos il 1/13 febbraio e da questi pubblicata ai cretesi. Richiamo delle truppe ora promesso da Governo ellenico non distrugge, verso la popolazione cretese, quel secondo atto. Gabmetto di Berlino è convinto che, calmato per mezzo di un armistizio timore di una invasione turca, nè re, nè Governo eUenico avrebbe forza di !annullare que~l'atto e questione cretese risorgerebbe in tutta sua primitiva acutezza. In conseguenza di ciò Governo imperiale, pur non insistendo su riconoscimento autonomia cretese per parte di Grecia, opina che, prima di iniziare mediazione, le potenze debbano esigere da Governo ellenico, oltre la dichiarazione relativa richiamo truppe anche una speciale promessa generica che esso si sottomette alle decisioni delle potenze riguardo Creta». Circa notificazione blocco costa Epiro e golfo Salonicco, Governo imperiale non hé! dato fino ad ora alcuna risposta e sembra non intenda farne caso. È evidente che, Marshall non lo nasconde, Germania preferirebbe lasciare continuare guerra fino a che Grecia sia costretta invocare mediazione; ma poichè sembra prevalere desiderio di offrirla, Germania

non si ricusa, ma vuole garanzie che si farà opera veramente utile. Procurai, discorso privato, persuadere Marshall che quello scopo sarà più facilmente raggiunto se suo rappresentante Atene si associa deliberazioni colleghi, cercando conciliare tutte le idee, anzichè tenendosene separato come ora; il che dà luogo a supporre esistere disaccordo profondo fra le potenze.

(l) Cfr. LV 96, p. 236. Si tratta del te!. n. 1343 col quale Visconti Venosta comunicava a Torniel!i, Ferrero. Nigra, Pansa, Maffei e Lanza il testo della nota di risposta del Governo greco trasmessagli da Avarna con te!. n. 1889.

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IL MINISTRO AD ATENE, AVARNA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA (Ed. in LV 96, p. 240)

T. 1921. Atene, 10 maggio 1897, ore 18.

Ministro d'Inghilterra (1), avendo istruzioni dal suo Governo fare intendere Governo ellenico che era necessario che aderisse all'altra domanda della Germania relativa al riconoscimento autonomia Creta, si è adoperato in tal senso presso il presidente del consiglio e il ministro degli esteri. '' Questi accettando consiglio ministro d'Inghilterra* si sono recati stamane dal ministro di Ger· mania, e nella conferenza avuta seco lui hanno redatto nota, in cui si dichiara che il Governo greco prende impegno riconoscere regime autonomia accordata Creta. Tale nota sarà diretta in giornata da questo ministro degli esteri ai rappresentanti grandi potenze. Ecco il testo nota * comunicatami confidenzialmente dal ministro di Germania: * « Après la notification faite à V. E. par mon office en date du 26/8 courant (2), de la décision prise par le Gouvernement hellénique de se conformer au désir des 'grandes puissances, en prenant l'engagement forme! de rappeler ses troupes en Crète, j'ai eu l'honneur de faire part à V. E. qu'au moment d'effect.uer ce rappel je prends acte de la déclaratio!li des grandes puissances en date du 15/2 mars dernier, d'après laquelle elles sont résolues de doter Crète d'un régime authonomie (3) absolument effective, et vous déclare au nom du Gouvernement hellénique qu'il prend engagement de reconnaitre le dit régime ».

Testo tale nota fu telegrafato d'urgenza dal ministro di Germania al suo Governo con preghiera di fargli conoscere con telegramma urgente se, in seguito dichiarazione contenuta nella medesima, sia autorizzato associarsi suoi colleghi nella proposta di mediazione al Governo ellenico.

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L'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA (Ed. in LV 96, p. 238)

T. 1932. Parigi, 10 maggio 1897, m·e 19,15 (per. ore 0,30 dell'Il).

Circa blocco notificato dalla Grecia il signor Hanotaux, che ne ebbe la notizia sabato, ha rimesso comunicazione al giurista del ministero, e non ha fin qui risposto nè fatto alcuna pubblicazione per avviso ai naviganti. La vici

nanza del litorale nostro alle linee del blocco ci imponeva di fare diversamente, ed Hanotaux ne fu il primo a convenirne.

Circa nota presentata a Atene dai quattro ministri, Hanotaux mi disse che egli considera la risposta fatta alla Grecia come contenente impegno della graduale, ma completa evacuazione della Creta. * In questo senso ha parlato al mio collega austro-ungarico, perchè il suo Governo abbia a trovare nella nota l'adempimento della ·Condizione da esso posta alla sua partecipazione all'azione mediatrice delle potenze. *

Relativamente al passaggio di un trasporto per il ritiro delle truppe già richiamate o che in seguito dovranno sortire dall'isola, furono di qua spedite oggi all'ammiraglio francese nelle acque cretesi istruzioni nel senso che, d'accordo con gli altri, faciliti partenza delle truppe elleniche.

(l) -In LV il documento inizia come segue: «Mi risulta da buona fonte che il». (2) -In LV: « du 26 courant (8 mai)"· (3) -In LV: « d'authonomie ».
25

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, FERRERO

T. 1352. Roma, 10 maggio 1897, ore 24.

Ho detto ieri all'ambasciatore d'Inghilterra che qualora il Governo brLtannico ci avesse manifestato il desiderio che da noi si rimanga a Cassala fino ad una determinata epoca, noi avremmo, nelle nostre deliberazioni circa questo soggetto, cercato di compiacerlo e potuto anche assumere a tale riguardo un impegno per fare cosa gradita alla potenza nostra amica e beninteso senza pretendere compenso alcuno. Ma niuna manifestazione in quel senso essendoci pervenuta dal Governo britannico, noi dovremo, per Cassala, regolarci unicamente secondo le nostre convenienze, rimanendo solo fermo l'impegno già preso di dare un preavviso il più sollecito che sia possibile, nel caso che fosse deciso lo sgombro. Prego V. E. di tenere analogo linguaggio con Lord Salisbury e di telegrafarmi sunto del colloquio ·su questo argomento.

26

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, AGLI AMBASCIATORI A COSTANTINOPOLI, PANSA, A PARIGI, TORNIELLI, A LONDRA, FERRERO, A VIENNA, NIGRA, A BERLINO, LANZA, E ALL'INCARICATO D'AFFARI A PIETROBURGO, MELEGARI (Ed. in LV 96, p, 242)

T. 1356. Roma, 11 maggio 1897, o1·e 14,45.

. In seguito alle due note del Governo ellenico che Le comunicai coi miei telegrammi di ieri' l'altro (l) e di stamane (2), il ministro di Russia ha, in nome proprio e dei colleghi, rimesso al ministro ellenico degli affari esteri la nota di cui già Le riprodussi il testo col mio telegramma del 7 (3). Il ministro ellenico degli affari esteri ha ,già ri~posto con una nota in cui «si dichiara ·che Governo rimette con fiducia tra le mani delle sei grandi potenze la cura dei suoi interessi». A loro volta i ministri delle potenze telegrafano ai rispettivi Governi

quanto segue: «Governo ellenico, avendo aderito a tutte le nostre proposte, chiede, in modo pressante che le grandi potenze provochino invio a Edhem Pascià ordine che gli prescriva sospendere immediatamente ogni movimento offensivo del suo esercito affine facilitare conclusione pace».

(Per Costantinopoli). V. E. è autorizzata ad associarsi ai colleghi per ogni passo occorrente sia per iniziare presso la Sublime Porta la mediazione, sia sopratutto per ottenere d'urgenza l'ordine di sospensione delle ostilità.

* (Per gli altri). Ho tosto telegrafato al R. ambasciatore in Costantinopoli autorizzandolo ad associarsi ai colleghi. *

(l) -Cfr. LV: 96, p. 236, e la nota a pag. 14. (2) -Si tratta del tel. n. 1355, non pubblicato. In esso veniva trasmesso il testo del t el. n. 1921 pubblicato al n. 23. (3) -Cfr. n. 16.
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IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, ALL'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, PANSA (Ed. in LV 96, p. 243)

T. 1367. Roma, 11 maggio 1897, ore 20.

In vista della mediazione che sta per essere costì esercitata desidero manifestarle *in via confidenziale, * il mio pensiero circa i punti che potrebbero eventualmente venire in discussione: l) a mio avviso, tutto quello che concerne Creta dovrebbe essere escluso dal negoziato per la mediazione mirando questa a regolare i rapporti tra la Turchia e la Grecia, mentre Creta non può formare soggetto di trattative che tra la Turchia e le potenze; 2) una rettificazione di frontiera a danno della Grecia (1), ancorchè fosse di lieve momento è da escludersi sia perchè l'opinione pubblica in parecchi paesi tra cui l'Italia, le sarebbe decisamente contraria, sia perchè metterebbe le potenze in contraddizione con quanto fece.ro esse stesse nel 1881; 3) la ce,ssione della flotta greca aHa Turchia avrebbe carattere particolarmente *umiliante led* odioso; essa ci parrebbe doversi senz'altro eliminare (2) * contraria al prestigio che pure conviene salvare, della monarchia ellenica, * 4) quanto ad una indennità di guerra se ne potrà meglio giudicare quando saranno note, a questo riguardo, le pretese della Turchia. Naturalmente questi concetti sono unicamente per norma di Lei, dovendosi soprattutto coordinare la nostra azione con quella delle altre potenze in guisa da mantenere fermo, per quanto da noi dipende, il concerto europeo.

28

IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, BONIN LONGARE, AL MINISTRO AD ATENE, AVARNA

T. 1372. Roma, 12 maggio 1897, ore 13.

Notizie confidenziali fanno temere che Cipriani ed altri anarchici socialisti ora convenuti in Grecia vogliano organizzare una spedizione armata in Italia. Qui si prendono le occorrenti disposizioni. La prego di vigilare dal canto Suo, mettendosi anche d'accordo coi nostri comandanti di navi. Mi sembra inoltre che sarebbe perfettamente giustificato il domandare a codesto Governo che disarmi i volontari prima di !asciarli imbarcare e che non li lasci partire a drappelli organizzati.

2 -Documenti diplomatici -Serie III -Vol. II.

(l) -In LV: « Una retrocessione di territorio alla Turchia , . (2) -In LV: " deve essere senz'altro eliminata , .
29

L'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, PANSA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA (Ed. in LV 96, p. 244)

T. 1962. Pera, 12 maggio 1897, ore 18,10 (per. ore 18,30). Tutti gli ambasciatori essendosi trovati muniti necessarie istruzioni e considerando che domani comincerà (l) Bairam, abbiamo deliberato di domandare oggi stesso urgenza a Sublime Porta sospensione ostilità ,che permetta ulteriori negoziati per conclusione regolare armistizio e per pace. Nella speranza di ottenere più pronto risultato mandiamo simultaneamente a Palazzo dragomanno

latore comunicazione personale per Sultano, pregandolo ordinare immediatamente cessazione movimenti militari.

30

L'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI. AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 1965. Parigi, 12 maggio 1897, o1·e 19,10. Hanotaux mi ha detto che le informazioni avute al Ministero della guerra gli permettono di confermare esplicita smentita alla notizia della incetta di mille carri in Tunisia. Dal momento che noi non abbiamo nessuna vista sulla Tripolitania e la Francia è, dal canto suo, nella stessa idea, sarebbe forse bene,

soggiunse Hanotaux, che ce lo dicessimo reciprocamente. Egli mi disse: « Pensateci e se vi siete disposti, noi lo saremmo».

31

L'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA (Ed. in LV 96, pp. 245-46)

T. 1966. Parigi, 12 maggio 1897, ore 19,15 (pe1·. ore 21,18). Circa le trattative a Costantinopoli per le condizioni della pace, Hanotaux mi disse che sarebbe utile stabilire fin d'ora, fra i Gabinetti l'intelligenza di non ammettere le pretese della Turchia, sia sopra territori abitati che già fecero

parte del regno di Grecia, sia per la cessione della flotta greca, e che sarebbe inoltre necessario che l'occupazione turca in Tessaglia non si prolunghi e che si organizzi sollecitamente per Creta una autonomia * a1l'europea e non alla turca. * Egli spera che il Governo di S. M. sia esso pure in quest'ordine di idee

* ed osserva che la resistenza al sentimento pubblico per ragioni d'ordine politico e diplomatico gli pare non potesse, senza inconvenienti, continuare in questo periodo delle trattative di pace. *

Il) In LV: <la festa del».

32

L'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 1970. Parigi, 12 maggio 1897, ore 19,15.

Hanotaux mi ha detto spontaneamente che è in pieno studio l'affare del trattato di commercio.

33

L'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, PANSA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA (Ed. jn LV 96, p. 245)

T. 1964. Pem, 12 maggio 1897, ore 20,30.

Sultano ha risposto alla nostra domanda sospensione ostilità riservandosi consultare Consiglio dei Ministri. Sembra che questa risposta dilatoria sia dettata dalla circostanza che si attenderebbe questa notte o domani notizie della presa di Domako. 'Domattina terremo adunanza per intenderei sul da farsi. * Ma devo avvertire V. E. che, qualora per vincere eventuali resistenze del Sultano, divenisse necessaria una qualunque pressione, questa sarebbe resa impossibile dalle istruzioni ambasciatore di Germania. *

34

L'AMBASCIATORE RUSSO A ROMA, VLANGALY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

L. P. Roma, 12 maggio 1897.

Je m'empresse de porter à Votre connaissance que notre Ambassadeur à Costantinople à reçu l'ordre de s'entendre avec ses Collègues pour demander immédiatement la suspension de tout mouvement offensif de la parte des troupes Turques et aborder les négocia.tions pour la condusion de la paix, le Gouvernement Grec ayant adhéré au contenu de la ·communica.tion des représentants des grandes Puissances entre les mains desquelles les Grecs ont remi·s leurs intérets.

35

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, ALL'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI

T. CONFIDENZIALE 1386. Roma, 13 maggio 1897, ore 13,45.

Ho ricevuto i tre telegrammi (l) ed il rapporto (2) circa il negoziato commerciarle. Accettiamo ben volentieri il metodo di concordare anzitutto se è possibile ogni cosa in via ufficiosa e segreta, salvo ad intavolare il negoziato ufficiale

quando si abbia la certezza morale di riuscire. A tale intento noi ci proponiamo di mandare costì a disposizione di V. E. il comm. Stringer, che conosce a fondo la 'questione tecnica, con altro incarico relativo all'affidavit ed altre questioni finanziarie, di cui sarebbe data pubblica notizia e per cui andrebbe prima a Francoforte, poi a Parigi. Il comm. Stringer potrebbe partire anche subito. Prego V. E. di telegrafarmi se lo si debba mandare senz'altro o se convenga ancora aspettare un poco.

(l) -Cfr. n. 32. Gli altri due sono i tell. nn. 1859 del 6 maggio e 1930 del 10 maggio, non pubblicati. (2) -Non pubblicato, ma cfr. n. 21.
36

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, ALL'AMBASCIATORE A WASHINGTON, FAVA

T. 1387. Roma, 13 maggio 1897, ore 13,55. Le dichiarazioni del Presidente del Consiglio e del Min~stro delle finanze significano solo il nostro sincero proposito di non entrare, con gli Stati Uniti, nella via delle rappresaglie. Però esse non escludono che a questo si debba, contrariamente al nostro destderio, ricorrere ,se, di fronte ai provvedimenti doga

nali degli Stati Uniti, non rimanesse altro mezzo per la tutela dei nostri legittimi interessi.

37

L'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 1981. Be1·Zino, 13 maggio 1897, ore 18 (per. ore 18,50). Barone Marshall parmi impressionato da ritardo Governo ellenico a iniziare

ritiro truppe da Creta e opina Turchia non aderirà, nè si potrà chiederle, prima di tale ritiro, sospensione ostilità.

38

L'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 1984 bis. Parigi, 13 maggio 1897, o1·e 18,05. Hanotaux, nel raccomandarmi il segreto delle trattative per accordo commerciale, mi disse che gli risultava che a Roma si aveva intenzione di mandare qui un negoziatore, ciò che avrebbe inopportunamente destato attenzione pubblica. Gli risposi che per le trattative tecniche la mia responsabilità se ne sarebbe trovata molto alleggerita, e che a me non conveniva fare una preliminare obiezione allo invio di un negoziatore speciale. Hanotaux mi replicò che in tal caso avrebbe ifatto dire questa cosa da Billot a V. E. 1A parer mio J.a necessità di una persona tecnica di fiducia dei ministeri competenti nostri, si imporrà al momento in cui saremo in possesso delle domande della Francia e si tratterà di dibatterle. Per ora stiamo ad aspettare tali domande, e se la

persona destinata da V. E. comparisse a Parigi, ne sarebbe ben presto conosciuta la presenza ed Hanotaux si lagnerebbe per certo del male osservato segreto.

39

IL CONSOLE GENERALE A TUNISI, MACHIAVELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 1985. Tunisi, 13 maggio 1897, ore 19 (per. ore 21,10j.

Mi consta che vi sono nel sud della reggenza torbidi che si attribuiscono ad eccitamenti prodotti dalle recenti vittorie turche e dal desiderio di sottrarsi al reclutamento militare. Gruppi di riottosi accennano a voler riparare in Tripolitania, donde terrebbero viva agitazione alla frontiera. Pare che si spedisca truppe per sottometterli.

40

L'AMBASCIATORE A LONDRA, FERRERO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 1992. Londra, 13 maggio 1897, ore 19,48.

Nel colloquio avuto con Lord Salisbury 1'11 corrente questi si è mostrato riconoscente per il riguardo usatogli per Cassala. Mi ha lasciato intendere che per il momento e fino a ulteriore sviluppo delle operazioni anglo-egiziane, la nostra permanenza a Cassala sarebbe utile all'Inghilterra. Ho motivo di credere che la risposta scritta esprimerà questo desiderio. Salisbury apprezza al suo giusto valore la solidarietà dei nostri paesi di fronte alle popolazioni africane, sopratutto in questo momento in cui una missione britannica si trova presso il Negus.

41

L'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, PANSA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

(Ed. in LV 96, p. 248)

T. 1993 bis. Costantinopoli, 13 maggio 1897, ore 23,35 (per. ore 0,15 de! 14).

Una nota (l) ora pervenuta dalla Sublime Porta, ringraziando gli /(lmbasciatori della mediazione offerta per trattare dell'armistizio e della pace, si limita ad aggiungere che « iii governo imperiale potrà entrare nello studio di tale questione dopo le feste del Bairam ».

Ciò equivale ad un rinvio di almeno quattro giorni, entro i quali si calcola evidentemente di riuscire a espellere interamente le truppe elleniche dalla Tessaglia (2).

42

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, ALL'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, PANSA (Ed. in LV 96, p. 247)

T. 1396. Roma, 13 maggio 1897, ore 24.

Ciò che sopratutto urge, per evitare in Grecia maggiori complicazioni, è ottenere la so.spensione delle ostilità. Se le insistenze del Decano non bastassero,

converrà che, dl concerto coi colleghi, V. E. si adoperi con ogni mezzo per l'·ottenimento dello scopo. A nostro avviso, sarebbe poco cauto mettersi fin d'ora in comunicazione .con la Porta per le condizioni della pace, con che ·Si fornirebbe evidentemente l'appiglio a nuove dilazioni per la .sospensione delle ostilità. Di quelle eventuali condizioni si potrebbe trattare tra gli ambasciatori per essere più tardi, e nel momento opportuno, pronti a discuterne con la Porta.

(l) -Cfr. LV 96, p. 248. (2) -Il testo del telegramma fu comunicato anche a Nigra, Ferrero, Tornielli, Lanza e Melegari, con telegramma n. 1398 del 14 maggio.
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IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, AGLI AMBASCIATORI A COSTANTINOPOLI, PANSA, A PARIGI, TORNIELLI, A LONDRA, FERRERO, A VIENNA, NIGRA, A BERLINO, LANZA, A PIETROBURGO, MAFFEI, E AL MINISTRO AD ATENE, AVARNA (Ed. in LV 96, p. 248)

T. 1401. Roma, 14 maggio 1897, ore 13,35. L'ambasciatore di Russia mi ha fatto, in nome del suo Governo, la seguente dichiarazione: « Allo scopo di evitare * gli inevitabili e * funesti ritardi che sarebbero cagionati da una discussione delle basi della pace tra i Gabinetti, il Governo imperiale ha telegrafato a Nelidow essere preferibile che gli ambasciatori chiedano alla Porta le sue condizioni e negozino con essa sulla base della dichiarazione con la quale, all'inizio della guerra, il Governo ottomano ha notificato la •SUa ferma intenzione di non mirare a conquista alcuna ma unicamente al ritiro dei greci da tutti i territori invasi». Ho risposto all'Ambasciatore che ben volentieri accettavo per la determinazione delle condizioni di pace il metodo seguito (l) dal Governo imperiale; che, però, a mio avviso, per non dare occasione a nuovi indugi rispetto a ciò che a nostri occhi è il più urgente, converrebbe anzitutto venire a pronta conclusione circa la sospensione delle

ostilità, essendovi oramai anche impegnata la responsabilità e dignità delle Potenze.

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L'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, PANSA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, (Ed. in LV 96, p. 251)

T. RISERVATO 2006. Pera, 14 maggio 1897, ore 19,30 (per. ore 20,40). Si è cercato stamane combinare fra colleghi nuovo passo collettivo a favore

della so,pensione ostilità: ma ciò si è dimostrato ineffettuabile, avendo ambasciatore di Germania dichiarato non esservi autorizzato dal proprio Governo,

* il quale ha anzi disapprovato la sua partecipazione alla domanda fattane mercoledì. * Dovremo quindi limitarci a pratiche individuali, nella speranza di ottenere forse domani decisione favorevole, * ma sarebbe inutile dissimulare rhe,

mercè astensione Governo germanico, della quale Sultano è perfettamente edotto,

~gli si considera libero di contenersi secondo proprie ·convenienze. *

Quanto alle condizioni di pace ritferite nel mio precedente telegramma (l) ministro degli -affari esteri d~Sise privatamente a Calice che esse dovevano considerarsi come punti di massima primi due (2) dei quali formerebbe oggetto mediazione potenze, mentre per gli altri due concernenti le convenzioni colla Grecia, Sublime Porta riterrebbe più opportuno di discuterne particolari direttamente coi plenipotenziari ellenici. Sebbene ministro degli affari esteri assicuri essere Sultano animato dalle intenzioni più concilianti, è da prevedersi che trattative per mediazione incontreranno serie difficoltà.

(1) In LV: « sugg~rlto "·

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L'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA,

R. RISERVATO 1760/467. Parigi, 14 maggio 1897.

Ho reso conto a V. E., col rapporto delli 9 corrente (n. 1586/432) (3), del mio colloquio con il signor Hanotaux, nel corso del quale, conformemente alle istruzioni telegrafiche impartitemi il 4 di questo stesso mese (4), ho manifestato l'intendimento nostro .che lo statu quo venga conservato nella Tripolitania e mi sono studiato di provocare da questo Ministro per gli Affari esteri una identica assicurazione.

Come risulta dal .rapporto anzidetto, il mio linguaggio avea fatto sul signor Hanotaux una impressione sufficiente perchè egli profìtta·sse del dover procurarsi talune notizie circa la segnalatagli incetta di carri che l'autorità militar·e starebbe facendo in Tunisia, per chiedermi di rimettere ad altro giorno la continuazione della nostra conversazione. Egli avea anzi esplicitamente detto che gli occorreva riflettere sovra le cose da me espostegli. Mi era sembrato che dopo di ciò non avrebbe giovato allo scopo nostro il dimostrarmi premuroso di riprendere la conversazione sul delicato soggetto e che conveniva invece lasciare che questo ministro per gli affari esteri rimanesse giudice della opportunità della ripresa.

Non ebbi da aspettare molti giorni.

Avant'ieri trovandomi presso il signor Hanotaux per l'ordinaria visita ebdomadaria, dopo che erano state scambiate alcune parole circa la situazione delle cose greco-tur·che, questo signor Ministro, interrompendo il soggetto del colloquio, disse: «or passiamo alle cose più particolarmente nostre ». E per primo egli portò il discorso sovra le informazioni ricevute dal Governo italiano di una larga incetta di carri che l'autorità militare francese starebbe facendo in Tunisia. Il generale Billot, ministro della guerra, era stato in proposito interrogato ed avea confermato l'insussistenza assoluta del fatto. Io poteva darne la assicurazione al mio Governo. Poi, prosseguendo, il signoti' Hanotaux dis•se che egli

avea ripensato a ciò che avea da me udito circa l'intendimento dell'Italia che lo statu quo nella Tripolitania non venga alterato. La Francia dal canto suo non avea intendimenti diversi. La necessità di difendere le popolazioni stabilite sulla frontiera contro le incursioni delle tribù tripoline le quali tentavano di usurpare terreni coltivabili, o di fare delle scorrerie a scopo di predare, costringeva talvolta a mandare delle piccole spedizioni militari verso la linea di confine. Ma lo scopo di questi provvedimenti ne dava la misura la quale escludeva ogni progetto di alterare lo stato di cose esistente in quella regione. I due Governi trovandosi nello stesso ordine di idee, farebbero forse bene, soggiunse il mio interlocutore, a dirselo scambievolmente. Si eliminerebbe così una causa, in verità insussistente, ma tuttavia concepibile di sospetti ognora rinascenti che riescono disturbasi nei rapporti regolari che i due paesi desiderano di avere fra di loro. Il Governo italiano ormai sapeva, dalle cose che a più riprese io avea dovuto riferire e che questa volta avrei in modo più preciso potuto confermare, che anche con falsi rumori e con esagerate od inventate notizie, si cercava ad ogni tratto di eccitare la sua diffidenza. Pensassimo, dal canto nostro, alla opportunità di reciprocamente rassicurarci circa il comune intendimento di mantenere lo statu quo nella Tripolitania; da parte sua, se noi saremmo a ciò disposti, egli lo sarebbe pure.

Ho segnalato, nel mio telegramma delli 12 corrente (1), alla E. V. questa grave ed importante dichiarazione del signor Hanotaux alla quale questi di certo non si aspettava ch'io avrei fatto una immediata risposta, poichè, dal modo stesso con il quale egli era venuto esponendolo, emergeva l'intento suo di proporre assai più che un transitorio accertamento della identità di intendimenti dell'Italia e della Francia rispetto alla conservazione dello statu quo della Tripolitania. Egli non è persona da cadere in equivoci sovra tale materia. Dopo di essersi espresso in termini non dubbi circa il proposito attuale del Governo francese di nulla intrapprendere contro il territorio tripolino, egli ci propone di dare alle dichiarazioni, relative al presente, il valore obbligatorio di un impegno per l'avvenire. La sua formola: « diciamocelo reciprocamente>>, non avrebbe senso se non contenesse la proposta di un accordo, più o meno solenne, ma in ogni caso esplicito e formale.

(l) -Cfr. :LV 96, p, 249, n. 526. (2) -In LV: «tre». (3) -Non pubblicato, ma cfr. n. 21. (4) -Cfr n. 5.
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IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, AGLI AMBASCIATORI A LONDRA, FERRERO, A PARIGI, TORNIELLI, A VIENNA, NIGRA, A BERLINO, LANZA, A COSTANTINOPOLI, PANSA, E ALL'INCARICATO D'AFFARI A PIETROBURGO, MELEGARI (2)

(Ed. parzialmente in LV 96, p. 252)

T. 1416. Roma, 15 maggio 1897, ore 22,15.

Gli Ammiragli a Creta hanno spedito ai rispettivi Governi il seguente telegramma: «Ammiragli credono indispensabile che governatore prescelto dalle potenze arrivi al più presto possibile. È indispensabile partenza delle truppe elle

niche. *Essi richiamano le proposte espresse nel processo verbale n. 31 seduta 21 marzo. * Chiedono autorizzazione poter togliere blocco quando reputeranno opportuno dopo la partenza delle truppe elleniche ».

* (Per tutti meno Costantinopoli). Prego telegrafarmi in proposito il pensiero di codesto Governo. *

(l) -Cfr. n. 30. (2) -In seguito alla morte dell'ambasciatore Maffei avvenuta il 15 maggio 1897, resse l'ambasciata a Pietroburgo il consigliere Giulio Melegari fino alla nomina del nuovo ambasciatore nella persona del Gen. Morra di Lavriano.
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L'AMBASCIATORE A LONDRA, FERRERO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 2013. Londm, 15 maggio 1897, ore 10,53.

Risposta scritta di Salisbury giuntami or ora esprime gratitudine per riguardi usati dal Governo italiano a quello britannico per Kassala, riconosce la cura posta dal Governo italiano nell'evitare a quello britannico ogni imbarazzo, s'informa a sentimenti di stretta amicizia, mutua cordialità, osserva che sarebbe utile al Governo della Regina che nostra occupazione di Kassala si prolungasse fino a Natale; conclude coll'esprimere speranza che realizzazione suggerimento non rechi disturbo soverchio al Governo del Re.

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L'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, PANSA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA (Ed. in LV 96, p. 252)

T. 2022. Pera, 15 maggio 1897, ore 23,55 (per. ore 6 del 16).

Abbiamo esaminato oggi coi colleghi punti riferiti mio telegramma precedente (l) e siamo caduti d'accordo tutti su seguenti proposizioni che sottomettiamo a titolo di giudizio personale ai rispettivi Governi. l) * Conviene per * la sospensione immediata ostilità, implicante cessazione blocco porti ottomani,

* essa * non dovrebbe essere subordinata a conclusione armistizio, nè alla adozione preliminare pace; ma precederla; 2) Una retrocessione Tessaglia è fuori questione, potrebbe tutto al più ammettersi rettifi,cazione strategica di frontiera su certi punti da determinarsi. 3) Non può contestarsi ,principio di indennità di guerra, ma la somma richiesta è esorbitante. Qualora Turchia domandasse tenere qualche territorio guarentigia di una indennità non interamente pagata, tale occupazione dovrebbe essere puramente milttare Hmitata certi punti con un numero determinato di truppe in modo da permettere reintegrazione e Hbe,ro funzionamento amministrazione ellenica. 4) Sarebbe un precedente pericoloso ammettere la soppressione capitolazioni a pregiudizio di nazione cristiana, che ne ha finora goduto. Deve però rkonoscersi che giurisdizione come è attualmente praticata dai consoli greci, dà luogo abusi che renderebbero utile una riforma. 5) Conclusione di una convenzione di estradizione non dà luogo osservazione. Propizio riunire a (2) Farsaglia plenipotenziari ottomani e ellenici, indicando intenzione Porta di sottrarsi negoziati azione Potenze. Conviene insistere affinchè questi abbiano luogo condizioni tali da permettere Governi di esercitare mediazione fino conclusione pace.

* Corriere oggi le ho spedito testo memorandum Sublime Porta. *

(l) -Cfr. LV 96, p. 249, n. 527. (2) -In LV: " La proposta riunione ".
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L'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, PANSA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, (Ed. in LV 96, pp. 254-55)

T. RISERVATO 2026. Pera, 16 maggio 1897, ore 0,30 (per. ore 6).

Dans la séance d'aujourd'hui nous avons préparé notti! pour la Sublime Porte accusant réception memomndum et annonçant que les ambassadeurs n'ont pas manqué d'en porter le contenu à la connaissance de leurs Gouvernements. La note ajoute: « Sans pouvoir entrer dans discussion conditions dont il ne leur appartient pas qualifier caractère, les ambassadeurs croyent cependant devoir relever contradiction existante entre esprit du memorandum et les déclarations de la circulaire de la Sublime Porte en date du 17 avril, qui excluaient toute intention conquete. Ils ne peuvent d'ailleurs, se dispenser de faire remarquer que Jes conditions d'existence d'un Etat, établies avec le concours des grandes Puissances, ne sauraient etre modifiées en dehors de leur .intervention. Ils · espèrent qu'après échange d'idées de ces derniers jours, la Sublime Porte ne verra pas d'inconvénients à suspension hostilités, indispensable à continuation négociations ».

Cette note sera remise demain, si l'ambassadeur d'Allemagne reçoit autorisation, qu'il demande à Berlin, de s'y associer (1).

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L'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, PANSA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, (Ed. in LV, 96, p. 255)

T. 2037. Pem, 16 maggio 1897, o1·e 23,26 (pe1·. ore 0,20 del17).

Ambasciatore di Germania non essendo stato autorizzato da proprio Governo a associarsi a nota collettiva, ieri progettata, si è dovuto rinunziail'e a rimetterla oggi a Sublime Porta. Ambasciatore di Germania ha per contro, avuto istruzione di astenersi dall'insistere per sospensione di ostilità, mentre recenti attacchi dei Greci in Epiro dimostrano loro intenzione di acquistare per sorpresa posizione favorevole di fronte a Turchia nel momento in cui stava per iniziarsi azione diplomatica. Oggi giunse notizia di serio scontro ,in Epiro dove esercito ottomano avrebbe inflitto grave sconfitta al nemico.

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IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, ALL'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI

(AVV)

L. Roma, 16 maggio 1897. Il mio dispaccio d'oggi (2) su Tripoli richiede qualche commento. Credo che sia da evitare la forma di un Protocollo e quella d'uno scambio di Note che la equivale. Ella sa che, per noi, lo statu quo a Tripoli è protetto

da un impegno formale del nostro Trattato colla Germania. Ora, un Plrotocollo relativo allo stesso oggetto tra l'Italia e la Francia potrebbe assomigliare a quegli accordi separati e segreti di contro assicurazione alla Bismarck .che, se non sono contrari alla lette~ra, ·sono contrarii ,però allo spirito ed alla buona

fede delle alleanze esistenti. Queste contro as,s,icurazioni aumentano, è vero. le garanzie di determinati interessi, ma diminuiscono all'incontro, il valore intrinseco di ognuna di queste garanzie e fanno sorgere il pericolo che, al momento opportuno, venga a mancare quella di cui si ha bi·sogno. La garanzia p~reesistente è moralmente .indebolita da quella che vi si è aggiunta. Un protocollo firmato colla Francia su Tr.ipoli dovrebbe, per debito di lealtà, essere da noi comunicato alla Germania. Ora, allo 1s:copo presente bas•tano le dichiaraztoni esplicite scambiate .in un colloquio sulle disposizioni e sulle intenzioni dei due Governi e consegnate, per maggior sicurezza, in una relazione la cui esattezza fu reciprocamente riconosciuta.

Nel dispaccio si pa~rla. di T.ripoli e del suo hinterland. Questa locuzione significa la Tr.ipolitania quale è e quale fa pa11te dell'Impero Ottomano. Il nostro intento è di far cessare quelle per.s·istenti diffidenze che impacciano le relazioni fr.a i due paesi Ora, in questi tempi Ella sa che le inquietudini e i sospetti sono stati ·Continui intorno alle mosse ed alle su:pposte mire della Francia di intraprendere gradatamente, di prepait'are la conquista della Tripolitania dall'interno. Non ho bisogno di ricordarle Ghadamés ed il resto. Se dunque i due Governi si dichiarano che non hanno la vista di mutare lo statu quo deHa Tit'ipolitania e di occupada, per la buona fede e per la redprodtà di tale dichiarazione, bisogna che ciò sia inteso tanto dalla parte del mare come dalla frontiera tunisina.

Rimane infine un •terzo punto, sul quale richiamo tutta la Sua attenzione. Noi prendiamo un impegno morale per Tripoli e lo p~rendiamo in armonia al prindpio generaJe della nostra politica, che è quello di volere che rimangano inalterate le attuali condizioni politiche del Mediterraneo. Il nostro impegno è dunque necessariamente connesso al mantenimento ed alla durata di queste condiz1oni. Ma la Francia, pure rispettando la T~ripolitania, ,potrebbe mutare ques.te condizioni altrove sulla costa nord dell'Africa; potrebbe, per esempio, occupare una part.e del Marocco o trasformare ,l'attuale condizione del protettorato nella Tunisia ·COn una annessione pura e semplice. Ora non può conveni.re al Governo italiano di precludersi, og.gi, la sua libertà di deliberazione e d'azione di fronte a tutte .quelle eventualità che possono creare una ·situazione nuova e diversa dalla presente.

La Francia potrebbe rompere, a suo vantaggio, lo statu quo nel Mediterraneo, e, per questo caso, l'Ita.lia non potrebbe interdirsi, a priori, la fa.coltà di ristabilke l'equilibri·o, ,s;e lo crederà e se a ciò fosse indotta dai suoi interessi nazionali. È questa, per me e anche pel Presidente del Consiglio, l'abbiezione che si può fare .allo scambio delle dichiarazioni per Tripoli. Nel tempo stesso io credo che non convenga domandare al Governo francese impegni di più vasta portata. Si solleverebbero delle quisHoni delicate che non d giova di mettere .in campo. Per taluna di esse il Governo francese ceit'to non accetterebbe e n nostro campo d'azione es1S'endo, per la forza delle cose, limitato alla Tripolitania, il suo impegno diventerebbe maggiore del nostro. È vero che queste dichiarazioni sono sempre fatte e gli impegni, che ne derivano, sono sempre assunti rebus sic stantibus; che questa ne è la condizione implicita e necessaria. Peil"ò, per evitare il pericolo di cui Le ho parlato e per maggiore S'icurezza, questa condizione dovrebbe, in qualche modo opportuno, apparire. Ciò potrebbe attenersi coll'esprimere la ragione e il motivo delle nostre dichiarazioni. A me sembra che lo scopo nostro sarebbe raggiunto se il suo Rapporto esprimesse, nel passo sostanziale, questo concetto: il Governo italiano avendo per massima fondamentale della sua politica il mantenimento dello statu quo nel Mediterraneo, dichiara il suo proposito di voler rispettare nella Tripol.itania e nel suo hinterland il presente statu quo territoriale e politico; il Governo francese dichiara, del pari, il suo pcroposito di voler rispettare il presente statu quo politico e territoriale nella Tripolitania e nel suo hinterland.

La motivazione starebbe solo nella dichiarazione dell'Italia, giovando essa a fare intendere che il nostro proposito va interamente connesso colla sottintesa riserva del rebus sic stantibus.

Non è il caso di provocare da pa:rte del Governo francese una analoga dichiarazione. Se Ella crede che qualche altra più esplicita redazione sia possibile, me la può sugge:rire.

V,i è nelle relazioni tra l'Italia e Ja Francia, ed Ella lo ha più volte avvertito, un fondo persistente di diffidenza. E questa diffidenza, se si esamina, fa capo, in gran parte, a Tri:poli. L'allontanare questa preoccupazione il"enderà più facile la reciproca situazione dei due pae:si. Dopo Tunisi, l'Italia non potrebbe tollerare che la Francia occupasse anche Tripoli. Nessun Governo nostro vi si potrebbe rassegnare. È vero che, per noi, lo statu quo a Tripoli è protetto da un impegno positivo del nostro Trattato colla Germania. Un colpo dL mano della Francia ci darebbe il diritto di invocare il casus foederis. Ma il nostro dovere ci: consiglia di prevenire, per quanto può dipendere da noi, una così tenribile re1sponsabi:lità.

(1) -Il testo del telegramma venne comunicato in pari data a Tornielli. Ferrero, Nigra,Lanza, Melegari ·e Avarna, con tel. n. 1426. (2) -Non pubblicato.
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IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, AGLI AMBASCIATORI A PARIGI, TORNIELLI, A LONDRA, FERRERO, A VIENNA, NIGRA, A BERLINO, LANZA, A COSTANTINOPOLI, PANSA, AL MINISTRO AD ATENE, AVARNA, ED ALL'INCARICATO D'AFFARI A PIETROBURGO, MELEGARI (Ed. in LV 96, p. 256)

T. 1433. Roma, 17 maggio 1897, ore 12. Il Governo russo chiede la nostra opinione sopra questi due punti: l) Mantenere a Creta le squadre e i distaccamenti europei fino a stabilimento del nuovo regime amministrativo dell'isola; 2) Levare il blocco dopo la partenza delle truppe elleniche. Ho risposto dichiarandomi consenziente sul primo punto. Sul secondo punto che ha pur formato oggetto della nota domanda degli ammiragli, ho osservato che il blocco si potrebbe utilmente convertire in un servizio

di rigorosa sorveglianza per impedire l'arrivo a Creta di volontari, armi e munizioni.

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L'AMBASCIATORE A VIENNA, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA (Ed. in LV 96, p. 256)

T. 2045. Vienna, .17 maggio 1897, ore 20,45. La risposta data da V. E. al Governo russo concorda con le istruzioni del

Gabinetto austriaco, il quale, se si sopprime blocco, crede indispensabile stabilire una vigilanza t<evera sulle coste di Creta nello scopo da Lei indicato.

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IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, AGLI AMBASCIATORI A PARIGI, TORNIELLI, A LONDRA, FERRERO, A VIENNA, NIGRA. A BERLINO, LANZA, A COSTANTINOPOLI, PANSA, AL MINISTRO AD ATENE, AVARNA, E ALL'INCARICATO D'AFFARI A PIETROBURGO. MELEGARI (Ed. in LV 96, p. 257)

T. 1439. Roma, 17 maggio 1897, ore 24. L'Ambasciatore di Germania mi ha fatto la seguente dichiarazione: «Il Governo germanico non crede di associarsi alla progettata nota per chiedere fin d'ora alla Porta la sospensione delle ostilità. Esso crede che il momento opportuno per fare tale domanda sarà venuto allora soltanto quando si saranno fatti accettare dalla Grecia quattro punti che sembrano essere in massima accolti dalle potenze cioè: l) Niuna conquista con semplice rett:ificazione della fron

tiera per scopo stategico; 2) Indennità di guerra; 3) Mantenimento delle capitolazioni verso la Grecia; 4) Convenzione di estradizione ».

* (Per tutti meno Berlino Costantinopoli e Atene). Prego V. E. farmi conoscere al più presto il pensiero di 'COdesto Governo circa questa comunkazione della Germania. *

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IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, ALL'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI

D. CONFIDENZIALE PER CORRIERE S. N. Roma, 17 maggio 1897. Più volte, ed anche in questi ultimi tempi, c1 e occorso di richiamare amichevolmente l'attenzione di codesto Governo sopra voci, raccolte da nostri agenti consolari, di provvedimenti e preparativi da cui potevansi argomentare prossime imprese o disegni della Francia nella direzione della Tripolitania. Costanti e recise furono sempre le denegazioni di codesto Governo; e poichè dal linguaggio dei ministri francesi talvolta traspariva il sospetto che consimili disegni potessero essersi concepiti dall'Italia, V. E. non mancò, come ne aveva espressa auto

rizzazione, di opporre, dal canto nostro, a siffatte supposizioni una non meno assoluta smentita.

In ultimo ha fornito opportunità a nuova reciproca spiegazione intorno a codesto argomento la notizia, giuntaci da Susa in Tunisia, che non meno di mille carri da trasporto fossero stati noleggiati dall'amministrazione francese, donde era nato, sui luoghi, il dubbio che si stesse apprestando una qualche spedizione verso il confine tripolino. Il signor Hanotaux -così V. E. mi riferiva col suo telegramma del 12 di questo mese (telegramma n. 1965 da Parigi) (l) -non si è limitato, in questa circostanza, a dichiarare infondata la notizia, ma ha anche soggiunto che, come l'Italia non ha disegno alcuno sopra la Tripolitania, e la Francia è, dal canto suo, nelle stesse disposizioni, sarebbe bene che le due potenze apertamente se lo dicessero a vicenda.

Il pensiero del signor Hanotaux, non esito a riconoscerlo, non solo ha il pregio della schiettezza, ma ha altresì un carattere manifestamente pratico. La mutua preoccupazione, eliminata in sul momento dalle precise dichiarazioni sopra i singoli incidenti, risuscita, malgrado il fermo volere di respingere ogni dubbio ulteriore, al riapparire di sintomi nuovi, per quanto brevi o addirittura fallaci, troppo grave essendo la responsabilità di Governo perchè anche le più remote ipotesi si possano negligere. Indi il rinnovarsi periodico di cure moleste che, mentre nuocciono alle vicendevoli relazioni, sono, per ciascuno dei due Gabinetti, impaccio al libero svolgersi della loro azione politica nelle questioni maggiori. Una spiegazione categorica e conclusiva metterebbe termine a così increscioso stato di cose. E questa spiegazione dovrebbe, a nostro avviso, consistere puramente e semplicemente nel dichiararsi a vicenda il proposito di voler rispettare in Tripolitania, compreso il suo hinterband, l'attuale statu quo politico e territoriale.

Per quanto concerne la forma da darsi ad una siffatta mutua dichiarazione, mi sembra da escludersi senz'altro quella di un protocollo, od anche solo di uno scambio di note, sia perchè all'indole particolare dell'argomento non parrebbe adatta la solennità di simili atti, sia perchè, in quanto ci concerne, ci sta a cuore di evitare tutto ciò che possa gettare la menoma ombra sulla lealtà ed efficacia del vincolo ben noto a codesto governo --vincolo di pace e di conservazione -che ci stringe ai due stati centrali.

Il procedimento migliore sarebbe, a mio parere, questo: che, scambiate nel senso suespresso, le mutue dichiarazioni in un confidenziale colloquio col signor Hanotaux, V. E. me ne riferisca con apposito rapporto, sottoponendolo, prima di spedirmelo, all'esame del signor Hanotaux per accertarne l'esattezza, e di questa circostanza facendo constare nel rapporto medesimo. Dal canto suo il signor Hanotaux potrebbe consegnare il rendiconto del colloquio in un suo dispaccio al signor Billot, previamente sottoposto all'esame di Lei.

Confido che il presente mio dispaccio Le renda chiaro, con lo scopo che vogliamo conseguire, anche il modo che ci sembra a tal fine più appropriato. Me ne rimetto, del resto, con piena sicurezza, al tatto ed alla abilità di Lei, non impari, certo, alla delicatezza del soggetto.

(l) Cfr. n. 30.

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L'AMBASCIATORE A VIENNA, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

(AVV)

L. P. Vienna, 17 maggio 1897.

Ho chiesto oggi a Goluchowski, tornato la notte da Presburgo, il suo avviso circa la domanda degli ammiragli -nomina del governatore di Creta -cessazione del blocco. Goluchowski mi ha detto che spetta ai Gabinetti delle potenze marittime -Italia -Inghilterra -Francia che sono le più interessate, il fare proposte, alle quali egli senza dubbio si associerà. Mi ricordò che si dovrà escludere qualsiasi membro di case regnanti; ma osservò, che siccome sembra inteso che la nomina debba farsi da un'assemblea locale, sarebbe conveniente, che ci sia pure qualche autorità la quale, a nome delle potenze, riunisca quest'assemblea. Sarebbe una specie di governatore provvisorio. lo suggerii al conte Goluchowski di dare a questa autorità un altro nome, per esempio quello di alto commissario; al che egli consentirebbe. Ma ripeto, secondo le idee di Goluchowski, l'iniziativa non deve !Procedere dall'Austria-Ungheria.

Quanto alla cessazione del blocco, il conte Goluchowski è disposto ad accettarla, purchè succeda al blocco una severa vigilanza sulle coste dell'isola. Esso pensa che tale vigilanza è imposta dal pericolo dell'arrivo in Creta dei volontari, greci e non greci, e di altri elementi agitatori mandati da Atene o da altrove.

Goluchowski concorda con noi, e suppongo con tutti gli altri Gabinetti, nel respingere certe condizioni, fra quelle formulate dalla Turchia, e per modificarne altre. Non ammette naturalmente la cessione della Tessaglia. Tutt'al più si potrà consentire ad una rettifica di frontiera, che non comprenda terre abitate. Non ammette nemmeno l'abolizione relativa ai sudditi ellenici, pur mostrandosi disposto ad accordare che si esamini se vi sono abusi, ed essendovene, si cerchi il rimedio. Trova esagerata la cifra dell'indennità. Respinge la proposta di portare la sede dei negoziati in Tessaglia. Questa sede secondo il conte Goluchowski deve essere fissata in luogo accessibile e comodo ai rappresentanti delle potenze mediatrici.

Secondo le informazioni qui pervenute, il Governo ellenico avrebbe consentito, specialmente in seguito alle premure dei rappresentanti di Russia e di Inghilterra, alla sospensione di fatto dèlle ostilità. Si aspettavano le istruzioni del Gabinetto di Berlino per insistere a Costantinopoli a fine di ottenere la stessa promessa dalla parte della Turchia.

Vi mando qui unito un rapporto (l) confidenziale in risposta alla comunicazione fattami di due rapporti del R. console a Scutari (2). Io non dubito della sincerità delle dichiarazioni fattemi, e rinnovate spesso in questi ultimi dieci anni, dal Gabinetto di Vienna rispetto all'Albania. Ciò non di meno io comprendo che si debbano tenere gli occhi aperti e vigilare. Ma questa vigilanza non esclude il discernimento, del quale il signor Leoni non mi sembra che dia

prove luminose. Questo è un caso ben caratteristico, a mio avviso, di morbus consolaris, complicato di daltonismo politico. Ve lo segnalo, perchè alla lunga potrebbe dar luogo a qualche serio inconveniente.

P. S. -Goluchowski mi ha pregato di ringraziarvi dell'avviso che avete dato a Pasetti circa ai volontari in Grecia.

(1) -Non rinvenuto. (2) -Non pubblicati.
57

L'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA (Ed. in LV 96, p. 259)

T. 2060. Berlino, 18 maggio 1897, m·e 16,36 (per. ore 17,45). Barone Mavschall mi ha dato :in questo momento lettura di una comunicazione fattagli poco fa da ambasciatore di Turchia in cui, in sostanza, è detto che l'Imperatore di Russia si è direttamente rivolto al Sultano per cessazione ostilità. Il Sultano vi ha aderito e si affrettò a darne partecipazione all'Imperatore di Germania sapendo che egli pure desidera sia posto fine spargimento di sangue. Modalità sospensione ostilità saranno concertate fra i comandanti degli eserciti combattenti. Barone Marschall ringraziò ambasciatore di Turchia e gli disse essere necessario siano accettate le basi poste per trattative pace da Germania e anzitutto debba Turchia rinunziare a chiesta cessione Tessaglia. Con me poi lVIarschall convenne che si possa ridurre indennità di guerra * ma non di molto, * e occorra dare a Turchia garanzie pagamento, perch"è essa possa sgombrare al più presto territorio greco occupato; tale occupazione, se prolungata, potendo presentare gravi pericoli. * Semplicemente * per la prima volta Marschall accenna meco al controllo finanziario in Grecia per dare guarentigie alla Turchia, dicendomi che non ne aveva fatto oggetto di proposta formale, ma a

suo parere a ciò si dovrà venire. * Io ritengo che lVIarschall abbia consigliato Turchia di chiederlo. *

58

L'AMBASCIATORE A VIENNA, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 2062. Vienna, 18 maggio 1897, ore 17,35 (pe1·. ore 18,45). Conte Goluchowski mi ha detto che aveva telegrafato a Berlino in modo pressante per indurre Governo tedesco ad associarsi alla proposta di chiedere alla Turchia sospensione delle ostilità; desidera che da noi si faccia altrettanto. Avverto V. E. che conte Goluchowski va per una settimana a Pest coll'imperatOO"e. Ho convenuto con lui che durante la 1sua assenza faccia fare le sue comuni

cazioni per mezzo di Pasetti, e sarà bene che V. E. si serva dello stesso mezz'), sempre che si tratti di comunicazioni urgenti.

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IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, AL GOVERNATORE DELL'ERITREA, BALDISSERA

T. P. 1451. Roma, 18 maggio 1897, ore 19,55.

Attuale discussione Camera circa politica coloniale dà occasione a voci varie inesatte o esagerate circa intenzione del Governo. Dkhiarazioni del presidente del Consiglio annunciarono soltanto proposito di creare nella colonia una situazione che permetta di ridurre gradatamente le spese dell'occupazione militare. Ella può quindi smentire le notizie che andassero oltre quel concetto così espresso. Nell'applicazione di questo, il Governo terrà nel massimo conto gli interessi e i diritti dell'esercito coloniale, e nulla si farà senza scegliere ed aspettare il momento più favorevole.

60

L'AMBASCIATORE A LONDRA, FERRERO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA (Ed. in LV 96, p. 258)

T. 2065. Londra, 18 maggio 1897, ore 20,47.

Oggi soltanto ho potuto avere informazioni chieste da V. E. cogli ultimi

telegrammi (1).

Riguardo blocco Creta Salisbury pensa che esso possa essere levato appena uscite dall'isola truppe elleniche, a condizione si prendano precauzioni evitare arrivo nell'isola di volontari, armi, munizioni; riguardo nomina di un governatore, egli ha riconosciuto più volte essere la cosa desiderabile, ma, non volèndo governatore sia un inglese, aspetta che qualche potenza indichi persona adatta.

Riguardo proposta germanica per la conclusione della pace, ritiene quanto segue: l) circa restituzione alla Turchia di alcuni punti d'importanza strategica alla frontiera, non ha nulla da obiettare; 2) circa l'indennità neppure, sempre che sia moderata; 3) intorno capitolazioni non vuole prendere nessuna iniziativa, ma è pronto a secondare altre potenze che cercassero di farle mantenere; 4) dichiara di essere assolutamente indifferente a quanto si riferisce al trattato estradizione, s,embrandogli cosa che concerne le sole due potenze interessate.

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L'INCARICATO D'AFFARI A PIETROBURGO, MELEGARI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. PER CORRIERE 292/121. Pietroburgo, 18 maggio 1897.

Il d1scorso pronunziato a Pesth davanti le delegazioni dal 'Conte Goluchowski ed in particolare modo la parte di 'esso riguardante la politica austro-ungarica in Oriente ed i rapporti colla Russia non hanno incontrato qui grande favme,

3 -Documenti diplomatici · Serie III · Vol. II.

e l'ac.coglienza loro fatta dalla stampa non è stata delle più lusinghiere. In

particolar modo il Novoe Vremia inve1sce con ·insolita violenza contro la con

cione del ministro austro-ungarico degli affari esteri che qualifica un monu

mento di vacuità oratoria e di mancanza dì tatto. Sottopone ad un'acerba critica

l'operato del Gabinetto di Vienna negli affari di Creta e finisce col dire che

l'attitudine assunta dal Governo austro-ungarico in quella questione equivale,

malgrado le dichiarazioni in contrario del conte Goluchowski, ad un definitivo

abbandono di quella famosa intesa austro-russa in Oriente, di ·CUi tanto si è

parlato a suo tempo. È da notarsi che questo Governo imperiale, di solito stu

dioso ad ammortire per mezzo dei suoi organi ufficiosi gli effetti delle intem

peranze di linguaggio dei giornali russi in questione di politica internazionaile,

si astenne questa volta dal far pubblicare qualsiasi commento all'articolo in

questione, pur non potendo ignorare che questa pubblicazione avrebbe indub

biamente prodotto a Vienna una penosa impressione.

È del resto fuori di dubbio che l'attitudine pertinacemente ostile assunta

dal Gabinetto di Vienna nella questione della candidatura del principe Giorgio

di Grecia, ha indisposto non poco questi governanti più assai che non lo facesrse

l'opposizione venuta da Berlino, ed ha, se non distrutto, almeno aperto una

larga breccia in quell'accordo austro-rus·so di cui il conte Goluchowski traeva

si gran vanto. A questo proposito devo aggiungere che vennero qui accolte in

tutti questi circoli politici con la più marcata incredulità rle pretese rivelazioni

della Frankfurter Zeitung circa l'accordo per iscritto intervenuto nel 1897 fra

l'Austria-Ungheria e la Russia, e di cui del resto, come ho risaputo, il conte

Murawiew in una recente conversazione avuta con un mio collega negava recisa

mente l'esistenza.

(l) Si tratta di due telegrammi di cui il primo è il tel. n. 1438, del 17 maggio, non pubblicato. Per il secondo cfr. n. 54.

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IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, ALL'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, PANSA (Ed. in LV 96, pp. 259-60)

T. 1454. Roma, 19 maggio 1897, ore 14. Riassumo qui il mio per1siero circa le condizioni di pace quali sono formulate nella recente comunicazione del Governo germanico: l) deve essere bene inteso che non si parli di cessione territoriale; solo se tutte le altre potenze consentono ad una rettificazione di frontiera puramente strategica, noi siamo del pari disposti acconsentire purchè non si tll"atti di territorio abitato da popolazione stabile; 2) dato che non si possa ricusare in massima una indennità, conviene a nostro avviso, che almeno sia assai modesta, per non privare la Grecia delle indispensabili condizioni di esistenza; il nostro voto sarà concorde con quello delle potenze che pro,pongano la cilfra minore; 3) sta bene che si mantengano tra la Grecia e la Turchia le capitolazioni, e solo se ne vogliano correggere gli abusi; 4) non abbiamo osservazioni circa la ·COnvenzione di estradizione, se si tratta solo di rivedere nei particolari quella attualmente vigente.

Può darsi che a proposito dell'indennità si sollevi la questione dei pegni. Se questi dovessero consistere in una occupazione temporanea di territorio, è evidente che, nell'interesse della pace e per evitare probabili conflitti locali, importa ridurla al minor tempo possibile. Se poi il pegno si volesse far consistere in un controllo sulle finanze greche * a presdndere dalle ovvie ragioni d'ordine generale che sconsigliano di porre la Grecia in una condizione d'inferiorità politica, e che non sarebbe a lungo tollerata, * sarebbero anche da ·considerarsi le gravi difficoltà nascenti dal regime costituzionale e dalle leggi interne della Grecia, * per cui a nostro avviso tale ·controllo non parrebbe suscettibile di pratica attuazione. * In una parola, nostro concetto è che non ,solo debba concludersi la pace, ma la si debba concludere seria e durevole. Infine circa la sede del negoziato parrebbe indispensabile che sia Costantinopoli sotto gli occhi e la eventuale azione conciliatrice deHe ambasciate (1).

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IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, ALL'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI

T. CONFIDENZIALE 1456. Roma, 19 maggio 1897, ore 14.

L'ambasciatore Billot mi ha fatto la comunicazione da lei annunziatami. Mi ha anche detto che due ministri hanno incarico di studiare i punti principali delle future trattative. È possibile che la conclusione dello studio ci sia direttamente comunicata. In tale stato di cose attenderemo un cenno ulteriore per intraprendere la trattazione officiosa e segreta che deve, secondo l'intesa, precedere il negoziato officiale.

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IL MINISTRO AD ATENE, AVARNA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA (Ed. in LV 96, p. 261)

T. 2087. Atene, 20 maggio 1897, ore 2,35 (per. ore 6,30).

Presidente del consiglio mi ha detto, or ora, che un armistizio era stato concluso oggi a mezzodì tra plenipotenziarii esercito turco e greco in Epiro. Testo tale armistizio era stato trasmesso, dopo ristabilimento comunicazioni telegrafiche a Lamìa, al principe ereditario con incarico comunicarlo comandante truppe turche, rendendolo responsabile, in caso non accettazione, delle conseguenze continuazione ostilità.

Comandante turco ha accettato riferirne Edhem pascià.

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L'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, PANSA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA (Ed. in LV 96, pp. 261-62)

T. 2105. Pera, 20 maggio 1897, ore 23,50.

Risulta dalle dichiarazioni della Sublime Porta che le ostilità sono ora effettivamente ~sospese su tutta la J.inea. Quando ciò sia ·Confermato da Atene, ritengo,

d'accordo con tutti i colleghi, che converrebbe sollecitare, senza ritardo, la mediazione, rispondendo anzitutto al memorandum che enumerava le esigenze della Turchia.

Se tutti i gabinetti 1approvano le basi formulate in proposito nel nostro telegramma del 15 (1), occorrerebbe autorizzare anche l'indirizzo (2), in tal senso, di una nota alla Sublime Porta e una volta stabilito con questa un accordo di massima sui punti essenziali, si sceglierebbe località pei negoziati definitivi, ai quali dovrebbe partecipare un delegato ellenico. Non prendendosi da noi prontamente codesta iniziativa, vi è il caso (3) che la Sublime Porta inviti Grecia a trattative dirette, con pericolo aggravare così situazione.

(l) Il testo del telegramma fu comunicato, con tel. conf. 1455 in pari data, anche a Lanza, Ferrero, Tornielli, Nigt1a e Melegari.

66

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, ALL'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, PANSA (Ed. in LV 96, p. 263)

T. 1484. Roma, 21 maggio 1897, ore 23.

Ora che l'armistizio è concluso ritengo doversi ,spingere innanzi la mediazione, anche per evitare il pericolo da lei accennato, che la Turchia voglia senz'altro entrare in negoziato diretto colla Grecia sottraendosi all'azione modera,trice dell'Europa. Il miglior modus procedendi mi parrebbe appunto con1sistere in un memorandum col quale gli ambasciatori, rispondendo al memorandum della Porta, indicherebbero i punti sostanziali per 1la pace, i particolari della quale dovrebbero indi formare coll'intervento e sotto la mediazione delle potenze, l'oggetto del negoziato, a Costantinopoli, tra le due parti belligeranti. Quei punti sostanziali dovrebbero essere quelli con cui le potenze sembrano oramai concordi, cioè: l) niuna cessione territoriale, ma semplice rettificazione di frontiera per iscopo strategico in luoghi non popolati; 2) indennità di guerra in cifra assai più moderata della cifra indicata dalla Sublime Porta; 3) mantenimento delle capitolazioni, con semplke correzione degli abusi; 4) convenzione di estradizione. Se i colleghi di lei ricevono analoga istruzione, V. E. è autorizzata a procedere nel senso suindicato (4).

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L'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. RISERVATO 1811/482. Parigi, 21 maggio 1897.

Ancorchè in questi miei rapporti scritti si trovi quasi esclusivamente la conferma del carteggio telegrafico sul quale, atteso il precipitare degli eventi,

suo ambasciatore •.

il più spesso bisogna formarsi le impressioni e pigliare le risoluzioni che que

st'ultimi richiedono, tuttavia stimo essere conforme alle buone tradizioni il far

seguire ai telegrammi una esposizione più sicura e più completa delle informa

zioni nei medesimi contenute. Tale metodo permette infatti talune volte di

avere, ancorchè in ritardo, un concetto più chiaro delle cose, che importa

sapere esattamente e di accompagnare le notizie con talune considerazioni delle

quali l'interesse può estendersi anche a situazioni future.

L'ultimo mio rapporto (9 maggio n. 1581/433) (l) ciirca la guerra turco-ellenica, ha fatto conoscere a V. E., in quali disposizioni si trovasse il signor Hanotaux allorchè la Russia prese, nei primi giorni di questo mese, l'iniziativa per la sospensione delle ostilità e la mediazione delle potenze. Tali disposizioni si concretavano nella partecipazione della Francia ai passi che le altre potenze decidessero di fare insieme, in favore della Grecia, senza che però ·scemasse, nell'animo del ministro degli affari esteri della repubblica, la diffidenza che nella condotta seguita dal Gabinetto di Atene profondamente si radicava. Starei per dire che, se in quella fase transitoria del concerto dei rappresentanti delle potenze in Atene, quelli di Germania e di Austria-Ungheria non si fossero trovati soli a mancare di istruzioni dei rispettivi governi, assai probabilmente, anche da parte del Gabinetto di Parigi, si sarebbero messe innanzi e mantenute con una certa durezza di forma le obbiezioni tendenti a costringere la Grecia a fornire guarantigia all'Europa di non isfuggire all'impegno che, invocandone la mediazione, essa dovea formalmente assumere. La notificazione ufficiale del blocco di un tratto di costa dell'Epiro e del golfo di Salonicco fatta anche al Governo francese dal ministro ellenico in Parigi, pareva contradire alle intenzioni pacifiche del Gabinetto di Atene sovra le quali si era fondata la Russia chiamando gli altri Governi a prendere l'iniziativa dei preliminari della pace.

V. E., alla quale quel blocco era pure stato notificato, mi avea richiesto di informarla telegraficamente della risposta che il Governo francese avea dato aila Grecia. Questa istruzione mi pervenne il sabato 8 corrente ad ora troppo tarda perchè mi potessi, ancora in quel dì, abboccare con il signor Hanotaux. Allorchè me ne intrattenni, con lui, il mattino del 10, la situazione avea progredito e già si conoscevano i termini della risposta del ministro greco alle comunicazioni fattegli dai quattro Governi d'Italia, d'Inghilterra, di Francia e di Russia. Alla notificazione del blocco delle coste ottomane la Francia non avea dato risposta. Neppure di tale notificazione si era dato avviso ai naviganti. L'attenzione del signor Hanotaux si era ·concentrata nell'esame dei termini deLla risposta ellenica alle pratiche iniziate dai rappresentanti dei quattro governi ad Atene. A lui pareva 1che quei termini avrebbero potuto essere più espHciti principalmente circa la promessa di ritirare senza indugio le truppe greche da Creta; però giovava contentarsi dell'impegno che tuttavia risultava dalla risposta ellenica, di ritirare gradualmente ma completamente tutte le truppe da quell'isola. In questo senso egli avea parlato poco prima coll'ambasciatore d'AustriaUngheria spingendolo a far sapere prontamente a Vienna ·Che qui si riteneva che la risposta della Grecia desse soddisfazione all.a domanda di quel governo impe

riale e reale che avea subordinato la sua adesione alla azione mediatrice delle potenze alla condizione della evacuazione dell'isola di Creta dalle truppe elleniche.

Il linguaggio del signor Hanotaux non mi lasciava dubbio sull'importanza che egli annetteva al ripristinamento del completo concerto delle sei potenze. Ad una mia domanda se egli avesse fatto parimenti qualche passo per ismuovere il Gabinetto di Berlino dall'atteggiamento nel quale quello di Vienna lo avea seguito, H signor Hanotaux avea evitato di rispondere. Le cose da lui dettemi bastavano tuttavia per,chè io potessi con sicurezza rispondere al telegramma di

V. E. della sera del 9 maggio (l) col quale Ella mi chiedeva appunto di conoscere il pensiero del Governo francese circa il valore e la estensione attribuibile alla dichiarazione della Grecia relativamente alla evacuazione delle sue forze militari dalla Creta. Era logico che si facilitasse l'imbarco delle truppe che doveano uscire dall'isola. Di qui si erano date in tale senso istruzioni al comando della squadra francese nelle acque ,cretesi. Anche sovra questo punto noi ci trovavamo ad agire concordemente con il Governo della repubblica. E cosi, anche in questa fase decisiva che ha permesso, in seguito alle due dichiarazioni della Grecia di aderire essa formalmente al contenuto della comunicazione fattale dalle potenze e di rimettere con fiducia fra le mani delle medesime la cura dei suoi interessi, che il concerto dell'Europa spiegasse la sua azione pacifìcatrice presso la Porta ottomana, non vi è stato da notare alcuna interruzione nella perfetta comunanza di idee e di condotta fra i Gabinetti di Roma e di Parigi.

Il giorno 12 ebbi un abboccamento con il signor Hanotaux nel corso del quale questi mi disse che la posizione della questione greco-turca, mentre permetteva al concerto europeo di spiegar la sua azione a Costantinopoli, avrebbe richiesto che il concerto medesimo si stabilisse sovra alcuni punti sostanziali. Un'intesa a tale proposito s'imponeva ed avea anzi carattere di speciale urgenza. Vi erano delle idee sulle quali già si era formata quasi l'unanimità di opinione in Europa. Non sarebbe cosa prudente per i paesi dove l'influenza del sentimento pubblico è dominante, di andare, senza necessità assoluta, a ritroso col sentimento stesso. Era di manifesta evidenza l'impossibilità di ammettere che territori abitati formanti parte fin qui della Grecia, dovessero passare sotto la dominazione turca. Nè soltanto 'sovra di ciò si sal'ebbero potute concertare le potenze mentre nessuna di esse poteva, ad esempio, desiderare che alla Grecia si imponesse di ammainare senza combattere la bandiera delle sue navi per farne la cessione alla Turchia. Era questa una umiliazione superflua alla quale i greci avrebbero potuto ribellarsi. Del pari non era cosa prudente l'accettare che la occupazione turca in Tessaglia avesse a protrarsi dopo che fosse statuito che quel territorio non deve cessare di appartenere al regno ellenico. Per la Creta poi non bastava che le truppe elleniche la evacuassero: occorreva che gli ordinamenti relativi alla concordata autonomia fossero prontamente deliberati e messi in esecuzione. In questo ordine di idee pareva al signor Hanotaux che anche il Governo italiano si dovesse trovare ed era opportuno che a Roma si sapesse che questi erano gli intendimenti della Francia. La sera del 12 maggio

mi sdebitai dell'impegno preso col signor Hanotaux di riferire telegraficamente all'E. V. il nostro colloquio di quel giorno (1).

Non pare ·che al signor Hano·taux riuscisse di far accettare questo suo modo di vedere al Gabinetto di Pietroburgo il quale trovò invece preferibile che s'invitasse la Porta ottomana a presentare essa stessa alle potenze le sue condizioni di pace e si entrasse con la medesima a trattare sovra la base della sua dichiarazione, fatta all'inizio della guerra, e secondo la quale il Governo del Sultano rinunciava ad ogni proposito di conquista bastandogli il ritiro dei greci da tutti i territori invasi. A questo metodo di negoziare si piegò il Gabinetto di Parigi al quale, dopo di aver ricevuto il telegramma di V. E. del 14 di questo mese (2), feci sapere che noi pure vi ci acconciavamo volentieri, ma che nel tempo stesso noi consideravamo che la conclusione più urgente alla quale conveniva venire, era quella relativa alla sospensione delle ostilità, cosa questa nella quale ormai erano impegnate la responsabilità e la dignità delle potenze. Pur troppo nè l'uno nè l'altro dei belligeranti si era dimostrato premuroso di assecondare questi nostri intendimenti. Produsse nel signor Hanotaux un senso di vero sdegno la notizia dello sbarco di milizie regolari elleniche sulle coste dell'Epiro quando già erano iniziate le pratiche a Costantinopoli per arrestare i progressi vittoriosi delle armi ottomane e conseguire l'armistizio. La condotta del Gabinetto di Atene veniva da lui qualificata in quei giorni con le parole le più severe. Non rifiutò tuttavia il Gabinetto di Parigi il suo concorso nel concerto degli ambasciatori a Costantinopoli quando questi prepararono le loro riserve relative alle basi della pace presentate dalla Turchia e formolarono con insistenza la domanda di sospensione delle ostilità. La sola Germania non avea creduto di doversi associare a tale azione concertata dai rappresentanti a Costantinopoli di tutte le altre potenze. V. E. avea ricevuto in proposito una comunicazione dall'ambasciatore tedesco a Roma. Il Gabinetto di Berlino non credeva di doversi associare alla domanda di sospensione di ostilità da presentarsi alla Porta ottomana. Egli stimava che il momento opportuno per introdurre la domanda stessa verrebbe soltanto dopo che J.a Grecia avesse accettati i quattro rpunti sovra i quali le potenze sembravano trovarsi in massima d'accordo per istabilire le basi della pace. Erano questi : l) nessuna conquista ma una semplice rettificazione di frontiera a scopo strategico; 2) indennità di guerra; 3) mantenimento delle ·capitolazioni rispetto alla Grecia; 4) convenzione di est!'adizione. Impo~tava che il R. Governo conoscesse senza ritardo il pensiero del Gabinetto francese sovra tale ·comunicazione della Germania. I termini stessi nei quali ci era stata fatta sembravano accrescerne la sostanziale gravità.

Nell'ultimo mio incontro con il signor Hanotaux mi era occo~so di paLesargli il nostro modo di vedere circa l'urgenza di provvedere, anzi ogni altra cosa, alla sospensione delle ostilità. Era in un ordine di idee diverso che la Germania si esprimeva. Il Gabinetto di Parigi avrebbe voluto che le potenze spiegando la loro unanime azione a Costantinopoli avessero significato fin da principio alla Turchia ciò che le potenze stesse non le avrebbero permesso di pretendere come condizioni di pace dalla Grecia. Il Governo russo, senza tener

conto di tale desiderio della Francia, avea invece indotto tutte le potenze a domandare alla Porta ottomana di formulare essa stessa le sue domande. Ne era risultato che il Governo del Sultano avea subordinato la sospensione d'armi alla accettazione da parte della Grecia di condizioni in massima parte inammessibili dalle potenze mediatrici. Il Gabinetto di Berlino interveniva a questo punto e proponeva che non si domandasse alla Turchia di fermare i suoi pascià sulla via di Atene finchè il governo greco non avesse espressamente accettate le condizioni di pace intorno alle quali in massima pareva essersi diggià formato il consenso delle potenze.

Il signor Hanotaux avea avuto dall'ambasciatore tedesco una verbale comunicazione a tale riguardo. Le parole di S. E. il conte di Miinster non gli aveano prodotta l'impressione che da parte della Germania esistesse il proposito di arrestare l'azione del concerto europeo a Costantinopoli relativamente alla sospensione delle ostilità fin tanto che la Grecia non si fosse espressamente sotto

messa ad accettare le condizioni di pace che le potenze stimavano potersi ammettere. Alla comunicazione tedesca avea tenuto dietro qui un'altra della Russia che alla stessa si riferiva. Sostanzialmente da ciò che il Gabinetto di Berlino avea fatto dire a Pietroburgo ed a Parigi sembrava al signor Hanotaux che le cose si trovassero poste nei seguenti termini: gli ambasciatori a Costantinopoli doveano subito mettere in sodo l'accordo delle potenze sovra i quattro punti espressi nella comunicazione della Germania in guisa che non rimanesse incertezza alcuna circa l'esistenza dell'accordo unanime a tale riguardo. Ciò premesso i Gabinetti dovrebbero accertarsi che gli stessi quattro punti sono accettati dalla Grecia. Dopo tale accettazione si dovrebbero presentare -la comunicazione russa diceva imporre -i quattro punti e l'armistizio alla Turchia, lasciando che fra i negoziatori greci e turchi si dibattino i particolari delle prestabilite basi di pace. Le potenze continuerebbero ben inteso a prestare i loro buoni uffizi durante il corso delle dirette trattative. Intesa in questo senso la comunicazione della Germania sembrava al signor Hanotaux normale. Egli infatti riconosceva che i quattro punti nella medesima espressi corrispondevano a quanto risultava essere favorevolmente accolto nell'opinione pubblica di tutti i paesi. Non era prevedibile che l'una o l'altra delle potenze presentasse in proposito delle obbiezioni. L'accertamento della esistenza dell'accordo unanime sovra le basi della pace era dunque cosa che non richiedeva perdita di tempo. Non sarebbe forse ugualmente facile e spedito lo acquistare la sicurezza che la Grecia si acquieterebbe alla opinione unanime delle potenze risultante da siffatto loro accordo. La comunicazione del Gabinetto di Berlino certamente dimostrava tutta la diffidenza che la condotta del Governo di Atene avea inspirato a tutti coloro che si erano adoperati per salvarlo dalla catastrofe presente. Si poteva però sperare nelle disposizioni più moderate della Porta ottomana. Erano in questo senso le notizie ultime pervenute qui dall'ambasciatore francese a Costantinopoli. Aggiungeva anzi il signor Hanotaux che, pochi momenti prima, gli era stato comunicato un telegramma dell'agenzia Reuter nel quale si annunziava che il Sultano avea dato ordine di sospendere le ostilità. Trattavasi, diceva il ministro, di una notizia di fonte privata, ma l'agenzia che la trasmetteva era certamente delle più caute nello accogliere le informazioni di tale indole

Indico queste ultime circostanze del colloquio da me avuto con questo signor ministro per gli affari esteri nelle ore pomeridiane del giorno 18 corrente, perchè dimostrano che l'azione personale e diretta dello Czar presso il Sultano, esercitata il dì 17 e dalla quale risultò la sospensione delle ostilità, non era stata previamente concertata con il Gabinetto di Parigi.

È notevole il fatto che, nelle ultime fa,si dell'azione diplomatica relativa alla guerra turco-ellenica, non soltanto non mi fu dato scorgere indizio di preventive intelligenze fra Parigi e Pietroburg:o, ma dovetti anzi osservare che da parte del Gabinetto imperiale si è agito una volta in senso contrario ai desideri dei quali io avea raccolto qui la chiara espressione, ed un'altra volta senza curarsi menomamente neppure di dare preventivo avviso di ciò che si era in procinto di fare.

Il telegramma del 19 maggio (l) mi recò il pensiero di V. E. circa le condizioni della pace espresse nella precitata comunicazione della Germania. Me ne varrò nei colloqui che avrò l'occasione di avere ~successivamente con il stgnor Hanotaux.

Rispetto alla Creta, ho avuto l'occasione di accertarmi, in relazione con i telegrammi di V. E. del '15 e del 17 maggio (2), che anche qui non si dissentiva dalla domanda degli ammiragli, riprodotta nella proposta russa, che il blocco delle coste cretesi avesse a cessare dopo compiuta la evacuazione dell'isola da parte delle truppe elleniche. Il signor Hanotaux, a tale proposito notava che il blocco non avrebbe più servito dopo la partenza di quelle truppe che ad affamare gli abitanti e ad accrescerne Ia miseria. Circa la considerazione ·che, mantenendosi tuttavia, per unanime consenso, le squadre ed i distaccamenti europei in quell'isola fino all'insediamento del nuovo ordinamento amministrativo, conveniva che gli ammiragli potessero convertire il blocco in una rigorosa sorveglianza per impedire l'arrivo di volontari, di armi e munizioni, il signor Hanotaux obbiettava che, sebbene ormai non si potesse supporre che vi sia ancora chi voglia alimentare l'insurrezione cretese, tuttavia le facoltà che hanno i comandanti delle forze navali e terrestri per tutelarsi all'estero doveano intendersi loìro riconosciute appieno. Nei vari colloqui relativi allo stato delle cose in Creta il signor Hanotaux non fece mai cenno della scelta del governatore, nè della urgenza di nominarlo.

Le ·cose fin qui esposte mettono in luce, a parer m.io, gli intendimenti savii del Gabinetto di Parigi. Meno premuroso di mettere in evidenza la sua azione, che di portare un concorso efficace all'opera del ristabilimento della pace, il signor Hanotaux tenne certamente più conto della considerazione in cui tale condotta sarebbe tenuta dall'Europa, che non delle esigenze dell'opinione e del sentimento pubblico francese.

Questa nazione per indole sua tollera mal volentieri di occupare un modesto posto nell'allineamento delle potenze. Appena rientrata nella posizione che l'accorto suo ministro degli affari esteri ha saputo rifarle, essa si dimostra insofferente dell'esito di una politica che non le ha permesso di prendere una parte prominente. La fase del conflitto elleno-turco che ora si chiude, sembra

aver messo la Germania a Costantinopoli in condizione di esercitare una deter

minante influenza. Bastò che in qualche giornale si scrivesse ed in qualche di

scorso di riunioni politiche da alcuni si dicesse che il concerto europeo consolidò

con la sua azione in Oriente la preponderanza dell'impero tedesco, perchè i

sintomi di un crescente disfavore verso il signor Hanotaux si manifestassero,

negli ultimi tempi, in modo da diminuire grandemente l'autorità che egli avea

fin qui saputo mantenere presso quasi tutti i gruppi ;parlamentari possibili pre

sentemente al governo del paese. Se ne è veduta la prova nell'accoglienza fatta

dalla Camera dei deputati alle dichiarazioni sue provocate dalla interrogazione mossagli nella tornata delli 22 corrente dal signor Gauthier de Clagny. Contro le violente apostrofi degli interruttori, le vociferazioni che impedivano al ministro di pronunciare frasi complete, non reagirono le frazioni della Camera che sostengono il presente Gabinetto e chiunque abbia potuto paragonare il contegno che altre volte l'assemblea teneva quando il signor Hanotaux era alla tribuna con quello che poco mancò lo costringesse avant'ieri a discenderne senza terminare la lettura delle dichiarazioni del Governo, deve avere oggi l'impressione che l'autorità del ministro è scemata in guisa da non potergli più consentire di fare presentemente ciò che egli avrebbe potuto con sicurezza operare pochi mesi or sono. Della qual cosa non dobbiamo per certo rallegrarci non soltanto per le conseguenze che ne potrebbero derivare in ordine agli interessi della politica generale europea, ma anche 1ed ancora più per gli effetti che ne seguiranno relativamente agli interessi speciali nostri con la Francia. La posizione del signor Hanotaux apparisce scossa. Egli non appartiene al parlamento ma presso i colleghi del Gabinetto la sua autorità personale è necessariamente costituita da quella che la stampa e le Camere gli accordano. Vi è ragione di temere che la sua voce nei consigli del ministero abbia perduto la preponderanza assoluta che negli affari relativi alla politica esteriore avea finora esercitato. È cosa questa di cui è mestieri che da noi si tenga conto.

(l) -Cfr. n. 48. (2) -In LV: c l'invio •. (3) -In LV: • è possibile •. (4) -Il testo del telegramma venne comunicato in pari data con tel. 1485, anche a Tornielli Ferrero•. Lanza, Av.az:na e. M~legari, c~n la seg~ente aggiunta: • Prego informarsi e tele~ grafarm1 se. e quah 1struzwm a tale nguardo s1ano state impartite da codesto Governo al

(l) Non pubblicato.

(l) Cfr. LV 96, p. 236.

(l) -Cfr. n. 31. (2) -Cfr. n. 43. (l) -Cfr. n. 62. (2) -Cfr. nn. 46 e 52.
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IL MINISTRO AD ATENE, AVARNA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 2146. Atene, 22 maggio 1897, ore 14 (per. ore 16,05). Nella conferenza avuta separatamente jer l'altro con i miei colleghi Russia Inghilterra, muniti identiche istruzioni, si convenne parlare con presidente del consiglio nel senso telegramma di V. E. 19 (1), circa dinastia soltanto per incidente, allo scopo di evHare che S. M., venendo a notizia nostro passo, potesse esserne indisposto. Ho profittato mia visita jersera presidente consiglio per toccare questione; presidente consiglio mi ha detto che nessuno più di lui era convinto necessità interesse paese mantenere dinas1Jia; era fermo proposito Governo ellenico, come dichiarato parlamento, opporsi qualsiasi cambiamento; dopo la ritirata esercito Lamia aver avuto grave timore per il re, ora rassicurato

convinto popolazione persuasa necessità mantenimento dinastia; Governo ellenico non manca, nè mancherebbe prendere occorrenti provvedimenti all'uopo.

(l) Si tratta del tel. 1461 del 19 maggio 1897, non pubblicato.

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L'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, PANSA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA (Ed. in LV 96, p. 264)

T. 2154. Pera, 23 maggio 1897, ore 24,06 (per. ore 24,15).

Abbiamo oggi preparato un memorandum per la Sublime Porta, nel quale, dichiarandoci pronti a intavolare discussione sulle basi della pace, si accenna alle osservazioni fatte dai nostri Governi relativamente alla rettificazione frontiera, alla riduzione indennità guerra ed al mantenimento capitolazioni. Abbiamo ritenuto opportuno !imitarci indicare, per ora, in modo generico tali osservazioni, riservandoci di meglio specificarle nel corso della discussione verbale.

Memorandum sarà rimesso domani Sublime Porta, se l'ambasciatore di Germania ne riceverà per ,suo conto l'autorizzazione da Berlino.

Disposizioni personali Sultano sembrano piuttosto favorevoli, ma egli vorrebbe lasciare responsabilità della desistenza consiglio dei ministri, il quale vi si è finora dichiarato contrario.

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L'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. RISERVATO 1836/488. Parigi, 24 maggio 1897.

Non prima d'oggi ebbi occasione sicura per ispedire a V. E. il rapporto delli 14 corrente (n. 1760/467) (l) ,col quale L'e ho reso conto del colloquio avuto due dì innanzi con il signor Hanotaux circa gli intendimenti comuni dell'Italia e della Francia rispetto alla Tripolitania. Di quel colloquio io avea mandato un cenno telegrafico a V. E. il giorno stesso in cui esso avea avuto luogo; ma io temo, attesa la somma importanza e delicatezza del soggetto trattato, che l'impressione avutane da Lei possa essere stata ,sovra alcuni punti incompleta.

Mi pervenne intanto con l'ultimo corriere di Gabinetto il dispaccio della E. V. deHi 17 maggio (2) sovra il medesimo soggetto. In esso trovai le istruzioni peir una eventuale comunicazione da farsi al signor Hanotaux in relazione con le entrature sue del dì 12. Le circostanze presenti permettendo qualche indugio nella esecuzione della ,comunicazione di cui trattasi, sembrami essere dalle medesime autorizzato ad aspettare che piaccia a V. E., dopo di avere ricevuto la mia spedizione d'oggi, di farmi conoscere le definitive sue risoluzioni.

Dacchè io occupo questo posto, continue furono le inquietudini nostre circa i progetti attribuiti alla Francia di espandersi nella Tr1politania. A tali inquietudini corrisposero periodiche mie frequenti domande di informazioni dirette al signor Hanotaux od agli altri ministri che nel frattempo ne tennero l'ufficio. Le risposte furono quasi sempre rassicuranti ed i fatti fin qui le dimostrarono sincere.

La ragione delle nostre inquietudini sta, a parer mio, principalmente nella convinzione che ognuno può formarsi di due cose. In primo luogo è facile comprendere che la regione africana soggetta alla diretta sovranttà della Turchia, tanto dal punto di vista geografico come dall'etnografico mentre sarebbe un fatale appannaggio ,per qualunque stato europeo, potrebbe avere un certo valore per il paese che con colossali sacrifici ha stabilito la sua dominazione nell'Algeria e nella Tunisia. In secondo luogo ognuno comprende che per fatalità di cose il contatto della dominazione francese con le mal governate popolazioni della Tripolitania può ad ogni ora far nascere la occasione che giustifica se pur non rende necessaria la progressiva espansione.

Per ragioni che non occorre analizzare noi consideriamo che tale espansione non si effettuerebbe senza preg.iudizio nostro ed al Governo Francese se non sono note nei loro termini precisi le guarentigie che noi crediamo di avere, non sfuggono di certo gli indizi della nostra continua preoccupazione ed ancor meno le misure precauzionali che, in certi momenti, sembrano prese per non !asciarci soperchiare dalle conseguenze del fatto compiuto.

Così stanno in realtà le cose ed io avrei potuto dare alle numerose mie comunicazioni fatte qui circa i progetti di espansione attribuiti alla Francia due caratteri diversi. Avrei potuto cioè !imitarmi a prendere nota dei motivi di inquietudine nascenti dalle informazioni che pervenivano al Governo del Re, formando per dire ·COSÌ il catalogo dei gravami nostri il quale dovesse a momento opportuno giustificare i provvedimenti intesi ad impedire, prevenendola, l'espansione francese. Oppure io doveva dare alle mie comunicazioni l'intonazione e la forma che invitavano ad amichevoli spiegazioni e smentite o rettifiche di notizie delle quali, a dir vero, sempre d fu largo questo Governo.

Se io avessi adottato il primo di questi metodi, non dubito che in brev'ora noi ci saremmo trovati di fronte ad una situazione assai pericolosa. Non fu mai nei miei propositi di mettere il paese in presenza di una seconda questione simile a quella di Tunisi che di immensi danni morali più ancora che materiali ci fu origine. Mi attenni dunque al secondo metodo il quale, col progressivo migliorarsi dei rapporti fra l'Italia e la Flrancia, dovea di necessità condurci al punto dove ora siamo.

È chiaro infatti che il ripetersi delle spiegazioni da noi amichevolmente domandate al Gabinetto di Parigi circa le intenzioni sue relativamente al progetto persistentemente da noi attribuitogli di espandersi nella Tripolitania dovesse, quando le circostanze lo avrebbero permesso, suggerire al Governo Francese di entrare con noi sovra siffatto soggetto in una spiegazione più larga conducente ad impegni reciproci.

Di certo in essa la Francia rinuncierebbe a cosa che per lei ha, come ho detto, un certo valore; ma il signor Hanotaux è tal uomo da aver messo in bilancia i danni ·ed i vantaggi che potevano derivare al suo paese dal mettere fine ad un periodo di incessanti reciproci sospetti e di chiudere ~così l'adito ad incidenti ·che soli forse, in questo momento, potrebbero mettere alle prese improvvisamente l'Italia e la Francia ed essere cagione di appassionanti conflitti fra le due nazioni.

Per ora la Tripolitania è coperta dalle guarentigie ,generali di cui è oggetto l'impero ottomano. La piega che presero gli ultimi eventi di Turchia non ha

indebolito quelle guarentigie. Ne risulta escluso presentemente il carattere dl urgenza che, pochi mesi or sono, una intesa fra l'Italia e la Francia sovra la base del reciproco disinteresse per la Tripolitania, avrebbe potuto avere. Ma l'E. V. intende bene di quali sospetti e di quali diffidenze sarebbe causa il non rispondere da parte nostra alla offerta fattaci a tale riguardo dal signor Hanotaux od il rispondervi in guisa da lasciare intravvedere che dal eanto nostil"o ,s;i vuole sfuggire l'impegno. La scelta della forma diviene in siffatti casi questione principalissima e di sostanza e pare a me ·che a null'altro serva che a destare l'attenzione ed a risvegliare la diffidenza il ricercare per una semplice ed amichevole dichiarazione una forma insolita e perciò stesso di discutibile valore. Nel dispaccio di V. E. del 17 maggio (1), Ella !esclude la forma del protocollo

o l'equivalente scambio di note più generalmente adottato per le questioni territoriali africane. Ella preferirebbe che delle verbali mutue dichiarazioni scambiate in confidenziale colloquio io avessi a riferire al R. Governo con un rapporto di cui accerterei preventivamente l'esattezza sottoponendone i termini al signor Hanotaux. Di questa circostanza farei constare nel rapporto stesso. Il signor Hanotaux poi potrebbe consegnare il rendiconto del colloquio in un suo dispaccio al signor Billot sottoponendolo previamente al mio esame.

Mi consenta, si.gnor Ministro, di farle osservare che la proposta di questa forma potrebbe appunto avere gli inconvenienti che ho sovra notati. Ad accertare la esistenza dell'impegno verbale noi conserveremmo il documento nostro dal quale esso risulterebbe e la Francia conserverebbe il documento suo. A che prc: redigere in tal caso dei documenti? II signor Hanotaux potrebbe anche obbiettare che mentre della dichiarazione sua esisterebbero così due atti l'uno quasi di ra-. tifica all'altro, della nostra invece egli avrebbe soltanto la prova nel riconoscimento verbale che io gli farei della esattezza del rendiconto che egli spedirebbe all'Ambasciatore della Repubblica in Roma. È più agevole ì1 pensare quali impressioni potrebbe cagionare nell'animo del ministro degli affari esteri della repubblica la proposta della adozione di una forma siffatta che il suggerirne una migliore che corrisponda appieno alle necessità indicate nel dispaccio di V. E. Ma a me pare che ove si voglia evitare che la sostanza delle cose non venga ad alterarsi nella ricerca di una insolita forma per l'accordo alle medesime relativo, converrà attenersi ad un procedimento più usitato. Questo potrebbe essere l'invio a me di un dispaccio di V. E. di cui io sia autorizzato a dar lettura ed offrire copia e l'invio al signor Billot di un dispaccio del signor Hanotaux di cui codesto ambasciatore francese dovrebbe ugualmente essere autorizzato a dare a Lei lettura e copia. Il dispaccio di V. E. potrebbe darmi atto dei termini nei quali Le avrò riferito il colloquio avuto col signor Hanotaux ed il dispaccio di quest'ultimo potrebbe rendere conto nei termini stessi del colloquio medesimo.

Circa la sostanza della dichiarazione la maggiore difficoltà che trovo nasce dal non poter far uso della espressione hinterland parlando della Tripolitania senza che si ridesti la memoria dell'atto col quale, alcuni anni or sono, la Turchia ha rivendicato come appartenenti alla sua sovranità enormi estensioni del continente africano comprese nel riparto anglo francese delle zone d'influenza che consentì alla Francia di affermare le sue pretese fino sulle rive del lago Tchad.

Per nessun rispetto può convenirci di mettere il piede in un così inestricabile ginepraio. Sembra a me che se la dichiarazione comprendesse il proposito di rispettare nei territorii appartenenti alla Turchia, situati fra l'Egitto e le possessioni francesi, l'attuale statu qua politico e territoriale, lo scopo al quale miriamo si troverebbe ugualmente raggiunto.

Un impegno preso nella forma di una precisa obbligazione reciproca sussiste, io credo, anche se le circostanze vengono a mutare. Stimo invece che l'espressione della intenzione vicendevole di astenersi dal fare una determinata cosa, sia naturalmente subordinata alla condizione rebus sic stantibus. Non sarebbe pertanto necessario che questa condizione venisse formalmente espressa dappoichè la medesima si sottintende.

Anche nella forma e nei termini che io troverei preferibili, la conclusione del delicato negozio può presentare inattese difficoltà ed io stimerei cosa incauta lo andarvi incontro senza prima avere ben precisati i termini corrispondenti alle intenzioni del R. Governo o da esso ritenuti almeno sufficienti. Mi lusingo perciò che a V. E. non riuscirà sgradita la esposizione che Le sono venuto facendo dei serii dubbi che si affacciano al mio pensiero al momento di accingermi alla trattativa di un affare che agli occhi miei ha grande importanza per il nostro paese. Dal modo col quale, al punto in cui ci troviamo, esso potrà essere risoluto dipenderà infatti, nella più larga misura, l'avvenire delle relazioni fra l'Italia e la Francia, le quali sono tanta parte in quello del nostro paese.

(l) -Cfr. n. 45. (2) -Cfr. n. 55.

(l) Cfr. n. 55.

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L'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. RISERVATO PER CORRIERE 770/273. Berlino, 24 maggio 1897. Il giorno 18 corrente V. E. mi dava cenno telegrafico (l) di una comunicazione ufficiale fattale dall'ambasciatore di Germania colla quale si partecipava la deliberazione del Governo imperiale di non associarsi alla progettata nota degli ambasciatori per chiedere alla Sublime Porta la sospensione delle ostilità. Questa comunicazione concordava pienamente colle dichiarazioni fattemi dal barone Marshall e da me telegrafate. Senonchè nello stesso giorno 18, e cioè poche ore dopo l'ordine inviato al signor di Bti.low di fare a V. E. la comunicazione predetta, il Governo imperiale faceva qui pubblicare dall'agenzia Wolff che «l'ambasciatore germanico a Costantinopoli era stato autorizzato a cooperare coi colleghi per ottenere dalla Porta la sospensione delle ostilità!!!». Che cosa era avvenuto in quel breve lasso di tempo per indurre il Governo imperiale a mutare sì radicalmente la risoluzione presa? Il barone Marshall volle spiegarmi quel mutamento repentino con ordini posteriori giunti da S. M. l'imperatore all'annunzio della caduta di Domoko, ma non havvi alcun dubbio che quel mutamento, in gran parte

almeno, è dovuto al telegramma inviato personalmente dallo· Czar al Sultano per chiedere la sospensione delle ostilità, alla quale il Sultano tosto aderì.

Il Governo imperiale trovandosi dinanzi a un fatto compiuto, ad un risultato ottenuto dalla Russia e contrario all'espresso voto da esso manifestato, cercò di evitare la apparenza di uno scacco subìto, facendo tosto annunziare che si era associato agli altri gabi:p.etti per ottenere la sospensione delle ostilità, e inviando infatti anche l'ordine relativo al ·SUO rappresentante a Costantinopoli. Non intratterrei V. E. di questo incidente, di questo retroscena diplomatico, che non ha in sè grande importanza, se esso non mi porgesse una nuova prova che il Governo germanico non ha su quello di Russia tutta l'influenza che pretende o s'illude di avere dopo la morte del principe Lobanoff. Su questa influenza, oltrechè sul concorso dell'Austria-Ungheria il Governo germanico ha sempre contato per la buona riuscita delle pil".incipali e più gravi m~srure da esso pro.poste nel corso delle recenti vicende orientali -blocco dei porti greci, mediazione delle potenze subordinata alla formale domanda della Grecia, e, ultimamente, sospensione delle ostilità concessa solo dopo l'accettazione per parte della Grecia delle condizioni di massima stabilite per la conclusione della pace -mentre nessuna fu in realtà accettata, neppur dalla Russia, e l'ultima fu anzi fatta cadere per intervento diretto dello Czar. Non è qui il caso di fare un esame retrospettivo delle singole

proposte tedesche e voglio anche ammettere ch'esse, se attuate, avrebbero condotto dapprima ad una più pronta, poi ad una più sicura, più completa sottomissione della Grecia ai voleri delle potenze, con garanzie maggiori perchè la pace europea non sia nè ora, nè per lungo tempo avvenire turbata per fatto della Grecia o d'altro stato balcanico; ma esse non poterono venir accolte perchè troppo dure verso la Grecia. La Germania nel formularle non volle mai tener conto che se essa, avendo solo in mira il mantenimento della pace e priva, come essa proclama, d'interessi diretti in Oriente, può non preoccuparsi delle sorti future della Grecia, considerarla puramente come una violatrice del diritto delle genti, e trattarla ·per soprapiù col disprezzo del creditore verso il debitore che ricusa di soddisfare ai suoi impegni, altre considerazioni potevano, dovevano determinare l'attitudine delle potenze più interessate e indurle a maggior indulgenza, a più miti consigli. Arrogi (sic) che il desiderio di mantenere alta la sua influenza in Turchia, la specie di soddisfazione di amor proprio per le vittorie dell'esercito turco, istruito, organizzato da ufficiali tedeschi, determinarono in Germania una corrente favorevole alla Turchia, di cui si esitava ad arrestare la marcia vittoriosa in Tessaglia ed in Epiro, e si esita ancora a privare di tutto il frutto dei suoi successi. Queste correnti di simpatia per la Turchia e di animosità contro la Grecia si faranno ancora sentire nelle fasi successive della presente crisi; da questa crisi certo la Germania uscirà con un aumento della sua influenza in Costantinopoli per l'appoggio prestato al Sultano; ma non perciò è da lamentarsi ch'essa siasi associata alle altre potenze per risolverla. Se la Germania si fosse tenuta in disparte, come qui molti avrebbero voluto, è dubbio se il concerto europeo, la pace europea, avrebbe potuto mantenersi. E che il gabinetto di Berlino non sia pentito del suo intervento, lo dimostra il linguaggio di questi uomini di stato i quali, oltrechè la loro soddisfazione di aver contribuito al mantenimento della pace generale, lasciano trapelare le loro aspirazioni, i vantaggi che si ripromettono da una maggiore influenza della Germania in Turchia. Nell'ultimo resoconto settimanale della politica estera, la Kreuz-Zeitung, che di quelle tendenze si fa l'eco, scriveva: « ...Fino a questo momento la nostra attitudine in

Oriente fu destra e-ciò che importa-felice. Le vittorie dell'esercito turco, la sua esemplare disciplina, la mobilizzazione compiutasi in modo che non potevasi aspettar migliore, sono considerati in tutto il mondo come un successo degli istruttori tedeschi delle truppe ottomane. Anche la politica saggia e pier..a di misura della Turchia nei momenti della crisi più acuta è dovuta in non piccola parte ai consigli della Germania. A ciò devesi se la pace generale fu mantenuta e non è colpa nostra se anche la guerra turco-greca non fu evitata. Forse verrà il giorno in cui anche la Grecia lo riconoscerà. L'opera della politica tedesca non è ·Certo però ancora compiuta; .mancano ancora due cose: una regolarizzazoone delle finanze greche, la quale assicuri i titoli di credito posseduti dai tede<:chi dalla bancarotta, che pare presentarsi come prossimo programma dei patriota greci, e la soluzione della quistione, ancora più grave, delle riforme turche. Ancor poche settimane or sono noi dichiaravamo insolubile questa quistione e, fino a un certo punto, siamo ancora oggi di questo parere. I turchi soli non la risolveranno certo; ma se il Sultano si risolvesse a chiamare a sè, anche per ciò, elementi tedeschi, e a questi fosse lasciata sufficiente libertà d'azione, non sarebbe assolutamente impossibile giungere ad una soluzione. Di tutte le soluzioni della quistione orientale la sola che possa condurre a qualche risultato sopportabile per tutte le parti, senza pericolo di una guerra mondiale è la seguente: costituire una Turchia forte abbastanza per respingere ingiuste pretese e che in pari tempo dia soddisfazione al sentimento cristiano con una amministrazione umana e giusta, atta ad assicurare i sudditi di religione cristiana nella loro vita, nella loro fede, nel loro diritto e nella loro proprietà. Non vogliamo imporre alcuna tutela tedesca, bensì porgere un ajuto tedesco nel campo dell'amministrazione interna, come da dieci anni lo porgiamo, con benefizio della Porta, nel campo militare. Un siffatto procedere non sarebbe d'altronde in opposizione colle tradizioni della nostra politica e rinforzerebbe la posizione della Germania in Oriente, sia politicamente che economicamente, nella misura stessa con cui crescerebbe la forza vitale e la forza economica della Tul'chia. Esso sarebbe in pari tempo un atto di politica eminentemente pacifica, giacchè una Turchia forte significa un freno alle ambizioni, non sempre pure, che si connettono all'idea della inevitabile fatalità che pesa sulla Turchia e ne fa proclamare inevitabile la fine. Al giorno d'oggi, quando una serie di stati cristiani si sono costituiti a nazione nella penisola balcanica, quando è notorio che le popolazioni cristiane le quali ancora vivono sotto la dominazione turca non posseggono la forza occorrente per una esistenza propria quale nazione, l'uscita dei turchi dall'Europa o la caduta dell'impero turco-asiatico non sono una necessità morale o politica. Noi dobbiamo abituarci all'idea che anche l'islamismo, quando esso si adatti ai principii della morale europèa e dell'ordine governativo, ha pure un diritto di esistenza. Noi non desideriamo conversioni forzate al cristianesimo, nè le crediamo possibili; ma l'islamismo non è così caduco ch'esso debba andare in rovina per un cambiamento nelle forme di Governo e di amministrazione. Un'amministrazione sana, non già il costituzionalismo come lo desiderano i giovani turchi, tale è la soluzione del problema. Riteniamo però impossibile che ciò possa attenersi per altra via che non quella di una direzione tedesca... » e più oltre: « ... La direzione delle riforme messe in mano di impiegati tedeschi ci sembra l'unica soluzione possibile. Programmi se ne possono fare quanti si vogliono, ma ciò che decide si è il modo

in cui è esercitata l'amministrazione. Qualche, anche piccolo, miglioramento realmente applicato, val più che il miglior programma garantito dalle potenze, il quale poi urtasi e cade dinanzi all'ostinazione ed alla incapacità degli alti impiegati. Nessuna potenza può dedicarsi con uguale disinteresse a quest'opera come la Germania: immaginiamola affidata alla Russia od all'Inghilterra, quanti conflitti, quante rivalità non ne nascerebbero!!!».

(l) Cfr. LV 96, P. 257.

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L'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

(AVV)

L. P. Parigi, 24 maggio 1897. La notizia che S. A. R. il principe di Napoli debba recarsi a Londra in occasione dell'ormai vicino giubileo della regina Vittoria mi ha preoccupato dal doppio punto di vista delle previsioni da fare nel caso in cui S. A. R. dovesse passare per la Francia e dell'effetto che potrebbe produrre qui la scelta di un aìtro itinerario. N e ,scrivo a Lei, ancorchè non richiestone, perchè si tratta di cosa non indifferente. Le è noto che uno dei maggiori gravami contro l'Italia che servì ad attizzare l'opinione pubblica francese contro il Governo italiano fu la presenza del nostro principe ereditario alle manovre tedesche nella Lorena. Le gazzette tennero viva la memoria di questo fatto per assai tempo. Ora tacciono; però in un foglio ebdomadario di nessuna importanza nel quale scrive il Saincère, alias del Figaro, poche settimane or sono si parlò ancora, a proposito di un possibile viaggio a Parigi delle LL. AA. RR. il principe e la principessa di Napoli, della gaffe inoubliable che vi faceva ostacolo. Ella mi dirà forse che se prevedo il risveglio di questi umori il partito più sicuro sarebbe che il nostro principe non venga a Parigi. Ma questo partito ha per altra parte inconvenienti serii. In altra circostanza fu notato che S. A. R. andando e venendo dall'Inghilterra evitò di toccare la Francia quasi gli sia terreno interdetto. Se ne fecero commenti e non furono benevoli. Pur rendendomi conto della responsabilità che assumo nel dare non richiesto consiglio, trattasi di cosa troppo grave perchè io possa astenermi dall'emettere il mio avviso. Se per qualche impreveduto incidente n(;m vengono risvegliati in queste prossime settimane i rancori politici verso l'Italia o verso la Germania, io stimerei più savio e più confaciente agli scopi della nostra politica pacificatrice che alL'andata a Londra S. A. R. il principe di Napoli passasse per Parigi in forma incognita, vi facesse breve sosta, visitasse il presidente della repubblica, s'incontrasse col ministro degli affari esteri. Se S. A. R. la principessa di Napoli lo accompagnasse sarebbe ancor meglio. Ma di tutto ciò è necessario che il pubblico nulla sappia anticipatamente perchè, in caso diverso, vi è chi avrebbe troppo interesse a profittarne per creare fra i due paesi una indimenticabile jattura. Ed è perciò

che ritengo assolutamente indispensabile che la sosta a Parigi avvenga nel viaggio di andata in Inghilterra perchè allora qui nessuno penserà alla probabilità che il

4 - Documenti diplomatici · Serie III . Vol. II.

principe nostro si fermi a Parigi, mentre al ritorno ognuno qui lo aspetterebbe.

La prego, signor marchese, di prendere questa cosa nella più seria considerazione. Non ci può giovare il dimostrare a questo paese ed al suo Governo la diffidenza che in passato si spiegava, ma che ora offenderebbe. Ma anche per rompere il ghiaccio ci vuole qualche precauzione ed io La pregherei che se ne tenesse conto.

Per mia norma bramerei essere da Lei informato di ciò che in proposito si deliberasse.

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IL REGGENTE IL CONSOLATO GENERALE A BUDAPEST, TATTARA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 692/89. Budapest, 24 maggio 1897. Secondo avevo comunicato col rapporto 17 corr. n. 671/85 (l) S. M. I. e R. mi accordò oggi udienza. Nel colloquio avuto meco la M. S. volle in modo speciale informarsi circa le condizioni materiali e morali della colonia italiana in Ungheria, prendendo

vivo interesse ai vantaggi reciproci che dall'emigrazione italiana ritraggono l'Ungheria e l'Italia.

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IL CONSOLE GENERALE E MINISTRO RESIDENTE A CARACAS, RIVA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 75/196. Caracas, 24 maggio 1897. Da alcuni giorni risiede in questa capitale monsignor Giulio Tonti, vescovo di San Domingo, ed inviato plenipotenziario della S. Sede presso la repubblica di Venezuela. Come nelle circostanze precedenti! del suo arrivo in Caracas, monsignor Tonti fece subito la prima visita a tutti i membri del corpo diplomatico, estendendola persino al vice-console francese, il quale non ha carattere diplomatico, ed escludendone il ministro del re d'Italia; ed in quelle circostanze i miei predecessori avevano creduto opportuno di fare essi la prima visita al delegato apostolico. Non mi appartiene di indagare le ragioni e le ·considerazioni alle quali avevano creduto dover cedere il conte Magliano, ed il cav. Pirrone; ma io stimai poterle considerare come apprezzamenti puramente personali, e pertanto non mi sarei creduto obbligato di seguirli, per quanto monsignor Tonti esprimesse al

ministro di Spagna il desiderio vivissimo che egli aveva di fare la personale conoscenza del cav. Riva.

Parlando di questa situazione in via assolutamente amichevole col dottor Rojas, egli mi disse che vi avrebbe rimediato, e che teneva tanto più a riescire,

che proponendosi di dare un banchetto in occasione della venuta di monsignor Tonti, desiderava che non sorgessero spiacevoli ·screzi.

Due giorni dopo il ministro Rojas veniva personalmente a vedermi per informarmi, che monsignor Tonti era pure desiderosissimo di stabilire una situazione normale, e che pertanto sarebbe venuto a Jasciarmi la sua •carta da visita, e che questa da me restituita, ciò ci avrebbe permesso di incontrarci, e di conoscerci in condizioni correttissime al pranzo del ministro.

Mentre io trovavo la soluzione già abbastanza soddisfa,cente, in confronto di quanto era accaduto coi miei predecessori, V. E. comprenderà quale maggior argomento di compiacenza, e quale maggior soddisfazione io mi abbia avuta dal fatto, che monsignor Tonti anzichè lasciare la sua carta, venne a visitarmi, ed a quella visita, fatta nella solita forma solenne, ed accompagnato dal suo segretario, egli non poteva dare un carattere privato.

Non ne trassi argomento di personale vanità per aver vinto là, dove i miei predecessori avevano creduto di dover cedere: ma ne fui oltremodo soddisfatto per la rappresentanza itaUana, inquantochè l'incidente era stato commentato nelle sfere politiche, ed anche nella colonia, e la soluzione di esso fu considerata come assai lusinghiera per la legazione d'Italia.

Restituii ·con sollecitudine la visita al delegato apostolico, ed ambe le volte la conversazione mantenutasi assai a lungo, assunse un carattere di somma cordialità, non restandovi estranee, con mia sorpresa, da parte del prelato, osservazioni dirette sulle condizioni del papato rispetto all'Italia.

Parlando delle missioni nella regione del Cuyunì, e della cattiva prova che esse avevano fatta, egli espresse non solo il desiderio, ma anche l'intenzione di adoperarsi, perchè esse sieno affidate ai cappuccini italiani, che egli considera come i più adatti alla buona .riescita di quel compito.

Nel banchetto dato dal ministro degli esteri dottor Rojas, ed al quale assistevano oltre tutti i membri del corpo diplomatico, i mi:nistri venezuelani, led alcune alte cariche, io ebbi l'onore di sedere vicino a monsignor Tonti, e così ebbi maggior campo di apprezzare il senso elevato, ed il tatto finissimo col quale egli concilia le esigenze tmdizionali del sacerdozio ·colle concessioni che egli deve al carattere diplomatico che riveste con competenza ed attitudine somma.

L'attuale visita di monsignor Tonti a Caracas non ha uno scopo determinato, e d'altronde è di brevissima durata, ripartendone egli H 26 per Roma, dove si reca in virtù di congedo.

Io non credo quanto alcuni pensano, che egli sia venuto per dare un indirizzo al clero in vista delle prossime elezioni presidenziali, poichè qui il clero è tenuto tutto dall'arcivescovo di Caracas, e questi essendo devoto al Crespo, è assai probabile che il clero non prenderà attitudine nella lotta elettorale. Monsignor Tonti mi diceva che egli non sarebbe a Roma ·che verso la metà di luglio, e che contava di essere di ritorno a Caracas, per assistere all'insediamento del nuovo presidente; soggiungeva che egli fisserebbe volentieri la propria residenza a Caracas, se potesse risolvere favorevolmente la questione di un locale fisso per sede della nunziatura.

(l) Non pubblicato.

75

L'INCARICATO D'AFFARI A PIETROBURGO, MELEGARI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 267/137. Pietroburgo, 26 maggio 1897. Avendo veduto oggi, al ricevimento ebdomadario del corpo diplomatico, il conte Mouraview, esso mi comunicò in riassunto il contenuto dell'ultima nota degli Ambasciatori a Costanti:nopoli in risposta al memorandum della Sublime Porta. Avendolo io richiesto quale esito si riprometteva da quel passo, e se, in definitiva, secondo il suo modo di vedere, i voleri delle Potenze avrebbero potuto prevalere infatti contro le probabili resistenze del Governo Ottomano, S. E. sempre conservando quell'ottimismo che mai lo abbandonò anche nelle più difficili fasi del conflitto greco-turco, mi rispose esser certo da prevedersi che i negoziati sarebbero lunghi e laboriosi, ma che non nutriva apprensioni sul loro risultato finale che non potrebbe essere che conforme alla soluzione concordemente voluta dall'Europa. Essendo poscia caduto il discorso sulla indennità di guerra e sulle misure da prendersi per assicurarne il pagamento, approfittai della occasione per portare a conoscenza del conte Mouraview i saggi apprezzamenti, che, sul proposito, specialmente del progettato controllo finanziario europeo in Grecia e delle difficoltà della sua applicazione, andavano contenuti nel telegramma che V. E. dirigeva il 20 ,co.rrente (l) al R. Ambasciatore a Costantinopoli e di cui mi venne comunicato il testo. Questo signor Ministro degli Affari Esteri ne seguì con manifesto interesse l'esposizione, ma mi rispose che ancora il Governo Imperiale non aveva avuto agio di attentamente studiare quella questione; che ora trattavasi anzitutto ottenere l'adesione della Sublime Porta ai principi enunciati nella recente nota degli Ambasciatori; raggiunto che sia quello scopo egli si riservava di maturatamente studiare, d'intesa cogli altri Gabinetti, i punti dettaglio fra cui principalissimo quello di un eventuale controllo internazionale sulle finanze elleniche. Malgrado la risposta evasiva e dilatoria del conte Mouraview ho ragione di credere che circa il progetto in discorso abbia già avuto luogo uno scambio di vedute fra Berlino e Pietroburgo, e che l'adesione del Governo russo possa già essergli assicurata in massima, come gli è riservata del pari favorevole accoglienza presso tutti quelli stati che hanno in Grecia interessi finanziari proprii da salvaguardare. Questo ambasciatore di Germania, rispecchiando indubbiamente le idee del suo Governo, se ne dimostra caldissimo fautore, e mi diceva oggi ancora non scorgere motivo perchè non potesse venir applicato alla Grecia il sistema di controllo finanziario internazionale che già funziona così egregiamente in Egitto. Pur riconoscendo legittimi gli scrupoli sollevati in Italia contro una intrusione diretta delle potenze negli affari interni di uno stato retto, a somiglianza del nostro, a forma costituzionale, non credeva però il principe Radolin che tali prevenzioni potessero essere insormontabili, e mi additava a questo proposito l'esempio del

l'Inghilterra, paese costituzionale esso pure, che non esitò fin da principio a farsi propugnatrice di una siffatta combinazione.

(l) La data è errata, poiché trattasi del tel. n. 1454, del 19 maggio, pubblicato al n. 62.

76

L'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA (Ed. in LV 96, p. 268)

T. 2220. Berlino, 27 maggio 1897, ore 15,20 (per. ore 16,20).

A proposito iniziativa presa a Costantinopoli da Nelidow d'ordine del suo Governo per indurre colleghi adoperarsi perchè sia stabilito armistizio fino a conclusione pace, barone Marschall preferirebbe protrarre armistizio di tre o quattro settimane salvo a ·procedere (l) in seguito. Barone Marschall crede che nell'interesse dell'ordine in Atene e facilitazione conclusione pace, occorra non si infonda :1 Grecia convincimento che ostili:tà non possano essere riprese. In questo senso barone Marschall si è espresso con questo ambasciatore di Russia.

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L'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, PANSA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA (Ed. in LV 96, pp. 269-70)

T. 2238. Pera, 28 maggio 1897, ore 18,45 (per. ore 22,40).

Risposta (2) della Sublime Porta a nostro memorandum dice che essa non rifiuta di entrare in discussione sulle osservazioni da noi esposte circa condizioni di pace; ma rileva che comandante (3) ha declinato invito di Edhem pascià per conclusione di armistizio di due settimane, e insiste affinchè si faccia comprendere a gabinetto di Atene necessità di mandare immediatamente un proprio delegato a quartier generale ottomano per stipulare, anzitutto, armistizio regolare a tempo illimitato (4).

Abbiamo preparato replica collettiva ove è detto: che esitazione del comandante ellenico è spiegata dallo avere Edhem pascià connesso negoziati per armi

Le gouvernement impérial ne se refuse pas à entrer en discussion avec messieurs les représentants des puissances médiatrices au sujet des observation contenues dans leur mémorandum précité concernant les conditions de paix qu'il a forrnulées par rapport à son intégrité territoriale, à ses droits et à ses intéréts légitimes, observations qui confirment du reste en principe ces droits et intéréts.

Mais il croit de son devoir de faire remarquer que bien qu'en cédant au voeu pacifiquedes puissances, il eut subordonné ainsi qu'il est dit dans son mémorandum du 14 mai concernant l'acceptation de l'offre de médiation, la suspension des opérations militaires à la conclusion d'un armistice qui, d'après les règles en viguer, doit avoir une durée déterrninée, et qu'en arrétant les hostilités, il eut donné une preuve palpable de sa déférence envers les grandes puissances, le comrnandant des forces helléniques, en réponse aux communications que le commandant de l'armée impériale lui avait adressées pour demander l'envoi d'un délégué pour la conclusion d'un arrnistice de deux semaines, a fait savoir qu'il n'avait reçu d'Athènes aucun ordre spécial à ce sujet.

Cette réponse étant de nature à empécher la continuation de la trève sans un armistice limité, le gouvernement impérial s'en remet aux bienveillants offices de LL. EE. les ambassadeurs du soin de faire comprendre au cabinet d'Athènes la nécessité d'envoyer immédiatement au quartier général ottoman un délégué pour conclure tout d'abord un armistice afin que le désir exprimé également par les puissances pour le rétablissement de la paix puisse etre réalisée sans retard •.

stizio e quelli per la pace, i quali spettano 'alla mediazione delle potenze; che il gabinetto di Atene sarà sollecitato a sottoscrivere un armistizio militare, ma che il primitivo termine di 15 giorni, essendo vicino a spirare, e le trattative per pace trovandosi ormai iniziate, vi sarebbe luogo a concludere armistizio per la durata di queste trattative; ·che, infine, ~rinnoviamo al ministero ·esteri proposta di riunirei al più presto per le trattative stesse.

Anche la consegna di questa nota è subordinata all'accettazione dell'ambasciatore di Germania, che ha istruzioni generiche di non associarsi ad alcun atto scritto senza comunicarne testo proprio governo (1).

(l) -In LV: • prorogarlo ». (2) -Il testo della risposta ottomana era il seguente: «La Sublime Porte a eu l'honneur de recevoir le mémorandum en date du 25 mai, des grandes puissances qui, mues par leurs sentiments pacifiques, ont bien voulu interposer leur médiation pour arriver le plus tòt possible à la conclusione de la paix entre le gouvernement impérial et la Grèce. Elle n'a pas rnanqué de sournettre à S. M. Impériale le Sultan les remerciments de LL. EE. pour les ordres que S. M. a bien voulu, par déférence au voeu exprimé par les puissances, donner, en vue de la suspension des hostilités. (3) -In LV: • ellenico •. (4) -In LV: c limitato •·
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IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, ALL'AMBASCIATORE A VIENNA, NIGRA

D. 20046/436. Roma, 28 maggio 1897.

Col rapporto in data 4 corrente n. 1448/380 (2), ,l'E. V., commentando alcune recenti comunicazioni del R. console in Scutari, circa le supposte mire dell'Austria in Albania, espone i motivi per cui Ella ritiene che tali sospetti non sieno fondati e che debbasi piuttosto prestar fede alle rassicuranti dichiarazioni fattele in proposito dal conte Kalnoky e dal conte Goluchowski (3).

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L'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, PANSA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA (Ed. in LV 96, p. 271)

T. 2247. Pera, 29 maggio 1897, ore 22,19 (per ore 23,15).

Dietro risposta favorevole di Berlino, abbiamo oggi, dato corso alla nota collettiva (4), di cui nel mio telegramma di ieri notte (5). Ministro degli affari esteri è venuto dire che alla Sublime Porta premeva, anzitutto, che fosse sottoscritto regolarmente armi'Stizio, già convenuto

(-4) Ecco il testo del documento: NOTE-VERBALE

Les ambassadeurs des grandes puissances ont eu I'honneur de recevoir la note du 27 mai

par laquelle la Sublime Porte a bien voulu répondre à leur mémorandum du 25 mai.

Ils pensent que l'hésitation des commandants helléniques à signer un armistice en

règle s'explique par le fait que le cornmandant en chef ottoman semblait vouloir y rattacher

une entente sur les bases de la paix.

Or, le gouvernement hellénique ayant confié le soin de ses intéréts aux grandes puis

sances et la Sublime Porte ayant accepté leur médiation, c'est avec elles que les négotiations

de paix doivent se poursuivre.

Les ambassadeurs sont donc préts à faire inviter le cabinet d'Athènes à donner sans

retard aux commandants des forces hélleniques l'ordre de signer un armistice purement

militaire. Toutefois, comme le terme de 15 jours assigné d'abord pour la suspension des

hostilités est près d'expirer et que les négociations de paix sont déjà entamées il y aurait

lieu de conclure l'armistice pour la durée de ces négociations. '

Ayant à coeur de hàter l'oeuvre de pacification qu'ils poursuivent en commun, les amb~ssadeurs renouvellent à S. E. le ministre des affaires étrangères la proposition de se réunrr avec eux dans ce but le plus tòt possible.

fra i delegati dei comandanti turchi ed ellenici; dopo di che, essa non avrebbe difficoltà concertarsi cogli ambasciatori per prolungarlo magari (l) per tutta la durata dei negoziati pace.

Rispondiamo ufficiosamente alla Sublime Porta che per potere raccomandare al Governo ·ellenico firma ;immediata ·di un amnistizio a termine, desideriamo essere, fino da ora, assicurati in modo formale, che il suo prolungamento avrà poi luogo nella misura indicata. attenendosi questa assicurazione, sarebbe desiderabile che Governo ellenico si prestasse, senz'altro, alla richiesta firma, per un tempo qualunque, la cui durata diverrebbe, dopo ciò, indifferente.

Comunko quanto precede R. ministro Atene (2).

(l) -Il testo del telegramma venne comunicato, in pari data, a Tornielli, Ferrera, Nigra, Lanza, Melegari e Avama, con tel. n. 1565. (2) -Cfr. n. 9. (3) -Nella minuta del documento, corretta a penna dal ministro Visconti Venosta, era stato aggiunto il seguente periodo, poi soppresso: « Apprezzo in tutto il loro valore le considerazioni svolte dall'E.V. a sostegno del suo modo di vedere e nel ringraziarla dell'interessante suo rapporto, le rinnovo, signor Ambasciatore, gli atti della mia alta considerazione •·

(5) Cfr. n. 77.

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IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, ALL'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI

T. RISERVATO 1582. Roma, 31 maggio 1897, ore 20,15.

Il re approva passaggio del principe di Napoli da Parigi, ,incognito, nel viaggio di andata a Londra, secondo le idee di V. E. Sarà intanto mantenuto il più rigoroso segreto.

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IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, AL COMANDANTE DELLA CANNONIERA « PROVANA », COLTELLETTI, AD ADEN

T. 1602. Roma, 2 giugno 1897, ore 18,45.

Prego mandare per corriere rapido a Nerazzini il seguente telegramma: «Governo dichiarò recentemente alla Camera che pur volendo conservare colonia, intende possibilmente limitare occupazione militare alla sola Massaua. Camera approvando questa dichiarazione significò col suo contegno decisa volontà fare politica raccoglimento e concesse però completa fiducia al Ministero. Senza modificare sostanzialmente precedenti istruzioni dobbiamo avvertire che Ella può nel trattare la delimitazione del confine mostrarsi assai conciliativo, mentre oramai più che la linea Mareb-Belesa-Muna ci conviene ottenere una pace durevole che permetta la sistemazione della colonia, sia a mezzo di 'capi indigeni, ·sia a mezzo di compagnia commerciale. Qualora si facessero da parte nostra concessioni nella questione dei confini sarebbe desiderabile ottenere che la signoria del Tigré sia data a un capo che fosse benviso all'Italia».

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L'AMBASCIATORE A LONDRA, FERRERO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 2291. Londra, 2 giugno 1897, ore 19,21.

Incaricato d'affari di Francia ha fatto qui comunicazione identica a quella fatta dall'E. V. circa stabilimento nuovo regime Creta. Ambasciatore di Russia

nell'appoggiarla, propone che il comandante del contingente :firancese sia delegato dal consiglio degli ammiragli ad esercitare potere esecutivo nell'isola.

Alla comunicazione francese Salisbury ha risposto accettandola in massima suggerendo però soppressione condizione che il Governatore debba essere civile, come pure soppressione restrizione di lui appartenenza ad uno stato neutro. Circa punto riferentesi alla convocazione dell'assemblea, osserva, si potrebbe trattarne una volta che siano attuati gli altri provvedimenti. Alla comunicazione russa Salisbury ha risposto attirando attenzione Governo Pietroburgo sui probabili attriti cui attuazione siffatta proposta potrebbe dar luogo, soggiunge: non avere obbiezioni a vedere affidato Governo dell'isola ad un ufficiale francese quando gradito da tutte le potenze, ma ritiene che dovrebbe in tal caso cessare l'autorità degli ammiragli.

(l) -In LV: «anche •. (2) -n testo del telegramma venne comunicato a Tomielli, Ferrero, Nigra, Lanza e Melegari, con tel. n. 1573 del 30 maggio..
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IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, AL COMANDANTE LA SQUADRA NAVALE NELL'EGEO, CANEVARO

T. 1606. Roma, 2 giugno 1897, ore 20.

Mi riferisco all'altro mio telegramma d'oggi (1). Ci risulta indirettamente che il Governo francese avrebbe l'intenzione di proporre che per l'amministrazione dell'isola si nomini un delegato nella persona del comandante del distaccamento francese. A mio avviso, dovrebbe invece spettare allo stesso consiglio degli ammiragli il decider se occorra una delegazione; nel caso affermativo se il ,consiglio debba nominare collettivamente un suo delegato, o se invece debba (sic) agli ammiragli nominare un delegato, lasciando indi che i delegati nominino presidente hl più anziano di essi. Nel caso poi della nomina di un solo delegato dovrebbe farsi chiaramente constare che il governo provvisorio dell'isola continuerà ad appartenere al consiglio degli ammiragli, il quale ha solo affidato al delegato determinati poteri, riserbandosi l'alta sorveglianza sull'amministrazione ed ogni potere politico. In vista di una eventuale discussione sopra questo tema, stimerei utile ch'Ella abbia, a tale riguardo, uno scambio confidenziale di idee col collega britannico.

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L'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, PANSA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA (Ed. in LV 96, p. 281)

T. 2311. Costantinopoli, 4 giugno 1897, ore 0,40 (per. ore 2).

Oggi, prima riunione con (2) ministro esteri, che comunicò condizioni di pace Grecia formulate nel memorandum della Sublime Porta. Abbiamo presentato, da parte nostra, le intese ,controproposte, che ci riserviamo di sviluppare nella prossima seduta di sabato.

(l) -Si tratta del tel. n. 1605, non pubblicato. (2) -In LV: • questo •.
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IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, ALL'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI

T. 1627. Parigi, 4 giugno 1897, ore 23,20.

Ella potrà dire al signor Hanotaux che quantunque vi sia piena reciprocità di compensi concedendoci dall'una e dall'altra parte il trattamento deHa nazione più favorita come siamo pronti a provare in una discussione tecnica esauriente, tuttavia, per agevolargli il suo compito, potrà soggiungere che noi concederemo ai vini francesi in Italia l'attuale tariffa convenzionale che abbiamo sempre negato aHa Spagna, il che costituirebbe ai vini francesi in Italia una specie di mercato privilegiato. Come Ella sa, la nostra tariffa convenzionale pei vini in botti è di lire 5, 77 l'ettolitro, mentre la generale è di lire 20. In cambio l'Italia domanderebbe pei vini l'identico trattamento fatto dalla Francia alla Spagna. Inoltre in certi limiti, siamo disposti a ribassare i dazi italiani su alcune qualità di tessuti di lana e di seta, su alcune specie di vetrerie (come cristalli e specchi) e su parecchi articoli di Parigi. In queste categorie di prodotti che Le ho indicati, è il Governo francese che deve additarci le specialità che costituiscono parte importante delle sue esportazioni. Noi potremmo essere più corrivi quando con precisione queste specialità ci fossero indicate. Così abbiamo fatto con l'AustriaUngheria, la Germania e la Svizzera che ottennero particolari favori nel mercato italiano per certi prodotti speciali di particolare importanza per alcune loro industrie. È inutile che io Le avverta la necessità di negoziare con urgenza, poichè il parlamento italiano non può tenersi aperto oltre i primi giorni di luglio.

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IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, AL COMANDANTE LA SQUADRA NAVALE NELL'EGEO, CANEVARO

T. 1628. Roma, 4 giugno 1897, ore 23,145.

Ringrazi.o per sue ossetrv.azioni; cir·ca pr·ogetto delegare poteri al comandante distaccamento francese. Per ora non trattasi che di semplice idea, non essendo ancora fatta formale proposta. Converrà quindi che Ella si limiti a parlarne confidenzialmente col collega britannico, senza discorrerne con altri.

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IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, ALL'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI

D. 21366/536. Roma, 5 giugno 1897.

Ebbi simultaneamente i rapporti di Lei del 9 (l) e del 14 maggio (2) relativi alle cose di Tri!poli. N e La ringrazio assai.

Giunti oramai al punto a cui le spontanee spiegazioni e dichiarazioni del signor Hanotaux ci hanno condotto, noi non potremmo lasciar cadere il discorso intorno a codesto tema senza vieppiù suscitare i sospetti e le diffidenze che appunto si vogliono eliminare. Importa adunque venire ad una conclusione.

Già le ho chiaramente manifestato le ragioni per cui è da escludersi la forma solenne di un protocollo o di altro consimile atto. Ritengo che non vi sarà da parte del signor Hanotaux, una insistenza qualsiasi in tal senso. In ogni modo, sarebbe anche da osservarsi che mal si adatterebbe la forma di un protocollo per una enunciazione sostanzialmente consistente nella dichiarazione di voler rispettare l'integrità del dominio di altre potenze. Il procedimento da Lei suggerito mi è sembrato adottabile, e solo l'ho modificato nel senso che non occorresse aspettare una nuova conversazione di Lei col signor Hanotaux ed il rendiconto della conversazione stessa, per dirigerle il dispaccio, contenente la mia dichiarazione, destinato ad essere rimesso, in copia, a codesto signor ministro degli affari esteri. Le cose a Lei dette dal signor Hanotaux nei precedenti colloqui sono infatti sufficienti per fornire a me l'opportunità di dirigerle un siffatto dispaccio, che •già qui Le acchiudo (1).

Se intorno al dispaccio accJuso V. E. non ha osservazione alcuna da fare, Ella può senz'altro prendere col signor Hanotaux i necessari concerti per dare corso alla cosa. In caso diverso, Ella potrebbe servirsi del telegrafo per farmi conoscere gli eventuali suoi rilievi e suggerimenti.

(l) -Non pubblicato, ma cf:r. il doc. n. 21. (2) -Cfr. n. 45.
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IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, ALL'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI

(AVV)

D. 21367/537. Roma, 5 giugno 1897. Par ses ra.pports ·en date des 9 et 14 mai V E. m'a fait part de deux important entretiens qu'elle avait eus avec S. E. M. le ministre des Affaires etrangères de la repubblique au sujet de la Tripolitaine. Ces entretiens avaient eu pour point de départ les bruits de préparatifs qu'il se feraient par l'autorité militaire française en Tunisie. Le ministre français de la guerre, interrogé à cet égard, avait confirmé que le fait ne subsistait point. La nécéssité de protéger les populations établies sur la :frontièr·e ·contre les incuns,ions et les razias venant du dehors avaient quelque fois déterminé de petites expéditions militaires, mais le but meme de ces expéditions en donnait la mesure excluant tout projet de modification de l'état de choses existant dans ces régions. S. E. M. Hanotaux ajoutait, comme conclusion pratique de ces explications, que du moment où le1 deux Gouvernements se trouvaient dans la meme ordre d'idées, ils feraient bien de se le dire mutuellement. On éliminerait ainsi une cause de soupçons qui, tout en n'étant pas fondés, pourraient cependant troubler les rapports réguliers entre les deux Gouvernements. S. E. M. Hanotaux estime, donc, qu'il y aurait opportunité, pour l'Italie et la France, de se rassurer réciproquement au sujet de leur intention commune de maintenir le status quo en Tripolitaine: si nous sommes prets à le faire, il le serait également. Je dois avant tout remercier V. E. de ses intéressants rapports et approuver

le langage qu'elle a tenu à S. E. M. le MiniiS'Ìre des affa.ires etrangères. Après avoir, comme M. Hanotaux nous le suggérait, murement reflechi sur cet impor

lll Cfr. n. 88.

tant sujet, je ne saurais ce.rtes méconnaitre l'avantage d'écarter toute ocea,s,ion de défiances qui pourraient rendre moins faciles et moins amicaux les rapports entre l'Italie et la France. Ainsi que V. E. l'a déjà déclaré à S. E. M. Hanotaux, notre intention est que le status quo soit maintenu en Tripolitaine; c'est-à-dire dans la région comprise entre *la Tunisie et l'Egypte * (1). Cette région fait partie de l'empire ottoman dont l'intégrité territoriale est la base fondamentale du concert des grandes puissances, qui considérent cette base comme la principale garantie de la paix. La conservation du status qua en Tlri'politaine a une importance spéciale pour l'Italie * et pour la France, les deux puissances ayant commun l'intéret * (2) de ne pas voir altéré l'équilibre politique dans la Méditerranée. Telles étant les vues qui dirigent notre politique j'agrée sans hésitation l'ouverture que le ministre des affaires etrangères de la république nous a faite. Si, comme son langage nous le fait présumer, S. E. consent à énoncer la declaration qu'il vous a faite dans une dépeche adressée à l'ambassadeur de France près le Gouvernement du roi, l'autorisant à m'en laisser copie, j'autorise dès maintenant V. E. à dorrner à M. Hanotaux communication et eopie de ma présente dépeche.

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IL MINISTRO AD ATENE, AVARNA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 2335. Atene, 6 giugno 1897, ore 18,10 (per. ore 18,45).

Ministro esteri è venuto dirmi che non comprendeva persistenza stampa estera dipingere stato interno Grecia sotto più nero colore, pubblicando notizie strane circa imminente rivoluzione antidinastica, pericolo cui sarebbe esposta famiglia reale e dissensi sussistenti fra corona e Gabinetto. Dalle informazioni indirette pervenute Governo Costantinopoli tali notizie sarebbero accolte come fondate da Turchia e Sultano stes,so, onde temeva che Turchia si prevalesse delle medesime per essere più esigente nelle sue domande per eonclusione pace nella speranza ehe potenze sarebbero meno favorevolmente disposte Grecia causa suoi dissensi interni. Ha aggiunto avere telegrafato rappresentanti ellenici estero per invitarli smentire nel modo più formale ·quelle notizie Governi presso cui sono accreditati. Mi ha pregato telegrafare V. E. per assicurarla essere le medesime prive di fondamento. Feci conoscere già a V. E. con rapporto

n. 452 (3) linguaggio tenutomi al riguardo presidente del con,siglio.

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L'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. RISERVATISSIMO 2044/548. Parigi, 9 giugno 1897.

Il signor Sforza, addetto a questa R. ambasciata, mi rimise questa mattina il dispaccio di V. E. ( 4), con il quale, in risposta ai miei rapportv delli 9 (5) e 14

maggio (1), Ella mi traccia la linea di condotta da seguire per condurre ad oppor

tuna conclusione le cose relative alla Tripolitania sulle quali già si ebbero spon

tanee ed importanti, verbali spiegazioni dal signor Hanotaux. Il lasciare cadere

il discorso sovra un tema siffatto, non sarebbe stata cosa cauta. Ne sarebbero stati

aggravati sicuramente gli inconvenienti nascenti da reciproci sospetti, da esage

rate diffidenze.

Per dare però seguito ad un affare che, per l'indole sua e per circostanze concomitanti, riesce assai delicato, due questioni debbono essere prese in preliminare considerazione: quella cioè della forma dell'atto dal quale dovrà risultare il consenso dei due Gabinetti nello stesso pensiero; e quella del tenore delle dichiarazioni esprimenti il pensiero medesimo. Le due questioni vengono per ordine di precedenza così come sono quì da me annoverate. Era dunque anzitutto necessario concertare col signor Hanotaux la forma dell'atto diplomatico al quale egli dovea concorrere.

Ricorda V. E. l'espressione adoperata da questo ministro per gli affari esteri per promuovere la reciproca dichiarazione. Dappoichè i due Governi si trovavano concordi nell'intendimento che lo statu quo nella Tripolitania non abbia da essere alterato, essi farebbero forse bene a dirselo scambievolmente. Da parte sua il signor Hanotaux vi era disposto ove noi il fossimo del pari. In ciò dicendo era di manifesta evidenza che il ministro suggeriva di dare alle verbali dichiarazioni che in fatto già si trovavano scambiate fra di noi, una forma più precisa che le mettesse in sodo anche per l'avvenire. Egli non propose tuttavia quale dovesse essere l'atto dal quale dovrebbero risultare le reciproche dichiarazioni. Un dispaccio di V. E. da leggersi e lasciare in copia quì ed un altro ana1ogo dispaccio del signor Hanotaux da leggersi e rimettere in copia a Roma, costituirebbero certamente un atto diplomatico rivestito di solennità sufficiente e adatto alla specialità del soggetto della dichiarazione. Tale forma, per essere adottata, richiede però un preventivo concerto che non era stato ancora preso. Non converrebbe infatti che dove si cerca una scambievole dichiarazione, s'avesse invece a trovare l'impegno della sola parte che troppo premurosamente avesse parlato.

Non era dunque mestieri, come V. E. osserva, si riaprisse la conversazione con il signor Hanotaux sul tema sostanziale. Bastavano le avvenute verbali dichiarazioni per accertare l'esistenza del comune proposito di rispettare nella Tripolitania lo stato di cose esistente. Ma io non avrei potuto esimermi dal fare preliminare indagine per accertarmi che questo ministro per gli affari esteri, dopo di aver sentito la lettura e ricevuto la copia della nostra dichiarazione, consentirebbe ad enunciare una analoga in un suo dispaccio a codesto ambasciatore della Repubblica con incarico al medesimo di darne a V. E. lettura e copia.

Mi abboccai pertanto fin d'oggi con il signor Hanotaux e gli esposi il metodo con cui, da nostra parte, si sarebbe proceduto, anche subito, a mettere in sodo le verbali dichiarazioni da me notificate al Governo di S. M. e che questi avea aggradite approvando il linguaggio col quale io le avea accolte. Indicai in termini, ai quali studiatamente mi astenni di dare carattere troppo preciso, l'indole

della comunicazione che io era pronto a fare. Essa avrebbe avuto per punto di partenza il colloquio del 12 maggio, nel corso del quale ci eravamo trovati d'accordo sul reciproco vantaggio di dirci scambievolmente l'intendimento nostro comune di mantenere a Tripoli lo statu quo conforme al principio della conservazione della integrità dell'impero ottomano. Ma io avrei subordinato la consegna in copia del dispaccio contenente la esplicita dichiarazione fatta in tale senso dal mio Governo, alla cognizione che desiderava acquistare che tale mia comunicazione sarebbe seguita da altra simile per la forma e la sostanza che alla E. V. farebbe l'ambasciatore francese in Roma.

Il signor Hanotaux che parve non perdere sillaba del mio discorso, mi rispose che egli avea dato e dava alle dichiarazioni verbali scambiate fra di noi, un valore che dovea rassicurarci reciprocamente sulle nostre rispettive intenzioni. Il momento di procedere ad un atto che avrebbe dato una forma più precisa al concerto, su tale tema accertatosi fra i due Governi, poteva essere ritardato senza inconvenienti e forse con qualche vantaggio. Non contestavami il signor Hanotaux 'Che agli interessi connessi con la sorte della Tripolitania si dovesse attribuire non solamente l'importanza che, a parer suo, essi hanno realmente, ma anche quella di gran lunga maggiore che deriva dalle disposizioni nelle quali da parecchi anni vive l'opinione pubblica italiana. Ma egli soggiungeva che questi interessi non erano i soli sovra i quali conveniva che, al momento di rimettere le relazioni commerciali dei due paesi nostri in uno stato normale, si eliminassero le dubbiezze che mantengono le diffidenze ed i sospetti. Ciò che era avvenuto per naturale effetto dello sviluppo delle condizioni economiche dopo la interruzione delle normali relazioni di commercio fra l'Italia e la Francia, rendeva estremamente difficile la previsione degli effetti che sarebbero per derivare dal ripristinamento delle relazioni stesse. Tale previsione era più agevole per l'Italia importatrice in Francia di pochi articoli di produzione agricola e di largo consumo. Per la Francia il calcolo riusciva invece difficile perchè dovea portarsi sovra parecchie categorie di prodotti industriali rappresentanti ciascuno consumi e valori <limitati. Lo sviluppo dell'industria nazionale italiana, la diminuzione del consumo delle merci straniere nel nostro paese, quale si rilevava dalle statistiche commerciali, erano fenomeni che doveano tenersi in conto e che fornivano argomento agli oppositori dell'accordo commerciale italafrancese per mettere in guardia coloro che vi erano favorevoli, contro gli errori e le sorprese ,che potevano prodursi nel calcolo degli effetti probabili dell'accordo medesimo. Si affacciava pertanto la necessità di far valere le ragioni d'indole politica che aveano determinato ormai il ministero Méline a mettersi risolutamente nella via che dovea condurre la Francia e l'Italia a vivere nei termini di una reciproca fiducia e di una buona, stabile intelligenza fra di loro. EgLi, il signor Hanotaux, avea riuscito a far prevalere tale concetto suo fra i suoi colleghi del Gabinetto ed il signor Méline era entrato perfettamente in questo ordine di idee. Ma io dovea pure comprendere che, per acquistare una piena sicurezza dell'operato suo, H ministro che avea sttra:scinato e non senza sforzi i suoi colleghi a questo passo, dovea desiderare di avere con me, al momet'to di allacciare definitivamente le trattative commerciali, una conversazione che non si limitasse alle sole cose di Tripoli. Egli era persuaso che da una conversazione, quale si proponeva di avere con me, appena risoluti taluni punti relativi al

migliore procedimento per assicurare il voto del parlamento all'accordo commerciale itala-francese, ne saremmo usciti entrambi perfettamente soddisfatti. Gli premeva non abbordarne il soggetto prematuramente tanto più ,che l'indugio dovrebbe essere presumibilmente di breve durata.

Non mi sembrò potesse riuscire efficace una mia qualunque insistenza per dare subito alle verbali dichiarazioni diggià avvenute relativamente alla Tripolitania, la forma concreta che da parte nostra siamo pronti ad accettare. Nè avrebbe giovato che io richiamassi il signor Hanotaux ai termini della dichiarazione fattami da lui il dì 12 maggio di essere pronto allo scambio delle reciproche assicurazioni quando noi vi fossimo del pari disposti. Le cose che egli era venuto dicendo mi avvertivano che nei dibattimenti che aveano preceduto le recenti deliberazioni del consiglio dei ministri relativamente all'accordo commerciale itala-francese, la questione politica dovea essere stata abbondantemente discussa e che ne doveano essere emersi dei dubbi che il signor Hanotaux avea probabilmente preso impegno di chiarire. Egli infatti, continuando a parlare in forma di particolare e confidenziale colloquio, mi disse che non poteva nascondermi di avermi trovato eccessivamente silenzioso circa le intenzioni nostre nei possedimenti del Mar Rosso. A parecchie riprese avevamo voluto regolare gH interessi nostri in quella regione con la Francia. Si erano iniziate trattative con il precedente ministero francese. Gli avvenimenti posteriori aveano modificato le situazioni. Ma anche dopo quegli avvenimenti io avea espresso quì l'intenzione di stabilire certe delimitazioni; poi non ne avevamo più parlato. Si sapeva vagamente che il Governo italiano avea deciso di retrocedere Cassala. Ma a chi? Su questo soggetto che pure interessava la Francia, ci eravamo fatti subitamente taciturni. Risposi che l'occupazione di Cassala era stata accompagnata da parte del Governo italiano da dichiarazioni relative all'eventuale retrocessione all'Egitto e che tali dichiarazioni non erano state mai segrete. Ma il mio interlocutore avea in mira evidentemente altre eventuali nostre retrocessioni ed evacuazioni ed il tema non mi avrebbe trovato preparato alla discussione.

Su questo punto che intimamente si coHega con la situazione fatta allo Egitto dalla occupazione britannica, io stimo non convenga farci l'illusione di poterei lungamente sottrarre alla necessità di avere con il Gabinetto di Parigi una leale spiegazione. Quando io proposi, secondo le istruzioni impartitemi, di stabilire la delimitazione del possedimento nostro verso Obock, V. E., si rammenta che dal signor Hanotaux ci fu proposta una questione preliminare relativa all'intendimento nostro di conservare per noi, o di cedere ad altri i territori limitrofi con quella colonia francese. Non fui mai messo in grado di dare su di ciò una esauriente risposta. Nè seguì un silenzio rispettato ugualmente dalle

due parti. Ma ora mi pare chiaro che, nello stato di cose creato dalile recenti discussioni e deliberazioni del parlamento italiano, ci dobbiamo aspettare prossimamente ad essere interrogati sovra le finali nostre intenzioni.

Vi sono, nello svolgimento dell~ vita politica delle nazioni, dei fatti dai quali scaturiscono impegni che non si potrebbero disconoscere senza andare incontro a serie difficoltà. Temo che la occupazione delle rive del Mar Rosso da parte nostra, da ras Casar a ras Dumeira, la affermazione durante un periodo abbastanza lungo di anni della nostra presa definitiva di possesso di quelle coste, siano appunto da annoverarsi fra tale categoria di fatti. Si sviluppò nel frattempo la competizione fra l'Inghilterra e la Francia per l'Egitto. L'insignificante stazione di Obock si è trasformata nello interessante possedimento di Gibuti. Madaga,scar divenne colonia francese. In una parola ila situazione d'oggi non è rimasta queUa che esisteva in quelle regioni quando, sbarcando a Massaua, abbiamo colà ammainato la bandiera egiziana. Davanti alla presa di possesso dell'Italia, la Francia che poteva trovarvi il suo tornaconto, ha potuto rinunciare tacitamente a certe sue pretensioni sul territorio da noi occupato. Ad esse però non ha mai rinunciato in modo formale. Le potrebbe ,fare rivivere? Mi pare sarebbe cosa incauta da parte del Governo itatliano il farne completa astrazione nelle decisioni che il particolare suo interesse gli potesse suggerire. Anzi io non posso esimermi dall'obbligo di avvertire V. E. che, qualora fosse nelle previsioni nostre di abbandonare in un modo od in una forma qua1siasi il littorale fin quì italiano del Mar Rosso a<lla occupazione inglese, miglior consiglio sarebbe stato il non ricercare un ristabilimento di buone relazioni con la Francia, poichè da tal fatto nascerebbe quì un movimento di reazione che ci precipiterebbe in brevissim'ora in una situazione di rapporti ancor peggiori di quelli che hanno esistito prima della mia missione in questo paese. Opino che il R. Governo non possa esimersi dal contemplare anche il lato della questione che io mi permetto di additargli, poichè un peggioramento nei rapporti con la Francia avrebbe sicuramente anche per la finanza del nostro paese conseguenze più gravi che non possa avere la prudente continuazione di una politica coloniale destinata a prevenire una grave complicazione internazionale.

Prego V. E. di voler prendere nota che nella conversazione che il signor Hanotaux mi disse essere da lui ritenuta opportuna per spazzare il terreno sul quale dovranno essere fondate le buone nostre relazioni, mi sarà impossibile evitare di rispondere alle interrogazioni relative agli intendimenti del Governo di S. M. rispetto ai territori africani dal medesimo occupati sulla spiaggia del Mar Rosso. Si estenderà tale conversazione anche agli intendimenti nostri rispetto all'Egitto? Non potrei affermarlo, nè negarlo. Gioverà tuttavia esserci preparati anche a parlare di questo scabroso tema.

Ed ora ritorno alla dichiarazione relativa alla Tripolitania per dirne poche cose circa il dispaccio di V. E. che io sono fin d'ora autorizzato a leggere e comunicare in copia al signor Hanotaux. Ella mi ha manifestato il desiderio di ricevere per telegramma le mie eventuali osservazioni a tale riguardo. Ma, dappoichè l'indugio desiderato da questo ministro per gli affari esteri mi permette di scriverne più diffusamente in questo rapporto, mi pare convenga profittarne per dare forma più chiara al mio pensiero.

Nel dispaccio della E. V. io proporrei venisse rettificata una espressione che potrebbe lasciare aperto l'adito a futuri equivoci. Dove si enuncia il proposito nostro di rispettare lo statu quo della Tripolitania, si adoperano queste parole: « Ainsi que V. E. l'a déja déclaré à S. E. M. Hanotaux, notre intention est que lo statu quo soit maintenu en Tripolitaine, c'est-à-dire dans la région comprise entre la Tunisie et l'Egypte ». Geograficamente questa definizione della Tripolitania non è corretta. Essa si estende infatti assai più lontano al sud che non il territorio tunisino. Dove questo cessa di segnare il confine occidentale del Vylajiet di Tripoli, divengono del medesimo limitrofe le possesioni algerine della Francia. Perciò un'altra espressione mi sembrerebbe più opportuna tanto

più che i punti più vulnerabili della Tripolitania sono appunto quelli ai quali si potrebbe dalla Francia accedere senza transitare sul territorio della Tunisia. Anche l'espressione «possessioni francesi» da sostituire a quella adoperata nel dispaccio di V. E. può dar motivo ad obbiezioni. Se un'altra potesse essere suggerita, varrebbe forse ancor meglio.

Un'altra osservazione mi tocca ancora di fare. Essa riguarda l'accenno all'interesse comune dell'Italia e della Francia nel mantenimento dell'equilibrio politico nel Mediterraneo. È un soggetto sul quale non ho avuto fin quì alcun scambio di idee con questo Governo. Nè mi pare un soggetto che possa essere introdotto in un dispaccio destinato a precisare la nostra politica futura senza che io sia in grado di elucidare il pensiero che ci ha suggerito di farne un così esplicito accenno. È di manifesta evidenza che uno scambio di idee sovra l'equilibrio del Mediterraneo mette sul tappeto le considerazioni che si connettono con l'avvenire dell'Egitto. V. E. sa che io non ho preparazione che basti per trattare col signor Hanotaux questo delicatissimo soggetto.

(l) -Le parole fra asterischi vennero successivamente modificate nel testo definjtivo del presente dispaccio inviato in allegato al dispacciq del 16 giugno 1897, pubblicato al n. 95, come segue: • l'Egypte et les frontières de Tunisje et Algerie •· (2) -Modificato nel testo definitivo come segue: • dont l'intéret est ». (3) -Non pubblicato. (4) -Cfr. n. 87. (5) -Non pubblicato; ma cfr. n. 21.

(l) Cfr. n. 45.

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IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, AGLI AMBASCIATORI A PARIGI, TORNIELLI, A LONDRA, FERRERO, A VIENNA, NIGRA, A BERLINO, LANZA, A COSTANTINOPOLI, PANSA, AL MINISTRO AD ATENE, AVARNA, ALL'INCARICATO D'AFFARI A PIETROBURGO, MELEGARI, E AL COMANDANTE LA SQUADRA NAVALE NELL'EGEO, CANEVARO (Ed. in LV 96, pp. 283-84 (l))

T. 1675. Roma, 11 giugno 1897, ore 12,25.

L'ambasciatore di Francia mi ha comunicato ufficialmente le seguenti proposizioni circa Creta : « l) Autonomia e neutralità di Creta che continua a far parte dell'Impero Ottomano; 2) Designazione a breve scadenza da parte delle potenze di un governatore appartenente se è possibile ad uno Stato neutro;

3) Studio immediato di un sistema per devolvere alcune entrate dell'isola di Creta al servizio di un prestito di sei milioni di franchi (2) essendo inteso che le potenze si adopereranno ,collettivamente in modo che i redditi stesSii non siano distolti da questo uso speciale;

4) Istituzione di una gendarmeria composta in proporzione da fissarsi di elementi stranieri omogenei per quanto possibile, e di elementi cretesi; 5) Concentramento delle truppe turche su un certo numero di punti dell'isola; 6) Nessuna modificazione alla situazione attuale per quanto si riferisce all'autorità degli ammiragli. (Per Parigi). Prego V. E. di far conoscere a codesto signor ministro degli affari esteri che il R. Governo aderisce alle sue proposizioni.

(Per ,gli altri). Ho incar1ca,to il R. ambasciatore a Parigi far conoscere al governo francerse che il R. governo ade,risce alle sue proposizioni.

(l) -Il telegramma è stato pubblicato due volte in LV, la prima volta diretto a Tornielli, e la seconda volta agli altri rappresentanti dip[omatici e all'ammiraglio Canevaro. (2) -In LV: • lire»
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IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, ALL'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI

T. s. N. Roma, 13 giugno 1897, ore 18,15.

Ho ricevuto l'interessante suo rapporto confidenziale del 9 (l) e ne La ringrazio. Essendo assenti S. M. e il presidente del consiglio dovrò differire dopo mercoledi la mia risposta. Mi limito per ora a manifestarle la mia prima impressione. Trovo singolare che il signor Hanotaux, dopo avere preso egli stesso l'iniziativa d'uno scambio di dichiarazioni per Tripoli, voglia ora in certo modo subordinarlo alla previa trattazione di altri soggetti. Ancor più singolare è la connessione che il rsignor Hanotaux vorrebbe stabilire tra codesta u'lteriore trattazione d'altri soggetti ed il negoziato commerciale. A questo riguardo, debbo schiettamente dichiarare che agli occhi miei sarebbe eccessivo ed inammissibile il voler collegare con impegno d'ordine politico quel negoziato nel quale criterio dominante deve essere quello del reciproco tornaconto economico. Tutto ciò premesso, noi non avremo mai difficoltà ad avere col Governo francese amichevoli conversazioni sopra qualsivoglia soggetto di mutuo interesse. Cosi noi potremo dire che Cassala sarà da noi eventualmente retrocessa all'Egitto giusta il protocollo 12 aprile 1891; che noi non abbiamo punto l'intenzione di cedere ad altri un tratto qualsiasi della costa dell'Eritrea sul Mar Rosso; che, infine, se abbiamo lasciato in sospeso il negoziato per la delimitazione tra Assab e Obok, si è perchè la proposta francese, di cui ho esposto la portata col mio dispaccio del 23 febbraio n. 7131/173 (2), mi è parsa una fin de non recevoir. Mi telegrafi le sue osservazioni che mi gioveranno per prendere una definitiva decisione. Quanto al tenore della nota per Tripoli sarà facile modificarla in base alle sue osservazioni.

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L'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DELL'INTERNO, RUDINI', E AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. RISERVATISSIMO s. n. Parigi, 14 giugno 1897, ore 19,5$ (per. ore 6,15 del15).

È infatti singolare l'atteggiamento di questo ministro degli esteri tanto per includere altri soggetti nella trattativa per la Tripolitania, quanto per connettere questione di ordine politico col negoziato commerciale. Non giustificano ma spiegano tale contegno varie considerazioni. Trattando colla Francia bisogna ritenere che la forma del Governo e la posizione extra parlamentare del presente suo ministro degli esteri richiedono l'intervento del Gabinetto fino dai primi passi di ciascun affare diplomatico di qualche importanza. Ne deriva che nello svolgimento dei medesimi spesso il ministro presenta considerazioni

s -Documenti diplomatici · Serie III · Vol. II.

ed obiezioni che da principio non hanno lasciato prevedere. Nel caso ;;.peciale di Tripoli tra l'iniziativa di questo ministro degli esteri e la recente nostra risposta di essere disposti a secondarie si svolsero nel parlamento italiano le discussioni relative all'avvenire dell'Eritrea. Mi pare probabile che il consiglio dei ministri che era forse stato chiamato a prendere in considerazione nel febbraio ultimo la ripresa del negoziato di delimitazione di Obok avrà trovato naturale che mentre si provvede a togliere di mezzo una causa di diffidenza a Tripoli non si abbia a !asciarne sussistere un'altra sulla costa Edtrea del Mar Rosso. È certo che nell'accordo commerciale dovrebbe prevalere la considerazione d'ordine economico, ma è del pari incontestabile che nei due paesi sull'interesse economico di tale accordo non esiste unanimità di opinioni. In ogni caso in Francia una corrente d'opinione contraria esiste e per vincerla giova ricorrere ad argomenti di indole politica: a questa per certo dovette ricorrere il ministro per indurre i suoi colleghi ad accettare inclusivo il concetto di ristabilire coll'Italia normali relazioni di commercio. Bisogna, a questo riguardo, rendersi conto che ci muoviamo sopra un terreno che si presta all'equivoco. Dall'Italia si è sempre sostenuto che il ristabilimento delle relazioni commerciali normalità (sic) le relazioni politiche tra i due paesi non ostandovi l'indole delle alleanze; l'opinione pubblica francese è stata invece preparata a considerare che gli accordi commerciali colla Italia abbiano ad essere conseguenza delle ristabilite normali relazioni politiche. In questa faccenda ciò che agli occhi nostri dovrebbe essere l'effetto è invece qui considerato dover essere la causa dell'intesa commerciale. Qualunque possa essere dalle due parti il desiderio di conciliazione ed il proposito di demarcata prova di schiettezza una spiegazione a fondarsi sopra siffatto soggetto sarebbe sommamente diffidle, ed io lo giudicherei pericoloso. Nello invitarci a spazzare il terreno sul quale fondar le relazioni fiduciose l'attuale ministro degli esteri non può avere avuto in vista le alleanze conosciute almeno nella loro durata, per ciò ritengo che egli possa piuttosto aver in vista di accertarsi della nostra posizione verso la Inghilterra rispetto all'Egitto. Se pertanto simultaneamente alla dichiarazione relativa a Tripoli nella forma da noi pensata qui si desiderasse che si stabilisse alcunchè per la frontiera di Obok non vedrei veramente nessun interesse nostro che si opporrebbe ad assecondare tale desiderio. Resterebbe da appianare però le difficoltà che già si affacciarono e che fecero rimanere in sospeso la trattativa. E per l'Egitto se come io credo nessun impegno esiste fra l'Italia e l'Inghilterra, perchè, se interrogati, non risponderemmo noi senza compromettere l'avvenire la nostra presente libertà d'azione e il proposito nostro di guidarci in conformità degli interessi che noi abbiamo di mantenere l'equilibrio del Mediterraneo?

(l) -Cfr. n. 90. (2) -Non pubblicato.
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IL MINISTRO AD ATENE, AVARNA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 2422. Atene, 16 giugno 1897, ore 18,15 (per. ore 19). Questo ministro degli affari esteri mi ha parlato nuovamente oggi urgente ne

cessità Grecia addivenire pronta conclusione pace. Stato attuale delle cose era, a parer suo, peggiore della continuazione guerra. Grecia era decisa consentire condiziom che Potenze le consiglierebbero accettare, sicura che non avrebbero voluto sua completa rovina. Ma detto Governo Ignorava ancora determinazioni ambasciatori; quindi, in via privata e ·Confidenziale ha osservato, circa indennità guerra, che il Governo era pronto offrill'e potenze garanzia fosse chiesta, purchè evacuazione Tessaglia fosse effettuata prontamente; disposto a addivenire compromesso con i suoi antichi creditori, ove le fosse imposto: non accetterebbe controllo finanze greche simile quello Egitto, dannoso indipendenza paese. Ho creduto telegrafare quanto precede a Pansa.

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IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, ALL'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI

D. 22976/578. Roma, 16 giugno 1897.

Valendomi del corriere di Gabinetto, qui Le accludo un nuovo testo del mio dispaccio del 5 di questo mese (1), destinato ad essere eventualmente comPnicato a codesto signor ministro degli affari esteri. Esso è stato emendato in base alle osservazioni da Lei espostemi nel rapporto del 9 corrente (2).

Per la designazione geografica della Tripolitania ho adottato la formola esattamente corrispondente alla realtà dei fatti, essendo appunto essa regione compresa tra l'Egitto e le frontiere di Tunisia ed Algeria. Per la allusione al concetto della preservazione dell'equilibrio nel Mediterraneo, ho ridotto la formola ad essere puramente unilaterale, esprimente, cioè, esclusivamente il mutuo interesse di non vedere alterato siffatto equilibrio. Siffatta enunciazione che da parte nostra è stata più volte e in più occasioni pubblicamente ripetuta, e che, formulata com'è, lascia interamente impregiudicato il modo di vedere della Francia, non può manifestamente dar luogo a rilievo di sorta, e meno ancora a domande di ulteriori spiegazioni.

Per l'uso da farsi, se e come parrà opportuno, dell'acchiuso dispaccio, mi

riferisco al carteggio telegrafico (3).

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IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, ALL'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI

D. s. N. Roma, 17 giugno 1897.

Di fronte a quanto V. E. espone nel suo telegramma del 14 corrente (4), al presidente del consiglio e a me, pare miglior partito che Ella si astenga oramai dal prendere alcuna iniziativa. Conviene, a nostro avviso, astenersi da ogni iniziativa anche per Tripoli. Se il signor Hanotaux riprende la conversazione su questo argomento, Ella potrà dirgli che anche noi abbiamo dato alle

dichiarazioni verbali scambiate a tale riguardo un valore che deve rassicurare, reciprocamente sulle rispettive nostre intenzioni, e che per parte nostra siamo anche disposti a dare a codeste dichiarazioni una forma scritta in una nota quando il ministro francese degli affari esteri sarà disposto a fare altrettanto. In vista di tale eventualità, e coerentemente ai concetti espressi in questo mio telegramma, le ho jeri, ad ogni buon fine, spedito, per mezzo del corriere di Gabinetto, un nuovo testo della nostra nota (l) emendato in base alle osservazioni di Lei. Se, poi, il signor Hanotaux Le parlasse dei nostri possedimenti nel Mar Rosso, nulla vieta che, riferendosi alle dichiarazioni del presidente del consiglio al parlamento, Ella faccia conoscere che esse concernono esclusivamente il regime dell'altipiano, e non accennano in alcun modo a cessioni del litorale. Ciò deve bastare, non essendo il caso di prendere impegni formali d'ordine politico, nè di connetterli con negoziati d'ordine commerciale. Non ho d'uopo d'aggiungere, per il trattato di commercio, che noi attenderemo, colle stesse favorevoli disposizioni già da noi dichiarate, le comunicazioni stateci più volte annunziate da codesto Governo.

(l) -Cfr. n. 88. (2) -Cfr. n. 90. (3) -Nota marginale del documento: • Si è creduto meglio definire che per la Tripolitania e Cirenaica si intendeva anche il loro Hinterland. Allora il governo francese lasciò cadere la pratica che fu ripresa più tardi •. (4) -Cfr. n. 93.
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L'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 2441. Parigi, 18 giugno 1897, o1·e 7,25.

Presidente della Repubblica riceveil'à oggi visita di S. A. R. pri:nc.ipe di Napoli alle 3 e restituirà visita alle 4,45. LL. AA. RR. alloggiano all'hotel Bristol e pranzano alla R. ambasciata dove incontreranno il presidente del consiglio ed i ministri degli affari esteri e della guerra se quest'ultimo, assente da Parigi, sarà domani dentrato alla capitale.

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L'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 2455 bis. Berlino, 19 giugno 1897, ore 14,59.

S. M. l'Imperatore è partito da Potsdam per una lunga assenza senza che io abbia potuto dargli risposta su oggetto mio telegramma a V. E. del 12 corrente (2). Ora mi consta che da Colonia S. M. l'Impera,tme aver oggi mandato ordine a questo dipartimento affari esteri per fare Biilow a Roma gli stessi passi che aveva affidato a me. Ordine Biilow partirà questa sera, mi affretto infol"marne V. E. per sua norma. Risposta anche negativa data subito da me a viva voce a S. M. l'Imperatore, basata su ragioni da me prevedute nel telegramma suddetto, non avrebbe fatto cattiva impressione. Ora tanto ritardo da me spiegato con assenza di S. M. il Re da Roma, risposta negativa lascerà spiacevole traccia su animo di S. M. l'Imperatore e Governo imperiale, specialmente dopo la

fermata del Principe di Napoli a Parigi, e ciò stimo mio dovere non tacere Non sarebbe necessario presenza S. M. il Re a tutto periodo manovre, ma scegliere alcuni giorni. S. M. il Re può scusarsi con soggiorno in montagna, ma quello di cui trattasi è non ritardare risposta più oltre ed aspettare che ne sia costì fatta domanda in via ufficiale. Devo ricordare che l'Imperatore d'AustriaUngheria assisté l'anno passato manovre germaniche e che questo ha certamente influito su desiderio Imperatore avere quest'anno nostro augusto Sovrano.

(l) -Cfr. n. 95. (2) -Si t11atta del tel. n. 2394 del 13 giugno, non pubblicato, in cui Lanza comunicava a Visconti Venosta il desiderio espressogli dall'imperatore di Germania, che il re presenziassealle prossime grandi manovre.
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L'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. RISERVATO 2176/582. Parigi, 21 giugno 1897.

Con il dispaccio delli 22 maggio (l) l'E. V. mi trasmise copia del rapporto della legazione di S. M. in Tangeri (2) nel quale erano enumerati gli scopi della missione mandata in Francia dall'imperatore del Marocco.

Le informazioni che ,cercai di avere qui nè confermano nè smentiscono quelle che a fonti più attendibili la precitata R. legazione avrà potuto procurarsi. DeHa missione assai poco si è parlato nella stampa parigina. Nè da parte del Governo francese si volle metterne in particolare evidenza l'importanza. I miei colleghi di Germania e di Spagna chiesero a me se alcuna cosa sapessi del negoziato per il quale l'ambasciata era stata mandata [sic]. Le loro informazioni erano assai incerte. Parevano però ,conchiudere che lil Governo marocchino mirasse, in compenso di un regolamento di frontiera con qualche concessione alla Francia, ad ottenere certe Hbertà di imporre tasse doganali alle quali osterebbero i presenti suoi impegni con questo paese. L'ambasciatore spagnuolo mi parve soltanto sollecito di non lasciare pregiudicare la ,questione di delimitazione nei punti più vicini ai presidi del suo paese sulla costa africana. Egli pretende che qui si aspiri a portare il confine alla Moluja ciò che avvicinerebbe singolarmente le forze francesi dell'Algeria ai mal guardati fortilizi spagnuoli. Credo che l'ambasciatore tedesco cercasse invece di tenere d'occhio le questioni doganali le quali maggiormente importano al suo Governo. Non mi risulta che l'uno o l'altro abbia saputo veramente di quali affari si sia qui trattato nei passati giorni fra il ministero francese e la missione marocchina.

Questa dovea partire per Londra. Ma sembra che di là si sia fatto alla medesima sentire che, in questo momento, non si era disposti a riceverla. Durante le feste del giubileo della regina quella numerosa missione sarebbe riuscita ospite costoso ed imbarazzante. Perciò si annunzia che la missione rientra al Marocco. Essa porta al Sultano qualche regalo in ricambio di queHi in nome del Sultano recati qui da essa per il presidente e parecchi alti funzionari della repubblica. Della partenza come dell'arrivo assai poco rumore è stato fatto dalla stampa. In sostanza sarei inclinato a credere che corrisponda aU'importanza di ciò che potè essere negoziato, l'indifferenza del pubblico francese.

{l) Non pubblicato.

(2) Non pubblicato.

100

L'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. RISERVATISSIMO 2185/584. Parigi, 22 giugno 1897.

Tosto che Le pervenne il mio rapporto delli 9 corrente n. 2044/548 (1),

V. E., con telegramma \del 13 (2) e sotto la riserva di darmi definitive istruzioni dopo il ritorno a Roma di S. E. il presidente del consiglio, mi manifestò la prima sua Impressione sovra le cose in quella mia comunicazione riferitele. E siccome contemporaneamente EHa mi invitava a trasmetterle le osservazioni che avessero potuto giovare per prendere in proposito una risoluzione, così il dii seguente ebbi a spedirle per telegrafo talune considerazioni (3) sovra 1e quali non sarà inopportuno che io ritorni nello scrivere oggi alla E. V.

A Lei parve cosa singolare che il signor Hanotaux il quale prese con me la iniziativa dello scambio di una dichiarazione relativa al mantenimento dello statu quo nella Tripolitania, si sia d'un tratto pronunciato nel senso di volere subordinare l'attuazione di tale scambio alla trattazione di altri soggetti. Ancor più singolare poi Ella trovò l'annuncio datomi da questo Ministro degli Affari Esteri di voler avere con me una conversazione d'interesse politilco in connessione con l'apertura formale del negoziato commerciale. La prima impressione di

V. E. a tale riguardo fu che sarebbe eccessivo ed inammissibile il voler collegare con impegni d'ordine politico quel negoziato nel quale deve essere criterio dominante il reciproco tornaconto economico.

Anche a me cagionò dispiacevole sorpresa il contegno preso dRl signor Hanotaux nel suo coHoquio con me del giorno 9 giugno. I termini nei quali eg!li avea preso l'iniziativa dello scambio di dichiarazioni relative alla Tripolitania, non erano di quelli che avrebbero potuto essere fraintesi. Se al momento in cui da parte nostra si consentiva ad attuare lo scambio medesimo egli si risolveva a fare un passo a ritroso, una ragione speciale ve lo costringeva per certo e questa doveva probabilmente nascere più che dalla volontà sua, da queìla dei colleghi suoi, o per dir meglio dalle disposizioni prevalenti nel Governo della repubblica. In ciascuno affare di qualche importanza l'azione del ministro degli affari esteri in Francia forma soggetto di deliberazioni dell'intero consiglio dei ministri. È questa una delle conseguenze della forma di Governo. La posizione extraparlamentare del signor Hanotaux contribuisce inoltre a rendere ancora maggiormente necessario lo intervento dell'intero Gabinetto in ogni risoluzione di politica estera che possa dare motivo a discussione nel parlamento. Queste considerazioni che non possono venire dimenticate quando si tratta alcunchè con la Francia, non giustificano la disinvoltura con la quale il ministro per gli affari esteri francese mi ha espresso il pensiero che, senza inconvenienti e forse con qualche vantaggio, si potesse rinviare ad epoca più lontana lo scambio di dichiarazioni da lui stesso propostoci con la precisa avver!enza d'essere egli pronto a procedervi appena noi vi fossimo ugualmente disposti. Ma le conside

razioni stesse spiegano, a parer mlo, tale contegno e permettono anzi, direi quasi, d'indovinare le vere disposizioni del ministero francese in ordine al ristabilimento completo delle relazioni normali fra l'Italia e la Francia. Se avviene spesso, per il motivo anzidetto, che, nello svolgimento degli affari che qui si trattano, il ministro degli affari esteri si trovi costretto a presentare obbiezioni che da principio egli non avea lasciato prevedere, nel caso presente mi pare ovvia la congettura che il nuovo atteggiamento del signor Hanotaux dipenda dall'esame che sicuramente fu fatto nel consiglio dei ministri del complesso delle relazioni attuali dell'Italia con la Francia a proposito della ripresa di normali rapporti commerciali fra i due paesi. Le discussioni svoltesi recentemente nel parlamento nostro circa l'Eritrea non avranno, in siffatta occasione, potuto essere qui neglette. È mestieri riflettere che esse lasciarono, in coloro che in Francia se ne occuparono, l'impressione che, fra le eventualità prevedibili, sia pur quella di una intesa fra l'Italia e l'Inghilterra per l'abbandono graduale della nostra colonia e la consegna agli Inglesi od agli Egiziani, da quest'ultimi rappresentati, dei territori e dei porti che da noi si evacuerebbero. Allorchè si parlò quì da parte nostra della delimitazione verso Obock, il signor Hanotaux ebbe l'avvertenza di dirci che gli occorreva preliminarmente conoscere le nostre intenzioni rispetto all'Eritrea. La Francia, egli diceva, crede avere sui paesi che entrano a formare l'attuale colonia italiana del Mar Rosso certi suoi diritti ai quali formalmente non ha fin quì rinunciato. Non intende il Governo francese insistere sovra tali suoi diritti di fronte all'Italia se questa conserva la sua colonia eritrea; ma nell'ipotesi contraria esso dovrebbe riservare le sue rivendicazioni territoriali. Sta in fatto che dopo questa avvertenza preliminare del signor Hanotaux io non trovai più in grado di prosseguire nello scambio di idee iniziato, sicchè questo ministro non si discostava dal vero quando ultimamente mi diceva di aver rimarcato il mio silenzio sovra questo soggetto. Si può facilmente concepire che la Francia, non interessata di certo a lasciare estendere la dominazione diretta od indiretta della Gran Bretagna nel Mar Rosso, consideri con una certa diffidenza ciò che può essere incerto nell'avvenire prossimo della colonia Eritrea. Se lo scopo della politica presente dei Gabinetti di Parigi e di Roma deve essere quello di far cessare infondati, reciproci sospetti, si capisce che qui si vogliano connettere le due cose, quella di Tripoli cioè, e

quella dell'Eritrea, poichè l'intento non sarebbe raggiunto se, togliendo di mezzo l'una delle cause di diffidenza, si lasciasse sussistere l'altra.

Di certo non esiste legame necessario fra le relazioni politiche dei due paesi e la ripresa delli normali loro rapporti economici e commerciali. Ma sarebbe inutile il dissimulare a noi stessi che tale legame è riconosciuto esistere dall'opinione pubblica in Francia e forse anche in Italia. Come scrissi altra volta a V. E., per i Francesi la ripresa dei rapporti anzidetti dovrebbe es1siere conseguenza di un mig1ioramento delle relazioni politiche; per gli Italiani, se non erro, essa dovrebbe essere avviamento a siffatto miglioramento. Se nulla di tutto ciò l'opinione pubblica dei due paesi credesse vedere nelle trattative di

un accordo commerciale, la frazione di essa che dubita seriamente dell'utilità economica dell'accordo stesso, non troverebbe forse chi le si opporrebbe con autorità. Per quanto possa essere sempre preferibile che in un negoziato commerciale abbiano ad influire soltanto i criteri d'ordine economico, non si può disconoscere che bene .spesso in siffatti negoziati le considerazioni politiche esercitano un effetto determinante. Noi stessi l'anno passato avremmo voluto collegare con il regolamento degli affari di Tunisi la ripresa delle normali relazioni di commercio nostre con la Francia. Il rifiuto di questa ad entrare nella via che noi avevamo proposta, mi darà buon argomento per ricusarmi ad ammettere la connessione delle trattative che si hanno ora in vista con altri impegni d'ordine politico. Ma ili me manca la fiducia di riuscire ad escludere che, in occasione delle trattative stesse, quì si voglia per lo meno accertarsi degli intendimenti e propositi nostri rispetto ad alcune questionì di speciale interesse politico per la Francia.

Il Gabinetto di Parigi conosce la posizione che l'Italia tiene nel presente sistema delle alleanze europee. Non è il signor Hanotaux tal uomo da essersi formato l'illusione che, in vista di un accordo commerciale di assai discusso valore, il Governo del re vorrebbe prendere impegni non corrispondenti alla posizione stessa. Con me egli si servì, per esprimere il suo pensiero, delle parole: « spazzare il terreno sovra il quale le relazioni fiduciose dei due paesi avranno da stabilirsi». Invitandoci a ciò fare, egli non potrebbe pertanto proporsi altro intento che quello di fare scomparire i reciproci motivi di sospetto e d'inquietudine in Africa e di accertarsi contemporaneamente della posizione che l'Italia eventualmente prenderebbe rispetto alla questione egiziana. Noti V. E. che io forzatamente spazio quì nel campo delle ipotesi, poichè il signor Hanotaux, annunziando la sua intenzione di avere meco una conversazione politica, non ne precisò il soggetto e non ne determinò i limiti.

Le cose che venni sin qui esponendo conducono, a parer mio, a queste conclusioni.

Non vedrei ragione per noi di opporci a che simultaneamente allo scambio delle dichiarazioni relative al mantenimento dello statu quo a Tripoli, si conchiudessero le pratiche più volte iniziate ed abbandonate rispetto alla delimitazione dell'Eritrea verso Obock. Non costituisce diminuzione della pienezza della sovranità territoriale il riconoscimento di altrui ragioni le quali non diventano effettive se non quando tale sovranità venga a cessare. Tutti i patti di riversibilità dei quali erano frequenti gli esempii nei trattati delle Corone in Europa non diminuivano i diritti territoriali che a queste erano riconosciuti. Nè potrebbe trattarsi per noi di un vero e proprio riconoscimento delle ragioni della Francia sovra alcuni punti del litorale compreso oggi nella colonia nostra. Mi pare che per gli scopi del Governo francese dovrebbe bastare una clausola che indicasse che le ragioni stesse sarebbero riservate nel caso di abbandono da parte nostra dei punti suddetti.

Più grave sarebbe il parlare con la Francia della questione egiziana. Osservisi però che è di evidente impossibilità il fare cenno degli interessi connessi co:1 il mantenimento dell'equilibrio nel Mediterraneo senza che la questione stessa venga sul tappeto. Non ci giova presentemente il ricercare noi uno scambio di idee sovra tale soggetto. Ma la Francia ha essa lo stesso inteì·esse ad evitare sovra di ciò con noi il discorso? E, se interrogati, potremmo noi senza inconvenienti e senza danno nostro, ammutolirei? Sono previsioni queste che, a mio credere, ci si impongono e se il Governo del re è in condizione di potere affermare che la sua libertà di azione non riceve guida che dagli interessi suoi principalissimi nel mantenimento dell'equilibrio nelle forze degli stati del Mediterraneo, non vedrei il motivo di rinchiuderei in un silenzio che farebbe nascere ogni sorta di sospetti e che avrebbe probabilmente per conseguenza di farci perdere in un giorno i buoni effetti diretti ed indiretti del miglioramento conseguito faticosamente nei rapporti nostri con la Francia.

Le istruzioni telegrafiche del R. Governo mi furono impartite dippoi con il dispaccio delli 17 corrente (1). Conformandomi alle medesime, mi asterrò dal riprendere, rper iniziativa mia, le conversazioni col signor Hanotaux anche sovra il progetto di dichiarazioni rispetto alla Tripolitania. Qualora egli me ne parlasse per il primo, non mancherò di dirgli che anche noi abbiamo dato ane intervenute dichiarazioni verbali un valore che deve reciprocamente rassicurarci e che da parte nostra saremmo pure disposti a dare a tali dichiarazioni una forma scritta in una nota quando il ministro francese per gli affari esteri sarà ugualment~:: disposto a fare altrettanto. Se poi il signor Hanotaux mi parlasse di nuovo delle intenzioni nostre rispetto all'Eritrea, non mi discosterò d'una linea dalla risposta da V. E. tracciatami e gli dirò che le dichiarazioni fatte in parlamento dal presidente del consiglio dei ministri italiano concernono esclusivamente il regime dell'altipiano della colonia Eritrea e non accennano in alcun modo a cessione del litorale.

Riferirò, nel caso in cui il signor Hanotaux mi dia l'occasione di fargli le anzidette risposte, quali saranno le di lui repliche. Procurerò tuttavia di non far nascere in lui 1a persuasione che lo scambio nostro di idee non potrà in verun caso andare più oltre, poichè se di ciò questo Governo fosse fin d'ora convinto, .io dovrei, ,con molto dispiacer·e mio, prevedere il rinvio ad epoche indeterminate di ogni ulteriore passo nella via che, mercè il ristabilimento di normali rapporti con la Francia, deve condurre il paese nostro allo acquisto di una situazione sicura e tranquilla quale è richiesta dalle necessità sue economiche e finanziarie (2).

(l) -Cfr. n. 90. (2) -Cfr. n. 92. (3) -Con il tele:ramma pubblicato al n. 93.
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L'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 2492. Parigi, 23 giugno 1897, ore 19,10.

Domani Hanotaux mi ·comunicherà il lavoro del mini·steil'o fran,cese del commercio circa l'accordo commerciale con l'italia. E.gli mi ha intanto avvisato che, per rendere accettabile dal parlamento la ·estensì'one ai vini Haliani della

tariffa m1mma, il ministero dovrà simultaneamente, consentire al rialzo moderato dei dazi attuali della tariffa stessa, sicchè tutti i vini di qualsiaSli provenienza, per entrare in Francia, avranno a pagare qualche cosa di più. Ciò non modificherà le condizioni della concorrenza che i vini stranieri potranno farci sul mercato francese, e siccome l'importazione si fa di qualità speciali, tale rialzo non sarà di natura ad alterare le attuali proporzioni delle importazioni. Hanotaux continua a raccomandare il segreto il più assoluto; se egli fosse interrogato dovrebbe ancora negare l'esistenza dei negoziati per non comprometterne l'esito.

(l) -Cfr. n. 96. (2) -Nell'archivio Visconti Venosta è stato rinvenuto il seguente appunto in cui il ministro italiano fissa i punti programmatici dello scambio di dichiarazioni itala-francesi per il rispetto dello statu quo in Tripolitania. L'appunto, autografo e firmato, non reca alcuna data. • Lo scopo nostro sarebbe raggiunto se il Rapporto del R. Ambasciatore esprimesse,nel passo sostanziale, questo concetto: il Govemo italiano, avendo per massima fondamentale della sua politica il mantenimento dello statu quo pel Mediterraneo, dichiara il suo proposito di voler rispettare nella Tripolitania e nel suo hinterland il presente statu quo territoriale e politico: il governo francese dichiara del pari il suo proposito di voler rispettare il presente statu quo politico e territoriale nella Tripolitania e nel suo hinterland. La motivazione starebbe solo nella dichiarazione dell'Italia, giovando essa a far intendere che il nostro proposito va intieramente connesso con la sottintesa riserva del rebus sic stantibus. Non è il caso di provocare, da parte del Governo francese, una analoga motivazione, sia perchè per noi non avrebbe vantaggio alcuno, sia soprattutto perchè il provocarla potrebbe insinuare nell'animo del Sig. Hanotaux il dubbio che gli si voglia da noi surrettiziamente strappareimpegni di più ampia portata, ai quali, inoltre, ben sappiamo, in quanto potrebbero concernere l'Egitto, il Marocco e la Tunisia, che non gli sarebe agevole di acconciarsi •.
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L'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

(AVV)

L. P. Parigi, 23 giugno 1897. Il passaggio delle LL. AA. RR. il principe e la principessa di Napoli per Parigi è andato bene. Il Governo qui ne fu contento. Noi possiamo esserlo pure. Si conciliarono le precauzioni indispensabili di sicurezza con la non minore necessità di evitare ciò che avrebbe autorizzato a dire che avevamo nascosto il principe ai Parigini per timore di qualche sgarbo. Questo era per me essenziale. Non bisognerebbe credere perciò che sia meno viva la memoria del passato, o meno vivace il sentimento che risentì in questo paese l'offesa per il viaggio di Metz. Era impossibile che la rimembranza non se ne risvegliasse in questa circostanza e si risvegliò infatti, ma in un ambiente fortunatamente molto modificato per ciò che riguarda le relazioni con l'Italia. Direi anzi che della modificazione avvenuta si sperimentò la solidità mettendola a tale prova. È in ciò che sta l'importanza politica del fatto avvenuto, importanza di cui non ci conviene menar vanto, ma di cui non dobbiamo neppure negare a noi stessi l'esistenza. La situazione che era risultata dal viaggio di Metz pesava, sovratutto, nei rapporti fra il nostro paese e la Francia, perchè manteneva nell'opinione francese la tendenza a separare, nel ritorno alle sue simpatie verso l'Italia, la nazione dalla dinastia che la regge. Era una tendenza che avrebbe potuto, in certe circostanze, diventare pericolosa tramutandosi in propaganda repubblicana. Questa situazione non era di quelle ·che il tempo modifica. Migliorandosi anzi le relazioni fra i due popoli si poteva temere che più facile riuscisse la propaganda alla quale non mancano in Italia coloro che sarebbero pronti a dar mano. Era dunque utile ed opportuno che qualche fatto visibile venisse a modificare le opinioni che qui sono profondamente radicate nel senso che in Italia le tendenze della dinastia sono sfavorevoli alle pacifiche relazioni con la Francia. Era poi di manifesta evidenza che tale opinione si sarebbe ognor più trovata confermata se, anche questa volta, il principe ereditario d'Italia fosse andato in Inghilterra e ne fosse ritornato evitando di passare per Parigi. Vi era dunque un bene da conseguire ed ancor più forse un male da evitare nell'interesse dei normali rapporti nostri con la Francia e nell'interesse stesso della monarchia

alla quale giova, nella maggiore possibile misura, mantenersi in una situazione libera dalle prevenzioni che creano le esclusive simpatie. La visita del principe ereditario d'Italia all'Elysée entra in quell'ordine di fatti destinati a modificare l'opinione pubblica facendola recedere da preconcetti e ingiustificati giudizi, preparandola ad accettare con favore il ristabilimento completo di normali rapporti. È questo lo scopo al quale mira la nostra politica con la Francia. Ma i passi che si fanno sembreranno forse più lenti del dovere.

Or ora Le ho telegrafato che domani finalmente avrò da Hanotaux la comunicazione delle proposte del ministero francese del commercio (1). Abbiamo preso appuntamento per vederle insieme. Hanotaux dice di aver battagliato per un mese intiero in tutti i consigli dei ministri per vincere le resistenze dei suoi colleghi. L'opposizione più tenace fu quella che fece il signor Turrel, ministro dei lavori pubblici, rappresentante degli interessi dei viticultori. Si venne infine a capo di tanta ostinata resistenza deliberando che ai viticultori si darebbe in compenso della concessione all'Italia della tariffa minima pei vini un rialzo moderato della tariffa stessa per i vini di tutte le provenienze. Ciò non modificherà le condizioni di concorrenza in cui i prodotti italiani si troveranno rispetto ai similari di .Spagna e siccome l'importazione nostra in Francia sarà in ogni caso delle qualità da taglio, il rialzo moderato del dazio che la avrà da colpire non potrà pregiudicarla. È un biais che Hanotaux mi disse aver dovuto accettare perchè avrà per effetto di assicurare il voto del parlamento francese e di rendere così possibile di portare l'accordo con l'Italia davanti al medesimo sia ora subito, sia in novembre alla ripresa dei lavori parlamentari. Mi pare difficile che le nostre camere possono condurre a termine un simile affare prima delle vacanze estive. Perciò altri ritardi saranno. inevitabili e bisognerà pazientare se procederemo a passo lento.

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L'AMBASCIATORE A LONDRA, FERRERO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA (Ed. in LV 96, p. 289)

T. 2507. Londra, 24 giugno 1897, ore 8,40 (pe·r. ore 22,50).

Fermo nel proposito di opporsi al ritorno di popolazioni ·cristiane sotto il dominio ottomano, Salisbury attende, per pronunziarsi sulle questioni che formavano oggetto del telegrama di V. E. di ieri (2), il risultato del dibattimento dei delegati militari delle due parti e le proposte che, dopo tali dibattimenti, potrebbero fare ambasciatori a Costantinopoli ai loro rispettivi governi.

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L'AGENTE DIPLOMATICO E CONSOLE GENERALE AL CAIRO, TUGINI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 2512. Cairo, 25 giugno 1897, ore 17.

Dopo essersi intesi col Sirdar, Lord Cromer consente per favore speciale che ufficiale italiano accompagni spedizione Sudan. Questi potrebbe giungere qui verso il 15 agosto. Prego V. E. serbare il più assoluto segreto perchè Sirdar teme che altre Potenz-e facciano analoga domanda che sarebbe rifiutata.

(l) -Cfr. n. 101. (2) -Sì tratta del tel. n. 1784, non pubblicato.
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IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, ALL'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI

T. CONFIDENZIALE 1806. Roma, 26 giugno 1897, ore 20 Prego V. E. di dire al signor Hanotaux che per parte nostra garantiamo il segreto del negoziato, ed accettiamo anche, se è possibile, di stabilire al più presto un accordo da tenersi segreto tra noi e da presentarsi, poi, in novembre ai due parlamenti. Ella dovrà aggiungere che l'Italia consente a la1S1ciar fuoo-i del negoziato, tanto nella tariffa italiana, quanto nella francese, le sete e le seterie. Rispetto al vino giova chiarire se le due lire d'aumento si ripetano per tutta la gradazione della scala alcoolica, il che renderebbe sempre maggiore distacco fra la tariffa italiana ridotta e quella francese. Noi saremmo disposti a ribassare la tariffa italiana sui vini in bottiglie, che è voce libera, il che andrebbe quasi esclusivamente a favore della Francia, se la Francia rinunciasse ad alzare la tarifl'a minima sul vino, o la elevasse meno. Nel corso della conversazione V. E. potrebbe mettere innanzi la idea di mantenere la attuale tariffa minima, od anche di diminuirla, per i soli vini da taglio, beninteso d'ogni provenienza, il quale trattamento speciale, già vantaggiosamente praticato da oltre cinque anni tra noi e la Germania, gioverebbe all'industria enologica francese senza che debbano adombrarsene i produttori francesi di vino per il pronto consumo. In ogni modo, tutto questo sarà materia di negoziato, come sarà materia di negoziato la domanda di riduzioni che la Francia intende fare sulla tariffa italiana. Però conviene mettere subito in luce che nel 1888 i negoziati si trovavano in presenza di una tariffa francese estremamente più mite e che fu più tardi aggravata col regime della tariffa autonoma. È indispensabile, per riuscire nel negoziato, che due uomini competenti, uno dell'amministrazione italiana e uno della francese, si trovino insieme per pesare il valore comparativo delle due tariffe e fissare con equità la quantità del compenso da stabilirsi, per la Francia, nella tariffa italiana. Il che potrebbe farsi tanto prima quanto dopo la comunicazione delle domande francesi sulla tariffa italiana. Le ripeto che il comm. Stringher, designato dalla amministrazione italiana, verrebbe a Parigi per incarichi finanziari di sistemazione dei servizi del tesoro dopo un viaggio per consimile scopo in Germania. La sua

presenza sarebbe così giustificata e perciò non nuocerebbe al segreto dei negoziati commerciali.

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L'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. CONFIDENZIALE 2528. Parigi, 27 giugno 1897, ore 17,05. Temo non avere abbastanza precisati i termini nei quali attualmente è posta qui la questione. Hanotaux non è ancora autorizzato ad entrare in formali trattative. Il cons1glio dei ministri lo autorizzerà dopo che egli sarà stato in

grado di riferire al medesimo la nostra acquiescienza a quei punti preliminari .giudicati dal consiglio stesso come indispensabili per conseguire il voto della maggioranza parlamentare. Ora fra quei punti il principale riguarda il regime del vino e Hanotaux mi ha dichiarato insistentemente che, per ottenere i voti dei deputati delle regioni vinicole, il Governo si trova nella necessità di assecondare simultaneamente alla presentazione della legge relativa all'•accordo con l'Italia la domanda dei viticu1tori francesi per un rialzo nei dazi presentemente stabiliti nelle due tariffe francesi. A questo rialzo il Governo prevede di dover venire prossimamente per dare soddisfazione alle domande dei produttori di vini. Facendo venire davanti alla Camera simultaneamente il rialzo dei dazi e l'accordo con :l'Italia, il Ministero si dice sicuro di paralizzare l'opposizione, che altrimenti incontrerebbe l'accordo stesso. La comunicazione fattaci preliminarmente da Hanotaux ha dunque per scopo di determinare agli occhi del Ministero francese se gli sia possibile, dal punto di vista della politica interna, di entrare in trattative ·coll'Italia senza esporsi al pericolo di vedersi poi respingere dal Parlamento l'accordo, che venisse concluso. Hanotaux non potrà dunque fare .altro che insistere presso di me per sapere in modo preciso 1se il metodo che •si ritiene qui necessario di seguire in presenza delle esigenze dei viticultori è, o non è da noi accettato. In questa fase del negoziato tutto il resto è evidentemente secondario. Procurerò di vedere domani Hanotaux e gli dirò le cose esposte nel telegramma di V. E. evitando di fargli credere che esse costituiscano la nostra concreta risposta alle sue preliminari domande. Chiarirò in qual modo il rialzo del dazio del vino verrà stabilito e metterò in luce che nel 1888 i negoziatori italiani si trovarono in presenza di una tariffa ifranc·ese più mite dell'attuale.

Ritornerò sulla necessità che il valore comparativo delle due tariffe, italiana e fmncese e la misura degli equi compensi, formino il soggetto dello studio di persone competenti, né mi mancheranno argomenti dedotti dalla incompetenza mia e sopratutto dal fermo mio proposito di non volere assumere una responsabilità maggiore di quella che gli intendimenti del,la amministrazione italiana mi consentono di accettare. Ma nelle cose nelle quali la responsabilità appartiene indubbiamente all'Ambasciatore di S. M. ho il dovere di esprimere con V. E. tutto H mio pensiero, ed è questo: ritengo che essendo il Consiglio dei Ministri venuto faticosamente nella deliberazione di presentare simultaneamente al Parlamento francese l'accordo con l'Italia ed il rialzo dei dazi sul vino ed avendo fatto di ciò al signor Hanotaux la condizione per trattare con l'Italia, è inutile sperare di rimuovere Gabinetto francese da questa sua risoluzione. Una controproposta nostra nel senso di quella !SUlla quale V. E. mi telegrafa di presentare ad Hanotaux nel corso della mia prossima conversazione avrebbe per effetto quasi certo di rinviare ad epoca indeterminata il principio della formale trattativa. Perciò io opino che, ai punti preliminari che ci furono presentati e dopo che io sarò stato messo in grado di meglio precisare quale sarà per essere il rialzo del dazio sul vino, il R. Governo dovrebbe autorizzarmi a rispondere nel senso che segue: accettata la esclusione delle sete e delle seterie, accettato il segreto del negoziato e dell'eventuale prossimo accordo fino al momento in cui potrà essere presentato al Parlamento, determinare 1° gennaio 1898 per l'entrata in esecuzione dell'accordo medesimo. Relativamente alle intenzioni del Governo francese per il regime del vino Italia non ha da esprimere la sua accettazione anticipata per un provvedimento autonomo quale sarebbe il rialzo eventuale del dazio. Essa dà atto al Governo francese della comunicazione

fattale in proposito e dichiara che l'annunziata esecuzione di tale intenzione non è una ragione per lei di non entrare nella trattativa formale dell'accordo destinato ad equilibrare con €quo compenso mediante alcuna modificazione della tariffa italiana il valore comparativo delle tariffe dei due paesi. Naturalmente nel calcolo di tale valore si dovrà tener conto dell'eventuale rialzo del dazio sui vini a meno che non si trovino nell'applicazione di tale provvedimento delle attenuazioni od eccezioni le quali gioverebbero agli interessi italiani ed alla industria francese senza recare danno ai produttori francesi del vino di diretto consumo. Se il R. Governo crede che una risposta in questo senso possa essere qui presentata, prego darmi in proposito le occorrenti istruzioni.

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L'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 2529. Parigi, 27 giugno 1897, ore 17,05. Nel telegramma ufficiale d'oggi (l) dico che la deliberazione che permise ad Hanotaux di farci la proposta dei preliminari, fu presa fat1cosamente nel consiglio dei ministri francese. Questo ministro esteri ebbe infatti a battagliare durante più di un mese in ciascuno dei tre consigli settimanali per vincere la ostinata resistenza del sig. Turrel, rappresentante nel Gabinetto gli interessi dei dipartimenti vinicoli. Questi minacciò più volte la dimissione, mettendo H suo collega degli esteri nella più difficile situazione, perchè la ragione del ritiro del sig. Turrel sarebbe stata facilmente riconosciuta e bastava a rendere irreconciliabile l'opposizione dei viticultori. D'altra parte è fondata opinione del sig. Hanotaux che l'accordo commerciale coll'Italia non avrebbe probabilità di riuscire se un Gabinetto non presieduto da Méline lo portasse davanti al parlamento. Queste cose mi furono dette ripetutamente a titolo privato da Hanotaux e nelle

private conve11sazioni con altri minist1r.i favorevoli all'accordo mi furono in parte confermate. Bisogna tenerne conto.

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IL DIRETTORE GENERALE DELLA PUBBLICA SICUREZZA, ALFAZIO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

N. 7025. Roma, 27 giugno 1897. Per quel conto che V. E. stimerà di farne mi pregio comunicarle le seguenti notizie riferite dal prefetto di Udine. « Mi viene confidenzialmente riferito che da un comitato inglese si stia raccogliendo firme di volontari che sarebbero intanto da detto comitato diretti in Alessandria di Egitto per eludere qualsiasi vigilanza, ma che poi avrebbero lo scopo di provocare la sollevazione degli stati balcanici. Mi consta pure che in Trieste ed in altre località del vicino impero, vi siano molti aderenti disposti di partire alla prima chiamata». Ho interessato il prefetto di Udine a disporre indagini per raccogliere mag

giori e più precisi ragguagli in argomento e pertanto mi riservo, se ne sarà il caso, d'intrattenerne la E. V.

(l) Cfr. n. 106.

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IL COMANDANTE DELLA CANNONIERA « PROVANA » AD ADF..N,

COLTELLETTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 2532. Gibuti, 28 giugno 1897, ore 8. Nerazzini comunica: «Addis Abeba, 8 giugno. Segretissimo. Continuano trattative nelle quali Menelik dimostra ogni migliore volontà per accondiscendere desideri Governo italiano, ma tutti ras coalizzati fanno accanita opposizione rimproverando Imperatore avere liberato prigionieri prima di stabilire frontiera conformemente aspirazioni nazionali. Dubito che Menelik possa vincere corrente contraria e constato trovarsi egli in grave imbarazzo. Siamo rimasti d'accordo con Menelik che se assolutamente non può vincere questa minacciosa situazione interna ,lasceremo lo statu quo ante con rigoroso rispetto attuale frontiera per definirla a tempo migliore. Intanto faremo trattative commerciali quale espressioni amichevoli legali Inutilmente io chiederei ulteriori istruzioni non essendo opportuno rimanere qui per ragioni che riservo esporre Roma e perchè non voglio sollecitare Governo italiano ad ac·cettare oggi frontiera molto differente da quanto noi potevamo concedere. Restando tranquillamente allo statu quo ante Governo Italiano ha piena libertà di azione in avvenire evitando r~mprovero di troppa condiscendenza ed annullando ipotesi che per liberare

prigionieri fossero state prima segretamente combinate segrete concessioni. Arrivate Menelik notizie telegrafiche dichiarazioni fatte camera dei deputati da

S. E. Rudinì, sulle quali egli mi intrattenne. Menelik desidera che Cassala resti Italia e per facilitarne possesso sarebbe pronto presidiare Ghedaref e Gallabat. Se V. E. lo crede opportuno, prima di impegnarsi abbandono Cassala, prego aspettare mio ritorno che sarà sollecito, sperando fra pochi giorni arrivino i due superstiti spedizione Bottega, ai quali Menelik manda mie lettere con O·ccorrente per rispondervi e fare sapere loro nomi. Essi partiranno con me».

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L'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, PANSA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. RISERVATO 2551. Therapia, 29 giugno 1897, ore 22,40 (per. ore 7,55 del 30).

Mi risulta in via privata e confidet'l.ziale che, in risposta alla recente circolare della Sublime Porta, reggente ministero esteri Berlino, ha detto a quell'ambasciatore ottomano che, per quanto ciò saii"à compatibile coll'accordo delle potenze, ambasciatore di Gel'mania a Costantinopoli continuerà adoperare la propria influenza in favore della Turchia aggiungendo che, secondo le ultime informazioni, addetti militari stavano studiando una linea intermedia fra quella domandata dalla Turchia e quella già da essi proposta.

È da notarsi che si era fra noi inteso di astenerci per ora dall'ammettere nelle nostre comunicazioni alla Sublime Porta, la possibilità di una più ampia cessione di territorio. Anche in quanto concerne indennità guerra, ambasciatore di Geii"mania nella seduta di ieri, propose, per conto proprio, al ministero degli esteri, di transigere per una somma di quattro milioni e mezzo di lire turche, mentre si era stabilito di mantenere fermo, almeno pel momento, la cifra di quattro milioni. Queste manifeste tendenze del Governo tedesco sono naturalmente interpretate dalla Sublime Porta come un incoraggiamento alla resistenza.

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IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DELL'INTERNO, RUDINI', AL PRINCIPE DI MONTENEGRO, NICOLA

L. P. Roma, 30 giugno 1897. Par la lettre qu'Elle m'a fait l'honneur de m'adresser le 27/15 du mois de décembre de l'année passée, V. A. a bien voulu m'exprimer le dés1ir de connaitre la manière dont le Gouvernement de S. M. envisageait des éventualités qui paraissaient alors pouvoir se produire dans un avenir prochain. Le marquis de Castelbianco, qui mérite l'entière confìance de V. A., comme il possède celle de S. M. et du Gouvernement royal, dirà, d'après nos instructions, à V. A. que notre politique en Orient se résume dans la conservation de la ,paix et du status quo. Il lui portera, en meme temps, la nouvelle assurance des dispositions amicales dont on est animé en Italie envers le vail:lant peuple monténégrin et son illustre souverain. Fort hereusement la direction que les événements ont pris dans la péninsule balkanique, et le complet accord existant entre les six grandes puissances,

laissent espérer que l'Europe pourra jouir pour assez longtemps d'une période de tranquillité et de paix, et que par conséquent les dangers appréhendés par

V. A. au commencement de l'année vont de plus en plus s'éloigner. Les rapports intimes que l'!talie a avec l'Autriche-Hongrie rendent, d'ailleurs, notre tache particulièrement facile, et nous mettent, dès maintenant, en mesure de considérer come écartées les éventualités auxquelles V. A. faisait allusion.

Me flattant de l'espoir que ces assurances puissent répondre au desir de V. A.

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IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, ALL'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA

(AVV)

L. P. Roma.• 30 giugno 1897. Da lungo ·tempo, devo una risposta a una Sua lettera e Le chiedo scusa del mio silenzio. Io riconosco la somma g1usti:zia di quello che Ella mi •scrive intorno alle ·condizioni materiali fatte all'Ambasciata di Berlino. Io non dispero, rimanendo al Governo, di potere migliorarle in futuro, ma a Lei sono note le necessità che oggi •subisco. Nel tempo stesso, Ella sa quanta fiducia il Re ed il suo Governo abbiano in Lei. Se Ella lasciasse Berlino, il Governo rimarrebbe privo, nel suo posto diplomatico il più importante, di un Ambasciatore che non potrebbe essere 1Sostituito da altri con ·eguale vantaggio, la Sua partenza riescirebbe ingrata

all'Imperatore ed al suo Governo e, per un complesso di circostanze che Ella conosce, darebbe luogo a dei commenti, assumerebbe delle apparenz.e che riuscirebbero dannose alle nostre relazioni colla Germania ed ai più gravi interessi della nostra politica. Ma è questo un argomento che non si può trattare appieno per iscritto, e, se ho tardato a scriverle fu anche pensando che un suo congedo non poteva essere lontano e che avremmo allora avuto occasione di parlarne a voce e in tutta l'intimità di un colloquio.

Vengo ora all'argomento principale della mia lettera. L'invito dell'Imperatore al Re d è giunto come un incidente inopportuno e come un grave imbarazzo

Ella sa quali sono le nostre intenzioni. Le nostre alleanze sono e rimangono Ia ba.se indiscuttbHe della nostra politica. Ma la triplice alleanza non esclude le relazioni non solo normali ma amichevoli colle altre potenze. Ciò fu sempre riconosciuto a Berlino. Noi ci troviamo, in questo riguardo, rispetto alla Francia in una condizione analoga a quella della Germania ri.spetto alla Russia. La Germania coltiva con molta cura le sue relazioni colla Russia nell'interesse della pace eu['opea. Noi cerchiamo di migliorare le nostre relazioni colla Francia, già così tese e difficili, sopratutto per gli interessi di ordine economico e finanziario che sono di sommo interesse per l'Italia. Noi vogliamo ristabilire le nostre nnanze, rialzare il nostro credito, ravvivare la nostra attività economica. Ora, l'ostilità del capitale francese, e la rottura commerciale sono uno dei più grandi ostacoli per raggiungere questo risultato.

Quando, pochi giorni sono, il signor di Biilow, chiamato a Berlino, venne a salutarmi e a prendere congedo, io credetti bene di avere con lui una spiegazione su questo argomento. A nessuno, gli dissi, può passare per capo di esercitare od anche solo modificare il fondamento della nostra politica. Ogni sospetto sarebbe ingiusto e infondato. Cerchiamo di migliorare le nostre relaz,ioni colla Francia, di farne cessare l'asprezza, di avere dei «ménagements » perchè le cattive relazioni, come lo furono sinora, si traducono per noi in danni economici e finanziarli di cui il :paese farebbe pesare la responsabilità sulla triplice alleanza. Ciò non conviene nè al Governo italiano nè al germanico. Per questo e per evitare una inevitabile rottura diplomatica abbiamo concluso il trattato per Tunisi, per questo abbiamo sempre dimostrato la nostra buona volontà di vivere, per quanto dipendeva da noi, in termini amichevoli, e quando il Principe Reale doveva recarsi a Londra, non abbiamo creduto che vi fosse una ragione per fargli evitare il passaggio per Parigi che era, d'altronde, sulla sua strada. Di più, soggiunsi, se e quando le circostanze lo permettessero, saremmo disposti a concludere un trattato di commercio per ricondurre le relazioni commerciali dei due paesi ad uno stato normale, poichè l'Italia e la Francia sono i soli due grandi stati d'Europa ,che non abbiano tra loro un trattato di commercio e che si applichino delle tariffe che non applicano più ad alcun altro stato.

Questo dissi al signor di Biilow; ma quello che non potevo dirgli e che dico a lei, nel più assoluto segreto, è che una trattativa è cominciata tra noi ed il Governo francese per un trattato di commercio, trattativa confidenziale e che, se ries,ce, deve rimanere nascosta sino al momento in cui, nel novembre o ne'l dicembre venturo, sarà portata al Parlamento dei due paesi. Il Governo francese ci ha richiesto questo assoluto segreto come indispensabile per non sollevare in Francia la coalizione delle opposizioni e degli interessi protezionisti.

Io non so se queste tmttative approderanno, poichè abbiamo appena inco

6 -Documenti diplomdtùi -Serie III -Vol. Il.

minciato. Sorgeranno molte pretese, molte difficoltà di natura economica che potranno fo!I'se essere .~uperate, ma l'esito non è sicuro. Il viaggio del Re alle manovre in Germania potrebbe far cadere questo fragile edificio. Il Governo francese potrà dlrci che l'ambiente politico essendosi fatto meno :llavorevole, esso non crede prudente di esporre l'accordo a un voto contrario nell'Assemblea, dove gli ostacoli parlamentari non sono già piccoli. Tutto questo non è sicuro, ma è assai probabile. Ora, il trattato è, forse con qualche illusione, vivamente desiderato da tutto il Mezzogiorno d'Italia e quando si sapesse, come certamente si saprà, la causa dell'insuccesso quando lo scopo pareva vicino a raggiungersi, la popolarità della triplice alleanza non avrà a guadagnarci e al Governo si rimprovererà di non aver saputo prevenire una inutile dimostrazione.

Per questo, quando ricevetti l'annunzio deH'invito, la mia prima impressione fu di evitare, per quest'anno, il viaggio di S. M. come inopportuno. Ma per far questo era necessario avere una ragione plausibile e non addurre qualche troppo evidente pretesto. Le manovre erano già notoriamente fissate, la visita in Sicilia essa pure, i primi di settembre non erano una data verosJmile per un viaggio i'n Sardegna. A ciò si aggiunga l'assenza di S. M. e il suo rifiuto a prendere una decisione prima del ritorno a Roma.

Le ho scritto a lungo -e troppo a lungo -tutte queste cose solo per renderle conto del passato e delle circostanze in cui il viaggio di S. M. avrà luogo.

Il Re, mandando il suo telegramma all'Imperatore, non ha creduto di mandare una risposta dilatoria. Trattandosi di un impegno a distanza di due mesi, ha riservato i casi imprevisti, oppure qualche nuova circostanza, ma Egli è disposto a rendersi all'invito ricevuto. Anche il Presidente del Consiglio ed io fummo d'avviso che esso non poteva essere declinato.

La quistione oramai, poichè il viaggio deve aver luogo, è che si compia in circostanze tali da attenuare, per quanto è possibile, gli inconvenienti e i pericoli che le ho accennato.

Su questo argomento chiamo la sua attenzione e desidero avere il suo consiglio.

Il Re è invitato, quest'anno, alle manovre germaniche, come lo fu, l'anno scorso, l'Imperatore d'Austria. Credo che il viaggio del Re debba avere il carattere di un atto normale d1 personale cortesia tra sovrani amici, senza assumere il significato di una speciale dimostrazione politica che non sarebbe, d'altronde, spiegata dalle attuali ·condizioni dell'Ewopa. Per questo il Re dovrebbe recarsi in Germania col suo seguito m~litare, senza essere accompagnato da me o dal presidente del consiglio, la nostra presenza non essendo reclamata dall'occasione. Ho veduto che le manovre germaniche dureranno molti giorni, mentre in Italia cominciano l'undici di settembre. Ella mi disse, in un suo telegramma,

non essere necessario che S. M. assista a tutte le manovre, ma che basterebbe una visita di alcuni giorni.

Ella mi ha pure telegrafato che la residenza dell'imperatrice Federica è vicina al terreno delle manovre, che forse S. M. la Regina avrebbe potuto eSIServi invitata e recarsi colà, e il Re andare a raggiungerla, facendo, nel tempo stesso, la sua visita all'Imperatore, in occasione delle manovre. È questa

una combinazione sulla quale io non posso pronunciarmi perchè non vi sono autorizzato, ma che mi sembra debba essere almeno esaminata.

Su questo complesso di cose vorrei avere il suo avviso. For,se sarebbe bene l'intendersi a voce. Se Ella lo crede opportuno, potrebbe giustifica;re la Sua partenza da Berlino con un breve congedo per affari personali in Piemonte. Nel qual ·caso una Sua corsa a Roma parrebbe naturale.

Un'altra questione da esaminarsi è quella del momento in cui converrebbe che la notizia del viaggio del Re cominciasse a propagarsi. A me sembra che non debba giungere immediata, improvvisa e quasi di sorpresa. I commenti sarebbe;ro maggiori. È bene che, quando il Re partirà, la notizia ,s:ia, per quanto è possibile, scontata. Desidererei anche intendermi sul modo di presentarla e sul tempo.

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IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DELL'INTERNO, RUDINI'

N. 252·63/1617. Roma, 4 luglio 1897.

Con nota in data 27 giugno corrente (1), l'E. 'V. mi comunica esserle pervenuto dal Prefetto di Udine notizia che un comitato inglese starebbe raccogliendo firme di volontarii i quali per ora si dirigerebbero ad Alessandria d'Egitto, ma che dovrebbero in seguito recarsi negli stati balcanici per provocare sollevazioni. Per quanto la cosa apparisca per verità poco verosimile, gioverà tuttavia accertare quale fondamento abbiano tali notizie, e gradirei perciò di avere, a suo tempo, quei maggiori e più precisi ragguagli su questo argomento che l'E. V. opportunamente ha richiesto alla Prefettura di Udine.

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IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, ALL'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, PANSA (Ed. in LV 96, p. 291)

T. 1873. Roma, 5 luglio 1897, ore 13,10.

.L'ambasciatore di Russia mi ha comunicato un telegramma circolare del suo governo di cui qui riassumo la sostanza: «avendo approvato i progetti di rettifica di frontiera greco-turca elaborati dagli agenti militari e propos.ti alla Port·a dagli ambasciatori, il governo imperiale pensa che le potenze dovrebbero mantenere fermamente il loro accordo a tale riguardo, ed incaricare i loro rappresentanti a Costantinopoli di notificare solidalmente e categoricamente questa opinione al governo ottomano, invitandolo a non più impedire il procedimento dei negoziati di pace ».

Ho risposto all'ambasciatore che dividevo interamente il modo di vedere del suo governo, manifestamente conforme all'intento di pace che anima le

potenze, e che avrei senza indugio impartito al R. ambasciatore a Costantinopoli istruzioni di associarsi agli ufficii che in tal senso fossero !fatti dai colleghi presso la Porta.

Il presente telegramma le impartisce siffatta istruzione (1).

(l) Cfr. n. 108. Il documento è però firmato dal direttore generale della Pubblica Sicurezza, Alfazio.

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L'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 964/360. Berlino, 6 lugHo 1897. Non rilevo sempre gli articoli di giornali, che del resto vengono letti anche costì, a meno che quegli articoli per la loro gravità, per la serietà del giornale che li pubblica o per il momento speciale in cui essi compaiono non acquistino una particolare importanza e quindi sia non solo utile ma necessario che figurino nel carteggio di questa Ambasciata per più sicura notizia di V. E. Così credo mio dovere riportare qui di seguito un telegramma da Roma, in data di ieri sera alla Vossische Zeitung ed il commento che a quel telegramma l'antico e molto diffuso giornale liberale berlinese fa seguire. n telegramma è così concepito: «Di fronte alle lagnanze della Vossische Zeitung contro le dichiarazioni chç il generale Pelloux fece alla Camera dei deputati relative alle fortificazioni dei confini, il ministro della guerra dichiarò ad un giornalista che nessuno più di lui era sinceramente devoto alla triplice alleanza. Al rimprovero di Imbriani, che si pensasse soltanto alla difesa dei confini contro la Francia egli aveva dovuto rispondere in conformità dei fatti che anche i confini dell'est sarebbero convenientemente fortificati. Questo non significava affatto una modificazione della politica delle alleanze sin ora seguita». A tal telegramma la Vossische Zeitung fa presente il seguente commento: «Noi non abbiamo posto in dubbio l'amicizia del generale Pelloux per la triplice alleanza; metterla in dubbio, vorrebbe dire, allo stato delle cose, dubitare della capacità di giudizio del generale: e noi abbiamo un'alta opinione di lui tanto come generale che come uomo politico. Il nostro rimprovero è diretto contro il silenzio suo di fronte alle dichiarazioni politiche di Imbriani, in relazione alla triplice alleanza: e la dichiarazione sopra citata del Ministro della Guerra non diminuisce la giustezza del rimprovero. In certi momenti non basta che un ministro italiano sia amico della triplice alleanza, ma è una necessità di fine senso politico il manifestare convincentemente tale persuasione: e noi seguitiamo a ritenere che il generale Pelloux abbia commesso un'omissione, la quale ebbe tanto più significato in quanto che il capo di Gabinetto, il Ministro marchese di Rudinì, precedentemente, più volte si era lasciato volontaria

mente sfuggire l'occasione opportuna per ricordare con simpatia la alleanza dell'Italia con i due Imperi ».

(l) II testo del telegramma fu comunicato, in pari data. per conoscenza, anche a Tornielli, Ferrel'o, Nigra, Lanza, Melegari ed Avarna con tel. n. 1874.

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L'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, PANSA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA (Ed. in LV 96, p. 292)

T. 2623. The1·apia, 8 l.uglio 1897, ore 22,45 (per. ore 7,05 del 9). Tous mes collègues ayant reçu des instructions conformes aux propositions russes, nous avons remis aujourd'hui au ministre des affaires étrangères une communication collective dont voici le texte: «Les ambassadeurs soussignés

ont l'honneur de faire connaitre a S. E. le ministre des affaires étrangères qu'en présence des tergiversations de la Sublime Porte, au sujet de la vérification

(l) de la frontière thessalienne, leurs gouvernements les ont chargés de faire solidairement et catégoriquement la déclaration suivante: Les grandes puissances ont adopté le projet de rectification stratégique tel qu'il a été élaboré par les attachés militaires et communiqué à la Sublime Porte. En conséquence elles sont tombées d'accord pour notLfier au gouvernement ottoman leur ferme réso-lution de mettre fin à une obstruction dont le seul effet est d'entraver la conclusion d'une paix qui constitue un intérét éminemment européen ».

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L'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA (Ed. in LV 96, p. 294)

T. 2631. Parigi, 9 luglio 1897, ore 22,30 (per. ore 0,30 del l O) Anche qui è stata fatta ieri dichiarazione della risoluzione Sublime Porta di mandare nuove truppe a Creta. Nessuna comunicazione dell'ambasciatore francese a Costantinopoli avendo fatto cenno fino ad ora di siffatta risoluzione, Hanotaux mi sembra inclinato a non prenderla troppo sul serio. Egli ha domandato all'ambasciata suddetta delle informazioni al riguardo *e domani conta parlarne al consiglio dei ministri. * Egli ringrazia V. E. dell'essermi io messo in proposito in comunicazione con lui ed opina che se la cosa fosse seria vi sarebbe da intendersi per stabilire un'identica linea di condotta tra tutte le potenz.e ed impartire le conseguenti identiche istruzioni agli ammiragli. * In una conversazione ·che prendendo carattere particolare si estese al complesso della situazione risultante dalle ultime comunicazioni della Turchia, questo ministro degli esteri emise il pensiero che questo passo incauto della diplomazia ottomana offrirebbe il destro, se i Gabinetti fossero veramente unanimi nelle loro volontà, d'esigere dalla Turchia la completa evacuazione dalla Creta; nel qual caso si potrebbe, con le necessarie riserve per le poche migliaia di abitanti cristiani, consentire a qualche modificazione della linea frontiera tracciata dagli addetti militari. Una carta suHa quale erano tracciate le diverse linee e che questo ministro degli esteri teneva sotto gli occhi dimostrava che la materia

del dissidio non pareva importanza sufficiente per tenere gli animi in sospeso in tutta Europa. Questo ministro degli esteri emetteva anzi l'opinione personale

che la nota degli ambasciatori a Costantinopoli fosse concepita in termini di una gravità sproporzionata al soggetto della contestazione. Mi parve che egli inclinasse che se la Russia non fosse pronta a imporre volontà delle potenze al Sultano, la proposta del Gabinetto imperiale per il recente passo solidale e categorico potrebbe essere stata spinta troppo innanzi. Tutto ciò fu detto a titolo particolare, lo ripeto. V. E. conosce l'attuale stato d'animo di questo ministro degli esteri. *

(l) In LV c vérification •·

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L'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

(AVV)

L. P. Parigi, 9 luglio 1897. Prima di fare il vraggio di Russia, il Presidente della Repubblica farà un giro in vari dipartimenti francesi. Dal Delfinato passerà in Morianna toccando Modane, indi in Tarantasia e per ultimo visiterà Chambéry. Questo giro che comprende la zona fortificata verso la frontiera italiana, si farà passando sovra parecchie strade militari di recente costruzione che collegano le valli savoiarde ed i vari punti dove furono negli ultimi anni erette le fortificazioni. La visita del Presidente coinciderà con le manovre delle truppe alpine che quest'anno avranno in quella zona un certo sviluppo. Nello stato presente delle relazioni nostre con la Francia tutto ciò non ha il significato che avrebbe avuto due anni or sono. Nè qui per certo si vorrebbe che tale significato da noi si desse al viaggio presidenziale. Il signor Faure è del resto, d'indole sua, cauto e perfetto padrone della sua parola. Non sono con lui da temersi delle intemperanze di linguaggio nelle improvvisazioni e mi sono d'altronde assicurato che se, dopo di avere gli anni passati visitato altri dipartimenti, quest'anno ha accettato l'invito delle principali città del Delfinato e della Savoia, egli eviterà qualunque dimostrazione che possa sembrare inspirata da un sentimento poco amichevole verso l'Italia. Egli stesso me ne disse una parola e so che parlandone con Hanotaux si è espresso nello stesso senso. Abbiamo avuto del resto l'occasione di fare l'esperienza del tatto del presidente Faure quando egli andò a Nizza dove si inaugu_ rava il monumento per l'annessione centenaria di quel contado tolto dalle armi francesi alla Monarchia Savoiarda. Il linguaggio che e.gli tenne in quella circostanza fu tale da non poter dare presa, malgrado la situazione tesa allora esistente, a nessuna nostra lagnanza. Il modo col quale egli seppe evocare la memoria di Vittorio Emanuele fu anzi causa che da parte nostra gli si testimoniasse sentimenti di soddisfazione. Era però naturale che, mentre a Nizza si celebrava l'annessione violenta avvenuta da un secolo, ossia un avvenimento infausto per la nostra dinastia, da parte nostra ,si osservasse la più rigorosa astensione anche da quelle pratiche consuetudinarie che in occasione di viaggi ufficiali del Capo dello Stato sono seguite fra Goveo:-ni amici quando quest'ultimo viene a prossimità della frontiera. A Nizza, nella precitata ricorrenza non era dicevole che il presidente Faure fosse complimentato da un personaggio

italiano in nome del Re e del Governo nostro. Nè il Governo fran·cese poteva ragionevolmente aspettarsi il compimento di tale ,cortesia da parte nostra. Ma ora, venendo il signor Faure a Modane, pare a me che la cosa si presenti diversamente. A Modane il Presidente passerà una notte e abiterà nel suo treno ferroviario. Nella stazione di Modane vi. sono agenti italiani di dogana etc. Mi pare che il mandarvi nessuno a portare i complimenti d'uso potrebbe sembrare scortesia o, fors'anche peggio, malumore nostro per la traver•sa:ta del Presidente borghese nella zona fortificata nel momento in cui si svolgeranno le manovre alpine.

Credo che quasi contemporaneamente avranno luogo in Valle d'Aosta le manovre della divisione di Novara con truppe alpine nostre della regione ed altre che vi andeiranno dalla Valtellina. Se S. M. il Re fa quest'anno la sua consueta visita alla Valle d'Aosta, forse egli avrà l'occasione di vedere quella radunata di truppe.

Mi pare che l'una cosa potrebbe valer l'altra e che entrambe potrebbero riuscire completamente inocue [sic] ed insignificanti solo che lo si volesse dalle due parti. Vi ·contribuirebbe per 1certo Ilo attenersi, nella ·circostanza della venuta a Modane del Pre1sidente, alla consuetudine di farlo ·complimentare.

Ove tale suggerimento venisse favorevolmente accolto resterebbe ancora da vedere da chi il complimento potrebbe opportunamente essere portato. Ordinariamente, quando non si vuole dare importanza singolare ad un semplice atto di cortesia, è il comandante superiore militare del compartimento di frontiera che è incaricato di tale missione. Ma al comando di Torino si trova il generale d'Oncien de la Batie, savoiardo. Non mi sembrerebbe ch'egli sia la persona idonea per l'incarico di cui tratterebbesi:. Sarebbe d'altronde cosa delicata [sic] il sostituirvi altro generale in sott'ordine al comandante del corpo d'armata. Il prefetto di Torino sarebbe forse più indicato.

Mi sembra che la fermata a Modane del signor Faure sia il momento preferibile per presentargli i complimenti nostri. Si evita di mandarlo a salutare a Chambéry che d'aHronde è già troppo lontano dal confine, od in qualche altra località di Savoia dove in quel momento vi sarà concentrazione di truppe.

Il Re nostil'o andrà in qualche località prossima alla frontiera francese, in forma ufficiale?

Nascerebbe evidentemente, in tale ipotesi, la questione della reciprocità della cortesia da usarci dal Governo Francese. La notizia che io tolsi dai giornali nostri della contemporaneità delle manovre italiane in Valle d'Aosta e delle francesi in Tarantasia, non mi potrebbe bastare per fondare la supposizione che quest'anno il viaggio del nostro Re nei monti valdostani poSis;a avere un carattere diverso dagli altri anni.

Ad ogni modo ne scrivo a Lei perchè il tempo ormai stringe. In un prolgramma comparso nei giornali, è detto che H Presidente arriverà a Modane il 5 agosto prossimo. Il fare niente potrà essere male interpretato; e per fare le cose a modo sarebbe tempo di pensarvi, sovra tutto poi se le circostanze comportassero che vi sia luogo ad aspettare dalla Francia una reciprocità di cortesia.

Mando questa lettera a Firenze per occasione privata; ma spero che Le giungerà senza soverchio ritardo. Ciò che richiedeva qualche lunga spiegazione mi pare detto. Il resto potrà dare luogo a comunicazioni telegrafiche. L'importante sarà che io non resti al buio delle intenzioni di S. M. e del Governo, per procedere in .conformità di esse.

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L'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

(AVV)

L. P. RISERVATISSIMA. Parigi, 12 luglio 1897. Avea esitato fin qui a scriverle della seccatura che ci cagionano le lettere del principe Enrico d'Orléans, perchè in sostanza quelle pubblicazioni ebbero nessun eco nella stampa francese e se l'autore di esse ha creduto guadagnarsi popolarità collo accarezzare i mali sentimenti francesi verso gli Italiani, deve essersi a quest'ora avveduto di essere arrivato tardi, poichè la situazione d'oggi qui non è più quella che fu in passato. Mi decide tuttavia a scriverle del rincrescevole soggetto una circostanza inattesa della quale tengo ad informarla per il caso soltanto che da altra parte ne fosse fatto a Lei qualche cenno. Mi pervenne da Torino ieri l'altro una lettera del conte E. di Carpenetto aiutante di campo di S. A. R. il Conte di Torino, diretta a «S. E. l'Ambasciatore di S. M. il Re d'Italia -Parigi». Mi si t:rasmetteva con essa una lettera chiusa di S. A. R. diretta a « Son a !tesse royale le prince Henri d'Orléans », con preghiera di farla pervenire al suo indirizzo col mezzo che da me fosse stimato il più sicuro ed il più sollecito. Risposi all'aiutante di campo non aver io alcuna indicazione precisa della presente dimora del principe orleanese, non potermela procurare senza chiederla ai congiunti suoi, ciò che per ragioni ovvie non avrei potuto fare. Indi soggiunsi che, non potendo io ottemperare al desiderio del Conte di Torino, desiderava sapere se a S.A.R. non piacerebbe che gli rinviassi la lettera sua acciocchè questa possa, ove egli lo voglia, esser spedita con gli ordinari mezzi postali. Al conte di Carpenetto che conosco personalmente, scrissi nel tempo stesso in forma particolare pregandolo di far sentire a S. A. che l'invio della sua lettera mi avea messo in un dispiacevole imbarazzo. Trattandosi di cosa riguardante una persona della real famiglia, non mi era lecito spogliarmi della qualità di rappresentante personale del Re; nè avrei quindi potuto dare la cooperazione

mia in cosa che non avesse la piena approvazione di S. M. Nelle circostanze presenti il mio dovere di Ambasciatore e la affettuosa riverenza vmso la M.

S. m'imponevano di non servire di tramite per la consegna o l'invio della lettera di S. A. R. 'senza prendere gli ordini del nostro augusto S.ovrano. Mi indusse a fare così la supposizione che la lettera del Conte di Torino possa riferirsi alla pubblicazione di quelle del principe Enrico d'Orléans.

A parer mio di tale pubblicazione non bisogna nè esagerare, nè soverchiamente attenuare l'importanza. H principe Enrico d'Orléans al quale la vanità smisurata fa velo allo scarso intelletto, si è messo ripetutamente in urto con la stessa famiglia sua. Egli ebbe per il viaggio, dal quale ora ritorna, denaro dal Figa1·o e dal New Yo1·k Herald coi quali passò formale contratto per l'invio delle lettere che i due periodici s'impegnarono a pubblicare. Era una «réclame» reciproca che due giornali mondani pagavano e nella quale il principe, avido di malsana popolarità, comprometteva la dignità serbata dai figli di Luigi Filippo. L'indole del contratto, le querele del principesco esploratore con il viaggiatore ufficiale Bouvalet, il ritorno in Francia dopo avere esplorato nulla, e parecchie altre circostanze le quali, indipendentemente dal carattere della persona, basterebbero a togliere a questa ogni serietà, autorizzano di certo il Governo nostro a tenere in nessun conto la pubblicazione delle lettere del principe Enrico. Questi mancò di rispetto all'esercito nel quale suo padre fu educato ed ha militato in guerra. La condizione sua di principe aggrava il fallo. Ma in queste circostanze non vedo una ragione per cui si abbia da considerare in lui qualche cosa dippiù che un giornalista insolente ed a10tioso contro il nostro paese. Naturalmente queste considerazioni riguardano il Governo soltanto; non gli uffiziali calunniat.i ed insultati. La questione che li riguarda è personale; sussiste: dovrà essere risoluta; ma non bisogna ingrandirne le proporzioni alterandone il carattere. Tale è il pensiero mio e mi parve doverlo dire a Lei perchè in fatto è in questo modo che la gente sensata anche in Francia vede la cosa ed è in questo senso che si è formata una quieta aspettativa di ciò che sarà per succedere al ritorno in Europa del principe Enrico.

La prego, peil" la •parte che riguarda la lettera di S. A. R. il Conte di Torino, di tenermi il segreto più assoluto di ciò che Le scrivo. A nessuno gioverebbe se ne facessero delle pettegolezze. Se da altra parte gliene venisse un cenno, Ella saprà come stettero precisamente, per ciò che mi concerne, le cose.

Mi lusingo che Ella non sarà per disapprovarmi.

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L'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, PANSA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA (Ed. in LV 96, p. 296)

T. 2656. TheTapia, 13 luglio 1897, ore 22,35 (per. ore 6,30 del14).

Sublime Porta non ha dato finora veruna risposta nostre dichiarazioni del1'8 luglio, e il linguaggio dei funzionari turchi nonchè eccitazione, che va crescendo nel pubblico contro la retrocessione Tessaglia, fanno temere una prolungata resistenza. Abbiamo quindi annunziato ministro degli esteri che terremo giovedì mattina una riunione per decidere delle risoluzioni da sottomettersi nostri Governi, invitandolo ad intervenirvi per farci conoscere intenzioni Sublime Porta. Nell'adunanza di stamane è risultato che tutti i colleghi, salvo ambasciatore di Germania, sono disposti dichiarare rispettivi Governi che situazione richiederebbe energiche manifestazioni potenze nel senso che evacuare Tessaglia è una condizione (l) necessaria * da es.igersi, all'occorrenza anche coll'uso della forza. *

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IL DIRETTORE GENERALE DELLA PUBBLICA SICUREZZA, ALFAZIO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

N. 7581. Roma, 14 luglio 1897.

In continuazione della mia nota 27 giugno u. s. n. 7025 (2) ed in relazione a quella dell'E. V. in data 4 corrente, divisione 1°, n.-25263/1617 (3) mi pregio comunicarle il seguente rapporto del prefetto di Udine:

« Dalle ulteriori informazioni assunte in ordine alla pregiata al margine distinta mi sarebbe risultato che dopo lo scioglimento delle colonne dei volontari italiani recatisi a combattere in difesa della Grecia, molti di quelli della colonna Mereu, prima di partire da Atene per rimpatriare furono invitati da un comitato inglese allora esistente in detta città, a dichiarare se volessero prender parte ad una spedizione inglese nel Sudan che avrebbe dovuto aver luogo nell'agosto prossimo venturo.

Fra gli accettanti vi fu H noto socialista udinese Riccardo Filipponi; costui sta ora in attesa dell'avviso per recarsi in Alessandria d'Egitto e che ha chiesto in tale previsione il passaporto per detta destinazione.

Mi venne confermato che la spedizione pel Sudan sia un pretesto mentre appena riuniti gli aderenti sarebbero segretamente diretti negli stati balcanici per provocare una sollevazione. Queste sono le notizie che ora ho potuto raccogliere ».

(l) -In LV: « assc.lutamente ». (2) -Cfr. n. 108. (3) -Cfr. n. 113.
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L'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, PANSA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA (Ed. in LV 96, p. 297)

T. 2668. Therapia, 16 luglio 1897, ore 12,10 (per. ore 2). Ministro degli affari ·esteri ha detto oggi che la Sublime Porta ha abbandonato progetto di inviare nuove truppe a Creta. Egli ha negato che si fosse ordinata partenza della squadra. Quanto alla (l) nomina di Gevad Pascià, il ministro ha confermato la intenzione del Sultano di destinarlo come comandante

militare provvisorio delle !forze ottomane nell'isola, ma, aggiunse, non sapere se egli fosse partito, e nemmeno se egli avesse accettato quella nomina.

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IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, ALL'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI,

(AVV)

L. P. Roma, 16 lugLio 1897. Questa lettera le sarà certo poco piacevole a leggere, come a me è poco piacevole a scriverla. Ma ho il dovere di prevenirla di un incidente che giunge certo inopportuno. L'Imperatore Guglielmo ha fatto giungere, alcuni giorni sono al Re l'invito il più pressante ed il più amichevole perchè S. M. volesse fargli una visita, assistendo, almeno per qualche giorno, alle manovre che avranno Juogo negli ultimi giorni di agosto e nei primi di settembre nelle antiche provincie prus

siane e in Baviera. L'Imperatore aveva avuto ospite alle sue manovre due anni sono l'Impe>:atore d'Austria, l'anno scorso l'Imperatore di Russia e desiderava di avere quest'anno il Re d'Italia.

L'Imperatore aveva, con l'Imperatrice, fatto visita ai Sovrani d'Italia in occasione delle loro nozze d'argento, era venuto a Venezia per incontrarsi col Re e queste visite non erano ancora rstate restituite.

Il Re non ha creduto di potere, in queste circostanze, declinrur,e l'invito senza mancare alle cortesie consuete tra i Sovrani; tanto più che per declinarlo mancava una ragione plausibile. Non era pei giorni indicati che si poteva pensare ad un viaggio del Re in Sicilia o in Sardegna, e le manovre italiane erano già state notoriamente fissate ed annunziate agli addetti militari stranieri in Roma all'undici settembre.

In cir,costanze ordinarie il fatto non avrebbe nulla ,che non sia ormai consueto, perchè i viaggi e le visite dei Sovrani sono diventati assai più frequenti che non lo fossero una volta e non hanno più l'importanza eccez.ionale che avevano in passato.

Ma esso giunge senza dubbio fuori di tempo per le relazioni che può avere colle nostre trattative commerciali colla Francia benchè, dopo le domande che ci furono presentate, la riuscita di queste trattative appaia non impossibile ma difficile.

Cib che possiamo fare è togliere al viaggio del Re tutto quello che può accentuarne il significato politico. Egli andrà in Germania senza esservi accompagnato da alcun ministro; la visita sarà breve e si eviterà, con cura, qualunque manifestazione che possa ferire le suscettibilità. La visita conserverà rigorosamente quel carattere di cortesie tpersonali e di etichetta tra Sovrani, delle cui esigenze anche i francesi devono ormai rendersi conto. Il via,ggio del Re non coinciderà con quello del Presidente della Repubblica in Russia, perchè egli arriverà, probabilmente, il tre settembre a Hombourg ove rimarrebbe tre giorni.

Non mi nascondo gli inconvenienti di questo viaggio, nel momento presente. Ma non avevamo la libertà delle risoluzioni. La restituzione delle visite ricevute a Roma ed a Venezia, dove era stata scambiata tra i Sovrani qualche promessa, rimaneva una partita aperta che si sarebbe, un giorno o l'altro, dovuta chiudere. Il rifiutare l'invito nei termini in cui fu fatto, senza un motivo valevole, sarebbe stato poco conforme alle convenienze ed anche ai rapporti personali che esistono t.ra i due Sovrani. Di più questo rifiuto avrebbe fatto certamente néllscere nell'Imperatore e nel suo Governo dei dubbi e dei sospetti che diventerebbero per noi una difficoltà per quella politica di riavvicinamento e di migliori relazioni colla Francia che intendiamo proseguire.

Comprendo che è difficile il ragionare sulle impressioni. Ma parmi che se il Governo francese ha considerato che le nostre trattative commerciali non erano compatibili con una situazione politica che gli era nota, non dovrebbe essere influenzato nei suoi apprezzamenti da un fatto che non ha altra portata che quella che le ho esposta e che non muta in nulla tale situazione.

(l) In LV: c annunciata ».

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L'AMBASCIATORE A VIENNA, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

(AVV)

L. P. Vienna, 17 luglio 1897. In uno dei vostri ultimi telegrammi mi avete incaricato di far presente a

Goluchowski l'eventualità di un rifiuto della Turchia di arrendersi alle risoluzioni delle potenze e di accettare il loro programma per la conclusione della pace.

Naturalmente tenevate a sapere se e che cosa s'intendesse qui di fare o di proporre in tale eventualità.

Io ne parlai con Goluchowskì due volte. La prima volta egli mi disse, che la sua convinzione era più ferma che mai nella finale arrendevolezza del Sultano, quando esso avrà avuto la certezza dell'unanimità delle potenze. Aggiunse che l'eventualità in questione non era stata finora contemplata, ch'egli sapesse, da altri Gabìnett1, o per lo meno ch'egli non ne aveva notizia. Gliene riparlaì dì nuovo oggi. Egli mi ripetè ciò che mi aveva detto in proposito precedentemente. Ma questa volta, spinto da me, mi disse, che se contro ogni sua previsione la Turchia sì rifiutasse alla pace alle condizioni poste dalle potenze, e quindi si imponesse la questione del quid agendum per dare una sanzione alle decisioni del concerto europeo, egli consiglierebbe all'Imperatore di non prendere alcuna iniziativa, lasciando questa ad altre potenze, ma di mantenere anche in questa occasione il principio dell'accordo delle potenze. Quando altre potenze, e alludeva alla Russia e all'Inghilterra, sì mettessero d'accordo per presentare pll"oposte concrete di azione, l'Austria-Ungheria le esaminerebbe insieme coi suoi alleati, sempre in questo spirito di mantenere il concerto europeo.

Eccovi adunque su questo punto, e per l'eventualità sopraindicata, che spero non si produrrà, il concetto di Goluchowski in questo momento. Dico in questo momento; perchè bisogna sempre prevedere un cangiamento nella situazione che provochi alla sua volta un cangiamento di apprezzamenti e di idee.

P. S. -Goluchowski si è mostrato molto soddisfatto dei vostri discorsi alla Camera e al Senato, e mi disse di trasmettervi i suoi complimenti. Egli conta partire per una stazione di bagni in Francia verso la fine della settimana prossima. Passando per Parigi, è probabile che vedrà Hanotaux; e domanderà forse anche di ess'ere presentato al Presidente della Repubblica. La sua assenza sarà di circa una ventina di giorni.

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IL COMANDANTE DELLA CANNONIERA « PROVANA » AD ADEN, COLTELLETTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 2687. Aden, 18 luglio 1897, ore 16. Riassumo notizie Nerazzini. Le conclusioni sua missione sono: l) ottimo trattato commercio, con buone promesse per Benadir, e garanzie stazione commerciale Lugh dalle razzie; 2) lettera per S. M. il Re che spiega perchè Menelik non può concedere frontiera Mareb-Belesa-Muna; 3) progetto di frontiera, con sigillo Menelik, da presentarsi esame Governo Italiano, rimanendo intanto statu quo ante con assoluta sicurezza tranquillità Tigrè. Tale frontiera è il massimo Menelik può concedere, dopo pronunciamento dei ras ed è migliore di quella della convenzione 1891, con criteri più geografici e chiusa perfettamente al golfo Arafali. Dopo conosciuta decisione Camera dei Deputati, i ras volevano che Menelik forzasse Nerazzini portare confine Asmara; ma Nerazzini ha resistito, lasciando completa libertà azione governo italiano. Nerazzini ebbe imbarazzi

su questo argomento e crede dovere a sua personale influenza presso Menelik, avere potuto concludere così; 4) preghie,ra Governo Italiano continuare proteg

aere, soccorrere monaci etiopici Gerusalemme. Altre potenze sono state molto remissive in questioni frontiera. Principe Orléans e Leontieff dovrebbero imbarcarsi Gibuti per Europa il 26.

126

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, AGLI AMBASCIATORI A PARIGI, TORNIELLI, A LONDRA, FERRERO, A VIENNA, NIGRA, A BERLINO, LANZA, E ALL'INCARICATO D'AFFARI A PIETROBURGO, MELEGARI

T. 1963. Roma, 19 luglio 1897, o1·e 12,55. Credo bene informarla che le istruzioni date, nella fase attuale delle trattative, al nostro ambasciatore a Costantinopoli, sono di insistere, nelle conferenze coi suoi colleghi perchè la Porta sia categoricamente invitata ad uniformarsi alla volontà dell'Europa e ad accettare puramente e semplicemente la linea di confine proposta in via principale dagli addetti militari esclusa la ulteriore rettifica che scenderebbe fino al Peneo. A nostro avviso, questa ultima linea

si scosterebbe dal principio generale di una semplice rettifica strategica di frontiera qual fu ammesso dalle potenze come base della mediazione.

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L'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, PANBA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA (Ed. in LV 96, p. 302)

T. 2711. Therapia, 21 luglio 1897, o1·e 16,40 (per. ore 19,05). In attesa della promessa dichiarazione relativa alla questione di frontiera, abbiamo cominciato ad elaborare il testo di un progetto di convenzione sui preliminari di pace che sarebbe da sottoscrivere fra gli ambasciatori e il ministro degli affari esteri. Una divergenza è però sorta sull'articolo relativo all'indennità di guerra, nel quale ambasciatore di Germania ha domandato di inserire una clausola che imporrebbe Grecia un ·controllo finanziario internazionale, a guarentigia dei diritti anteriori dei suoi creditori esteri. Fu gen~ralmente obiettato che, una disposizione così tassativa, sarebbe estranea all'oggetto della presente convenzione e tale da sollevare difficoltà per parte della Grecia. In via di transazione, venne proposta seguente aggiunta all'articolo che stabilisce indennità di 4 milioni di lire turche, e ambasdatore di Germania si è riservato di verificare se il suo Governo se ne accontenta. « Les Puissances preteront leurs bons offices pour amener un arrangement de nature à fadliter

payement rapide de cette indemnité, tout en tenant compte des droits des créanciers antérieurs de la Grèce ».

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L'AMBASCIATORE A LONDRA, FERRERO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 2713. Londra, 21 luglio 1897, ore 17,40 (per. ore 20,45).

Circa proposta di dimostrazione degli ambasciatori a Costantinopoli, Salisbury divide le idee di V. E., ma ritiene che qualsiasi dimostrazione militare

fatta da potenza marittima come l'Inghilterra e l'Italia, anche se riunite, non avrebbe efficacia senza il concorso di qualche grande potenza di terra confinante con la Turchia come la Austria-Ungheria o la Russia. Ma verificandosi tale concorso anche per parte di una sola di tali potenze, l'Inghilterra sarebbe lieta di contribuire a porre termine alla presente situazione.

129

L'INCARICATO D'AFFARI A PIETROBURGO, MELEGARI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA (Ed. in LV 96, p. 30)3)

T. 2715. Pietroburgo, 21 luglio 1897, ore 23,55 (per. ore 2 del 22).

Conte Mouravieff, da me interpellato sulla accoglienza qui fatta telegramma ambasciatori a Costantinopoli, mi rispose leggendomi una circolare telegrafica diramata ieri agli ambasciatori, e quindi già forse nota all'E. V., in cui molto energicamente si pronunzia contro ogni misura di coercizione, minacciando, qualora altri vi ricorresse, di svincolarsi da ogni impegno internazionale e riservarsi piena libertà d'azione. *Circolare è evidentemente diretta contro l'Inghilterra, verso la quale ministro tenne anche con me linguaggio molto concitato. * Conte Mouravieff non era ancora stato informato delle ultime rassicuranti dichiarazioni fatte agli ambasciatori dal ministro degli esteri ottomano. Egli se ne mostrò assai soddisfatto.

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L'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA (AVV) (l)

T. RISERVATO S. N. Parigi, 21 luglio 1897.

Notizia recatami dalla lettera particolare di V. E. del 15 corrente (2) produce in me un senso di profondo sconforto. Non per rimpiangere fatica inutilmente spesa in un'opera utile per il paese, ora destinata a fallire mentre già se ne raccoglievano ottimi frutti nella cessata propaganda repubblicana, nella progredita pacificazione degli animi, nell'incremento dell'economia, e sopratutto del credito finanziario italiano, ma per parare, nella misura del possibile, il colpo portato abilmente dalla diplomazia tedesca all'opera stessa, bisogna che io faccia prevedere al Governo di S. M. uno di quegli scatti dell'opinione pubblica francese, che sarà tanto più violento quanto più improvvisa giungerà la notizia dell'andata del Re alle manovre in Germania. Non posso calcolare fin dove torne1remo indietro nel cammino faticosamente percorso. Si potrebbero forse in parte attenuare taluni effetti mettendo in luce davanti al pubblico le cose e le considerazioni che trovo nella lettera di V. E. Si farebbe bene di non sorprendere il pubblico con l'annuncio simultaneo dell'invito e dell'accettazione. Converrebbe

n. -123.

che l'invito si annunziasse presto ed apparisse corollario di quelli fatti, negli anni scor,si, agli Imperatori d'Austria e di Russia, e che l'a,ccettazione fosse conosciuta più tardi, prendendo ,carattere di restituzione delle due ultime visite fatte al Re dall'ImperatOii'e Guglielmo.

Ma, con tutto ciò, ed anche curandoci di togliere ogni carattere politico al viaggio, resterà sempre che quello del nostro Re, il quale abitualmente non esce dai suoi Stati, non può avere il colore che hanno le peregrinazioni frequenti di altri Sovrani d'Europa. Vorrei potermi lusingare che l'opera di ["iconciliazione così saviamente intrapresa dal R. Governo sia già abbastanza forte per sostenere la dura prova alla quale sta per essere messa. Ma solamente dopo che questa sarà ~stata subìta, noi potremo giudicare se potremo proseguire, ovvero se con una sosta non provvederemo meglio agli essenziali interessi morali e materiali del nostro paese.

(l) -Una copia del telegramma esiste anche in A.A.E. Serie Politica, Posizione c Grandi manovre in Germania •. (2) -Sic. Ma si tratta certamente della lettera particolare del 16 luglio, pubblicata al
131

L'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, PANSA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA (Ed. in LV 96, p. 304)1

T. 2725. Therapia, 22 Zuglio 1897, ore 22,45 (per. ore 22,50).

Ministro degli affari esteri ci ha rimesso la dichiarazione scritta nei termini da noi richiesti circa questione di frontiera.

In seguito a ciò abbiamo, oggi stesso fissato con lui testo del preambolo dei preliminari di pace e quello dell'articolo 1° relativo alla delimitazione, da eseguire sul terreno da una commissione militare, composta di delegati delle due parti e delle ambasciate, la quale si riunirà quindici giorni dopo la firma dei preliminari di pace e deciderà a maggioranza di voti.

Dopodomani presenteremo un nostro progetto per gli articoli relativi alle convenzioni speciali da stipularsi fra la Turchia e la Grecia, e circa le quali sono a prevedersi non poche difficoltà.

Quanto alle indennità di guerra e questione connessa, attendiamo risposta da Berlino circa articolo menzionato nel mio telegramma di ieri (1).

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IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, FERRERO

D. RISERVATO 27529/188. Roma, 22 Zuglio 1897.

Col dispaccio del 12 .giugno u. s. n. 22296/155 (2), io pregavo V. E. di far> conoscere a lord Salisbury che ben volontieri ci saremmo messi in grado di soddisfare il desiderio del Gabinetto di Londra di vedere la occupazione di quella piazza per parte dell'Italia, rprolungarsi fino a Natale. Desideravamo, rperò, conoscere, io soggiungevo, il pensiero e gli intendimenti di codesto Governo circa lo sgombro della piazza, al quale si 'intendeva procedere da parte nostra, in base al protocollo itala-britannico del 15 aprile 1891.

Ella mi accusava ricevimento del mio dispaccio con rapporto del 18 giugno u. s. 404/180 (1), ma nulla finora mi ha fatto conoscere circa il colloquio <:he, sull'argomento, l'E. V. dovea procura~rsi con Lord Salisbury.

Intanto, mentre il Governo di Massaua prende gli opportuni provvedimenti per il mantenimento di Cassala fino al termine amichevolmente indicatoci, mentre questo termine sempre più si avvicina, ci si rende maggiormente necessario di essere messi in grado di regolare ogni ·cosa impartendo al <:omandante della piazza opportune istruzioni sulle modalità dello sgombero. Ci interesserebbe quindi, sopratutto, di sapere a chi, secondo le intenzioni del Governo della Regina, dovrebbe e::ser fatta la ·consegna della piazza, se un presidio egiziano sostituirebbe il nostro, o se in altro modo si voglia provvedere.

Rinnovo, pertanto, alla E. V. la preghiera di tenerne parola, al più presto, a Lord Salisbury riferendomene telegraficamente.

(l) -Cfr. n. 127. (2) -Non pubblicato.
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IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, FERRERO

D. RISERVATO 27772/191. Roma, 23 luglio 1897. Nel Times del 28 giugno u. s., sotto il titolo «A Governement expedition to the river Jub », si annuncia la partenza di una spedizione organizzata dal Governo britannico comandata dal maggiore I. R. L. Macdonald, e diretta ad esplorare le regioni dell'alto bacino del Giuba. Scopo « ostensibile » della spedizione sarebbe quello di raccogliere i dati per stabilire quale fra i vari rami di quel fiume sia da considerarsi come i1 principale e quindi come limite delle rispettive sfere d'influenza dell'Italia e dell'Inghilterra, nell'intento di poter poi procedere d'accordo colla prima alla determinazione definitiva del confine, indicato dal protocollo itala-britannico del 24 marzo 1891, secondo è preveduto nell'art. 2. È degna di nota la mar.cata negligenza con la quale, nel periodico londinese, si accenna, senza neanche indicarne i nomi, ai viaggiatori italiani (Bottego e Ruspoli) che hanno eseguito le più importanti esplorazioni lungo il Giuba

e i suoi affluenti, mentre poi si dà gran peso ai viaggi del Von Der Decken e del capitano Dundas che risalirono solamente il basso Giuba fino a Bardera,

o poco più a monte.

La preparazione della spedizione Macdonald coincide coll'invio a questo ministero dell'unito memorandum, (9 maggio u. s.), nel quale l'ambasciata d'Inghilterra in Roma fa alcune osservazioni sul modo con cui è tracciata la delimitazione indicata nel protocollo del 24 marzo 1891 nella carta annessa all'opera del capitano Bottega «Il Giuba esplorato » e nella carta dimostrativa dell'Etiopia del maggiore De Chaurand, e conclude richiamando l'attenzione su questo che «fino a quando il confine non sia definitivamente demarcato, la questione non possa essere considerata come regolata». Questo ministero ha risposto con un altro memorandum (28 giugno 1897) parimenti qui unito, espo-

Il) Non pubblicato.

nendo le ragioni per le quali il confine itala-britannico è stato tracciato nelle carte italiane lungo il Daua, •considerato come ramo principale del Giuba, e aggiungendo che, ad ogni modo, la questione potrà essere esaminata da un punto di vista tecnico quando sarà giunto il momento di procedere, di comune accordo, alla rettifica del confine contemplato dall'art. 2 del citato protocollo.

Ma, non sembra che tale rettifica sia effettivamente unico scopo della spedizione Macdonald. Secondo il Times, la considerazione che oramai poca importanza può avere per l'Italia, dopo l'abrogazione del trattato di Uccialli, il ricercare « What is the line of delimitation between her sphere in Somaliland and that of British last Africa», lascia credere che lo scopo vero recondito della spedizione dovrebbe ricercarsi nel vivo desiderio di Menelich di venire ad un accordo con l'Inghilterra per una delimitazione verso le regioni del Nilo contigue all'Etiopia. Ciò sarebbe stato appunto oggetto di negoziato tra Menelich e il capo della recente missione britannica, signor Rennel Rodd, il quale, non avendo potuto addivenire ad accordo su quel punto, avrebbe suggerito la spedizione, col consenso del Negus.

Consta, infatti, a que·sto Ministero, che tra gli scopi della missione Rodd vi era quello di procedere ad una delimitazione di frontiera fra l'Etiopia e l'Inghilterra sia dalla parte del golfo di Aden, sia dalla parte della valle del Nilo. Ora, secondo quanto si assicura, l'accordo anglo-etiopico conchiuso ad Adis Abeba il 14 maggio scorso riguarderebbe la sola delimitazione neUa Somalia inglese, che si sarebbe concordata con una cessione di territorio da parte dell'Inghilterra. Nulla si sarebbe conchiuso per la delimitazione verso il Nilo.

Se, però, :llosse vera la notizia comparsa nei giornali che la spedizione del maggiore Macdonald ha per scopo di raccogliere dati per sistemare il confine tra i possedimenti inglesi presso i laghi Rodolfo e Stefania e i territori che Menelick pretende essere compresi nel suo impero a sud del sesto parallelo e ad ovest della Somalia italiana, la cosa non ci riguarderebbe direttamente perchè si tratterebbe di regioni che trovansi ad ovest del Giuba, che, fino al sesto parallelo, segna il confine tra l'Inghilterra e l'Italia nel paese dei Somali.

Ciò premesso, ci giungerebbe ora opportuno di conoscere per nostra norma: l) se la spedizione Macdonald abbia effettivamente carattere ufficiale; 2) quale sia precisamente il suo scopo; 3) su qual punto del confine itala-britannico del protocollo del 24 marzo 1891 sia effettivamente diretta.

Ed è appunto per pregare V. E. di procurarmi possibilmente queste indicazioni che io mi rivolgo a lei col presente dispaccio.

ALLEGATO I

CLARE FORD A VISCONTI VENOSTA Roma, 9 maggio 1897. Observations of the J:ioundary line between the British and Italian spheres of influence on the East Coast of Africa, as laid down in a work by Captain Bottega entitled • Il Giuba esplorato •' and in the • Orno • sheet of the • Carta dimostrazione dell'Etiopia •. The Bottega work is immaterial as it is unofficial where as the Orno Map bears an official character in as much as it is published by authority of the ltalian Ministry of War. It marks the boundary between the Protectorates of Italy and England respectively as following the river Anta, where as the Protocol of March

7 - Documenti diplomatici · Serie III · Vol. Il.

24, 1891 which was ~igned by Lord Dufferin and the Marquis di Rudinì states that the line of demarcation between the British and Italian spheres of influence " shall follow from the sea to the mid-channel of the river Juba up to Latitude 6°-North •.

According to the british contention the boundary should follow the line of the Ganala Doria as far as the sixth parallel of latitude.

I bave been instructed by my Government to bring this matter to your notice although it is not one of urgence; but I am to point out that until the boundary is finally demarcateci, the question cannot be considered as settled.

The enclosed sketch-map may be of use as illustrating this question.

The green line represents the boundary claimed by the English.

The blue line, as shown in the « Orno • map.

The red line as defined by Captain Bottego report " Il Giuba esplorato •.

ALLEGATO Il

VISCONTI VENOSTA A CLARE FORD

Roma, 28 giugno 1897.

Nel protocollo anglo-italiano del 24 marzo 1891 è indicato come limite delle rispettive sfere d'influenza dell'Inghilterra e dell'Italia nella Somalia il Thalwag del Giuba fino al sesto latitudine nord.

Dopo quella data, le esplorazioni del Ruspoli e del Bottego, del 1893, hanno mutato la conoscenza che si aveva del Giuba, il cui nome oramai serve unicamente per indicare il corso inferiore di quel fiume, mentre il corso superiore, incominciando dal parallelo di Dolo, molto prima quindi di arrivare al 6° latitudine nord è costituito da almeno tre rami, il Daua, il Ganale e l'Ueb.

Dal libro del capitano Bottego, • Il Giuba esplorato • si trae che braccio principale del Giuba (Ganana) sia il Daua, mentre gli altri sono da considerarsi come affluenti.

Il maggiore E. De Chaurand nel compilare la sua carta dimostrativa dell'Etiopia (foglio aggiunto Orno) essendosi posto il problema quale dei vari rami del Giuba dovesse teoricamente considerarsi continuazione del corso principale, esaminò sulla base dei dati raccolti nelle recenti esplorazioni, il complesso degli elementi fisico-geografici (costituito non dalla sola maggiore o minore concordanza fra la direzione di un affluente e quella del fiume dominante, ma anche dal volume delle acque, dallo sviluppo del loro corso, dalla natura geologica delle valli percorse e dalla loro Costituzione idrografica) che, secondo i principi della moderna scienza geografica, danno il criterio per distinguere in un bacino fluviale il fiume pril!cipale dai suoi affluenti. (V. Antoine d'Abbadio 1890, Géographie de l'Ethiopie, Val. I, pag. 23 e 30 -R. Réclus, La Terre, 1868, pag. 366).

L'esame comparativo di quei vari elementi ha condotto il compilatore della carta alla conclusione che non il Ganale, ma sibbene il Daua debba essere geograficamente considerato come la continuazione del Giuba propriamente detto, e che quindi lungo il Daua debba correre il confine italo-britannico fino a raggiungere il 6o parallelo.

Ciò non toglie però, che, colla scorta dei dati che già si possiedono e con quelli che si potranno ancora avere anche tale questione geografica possa essere esaminata e regolata di comune accordo tra l'Italia e l'Inghilterra, da un punto di vista tecnico, quando si giudichi venuto il momento di procedere alla rettifica del confine, contemplata dall'articolo 2° del citato protocollo, sia lungo il 6o latitudine Nord, sia lungo il 36° E. G., tenendo presenti le condizioni idrografiche ed orografiche del paese.

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L'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

(AVV)

L. P. Parigi, 25 luglio 189ì.

Il corriere che mi :portò la di Lei lettera particolare del 15 corrente (1), fu trattenuto parecchi giorni a Londra e questa circostanza m'impedì di rispondere prima d'oggi. Assai poco del resto avrei da aggiungere al telegramma speditole il 19 di questo mese (2) per dirle l'impressione prodotta in me dall'inaspettato annunzio del prossimo viaggio del Re alle manovre di Germania. Ora che sono trascorsi più giorni dalla disaggradevole sorpresa provatane, rileggendo il mio dispaccio telegrafico, nulla trovo da mutare. Posso soltanto aggiungere che non essendo evidentemente noi soli padroni del segreto della notizia, è naturale che essa sia pervenuta qui da fonte tedesca in quella forma che meglio conveniva a chi la mandava.

Ancorchè il mio telegramma si riferisse ad una comunicazione particolare di Lei, mi parve di non dovergli io attribuire lo stesso carattere sia perchè il fatto, ormai inevitabile, dovea essere entro pochissimi giorni conosciuto dal pubblico, sia perchè mi pare di avere qualche ragione di desiderare che della sorpresa e dell'opinione mia, sia pur minimo il peso che essa possa avere, abbia a risultare negli atti ufficiali.

In queste disgraziate situazioni sarebbe illusorio il nascondere a sè stesso le conseguenze che necessariamente derivano per la autorità e per il credito degli agenti diplomatici anche quando vi si trovano immischiati senza veruna colpa loro.

Ella, con la consueta bontà sua a mio riguardo, ha voluto fornirmi nella cortese sua lettera gli argomenti con i quali si giunge di certo a ridurre il fatto del viaggio ad un incidente inopportuno ma di piccola gravità intrinseca. Se si trattasse di dimostrare che l'impressione che l'opinione pubblica francese riceverà prima dell'annunzio, poi dal fatto del viaggio e dalle circostanze di esso, compresi i brindisi che sono d'occasione, sarà completamente irragionevole, non mi troverei di certo imbarazzato. Ma a che cosa gioverebbe lo s:postare fra di noi la questione che è tutt'altra? Abbiamo voluto intraprendere le trattative commerciali e sappiamo che la riuscita di queste dipende unicamente dallo stato della opinione pubblica nei due Paesi. È dunque troppo evidente ,che tutto ciò che è di natura ad alterare sfavorevolmente l'opinione in Francia va contro il nostro scopo.

Ella mi scrisse, signor Marchese, che dopo le domande che ci furono pre

sentate, la riuscita di queste trattative apparisce non impossibile, ma difficile.

Io la direi difficilissima anche dal punto di vista de'Ha discus,sdone tecnica che

ormai avrebbe dovuto incominciare, nella quale si sarebbero di certo ottenute

nelle esagerate domande delle riduzioni importanti sulle quali invece non mi

pare si possa ora fare assegnamento mentre il negoziatore francese potrà ad ogni passo mettere innanzi che soltanto un accordo che costituisca un evidente ottimo affare per i francesi avrà probabilità di essere qui accettato dal Parlamento nelle presenti disposizioni della pubblica opinione.

Dobbiamo noi stessi rinunziare subito a proseguire nella trattativa dandoci così, o l'aria di recitare il mea culpa, o quella non migliore di aver agito per rimbalzo quasi per dispetto ricevendo le esagerate domande sulle quali n?n avrei neppure voluto discutere?

E se, proseguendo, ci avessimo ad imbattere nella dichiarazione di quel non possumus politico ad evitare .il quale mi sono adoperato con paziente lavoro e non senza fortuna poichè se ne cons•eguirono per la Monarchia e per il Paese alcuni buoni effetti!

Metto la mia persona per il momento completamente infuori delle considerazioni che mi si affacciano alla mente. Ieri l'altro è qui giunta all'agenzia Fournier la notizia di un movimento diplomatico nostro in conseguenza del quale sarei richiamato da Parigi. Mi fu portato il telegramma che per cortesia non fu pubblicato. Nell'interesse pubblico stimai dover dire che se fos·se stato stampato, l'avrei fatto smentire. Ma in cuor mio pensai che la notizia poteva ben provenire dalla stessa fonte da cui era qui giunta per primo ::tuella del viaggio del Re.

Il signor Hanotaux, col quale parlai per la desilgnazione del luogo dove dovrà andare l'aiutante di ·campo di S. M. per complimentare il Presidente della repubblica, non mi disse verbo della notizia del viaggio dei nostri Reali in Germania. Mi trattenne dal parlarne io per primo un sentimento che Ella certamente capisce ed al quale avrei forse fatto violenza se avessi creduto che potesse giovare il mettere questo Ministro in guardia perchè non si lasci influenzare nei suoi apprezzamenti da un fatto che in nulla, nel pensiero del Governo n0stro, muta la situazione. Ma la sua risposta era per me prevedibile. Egli mi avrebbe detto che delle impressioni che riceve l'opinione pubblica del paese egli in Francia non è più padrone di quanto lo saremmo noi in Italia.

L'animo mio si era veramente troppo presto rallegrato di aver noi potuto conseguire l'apertura delle trattative commerciali senza che precedessero spiegazioni di ordine politico ed unicamente per effetto della fiducia riposta dal signor Hanotaux nella prudenza e nella solidità del presente Ministero italiano. Mi pare che mancherei ora ad un elementare dovere nel non manifestare a Lei tutto il pensiero mio, ancorchè, nei rapporti ufficiali che partono insieme a questa lettera ne abbia detto appena quel tanto che era strettamente indispensabile.

(l) -Vedi la nota 2 a pag. 94. (2) -Non pubblicato, ma cfr. n. 130.
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IL COMANDANTE LA SQUADRA NAVALE NELL'EGEO, CANEVARO, AL MINISTRO DELLA MARINA, BRIN (Ed.. in LV 96, p. 306)

T. 2755. Canea, 26 lugl1io 1897.

Djevad pascià ha visitato, oggi, ammiragli a bordo «Re Umberto». Ha detto essere mandato dal Sultano per prendere il comando truppe in Creta, con missione di contribuire a migliorare le condizioni dei · musulmani (l) nella miseria cui il Governo non può lungamente vivere. * di ottenere allargamento cordoni che 'li circondano, e (2) possibilmente che ritornino loro terre, rincuorandoli sull'avvenire, che essi vedono buio, troppo tardando quella autonomia promessa ai Cretesi. Che per ra.ggiunge\l'e questo scopo aveva ordine di usare modi pacifici e marciare (3) d'accordo con ammiragli.

Gli risposi, presenti tutti i colleghi, che la sua missione eccedeva quella di un comandante di truppa, quale era stata dichiarata dalla Sublime Porta al mio ambasciatore. *La sua missione * sembrava piuttosto quella politica di un governatore generale; che gli ammiragli consideravano la Creta confidata alle !oro cure, che, col consentimento del Sultano, hanno preso impegno assicurarvi regime autonomo, ugualmente favorevole per ambedue le confessioni, procurarvi la padficazione, per la quale truppe e navi internazionali non risparmiano sacrifici, decisi però, in esecuzione di ordini precisi dei Joro governi, di imporla con la forza a quella delle p.arti, indifferentemente, che non si arrendesse ai consigli. Che, quanto alla autonomia, eravamo (4) d'accordo di appli

carla, il Sultano di favorirne l'attuazione; che ammiragli non ;inJtendevano menomamente scostarsi dalla v.ia sino ad ora seguita in proposito. Che essi saranno lieti di valersi della cooperazione di sì alti personaggi tra i musulmani e (5) * sempre potranno con* l'autorità turca ottenere il conseguimento dello scopo umanitario che potenze si sono prefisso.

Rispose ancora Pascià che egli non era governatore, ed aveva soltanto mi~sione militare e pacifica; che avrebbe cercato di mantenersi in perfetto accordo con gli ammiragli, pur dichiarando che popolazione cretese troppo soffriva anticipatamente un nuovo sistema di governo del quale ancora nuÌla si sapeva.

Replicai che le rivoluzioni devastatrici di un giorno richiedono poi anni di riparazioni, e che cretesi dovevano aspettare l'azione delle potenze, dimostratesi tanto benevole per essi. * La mia impres•sione è che Pascià metterà acqua nel suo vino, ma pure accarezzandoci ci darà filo da torcere. *

Ammiragli si riuniranno per ragionare sulla nuova situazione che ci si presenta; intanto tutti hanno approvato le mie risposte. *Per ragioni di salute forse domani mi recherò per pochi giorni Smirne approfittando « Calabria »; porto posta, materiali e personale alla « Sicilia». Ciò effettuandosi telegraferò » (6). *

(l) -In LV qui aggiunto: «e dei cristiani"· (2) -In LV qui aggiunto: « e cercando che ». (3) -In LV: «provvedere». (4) -In LV: «i Governi erano». (5) -In LV: «presso"· (6) -Il testo qui pubblicato è quello comunicato dal ministero della marina al ministero degli esteri.
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IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, AGLI AMBASCIATORI A BERLINO, LANZA, A LONDRA, FERRERO, A PARIGI, TORNIELLI, A VIENNA, NIGRA, E ALL'INCARICATO D'AFFARI A PIETROBURGO, MELEGARI (Ed. in LV 96, p. 307)

T. 2030. Roma, 27 luglio 1897, ore 23. L'ammiraglio Canevaro telegrafa (1), al pari dei suoi colleghi, segnalando le preoccupazioni cagionate dall'arrivo e dal probabile atteggiamento di Djevad pascià. Le potenze, che hanno preso e tengono in deposito l'isola, con lo scopo

di dotarla della promessa autonomia, non potrebbero permettere, da parte di Djevad pascià, procedimenti 'contrarii al compito da esse assuntosi.

* -(A tutti meno Parigi).* Mi gioverebbe di •conoscere, circa questa situazione, il pensiero di codesto governo, essendo indispensabile che gli ammiragU ricevano istruzioni uniformi ed esprimenti l'unanime proposito delle potenze. * -(A Parigi). Annetto una particolare importanza a conoscere in proposito il pensiero del signor Hanotaux a cui appartiene, per il regime da costituirsi in Creta, la iniziativa di un programma che fu accettato da tutti i Gabinetti. In ogni modo noi crediamo indispensabile che gli ammiragli ricevano istruzioni uniformi ed esprimenti l'unanime proposito delle potenze. *
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IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, AGLI AMBASCIATORI A PARIGI, TORNIELLI, A LONDRA, FERRERO, A VIENNA, NIGRA, A BERLINO, LANZA, A COSTANTINOPOLI, PANSA, E ALL'INCARICATO D'AFFARI A PIETROBURGO, MELEGARI

(Ed. in LV 96, p. 309)

T. 2037. Roma, 28 luglio 1897, o1·e 19,40. Per notizia dì Lei e norma di linguaggio riproduco un telegramma da me ora diretto all'Ammiraglio Canevaro: «L'Incaricato d'Affari d'Inghilterra mi informa che codesto ammiraglio britannico ha ricevuto istruzioni di· impedire * anche con la forza lo sbarco di nuove truppe turche e mi richiede, in nome del ·suo governo, di impartirle consimili istruzioni. La venuta di nuove truppe turche in Creta mi sembra poco probabile. Verificandosi tale eventualità, Ella dovrà concordarsi coi Colleghi sul da farsi, ritenendosi fin da ora autorizzata ad associarsi ad ogni operazione intesa a impedire lo sbarco ». (Per Costantinopoli). Intanto prego V. E. di fare un nuovo passo presso la Porta vivamente sconsigliando l'invio di nuove truppe in Creta e facendo ·comprendere che tale invio potrebbe incontrare la opposizione materiale delle Po

tenze. Prego informarsi e telegrafarmi se il collega d'Inghilterra ha costì fatto a tale riguardo qualche comunicazione.

(l) Cfr. LV 96, p. 306.

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IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, ALL'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, PANSA (Ed. in LV 96, p. 310)

T. 2038. Roma, 28 luglio 1897, m·e 19,45. Se nella riunione di domani tutti i colleghi di Lei dichiarano di accettare

la formala tedesca per il controllo finanziario, V. E. potrà del pari accettarla per non lasciar venir meno a tale riguardo l'unanime concerto delle Potenze.

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L'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA (Ed. In LV 96, p. 311)

T. 2787 PaTigi, 29 luglio 1897, aTe 6,50 (per. ore 20,50). Goluchowski, in seguito alla conferma avuta da Pietroburgo dell'accettazione della proposta teò'èsca per controllo finanziario, ha dato istruzioni a Costantinopoli nel senso di accettarla se tutte le potenze l'accettano. Hanotaux non mi ha fatto ancora conoscere sua decisione, ma è prevedibile abbia ad essere

nel senso di quella dell'Austria *Fu telegrafato qui che si credeva che l'Italia manterrebbe le sue obiezioni sulla proposta anzidetta. *

140

L'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, PANSA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA (Ed. in LV 96, pp. 312-13)

T. 2889. Thempia, 29 luglio 1897, ore 18,20 (pe1·. o1·e 20,50 ). Anche gli altri colleghi si trovarono stamane autorizzati ad accettare l'ag

giunta tedesca all'articolo relativo all'indennità di guerra, ma ambasciatore d'Inghilterra non aveva ancora ricevuto istruzioni.

* Inoltre * ambasciatore di Germania ha domandato una nuova aggiuntd all'articolo concernente evacuazione per dichiarare che questa non abbia ad effettuarsi se non quando il pagamento dell'indennità di guerra sarà assicurato in modo effettivo. Fu quindi formulato paragrafo in tal senso, per il quale si attende approvazione da Berlino.

Infine ambasciatore inglese ha proposto, dietro ordine di Londra, che ,fra i punti strategici da lasciare provvisoriamente occupati dai turchi, non si trovino nè Tirnova nè Tricala.

Non potendosi mettere questa condizione nel testo del trattato, rimanemmo intesi di dare istruzioni agli addetti militari di farla possibilmente prevalere quando avranno a discutere le modalità evacuazione, sebbene sia da prevedere che ciò incontrerà molta opposizione.

In attesa di potere definitivamente fissare tutti questi punti, abbiamo dovuto frattanto domandare rinvio a posdomani della conferenza che dovevamo tenere oggi col ministro esteri.

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IL GENERALE DAL VERME, AL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, MALVANO

L. P. Bruxelles, 29 luglio 1897.

Sono arrivato stamane con direttissimo del Gottardo e fui ricevuto alla stazione da un aiutante di campo del Re, che mi ha condotto in carrozza di corte al palazzo, dove mi hanno dato un appartamento dalle sale dorate, nelle quali mi trovo un po' come Arlecchino finto principe!

S. M. ha voluto vedermi quasi subito. Sono stato da lui più di due ore. Dopo un po' di preparazione, gli ho detto che avevo avuto dal mio Governo per iscritto ciò che gli avevo esposto a voce.

Egli se ne mostrò lieto, e mi disse di portarglielo. Andai a prendere il foglio. Lo lesse e dopo molte domande, alle quali ho cercato di rispondere senza nulla compromettere, finì col dire che in massima era d'accordo, che avrebbe scritto un nuovo avant-projet, tenendo conto delle osservazioni del Governo italiano, che mi avrebbe dettato domani. Intanto mi disse che avvertiva l'Imperatore di Germania della possibilità della cosa, poichè assolutamente egli ne vuole il preventivo consenso. Mi chiese se questo passo sarebbe dispiaciuto al mio Governo. Risposi di no, dappoichè si tratta solo di una eventualità, di cui si dà confidenzialmente un cenno, all'infuori delle Cancellerie, da Sovrano a Sovrano.

Ho pensato se avessi avuto tempo di telegrafare e avere una risposta. Il tempo l'avrei avuto. Ma mi pareva un atto di diffidenza. E me la presi quindi su di me. Ma null'altro che questo. Tutto il resto è da decidersi con piena libertà dal R. Governo. Io, non solo non mi sono impegnato in nessuna maniera, ma non ho neppure incoraggiato il Re, dicendogli schiettamente come stanno le cose sotto tutti i rapporti.

Intorno al punto difficile, quello della difesa contro i nemici esteri, Egli risolve la quistione, sopprimento l'art. 6. Dire esplicitamente che la amministrazione del bail s'impegna a difendere la colonia da tutti i nemici esteri, non lo vuoi dire perchè tanto non potrebbe mantenerlo.

Oggi vado all'esposizione insieme a S. M. Credo che dovrò stare qui almeno due giorni ancora, oltre oggi. Se potrò, però, ripartire posdomani, ripartirò, per non dare occasione a chiacchiere che son certo non mancheranno, sui giornali.

9 sera. Non ho potuto finire e impostare la lettera oggi, perchè mi hanno fatto girare tutt'oggi all'Esposizione, col Re. A domani. È inteso che dico a tutti che fui invitato a vedere l'esposizione dal Re stesso ..... tempo fa (senza dire quando).

ALLEGATO

NOTA PRESENTATA DAL GENERALE DAL VERME, AL RE DEL BELGIO

25 luglio 1897. L'avant-projet que le Général dal Verme a rapporté de Bruxelles pour un bail de l'Erythrée a été examiné, à Rome, avec toute l'attention que devaient lui assurer l'importance du sujet et la haute situation du Personnage qui en a prit l'initiative.

Deux points auxquels l'avant-projet se rattache ont, d'abord, bésoin d'ètre nettement établis.

Comme conclusion d'un échange intime d'idées entre Rome et Londres, Cassala, avec son district, cessera au commencement de l'année prochaine, d'ètre occupée par les forces italiennes. Notre intention est de rétrocéder cette contrée à l'Egypte conformement aux prévisions du Protocole anglo-italien du 15 avril 1891. L'avantprojet doit tenir compte de cette circonstance, car nous ne pourrions· pas prendre, pour Cassala, des engagements qui ne cadreront pas avec elle.

L'autre point concerne la frontière entre l'Erythrée et l'Abissinie. Il n'y a pas, de notre part, ae difficulté à ce que cette frontière, prenant son point de départ à Tomak, reste ouverte depuis Tomak dans la direction de l'ouest e du Sud. Aucune demande ne nous a d'ailleurs jamais étè présentée par Ménélik pour les territoires à l'occident de Tomak. Mais nous devons maintenant déclarer que la ligne MarebBelesa-Muna n'a pas de chance de devenir la frontière définitive entre l'Erythrée et l'Ethiopte, et qu'il y aura très probablement lieu de revenir, sauf peut-ètre quelques rectifications à notre avantage, à la frontière que le comte Antonelli avait arretée d'accord avec Ménélik le 6 février 1891.

En dehors de ces deux points de fait, nous ne saurions accepter l'avant-projet qu'avec un double émendement.

En premier lieu, il est évident que les deux réserves dont on voudrait faire dépendre l'efficacité de l'anangement, :ì savoir la constituticn d'une Société pour l'exploitation du bail, et la réalisation d'une route d'étapes reliant le Congo avec l'Erythrée à travers le haut bassin du Nil et le Seumaar (?), auraient pour effet de maintenir en suspens pour un temps indéfini, et assurément assez long, l'assiette définitive de notre Colonie. Un pareil ajournement serait absolument inconciIiable avec la volonté, hautement exprimée par notre Parlement, et avec les engagements que le Gouvernement du Roi a pris envers lui. Ce serait en outre perpétuer, à la charge de notre budget, une dépense qui nous sommes très résolus à ne pas vouloir ultérieurement supporter.

Les deux réserves doivent donc ètre éliminées et remplacées dans l'avantprojet, par la fixation d'un délai d'option mutuelle dont la durée ne devrait, en aucun cas, dépasser le I"• Janvier prochain.

En second lieu nous pouvons bien accepter la clause n. 6 de l'avant-projet portant que l'ltalie aura à Massaua une garnison politique. Mais il doit etre entendu que cette garnison politique n'a pour mission que la sécurité de Massaua et sa défense contre toute agression éventuelle, l'ltalie n'étant tenue, ni avec cette garnison, ni, moins encore, avec l'envoi de troupes de la métropole, à garantir la sécurité du plateau et sa défense éventuelle contre toute agression du dehors. En un mot, le Gouvernement italien, à partir de l'installation du bail, devrait etre dégagé de toute responsabilité politique et militaire pour les éventualités qui pourraient se produire sur le plateau.

Conformément aux considérations ci-dessus développées les émendements suivants ont été introduits dans l'avant-projet:

l. L'Alinéa 2.ième de l'art. lì est ansi modifìé: « L'Administration du bail se charge de faire face, sur le plateau, soit aux exigences de la police intérieure, soit à celle de la défense envers toute agression venant du dehors ».

2. -La Note annexée à l'avant-projet est, après les mots "se montre très sympathique » modifié ainsi qu'il suit: " A cet effet le Roi Léopold se réserve jusqu'au l Janvier 1898 la faculté de confirmer définitivement ou bien de dédire le présent arrangement. Une faculté identique est réservée au Gouvernement italien ». 3. -La Note sur Kassala est remplacée par une Note ainsi conçue: " Le Gouvernement italien s'engage à appuyer auprès du Gouvernement anglais, à l'occasion des pourparlers concernants la rétrocession de Kassala aux termes du protocole 15 Avril 1891, la demande que le Roi Léopold ferait en vue d'obtenir à bail le Leunnar (?) avec garnison congolaise ou miste à Kassala.
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IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, ALL'AMBASCIATORE A VIENNA, NIGRA

(AVV)

L. P. Roma, l agosto 1897. Non voglio lasciar partire il corriere senza scrivervi qualche riga. Ho sempre creduto che se, alle prime difficoltà sollevate dalla Turchia alla mediazione dell'Europa, le Potenze avessero preso un'attitudine risoluta, la pace sarebbe fatta da un pezzo e la questione di Creta sarebbe già su una buona via di risoluzione. Così le trattative per la prima si sono trascinate miserevolmente e più miserevolmente si trascineranno, temo, quelle per l'a seconda, per la quale prevedo difficoltà non piccole. A tale risultato ha contribuito non poco la gelosia irreducibile dei Governi di Germania e di Russia verso l'Inghilterra. Ma ecco pure in una situazione spiacevole ed imbarazzante i Governi delle nazioni liberali i quali hanno giustificato la loro condotta passata e la politica del concerto europeo coll'azione che essa avrebbe avuto per dare alla Grecia delle buone condizioni di pace e per assicurare a Creta l'autonomia effettiva che era stata promessa. L'Imperatore di Germania ha invitato i nostri Sovrani a Hombou11g in occasione delle manovre, e l'invito fu accettato. Esso è giunto in un momento in cui si poteva considerare se convenisse o no con un motivo qualunque di declinatrlo. Io mi sono proposto e ho cercato, dacchè sono 1al Ministero, di migliorare ie nostre relazioni colla Francia. Le relazioni tese, ostili, colla Francia si traducono per l'Italia in danni economici e finanziari di cui l'opinione pubblica nostra finisce col far pesare la responsabilità sulla triplice alleanza. Io questo l'ho detto assai esplicitamente al signor Billow, che se ne mostrava convinto. E, invero, il ristabilimento delle nostre finanze ha per condizione il rialzo del nostro credito e, per questo intanto, la Borsa di Berlino non vale quella di Parigi, nè il capitale tedesco vale, per noi, il capitale francese. In certi limiti almeno, sono riuscito, perchè una innegabile détente si è prodotta nelle disposizioni della opinione pubblica francese verso l'ItaJia. Si è discusso nei giornali e nei parlamenti di un trattato di commercio tra i due paesi. Ora, vi dirò nel modo più strettamente confidenziale, che delle trattative sono già incominciate, trattative ufficiose, destinate a diventare ufficiali solo dopo che l'accordo fosse stabilito sui punti essenziali. Fu il Governo francese che ci domandò il seg1·eto più assoluto, temendo una prematura coalizione delle ostilità economiche e politiche. La riuscita anche dal primo scambio di idee, appare tutt'altro che sicura e, se non impossibile, difficile; il trattato non può essere che mediocre. Il suo vantaggio non consisterebbe tanto in sè stesso c per gli scambi propriamente detti, quanto negli effetti finanziari che deriverebbero da una pacificazione economica. Il viaggio del Re non agevolerà le trattative, anzi potrà probabilmente mandarle a monte. L'opinione francese pare sia rimasta abbastanza indifferente all'annuncio, rimane a vedere quale impressione riceverà dal fatto. Sono effetti difficili a misurare. Il Governo francese non ci

ha mai nascosto le sue difficoltà parlamentari e come il successo dipendesse dallo stato dell'opinione pubblica in Francia. Esso potrà o dirci schiettamente

che l'ambiente parlamentare e politico si è di troppo modificato per tentare la prova, o, senza dircelo, esagerare le sue domande economiche per far abortire il negoziato. Ora, il trattato è vivamente desiderato, non senza illusioni, specialmente dal Mezzogiorno d'Italia e se si saprà più tardi ·Che le trattative erano incominciate e che non approdarono non già per una ragione economica ma pel viaggio del Re, la politica dell'alleanza germani'Ca :riceverà una non lieve ferita. Malgrado tutto, ho creduto di ·consigliare al Re di non scusarsi dell'invito. L'Imperatore Guglielmo aveva fatto due visite ai Sovrani d'Italia, l'una per le nozze d'argento, a Roma, l'altra, l'anno scorso a Venezia. Queste visite non erano state restituite ancora. Una ragione valida e sincera di scusarci non vi era, si poteva solo addurre dei pretesti che, in breve, si sarebbero mostrati tali. Il rifiuto sarebbe dunque stato scortese, avrebbe potuto raffreddare le relazioni tra i due Sovrani e tra i due Governi e far !Sorgere delle diffidenze e dei sospetti che sarebbero poi stati una grave difficoltà per la politica di conciliazione verso la Francia. Non mi è parso che si potesse correre il rischio di indebolire le basi e le .garanzie attuali della nostra politica. Pure molti anche nel seno del Gabinetto, biasimano la mia condotta. Mi dicono che se la politica da me seguita aveva un significato, era quello di un riavvicinamento colla Francia che ci avrebbe condotto alla parificazione economica tra i due paesi, che ho, in un giorno, distrutta tutta l'opera mia, fatto fallire ogni risultato. Tornielli mi scrive come se il mondo fosse caduto. Mi si rimprovera insomma di non aver ·saputo evitare ad ogni costo il viaggio del Re. Vi prego di dirmi il Vostro pensiero. Sono oramai da un anno al Ministero e posso fare il mio esame di coscienza.

Passo a un'altra faccenda. Noi dobbiamo provvedere all'ambasciata di Pietroburgo e non possiamo più oltre ritardare la nomina. Bisogna decidersi. No1 avevamo pensato al generale Morra, ma quasi certamente egli, per ragioni di famiglia, non potrà accettare. Ciò essendo, senza cercare più altro, saremmo disposti a fare la nomina nella carriera e, in questo caso, il nome che ci si presenta è quello del barone Galvagna, nostro ministro in Danimarca. Il Galvagna, in non so quale episodio della sua vita diplomatica, credo a Belgrado, si era acquistato fama di alquanto russofilo. Questo non sarebbe un male per andare in Russia. Ma desidererei sapere da voi se di questi suoi precedenti credete che sia rimasto un ricordo a Vienna tale da rendere, pei riguardi verso il Governo austriaco, meno opportuna :la sua nomina. Come la cosa preme vi pregherei di darmi questa informazione con un telegramma personale. Che se credete di dovermi rispondere per lettera, Vi prego di scrivermi anche senza attendere il ritorno del corriere.

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IL MlNISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, ALL'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI

(AVV)

L. P. Roma, l agosto 1897.

Ho compreso il sentimento che le dettò il suo telegramma del 19 luglio (1), tanto più che, in parte almeno, forse con minore pessimismo, vi ho partecipato

..

io pure e vi partecipo. La prego però di osservare che, poichè le visite non erano state restituite, e la loro restituzione era un giorno o l'altro inevitabile e in balìa di un invito che si fosse rinnovato, la situazione nostra e sua sarebbe stata meno chiara e meno degna se tale restituzione avesse tenuto dietro, a non troppa distanza, alla conclusione del trattato di commercio. Quand'anche il viaggio del Re dovesse essere la causa di una sosta nell'opera nostra, esso era però sempre una questione aperta e che ora sarà liquidata. Le condizioni nostre politiche rispetto agli Imperi centrali sono note al Governo francese. Ora, è quasi impossibile che questo stato di cose non abbia mai e in nessun caso alcuna manifestazione. Non credo che monsieur Hanotaux supponga che l'Italia possa abbandonare 1a base attuale, le garanzie attuali della sua politica in ricambio di un assai mediocre trattato di commercio. Noi non possiamo farlo e le confesso che ~a condotta di monsieur Hanotaùx sull'affare delle dichiarazioni per Tripoli fu per me un monito di cui non potevo non tener conto. Ma ciò che non deve sembrare senza importanza al Governo francese è la differenza che passa tra le alleanze praticate con ostentazione e con disegni mal sicuri e forse nemici e la politica nostra da cui la Francia non avrà a attendersi nè ostilità, nè sorprese. II Governo francese non può proporsi in Italia che uno scopo ragionevole: colla pacificazione economica, colla solidarietà degli interessi creare un ambiente favorevole alla sua politica, la quale non può avere delle scadenze immediate.

Ma Ella mi dice, a buon diritto, che questi sono ragionamenti vani, che la questione è quella degli effetti che possono avere sulle nostre trattative commerciali le impressioni dell'opinione pubblica in Francia e che colle impressioni non si discute.

Queste trattative, per quanto ufficiose, sono incominciate e ora si tratta del

quid agendum.

Io le ho mandato la nostra prima risposta alle domande francesi. Lo stesso signor Billot, prima di partire in congedo, mi fece premura perchè questa risposta non tardasse troppo e mi consigliò ad esporre, innanzi tutto, quelle che, a primo aspetto, potevano essere per noi le maggiori difficoltà.

Ora, l'alternativa che Ella mi pone è la seguente. Dobbiamo noi rinunciare a proseguire le trattative, quasi recitando un mea culpa, oppure dobbiamo esporci ad un non possumus politico apertamente significato o larvato sotto la esagerazione delle pretese?

Io non posso, da Roma, giudicare con qualche esattezza, l'impressione prodotta sull'opinione francese ·dall'annuncio della visita del Re, come non potrò giudicare quella che sarà prodotta dal viaggio stesso, benchè mi sembri che non sia avvenuto quello scatto ch'Ella poteva temere. Ella solo potrà apprezzarla, sul posto, al suo giusto valore. È dunque necessario che in ciò intervenga il suo giudizio e il suo consiglio.

Ad ogni modo, a me pare che convenga sempre rimettere, nel modo che le parrà più opportuno, le nostre prime osservazioni alle domande che ci sono pervenute da Parigi. Queste osservazioni sono aspettate dal Governo francese. Il chiuderci nel silenzio, il non rispondere, come riconoscendo che abbiamo commesso un fallo che ci toglie il diritto e l'ardire di continuare le trattative, non mi sembra cosa degna per noi e che nemmeno risponda alla realtà delle cose. Che a priori un trattato di commercio non si possa fare per una restituzione di visite Sovrane, è cosa che si può spiegare colle suscettibilità morbose dell'opinione in Francia, cosa che non tocca a noi l'ammettere in principio. Preferisco lasciare il Governo francese dalla parte del torto.

Bensì credo che sia opportuno il conoscere prima il terreno su cui ci troviamo, e il procedere con cautela. Invece di comunicare tutto il contenuto del dispaccio che accompagna la memoria, Ella potrà consegnarla con quelle semplici osservazioni verbali ·che crederà convenienti. Avremmo potuto sollecitare le conferenze ufficiose tra negoziatori tecnici; nello stato attuale delle cose, fattane sentire in termini generali la opportunità, aspetteremo che se ne sia fatto l'invito. Così parmi che, una volta comunicata la nostra memoria, ci convenga lasciare tutto il tempo perchè le questioni, a cui si riferisce, siena studiate, senza affrettare, con premure nostre, una risposta. Trasmettere la memoria e poi aspettare. sarebbe, a mio avviso, il migliore partito. In altre circostanze potevamo credere concessa una maggiore libertà e iniziativa nelle nostre pratiche; potendo supporre che la situazione si è fatta, sotto certi aspetti, delicata, ci conviene mantenere un maggiore riserbo. Del resto, il contegno del Governo francese, le darà presto l'indizio delle sue disposizioni ed Ella, colla sua sicura esperienza, saprà trovare una regola per la sua condotta. Sin che le trattative incontrino l'ostacolo politico di cui malauguratamente ci occupiamo, come se incontrassero delle difficoltà di un ordine puramente tecnico, il nostro scopo deve essere quello di non condurre mai le trattative stesse sino a una rottura, di tenerle piuttosto in sospeso, di conservare il filo per poter,le riprendere presto o tardi. Non poniamo però, fin d'ora, fuori d'ogni speranza che anche questa difficoltà possa essere superata.

(l) Vedi la nota 2 a pag. 98.

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IL MINISTRO AD ATENE, AVARNA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA (Ed. in LV 96, p, 315)

T. 2816. Atene, 2 agosto 1897, ore 14,36 (per. ore 16,45). Questo ministro degli affari esteri mi ha detto che secondo telegramma pervenutogli dai rappresentanti ellenici Londra, Pietroburgo, Vienna, quei Governi sarebbero disposti accettare, pur mitigandola, proposta Germania relativa sindacato finanze ·elleniche. Tale sindacato ove fosse realmente imposto aw·ebbe *annientato, a parer suo, quanto potenze avevano fatto fino ad ora per la Grecia e * reso situazione del paese grave. Ignorava se la Camera dei Deputati avrebbe accettato. * Parlandomi in via privata e confidenziale ha detto che Grecia non poteva ammettere essere sottoposta una tutela che avrebbe menomato sua indipendenza e posta in uno stato d'inferiorità di fronte ad altri stati balcani. In tale eventualità sembrargli convenire quasi abbandonare Tessaglia piuttosto che subire una condizione simile; dubitava re di Grecia avrebbe dal canto suo accet~ tato, ma S. M. che aveva in questi ultimi giorni saputo riacquistare simpatie

paese, non ignorava che rischierebbe perderle nuovamente se accettasse una situazione che lo ponesse sullo stesso piede che il Kedivé. *

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L'INCARICATO D'AFFARI A PIETROBURGO, MELEGARI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 417/225. Pietroburgo, 2 agosto 1897. Già da qualche tempo circolava qui con qualche insistenza la voce che il principe Ferdinando di Bulgaria avesse in animo di cogliere l'occasione della prossima ricorrenza di una festa nazionale per proclamare la completa indipendenza del principato. A quell'intenzione volevasi riannodare il viaggio testè compiuto dal principe a Londra a Parigi e a Roma ove sarebbero state fatte, per parte sua, entrature al riguardo. Alcuni rappresentanti esteri intrattennero, a quanto pare, della cosa questo ministro degli affari esteri, ma il conte Mouraview rispose di non avere mai avuto sentore di quella intenzione del principe Ferdinando, a cui attribuiva abbastanza senno politico per poter supporre ch'egli si illudesse a tal punto da ritenere il momento propizio per un siffatto progetto. Del pari gli ambasciatori di Francia e d'Inghilterra, interpellati in proposito i loro rispettivi Governi, ne avrebbero avuto per risposta che, nei colloqui avuti coi ministri degli esteri tanto a Londra che a Parigi, il principe non avrebbe mai fatto anche lontana allusione ad una simile intenzione. Questo agente di Bulgaria, il signor Stanciow, che vidi recentemente, mi disse pure che, avendo avuto agio d'incontrare giorni sono a Vienna il suo principe, reduce dall'Italia, ebbe dalla sua bocca stessa la più categorica smentita a quelle voci. Nella stessa occasione il 1signor Stanciow mi disse come il suo sovrano fosse stato gradevolmente impressionato dall'accoglienza fattagli alla corte d'Italla. La cordialità e la simpatia addimostratagli da S. M. il re, l'affettuosissimo biglietto diretto dalla regina Margherita alla principessa Luisa, in risposta ad una lettera in cui questa si scusava di non aver potuto per motivi di salute accompagnare a Roma il marito, hanno prodotto un'incancellabile impressione di gratitudine nell'animo del principe Ferdinando, il quale ebbe a ripetere a

varie riprese al signor Stanciow mai avere finora ricevuto da nessuna corte un'accoglienza così lusinghiera come quella avuta al Quirinale.

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L'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 2824. Berlino, 3 agosto 1897, ore 15,03 (per. ore 16,50). Governo imperiale non crede serie proteste re di Grecia contro controllo finanziario accettato da tutte le potenze e ritiene che re Giorgio cerchi solo fare vedere che cede forzato volere potenze in questione che, del resto secondo

notizie che si hanno qui, è appoggiata da molti in Grecia stessa ed in proposito Governo ellenico ha già fatto sentire che non si opporrebbe.

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L'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, PANSA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA (Ed. in LV 96, p. 317)

T. 2831. Therapia, 3 agosto 1897, ore 23,19.

Il ministro degli affari esteri, interpellato dagli ambasciatori circa l'annunziata partenza di navi da guerra per Creta, disse non averne conoscenza e reiterò formalmente l'assicurazione che, in presenza dell'opposizione delle potenze, la Sublime Porta non iniende,va mandarvi altre truppe.

Ne informo l'ammiraglio Canevaro.

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IL GENERALE DAL VERME AL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, MALVANO

L. P. Menaggio, 3 agosto 1897.

Sono giunto qui ieri direttamente da Bruxelles che ho lasciato avantieri mattina. Qui, dove ho parte della mia famiglia, lungi dai rumori della politica, scrivo il mio rapporto, come ho fatto nello scorso marzo (l) e dopo aver fatto una corsa ai miei monti Bobbiesi, verrò a Roma, dove conto essere l'otto, presso a poco il giorno o la vigilia dell'arrivo di Nerazzini. Venire prima sarebbe inutile, essendo le due missioni per molti punti connesse; e d'altra parte io ho bisogno di stendere in modo particolareggiato e preciso quanto fu oggetto dei tre colloqui col re Leopoldo; ciò che non posso e non voglio fare affrettatamente. Intanto, per non perder tempo, credo non solo opportuno, ma necessario dire sin d'oggi al Governo cosa che preme assai a S. M. e per la quale mi ha fatto sollecitazioni vivissime nel" congedarmi. Ed è il consentimento dell'Inghilterra. Nello scorso marzo il re desiderava che il Governo italiano pensasse a chiedere, esso, perchè Governo di una grande potenza legata da vincoli politici e coll'Inghilterra e colla Germania, il consentimento del Governo della Regina e dell'imperatore Guglielmo. Oggi ha desistito dalla 2a parte del suo proposito, poichè, come Le ho detto nella mia antecedente lettera (2,), intendeva scrivere lui direttamente e personalmente all'Imperatore. Ma è fermo più che mai nella prima. E desidera vivamente che sin d'ora, prima che le operazioni anglo-egiziane abbiano un esito definito, prima ancora che si possa prevedere cotesto esito, si abbia da parte nostra a chiedere il consenso della Inghilterra e per il bail in genere e più precisamente perchè lo stesso bail abbia a comprendere Cassala e la sua provincia.

È vero che per prendere una determinazione a tale riguardo il Governo deve abbisognare di conoscere esattamente le propnste del Re Leopoldo e le sue idee intorno al modo di attuarle, il che non potrà verificarsi che fra cinque

-o sei giorni, al mio arrivo colla relazione scritta costì. Ma è pur anche vero

che in questi cinque o sei giorni i due o tre o quattro ministri, che sono al fatto delle mie trattative, potrebbero intendersi e prendere una risoluzione intorno a codesta necessi'tà di interpellare il Governo della Regina, affinchè essa abbia ad avere esecuzione subito dopo aver preso visione del mio rapporto.

Il Re avrebbe desiderato che io telegrafassi a Roma per sentire se mi consentiva di fare una corsa a Londra, da cui distavo poche ore, all'uopo. Ma io lo pregai di non insistere per molte ragioni che è inutile che io qui enumeri. In proposito dico subito che se per attuare questo desiderio del Re ·si va per la via lunga delle Ambasciate, non si ~riesce a nulla perchè anzitutto ci vuole un gran tempo, e la cosa preme, e poi nè l'Ambasciata inglese costì, nè la nostra a Londra non sono al fatto della pratica, come lo sono poco delle faccende africane, quando si tratta di scendere ai particolari sopratutto di luogo.

D'altra parte io Le dico schiettamente che non ci tengo affatto ad essere io l'incaricato delle trattative a Londra, dove mi attirerei le ire del mio amico Ferrera, che bene conosco.

Il vero modo per riuscire a sapere che cosa ne pensi il Governo della Regina senza mettere il campo a rumore, sarebbe quello di poter parlare a taluno degli specialisti del Foreign Office, preferibilmente sul continente, senza che nes:mno lo sappia. Non ricordo bene se il competente sia Sir Thomas Sanderson o Sir Percy Anderson, o ambedue; e se siano tuttora in ufficio. Comprendo che per incaricare il competente della diremo così intervista, occorre sempre l'intervento del Capo del Governo, al quale qualcuno lo deve dire.

Facciano loro come credono. Io desidero di farne a meno di andare a Londra. E se riescono a sapere qualche cosa con dei telegrammi, tanto meglio. L'importante si è che al mio arrivo il Governo del Re abbia deciso il da farsi su questo punto, per non perder tempo. Tutto ciò, beninteso, eventualmente.

Ho sospirato il suo telegramma (l) che è giunto la sera prima della mia partenza. Se io telegrafai per sapere il confine, lo feci memore del tenore del telegramma di Coltelletti (2) dal quale risultava che in mano sua era giunto U

rapporto scritto di Nerazzini (3) di cui diceva di telegrafare un sunto. Dunque, ragionando, il rapporto scritto deve contenere i particolari del confine. Il rapporto può essere arrivato a Roma, e se ancora non lo fosse, il ministero può telegrafare a Coltelletti di telegrafargli subito quei quattro punti che io desiderava e dei quali avevo bisogno per rispondere alle domande di S. M., domande insistenti e categoriche.

Invece mi ha risposto, Lei, che il corriere nulla aveva portato. Ma e il rapporto di cui Coltelletti ha telegrafato (e lo dice lui stesso) il sunto?

Se Lei mi irisponde 'subiio, mi scriva a Milano -Foro Bonaparte 17. Se aspetta un giorno, a Casteggio per Torre d'Albera. Non raccomandi la lettera per non complicare le cose, se la lettera giunge, me assente. Scriva brevemente e senza accennare ai nomi propri. Io capirò.

(l) -Vedi vol. I, terza serie. n. 399, pag. 293. (2) -Cfr. n. 141. (l) -Non rinvenuto. (2) -Cfr. n. 125. (3) -Non pubblicato.
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IL MINISTRO AD ATENE, AVARNA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 2836. Atene, 4 agosto 1897, oTe 20 (peT. ore 20,10).

Ministro affari esteri ha fatto smentire oggi dai giornali officiosi, e mi ha smentito personalmente, pretese dichiarazioni re Gior,gio pubblicate iersera nei principali periodici della capitale, secondo cui S. M. sarebbe costretta abbandonare trono e partire dalla Grecia, se potenze insicstessero per applicazione di un sindacato finanziario tale da ridurre diritto sovranità dello stato attuale.

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IL MINISTRO DEGLI ESTERI GRECO, SCOULUDIS, ALL'INCARICATO D'AFFARI GRECO A ROMA, CONDURIOTIS (Copia)

Roma, 5 agosto 1897 (1).

Les résultats défavorables de la guerre ayant amené les grandes puissances offrir à la Grèce leur médiation en vue d'obtenir prompte conclusion paix, J.e Gouvernement royal s'empressa da la... [manca] et de remettre avec confiance le soin de ses intérets entre les mains des Puissances qui... [manca] à l'occasion avaient donné preuves manifestes de leur bienveillance envers le pays; il fit plus, sur la demande expresse de quelques unes des grandes puissances, il déclare qu'il n'opposerait pas de refus aux conditions de la paix, que dans leur .sollicitude~ les puis:sances lui auraient conseillé d'accepter.

Le Gouvernement royal ne possède jusqu'à cette heure aucune notification officielle de l'état où se trouvent les négociations qui se poursuivent à Constantinople depuis deux mois et demi, et bien que cette situation indécisive qui pèse lourdement sur le pays et qui amène l'épuisement de ses ressources on la supporte avec résignation dans certitude que les puissances qui ont pris en main ses intérets sauront obtenir en sa faveur compensation pour le préjudice causé ,par ces négociations prolongée.s.

Ce n'est que depuis peu... [manca] est revenu au Gouvernement royal qu'on songe à faire compTendre dans les préliminaires paix un contròle international sur les revenus affùtés au seTVice de l'emprunt d'indemnité et de l'ancienne dette Si cette information est exacte je me crois, au nom du Gouvernement royal, obligé d'exposer sans délai aux grandes puissances ses vues à ce sujet:

En premier lieu le Gouvernement royal croit de son devoir de soumettre à l'appréciation des grandes puissances, qu'à son avis question de l'arrangement ancienne dette n'a pas de connexité avec les conditions arrangement paix et ne se rattache point au sujet visé par la médiation des grandes puissances entre la Grèce et J:a Turquie qui n'est guerre [sic] intéressée à l'arrangement de l'an, cienne dette hellénique. Ensuite Gouvernement royal ne pouvait perdre de vne que cet arrangement a toujours été considéré comme appartenant exclusivement à la sphère des intérets privés et que... [manca] au principe public énoncé ne pas intervenir dans des questions (privées) de ce domaine les puissances dont les

8 -Documenti dipf,J!natici -Serie III -Vol. II.

sujets se trouvent intéressés aux emprunts heUéniques se sont abstenues jusqu'ici des négociations qui se poursuivaient à cet effet depuis 1894.

D'ailleurs considérant que l'arrangement avec ses créanciers est strictement lié avec l'honneur du pays... [manca] de son crédit et le développement de son avenir économique le Gouvernement royal a déjà déclaré qu'il est prèt... [manca] concéder à ses créanciers des... [manca] qui présentéraient toute stabilité. A cet effet il a commis un représentant à Berlin avec mandat d'exposer aux créanciers les vues du Gouvernement qui serait décidé offrir aux prèteurs des fonds pour indemnité de guerre qu'aux anciens créanciers toutes les facilités qu'il trouv~ désirable savoir concentrer (quarante quatre) sociétés des monopoles révenus affùtés au service des nouveaux empruntes et des anciennes dettes concédées aux créanciers droit nommer... [manca] dans Conseil administration... [manca] sociétés précitées mème avec voix prépondérante et reconnaitre, par convention de l'arrangement sanctionné par une loi, comme propriété àes créanciers, ·extraire sommes provenant des monopoles unanimement rentrées dans les caisses de la société; bien entendu jusqu'à complexe des désireux dùes au service des susdites dettes. en mème temps qu'il offre aux créanciers les garanties les plus complètes sur les encaissements des annuités qui leur sont dùes. Le système proposé par le... [manca] entoure ces garanties de toute stabilité désirable; car les sommes versées entre les mains Ieurs représentants devenant des cet instant la propriété des créanciers en vertu d'une convention sanctionnée par une loi, personne ne pourrait y toucher protégées qu'elles seraient par la constitution qui régit le pays et qui déclare la propriété absolument inviolable. Garanties ainsi constituées répondent largement à tout ce que les créanciers ont jusqu'à ce jours formulé dans ce but et donnent pleine satisfactions leurs intérèts.

Si on voulait aller plus loin et imposer un contròle international ce serait prendre des mesures qui sans rien ajouter à la sécurité des créanciers, froisseraient dignité du peuple, aurait lésé son légitime droit d'indépendance et aurait semé des germes de troubles et de rancune qui auraient menacé ordre public et mis en péril les intérets des créanciers dont on semble à juste titre vouloir se préoccuper.

Le Gouvernement royal espère que les grandes puissances qui ont tant de fois manifesté leur bienveillance envers Grèce voudront accueillir favorablement cette considération dictée par un sincère et loyal désir de donner satisfaction aux justes réclamations des créanciers dont I'intérèt est si étroitement lié avec la tranquillité et la prospérité du pays. Veuillez donner lecture de la présente à S. E. le ministre des affaires etrangères et lui en laisser copie.

(l) La data è quella in cui il documento fu presentato al Visconti Venosta. dall'Amòasciatore greco in Ron1a, Co.nduriotis.

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IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, FERRERO

D. RISERVATO 29498/200. Roma, 5 agosto 1897.

Ho ricevuto il Suo rapporto del 26 corrente n. 493/212 (1), e il Suo telegramma del 29 (2) relativi a Cassala.

Secondo il Suo pensiero, ogni decisione circa il tempo e H modo dello sgombero di quella piazza dovrebbe essere rimandata al momento in cui la situazione militare degli. anglo-egiziani nel Sudan sarà uscita dalla attuale incertezza.

Quale che sia per essere la fase risolutiva di tali operazioni, le quali, se,condo le nostre informazioni dovrebbero avere principio nella seconda metà di agosto, è certo che ci riuscirebbe ormai troppo oneroso e, forse, addirittura impossibile mantenere l'occupazione di Cassala oltre Natale.

Ci è quindi necessario conoscere fin d'ora, il pensiero e gli intendimenti del Gabinetto di Londra circa lo sgombro della piazza. Senza di che, ci troveremmo nella necessità di regolarci unicamente secondo le nostre peculiari convenienze.

È appunto per queste ra,gioni che, anche per un delicato riguardo verso il Governo della Regina, col mio dispaccio del 22 corrente n. 188 (1), che qui pienamente le confermo, io la pregavo di procurarsi sollecitamente un colloquio con lord Salisbury per conoscere sopratutto a chi, ,secondo le intenzioni del Gabinetto di S. Giacomo, dovrebbe essere fatta la consegna della piazza di Cassala, se un presidio egiziano sostituirebbe H nostro o, 'Se, in altro modo, ~i volesse provvedere.

La presenza a Londra di lord Cromer renderà più agevole e più sollecita la risposta di lord Salisbury.

(l) -Non pubblicato. (2) -Si tratta del te!. n. 2781, non pubblicato.
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L'AMBASCIATORE A VIENNA, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

(AVV)

L. P. Vienna, 5 agosto 1897.

Vi ringrazio della vostra lettera del 1° corrente (2). Purtroppo i negoziati di pace e quelli per la Creta procedono lentamente, e come dite, miseramente. E a dire il vero, non si può ancora credere che ogni pericolo di nuove complicazioni sia sparito. La ragione della lentezza, e del resto, l'avete detto, sta nell'invincibile gelosia della Russia e della Germania verso l'Inghilterra. E purtroppo su questo terreno, malgrado i consigli nostri e quelli dell'Austria, non abbiamo ottenuto nulla. Per quanto ci riguarda, voi potete essere sicuro di una cosa, ed è che tanto in Austria, quanto altirove, si rende giustizia alla Vostra condotta. Non vorrei farvi complimenti. Ma ben posso dirvi ciò che ho inteso da Goluchowski e da altri. Fin dal principio Vi siete posto sulla buona via, e avete mantenuto la vostra attitudine, corretta, leale, altamente pacifica, ed apertamente aliena da ogni sentimento egoistico, fino ad ora. La Vostra coscienza devP essere tranquilla.

L'invito dell'Imperatore Guglielmo è giunto in cattivo momento, e ciò non accade per la prima volta. Certamente egli non ha in animo di farci del male; al conb:ario. Ma ce lo fa. Però, fatto l'invito, e tenuto conto che il nostro Re

gìi era in debito di due visite, era ben difficile il respingerlo. L'impressione in Francia non sarà certo buona, ma stento a credere che vi sì voglia dare un'importanza eccessiva. Il chiasso del viaggio di Faure in Russia occuperà troppo le orecchie francesi, perchè esse sentano con intensità i rumori più modesti della visita del nostro Re ad Omburgo. Se poi sì vuole avere una scusa per interrompere i negoziati, allora si tratta di questione diversa, e si può pensare che la scusa sarebbe stata anche altrove. Del resto, se mai si facesse qualche allusione a ciò, ben saremmo noi autorizzati a contil'apporre il viaggio del Presidente Francese a Pietroburgo.

Io credo fermamente ~he voi avete fatto il Vostro dovere non sconsigliando il Re di essere cortese, e di rendere ora all'Imperatore Guglielmo la visita, che questi gli aveva fatto in circostanze che non si devono dimenticare. Voi avete lavorato e lavorate per un riavvicinamento alla Francia, e se n'è già avuto qualche buon risultato. Continuerete, se piace a Dio, ad agire in questo senso, lealmente, apertamente. Se un atto doveroso del Re, male interpretato, dovesse essere considerato da gente seria come una cagione sufficiente per suscitare nella nazione vicina nuovi rancori e nuovi pretesti di ostilità, ciò vorrà dire che i tempi non sono maturi per certi frutti, ma non proverà che abbiate avuto torto.

Vi consiglio a prendere e giudicare la cosa da molto alto.

(l) -Cfr. n. 132. (2) -Cfr. n. 142.
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L'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

(AVV)

L. P. Parigi, 7 agosto 1897. La dì Lei lettera del 1° cor.r·ente (l) è così amichevole che essa m'incoraggia a proseguire, nella forma particolare, un carteggio che mi permette di esprimere con maggiore chiarezza tutto il mio pensiero. Sta in fatto che l'annunzio della visita del Re d'Italia alla corte tedesca in occasione delle grandi manovre, non ha prodotto finora in Francia lo scatto di malumore che era da prevedersi. Non mancarono le cattiverie di alcuni giornali; ma la nota dominante è stata piuttosto quella dì una marcata indifferenza. Le gazzette che cercarono di aizzare l'opinione sono quelle stesse che col loro abituale contegno danno fondamento alla supposizione dì ricevere l'imbeccata da coloro che hanno interesse a seminare zizzanìa. Se il movimento di opinione non dovesse andare più in là di così, il danno sarebbe minimo, benchè, fìnchè il viaggio non avrà avuto luogo, i brindisi non saranno stati pronunciati, converrà riservare il definitivo giudizio sulle conseguenze prevedibili. Traversiamo intanto un periodo non favorevole per la pacificazione degli animi nei due paesi. Gli incidenti atti a risvegliare le acrimonie purtroppo sembrano succedersi con insolita frequenza in queste ultime settimane. Metto

in questo numero le sfide alle quali non potevano non dare origine le pubblicazioni del principe Enrico d'Orléans, le cannonate mal dirette del colle della

Beccia ed ancor più la persistenza spiegata da molti giornali italiani a voler considerare come intenzionale un fatto che, se fosse tale, rileverebbe una malattia mentale in chi lo ha compiuto.

Io mi sono domandato se a frenare qui il malumore destato dall'annunzio del prossimo incontro dei Sovrani d'Italia e di Germania .non abbia potentemente contribuito la riproduzione abbondante che fu fatta nella stampa periodica francese, degli articoli veementi comparsi nei giornali italiani di opposizione. Il timore di assecondarne le non chiare manovre sarà stato certamente qui sentito da qualcuno ed avrà consigliato la riserva ed il silenzio. Ad ogni modo non avrebbe per nessun riguardo potuto convenire, stando le cose in tale misura, mutare la nostra rotta. Dalla corrispondenza ufficiale Ella vedrà i passi fatti. Ma, come Ella ben osserva, converrà camminare a mezza forza almeno finchè non si delinei chiaramente la situazione.

Un altro timore mi si affaccia ed è questo, che l'eco debole trovato dalla voce di coloro che vollero dimostrare inconciliabile l'accordo commerciale franco-italiano con le manifestazioni germanofile dell'Italia, possa dipendere dalla scarsa fede attribuita qui alle notizie relative alla ripresa delle trattative per un tale accordo. Ciò potrebbe significare -e sarebbe il peggio -che l'opinione in Francia non è ancora preparata ad entrare nella via delle normali relazioni con il nostro paese e che conseguentemente non vi è luogo di preoccuparsi di siffatta eventualità.

Con ragione Ella osserva che il signor Hanotaux non può supporre che un mediocre trattato di commercio avrà per effetto di spostare l'Italia dalle sue basi di politica internazionale. Egli certamente si rende conto della differenza che passa fra le alleanze praticate con ostentazione, con mal celati minacciosi disegni e quelle che ci consentono di seguire una politica dalla quale la Francia non ha da temere insidie, ostilità o sorprese. Non saprei se agli scopi della politica francese basterebbe il conseguire con la pacificazione economica e la solidarietà degli interessi che si formi nel nostro paese un ambiente favorevole, qualora la previsione sola possibile fosse che ad una scadenza non immediata, ma relativamente non lontana, le cose avessero a restare proprio cosi come sono nel sistema delle alleanze.

Di certo è questo un tema sul quale ogni spiegazione, ogni previsione deve

rimanere esclusa negli scambi nostri di idee con il Governo francese, ma, par

lando fra di noi, sarebbe inutile il mantenere l'illusione che qui non si calcoli

e non si speculi sovra gli effetti che si aspettano dalla politica pacifica, aliena

da propagande, di cui l'intimità con la Russia è al presente la visibile guaren

tigia. Ora vi è qualche cosa di vero quando si osserva che questa base è stata

accettata in Francia dalla nazione, che un cambiamento di uomini al Governo

non vi può importare improvviso mutamento. Delle intenzioni assolutamente

pacifiche della Francia non vi è chi dubiti in questo momento. Tutti gli interessi

vitali del paese si coalizzerebbero per opporsi all'adozione di una politica diversa.

II Conte Golukowski si esprimeva in questi stessi precisi termini con me nei

giorni passati.

Ma, prescindendo da ogni considerazione che non sia obbiettiva, possiamo

noi stessi avere una eguale fiducia nella perseveranza della politica estera del

l'Italia? Siano pure morbose le inquietudini dell'opinione francese, noi dob

biamo rendercene conto come di un fatto che non può essere negletto. Or 11 fatto, nella sua più semplice espressione è quello che si afferma nelle quotidiane apprensioni che qui si rivelano per il possibile retour de monsieur Crispi. Ne nasce quello stato d'animo deplorevolissimo per cui i radicali francesi in più occasioni dimostrano la tendenza a stendere la mano al radicalismo italiano. E notisi che il paventato retou1· de monsieur C1·ispi, che è ii gran spauracchio che impressiona questa gente, non altro significa che il ritorno dell'Italia ad una politica nella quale l'alleanza con la Germania, praticata con ostentazione, sembra celare disegni aggressivi contro la Francia.

Di certo non ha l'Italia tale peso fra le nazioni da potere guidarsi senza tener conto del cammino che le altre percorrono. Le congetture dell'avvenire ci sono dunque in molta parte interdette. Ma la cognizione che mi pare si possa avere delle condizioni d'oggi in Europa sembra a me che dovrebbe decidere ogni Italiano di buon senso a mettersi ed a tenersi con tutti ed anche con la Francia nei migliori termini possibili. Adoperandomi a conseguire questo intento non mi illudo sovra il valore di un trattato di commercio che non sarà tuttavia mediocre se segnando il momento della ripresa delle relazioni normali economiche fra i due paesi, influirà sui corsi della Borsa facendo scomparire l'aggio dell'oro. Purtroppo non sl può prescindere dal considerare che questi effetti palpabili di una buona o di una cattiva politica estera s'impongono nella condizione economica dell'Italia. È a conseguire i vantaggi che dalle relazioni con la Francia possono derivare che metto il massimo impegno. A questo mi pare possa ridursi il programma d'oggi; ma alla condizione che lo svolgimento non sia disturbato da deviazioni clamorose. All'avvenire vi sarà tempo di pensare se il presente sarà bene assodato nella ricostituzione del credito finanziario del paese.

(l) Cfr. n. 143.

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IL GENERALE DAL VERME AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. P. Roma, 8 agosto 1897.

In conformità delle istruzioni avute dall'E. V., ho telegrafato da Milano al signor Van Loo il 28 luglio che partivo a mezzodì di quello stesso giorno direttamente per Bruxelles. E l'indomani mattina ero ricevuto alla .>tazione precedente la Gare du Nord da un ufficiale d'ordinanza del Re, in uniforme, che mi conduceva al palazzo Reale, dove mi era stato assegnato un elegante appartamento.

S. M. giungeva alle 9 e mezzo dal castello di Laeken e mi faceva pregare di. andare subito da lui. Mi accolse molto affabilmente e dopo alquanti minuti di conversazione, entrò in argomento.

Dissi allora che V. E. mi aveva consegnato un foglio sul quale erano scritte delle controproposte a quelle dell'avant-projet del marzo passato, comunicato col mio rapporto del 18 stesso mese (1), e chiesi di andarlo a prendere.

«Ditemi intanto che cosa contiene » soggiunse il Re.

Incominciai allora ad esporre la riserva riflettente il confine coll'Etiopia sull'Altipiano. Ma poichè mi accorsi che il Re non conosceva, e non poteva conoscere, la situazione passata e preseni.e, così dovetti fare l'istoria della quistione del confine, cercando di darne un'idea approssimativa col sussidio della carta del prof. Dalla Vedova, una delle parecchie carte di cui avevo fatto dono a S. M. nel marzo, e sulla quale era distintamente indicato in rosso il confine meridionale dell'Eritrea lungo il corso del Mareb e del Belesa.

Quando il Re vide la zona che presso a poco si trattava di cedere al Negus la trovò ampia e mi chiese che cosa mai gli potesse importare di territori cosl lontani. «Importano ai 'capi tigrini » risposi; al che il Re nulla replicò; ma mi accorsi che l'impressione sull'animo suo di questa sensibile diminuzione di terreno colonizzabile sull'altipiano, non era soddisfacente.

Sempre a proposito del confine, feci osservare a S. M. che il Governo Italiano era disposto ad acconsentire al suo desiderio di adottare nella stipulazione del nuovo trattato addizionale col Negus, la dizione da lui suggerita colla quale s'intendeva contemplare la delimitazione soltanto a cominciare da Tomat, sul fiume Asbara, senza quindi accennare al confine occidentale.

Senonchè, a questo punto, S. M. osservò che pure adottando una espressione rispondente a questo concetto (che ricordava di avere consigliato) l'Italia veniva a rinunciare implicitamente alla regione sulla destra dell'Asbara, a Sud di Tomat, compresa secondo il protocollo 15 aprile 1891 nella sua sfera d'influenza; e quindi non avrebbe più potuto effettuarsi il libero transito attraverso la medesima da e per lo stato del Congo; transito che, lo dico una volta per sempre, sta in cima ai pensieri di Re Leopoldo.

Dovetti convenire, pure osservando che in forza dell'art. IV del protocollo avevamo libero transito per le merci e per le persone lungo la strada tra Metemma (Gallabat) e Cassala, toccante successivamente El Affareh, Soka, SukAbu-Sin (Ghedaref) e l'Asbara.

Naturalmente, aggiunsi, è questo un diritto che non si potrà esercitare se non quando, distrutto il Mahdismo od almeno emigrato nel lontano Occidente, il Sudan Orientale non sia ritornato nella !giurisdizione Egiziana. Accennai che per mantenere il diritto di libero transito sulla destra dell'Asbara a Sud di Tomat, sarebbe opportuno, forse, incominciare la delimitazione col Negus da un punto più a levante di Tomat.

In quel momento il mio pensiero correva al telegramma del maggiore Nerazzini da Aden (scorso arprile) (l), che accennando al concetto del generale Viganò di escludere il territorio dei Bazé, proponeva di cominciare la delimitazione da un punto del Mareb.

Allora non mi ero dimostrato propenso ad accogliere quel concetto, col quale si rinunciava gratuitamente ad un territorio vergine, ricco di foreste e di animali, malgrado i fastidi che la scarsa popolazione Bazé avrebbe potuto darci, certo non gravi.

Ma oggi, in vista della necessità del transito verso Sud sul territorio compreso nella sfera d'influenza Italiana, !transito che ci potrà sempre e.s1s:ere utile con qualsiasi combinazione, oggi pare a me che si possa riprendere in conside

razione quella proposta, coll'intento finale, non già di escludere i Bazé, ma bensì di non legarci in nessuna maniera col Negus per regioni non comprese nei ·Confini storici dell'Abissinia e che non saranno ereditati dagli Anglo-Egiziani, impediti a ciò dal Protocollo del 15 aprile 1891.

Da questo il discorso volse a Cassala. Anche a tale proposito dovetti fare un po' di storia; dopodichè, avendo io più volte accennato al documento datomi dal Ministerc degli Affari Esteri (1), il Re mi permise di andarlo a prendere.

Non appena consegnatolo, lo lesse in fretta e disse: « J'ai compris -cela peut se faire ».

« Queste, continuò S. M., sono delle controproposte all'avant-projet del marzo. Alla mia volta farò qualche nuova osservazione o modificazione, e ve le consegnerò». Intanto mi rivolse talune domande.

«Avrebbe difficoltà il Governo italiano», mi chiese il re «di stipulare la convenzione, anzichè con me, con una Compagnia Congolese, la maggioranza dei cui consiglieri d'amministrazione fosse nominata direttamente da me? ».

Risposi che non credevo potesse ciò costituire un impedimento alla stipulazione della convenzione; ma non potevo dare nessuna formale assicurazione.

Non nascondo che questa variante alla primitiva proposta mi sorprese alquanto, e allora non me la seppi spiegare. Un maturo esame della cosa m'induce a credere che la ragione del mutamento si debba ricercarla nella nece·ssità in cui si trova Re Leopoldo da una parte di non ingdosire Francia e Inghiltem:a colla sua aspirazione ad estendere il proprio dominio personale dall'Atlantico al Mar Rosso attraverso il continente Africano, dall'altra di non dare ulteriori ragioni a malcontento in Parlamento, nel quale l'azione del Re in Africa non è veduta con molto favore.

«Avrebbe difficoltà il Governo italiano» mi chiese ancora S. M. «di rivolgersi al Governo Britannico, prima di nulla concludere per Cassala, perchè avesse ad accordarsi con lui, Sovrano dello Stato del Congo, per dare a bail alla nuova Compagnia Congolese Cassala e la sua provincia? ».

A questa domanda non risposi di sì, nemmeno condizionatamente. Ma non riposi di no. Accennai alle difficoltà che sempre sorgono ogni qualvolta si tratta di ottenere qualche cosa dall'Inghilterra e lasciai comprendere al Re che il

R. Governo Italiano preferirebbe che queste trattative le facesse Egli pe;rsonalmente con Lord Salisbury.

S. M. insistette, come già aveva fatto in marzo, sull'assoluta necessità di aggiungere all'Eritrea, poco produttiva, regioni fertili, rimuneratrici, che erano soltanto la provincia di Cassala e il Sennar.

Quantunque io sia convinto della persistenza tradizionale dell'Inghilterra nel rifiutare, se non altro col facile sistema di temporeggiare, qualsiasi cessione territoriale senza corrispondente compenso, vorrei credere però che in que&to caso speciale il sistema potrebbe offrire una eccezione; innanzi tutto perchè non si tratta di cedere in proprietà ma semplicemente di dare in affitto; poi perchè il Governo britannico non si è dimostrato ansioso di avere Cassala da noi in questo momento.

E anche vero, però, che questo suo atteggiamento, spiegabile nella difficile situazione presente di Cassala a causa dei Dervisci padroni del medio Nilo e del paese tutto quanto sulla sinistra dell'Asbara e di parte anche della destra, muterebbe radicalmente quando le truppe Anglo-Egiziane fossero ,giunte ad Omduvman.

Conclusione di questa situazione incerta e complicata si è che, se si chiede subito, sin d'ora, l'assentimento dell'Inghilterra, può essere dato. Non sarà invece dato, certamente, allorchè il Mahdismo sia stato distrutto o costretto ad emigrare nel lontano Occidente. E sarà molto difficile lo stesso assentimento nel caso che le operazioni di guerra in corso avessero a condurre le forze Anglo-Egiziane, soltanto a Berber; perchè in questa eventualità il Governo britannico vedrebbe la possibilità di occupare Cassala con quelle forze aventi la loro base d'operazione a Suakin; possibilità che oggi, coi Dervisci fra Abu-Hamed, Berber, Adarama e Tokar (presso Suakin) non esiste.

Nel secondo ·colloquio, il 30 luglio, S. M. mi sottopose una seconda edizione dell'avant-projet, d'après (mi disse precisamente) le controproposte del Governo Italiano; alla quale seconda edizione degli articoli faceva seguito, come già all'avant-projet del marzo, una Nota.

Mi fece leggere il foglio, e poi mi chiese se avevo delle osservazioni a fare al riguardo.

Risposi che tre osservazioni mi sarebbero, di certo, state fatte al Ministero degli Esteri; l'una, la principale, sul ·silenzio intorno alla difesa COTIJtro i nemici esteri, l'altra sulle pratiche a farsi coll'Inghilterra, e la terza sulla costituzione della Compagnia Congolese.

Rispose S. M. alla prima che se offese venissero da oltre la frontiera, l'amministrazione si difenderebbe il meglio che saprebbe; ma egli non poteva in coscienza introdurre nella convenzione un impegno formale che eventualmente non sarebbe in grado di mantenere. In proposito mi mise sott'occhio «l'Arrangement conclu le 12 Mai 1894 entre l'Etat Indépendant du Congo et le Gouvernement Britannique »facendomi notare che nell'art. II, col quale la Gran Bretagna dà in affitto a re Leopoldo taluni territori sull'alto Nilo, non vi è nessun cenno di obbligo di difesa, per veruna delle parti contraenti.

In proposito S. M. mi chiese come praticamente intendeva il Governo Italiano il concetto di ridursi alla costa.

Risposi supporre che in questo caso si debba intendere la regione costiera. Aggiunsi che credevo di poter affermare che le truppe eritree avrebbero continuato ad occupare Saati e per ora Keren, e fors'anche l'Asmara. Questo sembrami abbia fatto buona impressione sull'animo del Re.

All'annunzio della seconda osservazione S. M. rispose recisamente che se egli si rivolgesse personalmente al Governo Britannico, non ne verrebbe a capo di nulla, non avendo in mano nulla per fare pressione sullo stesso Governo; mentre invece questo, avendo bisogno dell'Italia in Africa, è condotto, di buona

o di mala voglia, ad aderire alle sue premure, soprattutto quando queste si:eno espresse in modo da lasciar comprendere che l'Italia potrebbe lasciare negli imbarazzi Inghilterra ed Egitto di fronte ai Dervisci.

A tale riguardo S. M. tanto insistette intorno alla necessità di far presto, che mi voleva indurre a telegrafare a Roma perchè mi si inviasse a Londra

direttamente· da Bruxelles a chiedere il desiderato consenso. Al che risposi che non credevo di poterlo fare per ragioni che l'E. V. può di leggieri immaginare.

L'E. V. rammenterà come nello scorso marzo Re Leopoldo avesse espresso desiderio che anche all'Imperatore di Germania fosse da noi richiesto una specie di nulla asta. Questa volta invece ha desistito da ciò, proponendosi di scrivere egli personalmente all'Imperatore Guglielmo. E mi disse che doveva scrivergli subito, prima che partisse per Pietroburgo. Ho motivo di credere che la lettera sia stata scritta sabato (31 luglio) od al più tardi domenica l agosto.

Mentre si era su questo discorso, il Re mi domandò se il nostro Sovrano era al corrente delle trattative presenti.

Risposi che nulla ne sapevo, ma che in genere, in Italia, il Governo teneva continuamente informato il Re di quanto riguarda le relazioni cogli altri Stati. Replicò S. M. che, come ne scriveva all'Imperatore di Germania, era a parer suo indispensabile che il nostro Sovrano fosse informato dei negoziati in corso.

Alla terza osservazione, sulla Compagnia Congolese, S. M. mi volle pemmadere che era meglio così; ma io confesso di non esserne rimasto convinto. In proposito, feci qualche domanda per riuscire a sapere qualche cosa di più. E ne ebbi per risposta che la compagnia si sarebbe costituita in Boma, capitale dello Stato del Congo, perchè a Bruxelles sarebbe cosa difficile e lunga, per ragioni legislative, mentre al Congo si può costituire la compagnia avec un tmit de plume. La Compagnia avrebbe la sua effettiva rappresentanza in Eritr-ea, dove sarebbe ch\amata a spiegare la 1sua azione. « Al Congo » -concluse S. M. su tale argomento, «avrebbe l'extrait de nai$sance, null'altro ».

Quì il Re accennò, quasi di sfuggita, alla possibilità di comprendere fra i consiglieri d'amministrazione della Società anche uno o due francesi. Aggiunse subito che Egli non ci teneva, ma che enunciava semplicemente un'idea. Io ne presi atto, senza pronunciarmi in merito, pensando al perchè di codesta novità. E non seppi rinvenirlo se non nel desiderio di accaparrarsi le simpatie del Governo della Repubblica Francese, col quale, è noto, il Sovrano dello Stato del Congo ebbe ed ha tuttora in corso quistioni territoriali nel centro dell'Africa. In ogm modo, pare a me, ma non lo dissi, che questa nuova idea non dovrebbe predisporre in favore della convenzione il Governo Britannico.

Il documento accluso (1), copiato dal Capo di Gabinetto di S. M. conte di

Borchgrave (la sola persona che sia stata messa al fatto delle trattative, senza

però entrarvi in merito) contiene qualche correzione di pugno del Re. Vi si

legge inoltre un paragrafo, separato, senza numero, ed altresì una annotazione

a matita, sulla quale io ho passato l'inchiostro perchè sia conservata.

Debbo ora fornire spiegazione di tutto ciò, che fu argomento di discussione

e nel colloquio del 30 luglio e nell'ultimo, del 31.

Il paragrafo aggiuntivo, riguardante la bandiera speciale della Compagnia,

è facoltativo. Può essere compreso o non compreso nella convenzione, a piaci

mento del Govell"no Italiano. S. M. Io ha scritto, accanto agli altri, per il caso

che da noi si preferisse, al fine di non incontrare responsabilità di difesa sul

l'altipiano, che l'amministrazione del bail avesse una bandiera sua, che non fosse

l'italiana. Ma S. M. è indifferente su questo punto. Ha detto e ripetuto che il Governo Italiano può fare come vuole.

La modificazione apportata all'art. 1° di pugno del Re, fu suggerita da me e da iui accettata senza obiezioni, riconoscendone anzi l'opportunità, dopo che gli ebbi spiegato che il trattato addizionale in corso col Negus non poteva intervenire a modificare il protocollo 15 aprile 1891. Difatti, potranno mutare i confini fra il possedimento italiano e l'impero etiopico quanto si vuole, ma non potevano mutare, per intervento di terzi, i confini della sfera d'influenza riconosciuta dall'Inghilterra all'Italia con quel protocollo.

All'art. 6 ho creduto di proporre che in luogo di dire semplicemente « Massaua » si dica «Massaua e Assab » o meglio ancora « les places du litoral ».

S. M. trovò razionale la, modilficazione; ma l'abbiamo lasciata sospesa, non conoscendo le precise intenzioni del Governo del Re a tale riguardo.

Sulla prima parte delle Note che fanno seguito agli articoli del progetto di convenzione, ho già detto abbastanza. Intorno alla seconda parte che tratta della libertà di transito, amo ripetere che questa è la grande preoccupazione di Re Leopoldo, il quale mi parlava del vantaggio che ne verrebbe all'Italia se si potesse, d'accordo con Francia ed Inghilterra, stabilire la libertà commerciale di transito dal Congo all'Eritrea, quella stessa quale venne statuita dall'Atto Generale della Conferenza di Berlino 26 febbraio 1885 per il Bacino convenzionale del Congo.

A tale proposito, avendo chiesto se, all'atto pratico, la libertà di transito dovesse formare oggetto di trattative anche colla Francia, oppure colla sola Inghilterra, S. M. dopo avere alquanto riflettuto, rispose« colla sola Inghilterra».

Alla domanda poi quale dovrebbe precisamente essere questa linea di comunicazione col libero transito, «la migliore » rispose. E la migliore convenimmo dovesse essere lungo il Nilo bianco, poi lungo il Nilo azzurro fino a Sennar (tutta via fluviale), poi Suk-Abu-Sin (Ghedaret) Tomat e Cassala.

S. M. insiste, come si scorge da un'alinea della Nota, nella sua primitiva idea di comprendere nell'affitto anche il Benadir. Io ho ripetuto, al riguardo, quanto dissi in marzo, che cioè vedevo la cosa molto difficile. Ottenni quindi che alla parola fusion venisse sostituita l'altra acco1·d, scritta di pugno del Re.

Nella nota si legge una specie di giustificazione di questa grandiosa idea di Re Leopoldo, tendente a creare intorno all'impero d'Etiopia un util tampon. Gli feci poi osservare che quand'anche il bail fosse esteso sino al Benadir, il tampon non avrebbe entouré de toutes parts l'impero etiopico, attesa l'enclave francese di Obok-Gibuti e l'inglese di Berbera-Zeila. Fu allora che S. (lVI. innestò l'avverbio presque nella frase, perchè la medesima avesse a rispondere alla verità.

II penultimo alinea della Nota riflette la necessità di cui ho discorso al principio di questa relazione, di incominciare la delimitazione col Negus da un punto più a Levante di Tomat.

Finalmente, nell'ultimo, si riserva sulla necessità d'intendersi col Governo Britannico senza ulteriore indugio.

Sono stato tre giorni ospite di S. M., che mi ha colmato di tutte le possibili cortesie e mi ha onorato di speciale benevolenza. Tutto questo, e gli ordini impartiti perchè potessi visitare l'esposizione Congolese in modo assolutamente dagli altri distinto, non me lo saprei spiegare se non col fine di agevolare la conclusione dell'accordo tanto desiderato.

Mi riserbo di riferire le impressioni che ho ritratte dalla lunga visita a quella esposizione, non che dei soldati indigeni congolesi che ho visto manovrare e che dovetti passare in rivista.

Intanto, se fossi chiamato ad esprimere il mio avviso sulle proposte di Re Leopoldo quali sono oggi contenute nel nuovo progetto che son venuto commentando in questa ReLazione, direi che in teoria e dato l'irrevocabile proposito del Governo di ridursi alla costa,. o quanto meno alla regione costiera, quelle proposte mi sembrano degne di essere prese in seria considerazione. Non posso però nascondere che non so vedere come all'atto pratico e soprattutto poi nel breve tempo che si richiede, esse possano avere attuazione.

(l) Vedi vol. I. terza serie, doc. 379, pag. 293.

(l) Si tratta del tel. n. 1340 del 4 aprile, non pubblicato.

(l) Pubblicato in allegato al doc. 141.

(l) Non pubblicato.

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IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, FERRERO

D. RISERVATO 30006/203. Roma, 9 agosto 1897. Ho ricevuto il suo rarprporto del 30 corrente n. 512/233 (1), relativo alla spedizione Macdonald, la quale, secondo le ha dichiarato codesto sottosegretario di Stato per gli affari esteri, ha carattere ufficiale, e scopo precipuo di esplorazione e conferma di protettorato inglese nelle regioni lungo la riva destra del Giuba, e non toccherà in alcun punto territori sottoposti alla sfera italiana. Non sarà, certo, sfuggito alla E. V. che, per poter rendersi conto della portata delle dichiarazioni di sir Thomas Sanderson, avrebbe dovuto essere stata già risoluta la questione tecnica quale tra i diversi rami del Giuba abbia da considerarsi come il principale, e quindi come limite delle rispettive sfere di influenza dell'Italia e dell'Inghilterra in Somalia, a termi:ne del protocollo del 24 marzo 1891. Oramai, dopo l'esplorazione del Ruspoli e del Bottego che hanno mutata la conoscenza che si avea del Giuba, questa denominazione serve

unicamente per indicare il corso inferiore di questo fiume, mentre il corso superiore è costituito da almeno tre rami, il Dana, il Ganali e l'Uebi.

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IL MINISTRO AD ATENE, AVARNA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA (Ed. in LV 96, pp. 322-23)

T. 2894. Atene, 10 agosto 1897, ore 14,05 (pe~·. ore 14,57). Presidente del consiglio mi ha dichiarato dal suo lato che il Governo ellenico non aveva possibilità procurarsi un milione di lire turche per pagare subito in conto indennità, salvo che potenze non gli facrilitassero modo attenerlo dai

capitalisti che rifiutarono entrare in questo momento in rapporti con esso; mi ha ripetuto chè il Governo ellenico non accetterà * ad ogni •Costo * controllo op

pure sorveglianza internazionale limitata sue finanze; * se vi accondiscendesse, in meno di sei mesi non esisterebbe più dinastia, nè governo. Presidente del consiglio era sopra ciò interamente d'accordo con re di Grecia che aveva realmente fatta la dichiarazione relativamente sua abdicazione, che era stata da esso fatta smentire dai giornali officiosi in seguito viva impressione che aveva prodotto all'estero. * Nonostante affermazione presidente del consiglio, è opinione miei colleghi governo ellenico finirà per accettare sorveglianza.

(l) Non pubblicato.

157

L'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

(AVV)

T. s. n. Parigi, 10 agosto 1897. Prego aggiornare decisione. Non sarò in grado di rispondere categoricamente prima di avere scandagliato la impressione dei ministri francesi sullo stato in cui, dopo il viaggio del re, sarà qui la pubblica opinione relativamente all'accordo commerciale. Hanotaux è ritornato. Fra pochi giorni vi saranno i consigli dei ministri precedenti la partenza del presidente Faure per la Russi1a, fissata, pare, per il 18 corrente. Intanto, osservo che la regina d'Inghilterra passa intere settimane sul continente senza accompagnamento di alcun ministro. Durante il soggiorno di S. M. britannica, se essa vuole dare speciale solennità all'incontro con qualche personaggio sovrano, essa suole domandare la presenza di un ministro, ma ciò è fatto allo scopo di dare importanza al fatto dell'incontro.

Credo che nelle due ultime visite in Italia l'imperatore di Germania non fosse accompagnato da ministri.

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L'INCARICATO D'AFFARI A PIETROBURGO, MELEGARI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. RISERVATO 440/231. Pietrobw·go, l O agosto 1897. I brindisi ,scambiat.isi dai due Impera·tori al pranzo di Peterhof formano indubbiamente il punto più saliente della visita dei Sovrani di Germania alla Corte di Russia e basterebbe:ro già da .soli a dare a quella visita un'.importanza politica. La solenne promessa fatta da Guglielmo II di stare incrollabilmente a fianco dello Czar contro tutti coloro che minacciassero di perturbare o di distruggere la sua opera di pace, ha più particolarmente attratto l'attenzione generale, ma riguardo allo stato a cui più specialmente è diretto quel monito ho inteso esporre le più opposte congetture. Così mi fu dato udire dalla bocca di alcuni rappresentanti di Principati Balcanici come a loro avviso, le parole dell'Imperatore fossero dirette all'indirizzo dei loro Governi (e ciò è già segno di una coscienza non troppo tranquilla), mentre d'altra parte il magno organo

russo, il Novoe V1·emia vi scorge un invito diretto alla Turchia di non ulteriormente ostacolare l'opera pacificatrice deUe Potenze in Oriente.

Che però quella severa ammonizione abbia particolarmente in vista l'Inghilterra non è cosa da mettersi in dubbio e l'Ambasciatore di Russia a Berlino, conte Osten Saecken, mi confermava jeri nel modo più esplicito che tale sia realmente stata l'intenzione dell'Imperatore Guglielmo.

Non è da oggi che la Germania si studia di giungere ad un riavvicinamento colla Russia e possibilmente anche con la Francia che avrebbe per base una comunanza di azione contro la politica britannica. A tale effetto essa si sforza con ogni mezzo di aizzare qui gli spiriti contro l'Inghilterra dipingendo coi più foschi colori l'azione perturbatrice da questa esercitata nelle recenti complicazioni orientali. Non poteva quindi tornar discaro al Sovrano Tedesco di introdurre nella sua allocuzione un qualche accenno che suonasse minaccia all'Inghilterra e che nello stesso tempo valesse a dimostrare la solidarietà di vedute esistenti fra Berlino e Pietroburgo circa la politica da seguirsi contro la precitata Potenza.

Dell'eventualità di un accordo tra la Germania, la Russia e la Francia diretto a combattere con ogni mezzo la politica britannica comincia del resto anche ad occuparsi la stampa russa e di già alcuni giornali se ne sono dimostrati apertamente fautori. Un articolo, un po' imprudente, testè pubblicato da un g~ornale conservatore inglese il Mo1·ning Post, in cui era detto che quando una siffatta intesa fosse per effettuarsi dovrebbe fatalmente cessare la politica d'espansione della Gran Bretagna per far posto ad una politica di raccoglimento, ha prodotto anche qui un'impressione abbastanza viva e contribuirà ad accreditare qui l'opinione come un accordo atto a rprodurre sì favorevoli effetti sia meritevole d'essere tradotto in atto.

159

L'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

(AVV)

T. S. N. Parigi, 12 agosto 1897, ore 21.

Nella conversazione avuta ieri con Hanotaux si sfiorarono quasi tutti i soggetti d'interesse comune per le relazioni dei due paesi, compresa anche la necessità che i due Governi si tengano estranei agli incidenti delle sfide provocate dal principe d'Orléans. Ma questo ministro degH affari esteri tacque del viaggio de'l re nostro in Germania. Forse vi fece allusione parlando del minor interesse che il pubblico sembra mettere alle cose di Turchia; egli disse che tutta l'attenzione era attualmente rivolta ai viaggi a sensazione, ma non specificò di quali viaggi egli parlasse.

Io ero stato già informato che il re aveva autorizzato il conte di Torino a portare una sfida al principe d'Orléans; e come V. E., così sorprende anche me il silenzio fin qui serbatoci intorno ad essa. Ieri Hanotaux certamente nulla ne sapeva ancora. È un incidente che viene ad aggravare il complesso di una situazione che vorrei sperare transitoria, ma che è tutt'altro che favorevole allo svolgimento del programma di pacificazione.

Quando fu annunciato il prossimo viaggio del re in Germania, la stampa francese ha registrato la nota dei giornali governativi italiani relativa alla circostanza che il re non sarebbe accompagnato da ministri. Ritengo che non converrebbe che il fatto desse una smentita alla informazione divulgata allora.

160

L'INCARICATO D'AFFARI A PIETROBURGO, MELEGARI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. RISERVATO 447/235. Pietroburgo, 12 agosto 1897. La visita dei Sovrani di Germania alla corte Imperiale ha avuto termine jeri senza che alcun incidente sfavorevole sia venuto a turbarne il corso. Sebbene in Germania tutti si rendessero pel"fettamente conto :che non ragioni di sentimentalismo politico ma di pura convenienza e cortesia internazionale avessero dato origine al viaggio dei' Sovrani tedeschi, e che non eravi quindi da nutrirsi soverchie illusioni circa la portata e le conseguenze di quell'avvenimento, pure non poche erano le apprensioni che si manifestavano in proposito. La partenza dell'Imp.eratrice madre, avvenuta quasi alla vigilia dell'arrivo a Peterhof della Coppia Imperiale e che molti qui, anche negli stessi circoli attinenti alla cort·e, attribuivano alla nota animosità dell'Augusta Vedova di Alessandro III contro la Prussia e la sua dinastia non costituiva di già un sintomo troppo favorevole. Temevasi poi in particolar modo che, vista l'imminenza della visita del Presidente della repubblica Francese alla quale già davasi, tanto qui che a Parigi, le proporzioni di un viaggio trionfale, una troppo marcata diversità nell'accoglienza fatta ai capi delle due nazioni nemiche avesse potuto sfavorevolmente impressionare lo spirito pubblico in Germania ed esser fonte di suscettibi'lità e rancori non facilmente sopibili. Per parte di questa autorità erasi, è vero, posto ogni studio per evitare un siffatto sconcio, ed allo scopo di guarentire alle due visite, almeno per le solennità ufficiali, un'intera parità di .trattamento, erasi elaborato per ambedue un programma quasi identico. Se è vero quanto mi ·è stato riferito, lo scrupolo sarebbe anzi giunto a tal segno, che la polizia locale -alla quale spetta di regolare a suo beneplacito la parte ornamentale di ogni festa popolare -avrebbe impartito ordini severi ai proprietari di case di non avere a porre, per il ricevimento del signor Faure, una sola bandiera in più di quelle che ornavano il loro stabile in occasione della visita di Guglielmo II. Ma non con pari facilità potevasi regolare il contegno della folla, ed era qui opinione quasi generale che l'accoglienza più che fredda la quale sarebbe stata fatta da questa popolazione ai Sovrani Tedeschi non avrebbe setrvito che a mettere in maggiore rilievo le deliranti acclamazioni con cui sarebbe stato ricevuto nella capitale dell'Impero il capo della nazione alleata. I fatti però hanno dato torto a quelle previsioni pessimiste. L'accoglienza della folla che si calcava numerosa lungo tutto il percorso del corteggio imperiale fu, se non entusiasta, almeno calorosa e cordiale. Così pure generalmente rigoroso e corretto fu il linguaggio della stampa verso gli Augusti Visitatori, sebbene alcuni giornali, che si dicono i rappresentanti più s.chietti dell'opinione

russa affettassero di salutarli quali ospiti della corte Imperiale a differenza del signor Faure qualificato l'ospite dell'intera nazione.

Piacque generalmente la persona dell'Imperato:re, la 1sua apparenza marziale, l'urbanità dei suoi modi le sue eloquenti e riuscite improvvisazioni; solo venne rilevato, come un incidente però di secondaria importanza, che nel rispondere al brindisi dello Czar pronunziato in francese, Guglielmo II si servisse della lingua Tedes:ca.

Per quanto rigual'da l'importanza politica della visita testè compiutasi è opinione generalmente ammessa in questi circoli diplomatici ·che nè dai colloqm dei due Imperatori nè da quelli dei loro consiglieri! potessero scaturire risoluzioni di speciale rilevanza. A differenza della visita compiutasi la scorsa primavera dall'Imperatore Francesco Giuseppe, ad una epoca cioè in cui il conflitto greco-tureo trovavasi nella sua fase più acuta, ed ove quindi una comunanza di azi•one fra i Sovrani delle due potenz·e maggiormente interessate in Oriente non poteva ~che riuscire, come difatti fu il caso, sommamente opportuna ed efficace, l'attuale .convegno del'lo Czar e di Guglielmo II si è verificato in un momento politicamente assai più tranquillo. Tutto quindi deve essersi limitato ad uno scambio generale di vedute sulle questioni internazionali all'ordine del giorno.

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F. SCHEIBLER AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DELL'INTERNO, RUDINI'

L. Bosco Chiesanuova, 12 agosto 1897. Leggo nei giornali, che il l 7 avrà luogo un consiglio dei Ministri per decidere sulla pace con Menelik e sui provvedimenti per l'Eritrea. Alcuni parlano del completo ritiro a Massaua e conseguente abbandono dell'Altipiano. So benissimo quanto leggermente fondate sieno talvolta 1e notizie cervellotiche dei giornali e quanto vaghe le impressioni di chi non sta perfettamente al corrente delle cose. Nutro piena fiducia, che il Governo prenderà le decisioni più confacenti al vero interesse presente e futuro del paese. Essendo però personalmente stato coinvolto nelle note trattative col gruppo inglese per la costituzione di una compagnia italiana dell'Eritrea, mi sento in dovere di riferire le mie impressioni al Governo, prima che abbia a prendere una decisione defi

nitiva. Ho avuto tutto il tempo di studiarle e di ponderarle queste mie impressioni che rappresentano una profonda convinzione.

A) Per essere più chiaro mi permetto riassumere le condizioni dell'ultima proposta:

l) Formazione della Compagnia con nome, bandiera e apparenza italiana.

2) Obbligo alla Compagnia di principiare subito la costruzione della ferrovia economica, a guisa delle altre linee africane, Massaua-Cassala; essa, spirata la concessione, rimarrà proprietà italiana assieme a tutti i lavori pubblici eseguiti, senza alcun compenso.

Per la costruzione di detta ferrovia occorreranno 50 milioni Lire It. circa, che il gruppo inglese offre colle garanzie volute.

3) Il capitale sociale è fissato in dieci milioni franchi oro, che il gruppo inglese è disposto ad assumere o in tutto od in parte, dopo che tutte le azioni saranno state offerte al pubblico italiano.

4) Durata della concessione 50 anni, con sussidio governativo di cinque milioni franchi oro all'anno. Metà di ouesto sussidio sarà devoluto all'emissione deHe ob':>ligazioni ferrovia11ìe; la Compagn4t assume l'obbligo di usufruire della altra metà esclusivamente per lavori pubblici o spese eccezionali di difesa e in nessun caso l'eccedenza potrà èssere distribuita come dividendo sulle azioni.

5) Il Governo italiano non assume responsabilità per la sicurezza della Colonia e non potrà mai essere chiamato a prestare mano armata. 6) Qualora la Compagnia perdesse il territorio affidatogli, cesserà nel Governo l'obbligo del sussidio annuale.

7) Il Governo avrà il 10 % sugli utili netti della Compagnia.

8) I rapporti con Menelik ed i Capi indigeni confinanti la Colonia verranno regolati dal Governo italiano a mezzo della Compagma. 9) Il Governo terrà un piccolo presidio a Massaua per dimostrare che la Colonia rimane italiana. 10) Obbligo alla Compagnia di tener:e una forza di almeno mille uomini, comandati da ufficiali europei per la difesa e la sicurezza pubblica. 11) Il Presidente e per lo meno la metà dei consiglieri d'amministrazione dovranno sempre essere di nazionalità italiana. 12) La Compa·gnia si ·chiamerà: Compagnia .itailiana dell'Eritrea; la sede sarà a Milano.

B) Gli scopi della Compagnia sono ·essenzialmente commerciali:

l) Si tratta di attirare col mezzo della ferrovia parte del commercio della Abissinia, del Sudan e dell'Africa Centrale al porto di Massaua, il migliore sulle coste del Mar Rosso, essendo Suakim, Gibuti e Zeila di difficile approdo e poco adatti ad un commercio importante. Si spera di poter dare a Massaua un grande sviluppo in modo che, trascorso il tempo della concessione, il valore del porto da solo possa compensare il Governo dei sussidi sborsati.

Così successe nell'Africa orientale con Delagoa Bay, porto portoghese, al quale una compagnia inglese procurò il commercio di « Mashonaland » colla costruzione di una ferrovia a traverso territorio portoghese.

2) La ·colonizzazione verrà fatta con nativi dell'India, ai quali si concederebbero dei terreni col duplice scopo della estensione delle coltivazioni e dell'introduzione d'un elemento adatto a formare una milizia territoriale. L'Hindù si contenta di poco e pensa egli stesso a fabbricarsi una capanna.

C) Considerazioni d'indole politica:

l) Menelik, che ha già firmato un trattato d'amicizia e di commercio con l'Inghilterra, vedrà volentieri lo sviluppo d'uno sfogo al mare, che lo renda indipendente dalla Francia e dalla Russia.

2) L'Inghilterra, conquistato e pacificato il Sudan, e sviluppata la Colonia nell'Africa Centrale, sentirà il bisogno di uno sfogo al Mar Rosso. Il Governo anglo-egiziano, che, secondo il rapporto ufficiale 1873/74, segnò un'importazione dal Sudan all'Egitto di circa L. it. 40 milioni si opporrà sempre alla costruzione di una linea ferroviaria al Mar Ros·so, avendo alcuni anni fa fermato i lavori iniziati a Suakim.

È evidente, che, mentre il Governo anglo-egiziano cerca attirare tutto il

commercio al Cairo, quello inglese vedrà di buon occhio l'aprirsi della nuova

g -Documenti diplon;atici • Serie III · Vol. II.

linea Massaua-Cassala, che gli sarebbe pure utile per scopi strategici a tutto beneficio del porto italiano.

D) Considerazioni d'indole generale:

l) Già dal 1893 Stanley mi ripetè in varie interviste, che una Colonia in

Africa non si può sviluppare senza una ferrovia. D'allora in poi ha sempre

sostenuto questa tesi nel parlamento inglese. Se ora si sta costruendo la linea

Mombasa-Kikuyn nell'Africa Centrale e se le truppe anglo-egiziane non pro

grediscono che seguendo la costruzione della ferrovia è tutto merito suo. L'illustre

viaggiatore l'ultimo dicembre mi rammentò le idee espresse nel 1893 soggiun

gendo che colla ferrovia l'Italia avrebbe evitato Adua, spendendo meno in

trasporti.

Seguendo l'opinione di Stanley sono persuaso della necessità di una ferrovia

se si vuoi dare alla Colonia uno sviluppo commerciale.

La storia delle Colonie africane insegna che i massacri, succeduti ovunque,

cessarono colla costruzione della ferrovia, riconoscendo i capi indigeni quanto

utile portava al loro commercio.

2) Il Governo italiano amministrando la Colonia per conto proprio, non

trovando iniziativa e l'appoggio di capitali privati in paese non potrebbe con

vantaggio costruire una ferrovia che in mano sua rimarrebbe sempre passiva.

3) Non potrebbe intraprendere la colonizzazione col mezzo dei nativi dell'India. 4) Spendt:rebbe almeno tre milioni all'anno, che senza essere una cifra definitiva, dopo cinquant'anni lascierebbe la Colonia collo sviluppo attuale.

E) Conclusione:

La proposta del gruppo inglese è degna di uno studio serio ed è importante combinare ora le cose in modo da poter entrare in trattative definitive al momento opportuno.

Suppongo che il Governo si sarà riservato il diritto di concessione ferroviaria Massaua-Cassala. Per ora vi sono due considerazioni, che si oppongono all'effettuazione del progetto.

La prima, il sentimentnlismo parlamentare, che, piuttosto di far bene coll'aiuto di capitali stranieri, sarebbe capace di preferire l'abbandono di una chance, che costò gravi sacrifici di sangue e danaro al paese. L'abbandono di una striscia di terreno, che, per la sua posizione geografica, viene daHe altre potenze già sin d'oggi calcolata d'una certa importanza politica, essendo irrevocabile im

plica una grave responsabilità; responsabilità che, mi sembra, dovrebbe assumere il parlamento dopo essere stato messo al corrente del sopraesposto progetto, per quanto questo sia possibile. È naturale che parlando vagamente di una compagnia italiana il nostro pubblico rimanga freddo e incredulo subendo le medesime impressioni, che sentirei io stesso.

La seconda considerazione, certamente la più seria, è che il parlamento tema che si tratti di una grande speculazione finanziaria. Questo punto mi ha pure impensierito. Ma ora mi faccio la domanda: è giusto di abbandonare un buon affare, conveniente in se stesso, per ragioni di second'ordine? Per trovare il Capi

tale ed il commercio bisogna prenderlo ove c'è; ed è perfettamente naturale, che chi lo procura debba trovarvi il suo tornaconto.

Visto che i vantaggi domandati non si riferiscono che ad una percentuale maggiore, di quella concessa dal nostro codice, sugli utili netti a favore dei promotori inglesi, abituati cosi nel loro paese, non vedrei l'impossibilità al Governo di presentare al parlamento le modificazioni desiderate riguardanti le compagnie coloniali, come già si fece in Germania.

A me sembra, che nel caso si dovesse costituire la compagnia, gli uomini politici dovrebbero esserne esclusi.

Mi perdoni, egregio Marchese, se ho voluto abusare del suo tempo prezioso credendo mio dovere di coscienza esprimerle le mie impressioni, che terrà in quel conto, che crederà del caso.

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L'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

(AVV)

T. s. N. Parigi, 13 agosto 1897, ore 23,40. In seguito a un telegramma pervenuto da Roma i testimoni del generale mostrano disposizioni a cedere la precedenza al conte di Torino se loro ne sarà fatta domani al convegno delle 2 pomeridiane la donnnda e se il principe domanderà egli stesso ai testimoni del generale che la precedenza gli sia lasciata. Fino ad ora i testimoni del conte di Torino non si sono fatti vedere, ed i testimoni del generale a,l pari di me ignorano dove questi hanno preso alloggio. L'ultimo giornale di stasera dice che verso le sei ebbe luogo un convegno dei testimoni del conte di Torino e del principe Enrico, e che fu stabilito che l'incontro avrà luogo nei dintorni di Parigi in luogo privato. S. A. R. stando allo stesso giornale, non sarebbe ancora giunto qui. Intanto mi viene riferito che i testimoni del tenente Pini si esprimono in modo da lasciar credere che non dimetterebbero il pensiero di provocare il principe Enrico anche dopo che questi avrà avuto il primo duello. Mi pare che, allo stato attuale delle cose, bisogna: l) che il duello del conte di Torino abbia il suo corso; 2) che il generale cedendo la precedenza ad un nostro principe reale, dimetta il pensiero di battersi anche esso dopo il primo duello; 3) che i tenenti ricevano preciso ordine di uniformarsi al concetto del

generale e dei suoi padrini. Tutto ciò dovrebbe essere fatto subito per evitare uno strascico di provocazioni e di scontri. Osservo che la giurisprudenza in Francia in materia di duello è molto larga, e che si procede soltanto in caso di mancanza

grave alle regole di cavalleria, o di conseguenze mortali. Certamente il conte di Torino non dovrebbe attardarsi in Francia, e farebbe bene a raggiungere al più presto la frontiera del Belgio o di imbarcarsi per l'Inghilterra.

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IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, ALL'INCARICATO D'AFFARI A PIETROBURGO, MELEGARI

D. 30786/175. Roma, 14 agosto 1897. Segno ricevuta e ringrazio V. S. del, rapporto in data 2 corrente n. 417/225 (l) con ·cui mi riferisce le ·cose da Lei costì s·entite circa l'intenzione attribuita al principe Ferdinando di proclamare l'indipendenza della Bulgaria. ·Questo fatto posto che avesse a verificarsi sarebbe certamente cosa assai grave .specialmente in questo momento •in ·cui perdurano le difficoltà per la definizione della pace fra la Grecia e la Turchia. Giova dunque sperare che i .consigli della saggezza prevarranno ancora a Sofia e avverto che le dichiarazioni fatte dal principe Ferdinando, in occasione

della sua recente venuta a Roma, non autorizzerebbero la supposizione che le mutazioni preconizzate 1n Bulgaria si·ano imminenti.

164

L'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 2932. Parigi, 15 agosto 1897, ore 12,25. Informazione pubblicata dalla Agenzia Havas: « La rencontre du prince Hend d'Orléans a:vec le Comte de Turin a eu Heu ce matin à cinq heures dans le bois des Maréchaux à Vaugresson. Les deux adversaires se sont battus à l'épée. Monsieur le comte Leontieff dirigeait le ·combat. Celui-ci fut acharné. Il dura 26 minutes. Il y eut cinq reprises et deux corps à corps. Les deux adversaires ont été blessés. Le Prince d'Orléans a reçu deux blessures l'une à l'épaule droite et l'autre au ventre à droite. De son còté le comte

de Turin a été blessé à la main droite. Le Due d'Orléans à été transporté au domicile de son père le Due de Chartres où il a dù s'aliter ».

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IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, ALL'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA

(AVV)

L. p, Roma, 15 agosto 1897. Durante il viaggio dell'imperatore Guglielmo in Russia, Ella non avrà avuto probabilmente a Berlino a chi parlare. Ma ora che il signor di Biilow è ritornato ed ha assunto le sue funzioni, Ella avrà, come è naturale, l'occasione d'intrattenersi con lui della visita del nostro re ad Hombourg.

Io Le dissi parlando di questo viag.gio nei nostri colloqui di Roma, non parermi necessario che S. M. s~ facesse accompagnare da uno dei suoi Ministri.

Vi erano, per questo, le ragioni che le avevo già esposte per iscritto e le esposi dopo a voce, le quali ci consigliavano a lasciare bensì alla visita del Re il suo naturale significato delle relazioni di amicizia esistenti' :lira i due Sovrani e i due paesi, ma a non accentuare questo significato oltre quello di un atto di cortesia e di dovere, per dare ad esso la portata di un avvenimento pubblico di eccezionale importanza. Ma, oltre tali ragioni mi sembrava che anche l'oc.casione della visita, vale a dire quella di assistere a delle manovre militari, non richiedesse e quasi non spiegasse la presenza dei ministri. Se l'Imperatore Guglielmo venisse <:~d assistere a delle manovre in Italia, ouasi certamente non condurrebbe seco dei minrstri. E sarebbe da verificare se quando l'Imperatore d'Austria ·Si recò due anni sono, alle manovre di Stettino, vi giunse accompaganto da qualche ministro.

Se la visita del Re avesse invece luogo a Berlino, nessun dubbio che alcuno di noi facesse parte del suo seguito.

Io questi dubbi li ho ancora come li avevo quando ebbi il piacere di vederla. Ma non vorrei, nello stesso tempo, che l'assenza di un ministro presso il Re potesse ['Ìcevere presso 1 Governo germanico una interpretazione che

i1

non è nell'animo nostro e neHe nostre inten2lioni. Non vorvei che questa assenza apparisse più che un fatto che naturalmente si spiega nell'occasione in cui la venuta del Re ha luogo, che apparisse quasi una manifestazione voluta e ostentata per separare le relazioni dei Sovrani dalle relazioni dei Governi. Io mi curo assai poco dei commenti di qua1che giornale in Italia o in Germania, ma mi devo curare dell'impressione che l'Imperator'e o il suo Governo possono riceverne.

La prego di dirmi qual'è il suo pensiero e il suo avviso.

Non è questo, certo, un argomento di cui si possa padare al signor di Biilow, ma, i'ntrattenendosi con lui del viaggio del Re, come ne av,rà più di una occasione, Ella potrà forse indagare se la venuta di alcuno dei ministri è attesa o se il signor di Biilow stesso si propone in quell'occasione di recarsi a Hombourg.

I giorni passano rapidamente, le comunicaz.ioni per col'Tiere sono assai lente e non è conveniente che una deliberazione sia presa all'ultimo momento. Sarà dunque necessario corrispondere, d'ora innanzi, per telegrafo.

P. S. Voglia dirmi che cosa ne pensa della candidatura del Generale conte Wedell all'Ambasciata di Roma.

(l) Cfr. n. 145.

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IL GENERALE DAL VERME AL RE DEI BELGI, LEOPOLDO II

L. Napoli, 15 agosto 1897. Dès mon arrivée à Rome, je me suis empressé de soumettre au Président du Conseil et au Ministre des affaires étrangères les propositions dont V. M. m'a.fait l'honneur de me char.ger. Ges propos.itions ont formé, de la part des deux Ministres, l'objet d'une étude attentive. Monsieur Nerazzini rentrait à Rome à-peu-près en meme temps que moi. Les

conclusions auxquelles sa mission a abouti ne sont pas définitives; des négociations ultérieures sont encore nécessaires. En tel état de choses, les Ministres reconnaissent que le projet dont j'étais porti:mr, écarte les objections que le premier projet avait soulevées, mais ils pensent qu'un arrangement immédiat serait prémature, et qu'il est prudent d'ajourner toute décision jusqu'au moment où la situation sera complètement réglée du còté de l'Abyssinie.

En attendant, les pourparlers qui devront prochainement s'ouvrir entre l'Italie et l'Angleterre en vue des détaJils de la remise de Cassala vont probablement fournir l'occasion de sonder les dispositions éventuelles du Cabinet de Londres à l'égard de notre projet, et d'arriver peut-etre à une entente si ces dispositions sont favorables.

167

L'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 1198/458. Berlino, 16 agosto 1897.

S. M. tornato da Pietroburgo, si è recato a Wilhelmshohe con S. M. l'Imperatrice per passarvi alcuni giorni. Là avrà :luogo il 18 il solito pranzo di gala per festeggiare il natalizio di S. M. l'Imperatore di Austria-Ungheria. II Cancelliere dell'Impero si è trattenuto nelle sue terre in Russia: il facente funzione di segretario di stato al dipartimento imperiale degli Esteri signor von Biilow è giunto a Berlino ed ha assunto oggi la sua nuova carica, dandone ufficia'le annunzio alle varie ambasciate, legazioni, i cui titolari però sono in massima parte assenti. Stamani ebbi subito una conversazione col signor von Biilow, il quale esprimendomi il suo dolore di lasciar l'Italia, mi soggiungeva sperare che l'affetto al nostro paese e le conoscenze d'uomini e di cose, che egli porta seco da Roma, gli avrebbero giovato per mantenere sempre più intime e cordiali le relazioni fra i due paesi. Parlando della recente visita dell'imperatore a Pietroburgo, H signor von Biilow mi disse averne riportata la migliore impressione. L'accoglienza fu veramente splendida, le relazioni fra i due Sovrani cordialissime, non lasciando traccia della freddezz.a che lo Czar dimostrava l'anno scorso nell'incontro di Breslavia. Dalle varie conversazioni fra i due giovani Imperatori, fra il Ministro degli Esteri, il Cancelliere e il signor von Biilow, quest'ultimo si convinse, che oramai le relazioni fra le due case, fra le due famiglie regnanti, hanno assunto quel carattere di intima cordialità, che era nel desiderio del Governo germanico, e che permette a questo, senza nulla mutare nell'orientazione generale della sua politica, mantenendo ferma più che mai la triplice alleanza, fare una politica parallela con la Russia. La Germania non è divisa da nessuna grossa questione con la Russia: questa a sua volta ha grande influenza su la Francia. Le buone relazioni fra le due prime non possono che tornare utili al mantenimento della pace, che sta in cima ai pensieri di tutti. Il signor von Bi.ilow non fece meco alcun accenno all'Inghilterra, e si compiacque di aver trovato a Pietroburgo piena adesione alle idee del Governo gern;aaico sulla quistione del controllo europeo in Grecia; non già che Ia Russia abbia un interesse materiale in ciò, ma perchè si è persuasa che in fondo quel controllo, esercitato con le debite cautele, è nell'interesse della Grecia e della dinastia ellenica, che il signor von Bi.ilow paragona ad un malato grave, a guarire il quale occorre imporgli un rimedio energico, per quanto spiacevole a:l gusto.

168

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, AGLI AMBASCIATORI A PARIGI, TORNIELLI, A VIENNA, NIGRA, A BERLINO, LANZA, A COSTANTINOPOLI, PANSA, AGLI INCARICATI D'AFFARI A PIETRO BURGO, MELEGARI, E A LONDRA, BOTTARO COSTA (Ed. in LV 96, p. 328)

T. CONFIDENZIALE 2154. Roma, 17 agosto 1897, ore 19.

L'incaricato d'affari di Russia mi ha fatto, per istruzione del suo governo, la seguente comunicazione. « Il governo russo opina che, .se il gabinetto di Londra persistesse nel suo apprezzamento circa la redazione proposta dalla Porta per l'articolo 6 dei preliminari di !pace, le grandi potenze continentali potrebbero procedere alla firma dell'atto preliminare di pace senza la partecipazione della Gran Brettagna, dichiarando che esse saprebbero vegliare alla sua esecuzione, come pure all'evacuazione di Volo e di Larissa quando giudicheranno opportuno il momento ».

Mi sono riservato di rispondere dopo matura considerazione e dopo essermi messo in comunicazione con gli altri gabinetti. Non nascosi però a:ll'incaricato d'affari che la cosa mi pareva grave e che sarebbe stato deplorevole e pericoloso, a mio avviso, che avesse a rompersi, nell'ultimo momento, il concerto europeo. Importava, quindi, che nulla si lasciasse intentato per scongiurare una simile eventualità.

ALLEGATO

TELEGRAMMA SEGRETO DI MURAVIEV

Pietroburgo 5/17 agosto 1897.

Si, par rapport à la rédaction que propose la Porte pour l'artide 6, le cabinet de Londres continuait à persister dans son appréciation, les grandes puissances continentales pourraient, nous le croyons, procéder à la signature de l'acte préliminaire de la paix, sans la participation de la Grande-Bretagne, en déclarant qu'elles sauront veiller à son exécution tout comme à l'évacution de Volo et de Larissa quand elles jugeront le moment opportun.

169

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, AGLI AMBASCIATORI A VIENNA, NIGRA, E A BERLINO, LANZA (Ed. in LV 96, p. 328)

T. 2155. Roma, 17 agosto 1897, ore 19.

,lVIi riferisco all'altro mio telegramma (l) che le spedisco simultaneamente con questo. Desidero che si procuri sollecita occasione di conferire con codesto ministro degli affari esteri. L'astensione dell'Inghilterra dalla firma dei preliminari di pace e la conseguente rottura del concerto eUtropeo costituiscono, *segnatamente per l'Italia *, una eventualità grave anche in vista delle fasi ulteriori della questione cretese e della situazione generale. L'opera nostra e dei gabinetti

amici dovrebbe volgersi a scongiurare una simile eventualità mercè la ricerca di op,pmtuni termini conciliativi. Prego V. E. di esprimersi in ques,to senso con codesto ministro degli esteri e di farmene conoscere le impressioni e le decisioni.

(l) Si tratta del tel. n. 2156, non pubblicato, ma cfr. n. 168.

170

IL MINISTRO DEGLI ESTERI GRECO, SKOULOUDIS, ALL'INCARICATO D'AFFARI GRECO A ROMA, CONDURIOTIS

(AVV)

T. s. N. Atene, 17 agosto 1897. Ayant reçu de ,puis tl.e commencement des négodations pour la paix de différentes sources officielles des communications réitérées, le Gouvernement royal avait conçu la certitude qu'à peine les préliminaires de la paix seraient signés, et indépendamment de tout versement à compte de l'indemnité, les troupes ottomane,s se seraient retirées au de là du Pennée. En dépit de ces communications et contre toute attente, H nous est revenu que su:r prétention de la Porte de ne pas évacuer Volo et Larissa tout de suite après la signature des préliminaires de la paix et que fort probablement les grandes puissances n'insisteraient pas à écarter cette prétention aussi fermement que jusqu'à présent. Si cette nouvelle est exFJ.cte, le Gouvernement royal fidèle au devoir qu'il :"'est fait jusqu'à présent de soumettre ses vues à l'appréciation des grandes puissances... [manca] afin de les éclairer sur ses ... [manca] intérets, sollicite aujourd'hui tout particulièrement [eur attention sur 1es conséquences graves et funestes qui auraient lieu, si, dès les préliminaires de paix signés, les villes de Larissa et Volo n'étaient évacuées par les troupes turques. Il est évident que c'est par Votlo que presque toute la population de la Thessalie émigrée rentrerait chez elle; mais iant que ce point serait entre les mains des troupes turques et d'administration ottomane elle ne se déciderait point à reprendre le ·chemin de ses foyers, parcequ'elle ne s'y sentirait pas en sùreté et ne pourrait non plus profiter du chemin de fer de ces localités pour abréger son voyage. Laisser les villes de Larissa et Volo à l'occupation turque, serait lui laisser toute la plaine et les... [manca]. Personne n' ignore, qu'en dépit des secours privés et publics prodigués aux émigrés de Thessalie, vu leur nombre considérable qui monte à des dizaines de mille, on ne peut plus parvenir à soulager leurs privations et leur... [manca]. Tant que ces familles restent loin de leurs foyers, ces privations ne feront qu'augmenter et engendrer meme des maux plus crue'ls sans compter les lourdes charges imposées par leur entretien au trésor de l'etat. Si les grandes puissances désirent que le commencement immédiate de l'évacuation de la Thessalie puisse produire un effet bienfaisant à ses habitants tellement éprouvés, elles voudront bien admettre que le but n'en saurait etre atteint qu'à condition que les troupes turques se retirassent au delà du Pennée sitòt les préliminaires de la paix signés. Les Théssaliens ne rentreraient pas sans cela dans leurs foyers, et les effets auquels vise l'évacuation seraient nuls.

Veuillez donner lecture de la présente à S. E. monsieur le ministre des affaires etrangères et lui en laisser copie s'il en demande.

171

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, ALL'AMBASCIATORE A VIENNA, NIGRA

T. P. 21'58. Roma, 18 agosto 1897, ore 1.

L'incidente provocato dalla comunicazione russa mi preoccupa assai. L'eliminazione dell'Inghilterra dal concerto europeo potrebbe essere l'indizio di una situazione nuova nella quale è da prevedersi che si vorranno fare larghe concessioni alla Turchia nella questione cretese, e si avrà, per Creta, una soluzione che, mentre sarà ben iungi dal corrispondere al programma proclamato dalle potenze, lascerà adito all'inevitabile rinnovarsi delle precedenti a,gitazioni, ed è anche da prevedersi che in tal caso l'Inghilterra ritirerebbe dall'isola le sue truppe e le sue navi. Quale sarebbe per essere in tale situazione, 'la posizione dell'Italia,

V. E. può facilmente immaginare. Forse ad ottenere dall'Inghilterra maggiore arrendevolezza nella questione dell'art. 6 dei preliminari potrebbe giovare il porgerle 'la sicurezza che la soluzione della questione cretese sarà ripresa subito dopo la firma dei preliminari e sarà ripresa col fermo volere di far prevalere H programma di larga autonomia già concordato tra le rpotenze. Prego V. E. di dirmi il suo avviso se una proposta in questo senso possa essere utilmente messa innanzi.

172

L'AMBASCIATORE A VIENNA, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 2962. Vienna, 18 agosto 1897, ore 18,40 (per. ore 20,20).

Il concetto esposto nel telegramma di questa mattina (l) mi sembra utile. ln ogni caso non può far danno proporlo. L'opinione del ministro degli affari esteri di Vienna è che non si può pretendere dalla Turchia che evacui Tessaglia senza denaro o senza una equivalente guarentigia.

173

L'INCARICATO D'AFFARI A LONDRA, BOTTARO COSTA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA (Ed. in LV 96, p. 3:30)

T. 2965. Londra, 18 agosto 1897, ore 19,33 (per. ore 22,30).

Lord Salisbury, al quale ho tenuto linguaggio conforme alle is.trUZJioni che

V. E. mi ha fatto l'onore di impar·tirmi col suo telegramma di jeri (2) mi dice che non ritiene potere apporre la propria firm,a ad una ·condizione che, ad avviso del Gabinetto inglese «stamte l'impossibilità in cui trovasi la Grecia di pagare la grave indennità impostale .equivale di :fatto alla retrocessione di Volo e di Larissa alla Turchia». L'estrema concessione cui sottoscriverebbe l'Inghilterra

sarebbe l'occupazione temporanea per parte dei Turchi del territorio Tessaglia al nord del Peneo. Avendo cercato indagare pensiero di Salisbury sulla possibilità di un termine di conciliazione, egli mi disse che intendeva subordinare ogni sua decisione alla accertazione che la Grecia possa pagare l'indennità di guerra; che perciò non vedeva ormai altra via che quella d'iniziare anzitutto negoziati col Gabinetto di Atene per indurlo ad accettare il controllo, e concluse: ·.~ se dopo ciò la Grecia troverà il denaro occorrente, non avrei, in massima, difficoltà di accettare l'articolo 6° nella attuale sua redazione». In sostanza anche a rischio di rimanere solo, il Gabinetto di Londra non è disposto a recedere dalla sua presente attitudine.

(l) -Cfr. n. 171. (2) -Si tratta del tel. n. 2156, non pubblicato.
174

IL PRESIDENTE DELLA SOCIETÀ NAZIONALE ALBANESE, LORECCHIO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

L. P. Pallagorio (Catanzaro), 18 agosto 1897. In conformità degli impegni da me verbalmente assunti verso l'E. V. ho aperto le necessarie pratiche tendenti a trovar modo come dare maggiore 'e più vigoroso impulso alle relazioni commerciali nell'Adriatico, tra .gli Albanesi in Italia e la madre patria. Sono in grado ora di trasmettere all'E. V. due lettere (2) sul proposito: una da Durazzo, l'altra da Scutari d'Albania, che poi, col maggiore suo comodo, si compiacerà di restituirmi. Mi permetto di richiamare tutta la più seria attenzione dell'E. V. principalmente, e del R. Governo, sulla richiesta che si fa da Scutari di vini. È questa l'occasione più propizia per agevolare i produttori delle provincie di Puglia e di Calabria. Primo e più urgente provvedimento da prendere, suggerito dalle accluse lettere, è la frequenza maggiore nei porti di S. Giovanni di Medua, di Durazzo, di Valona etc. dei piroscafi della Società di Navigazione «Puglia». Questa Società Nazionale Albanese, per mio mezzo, è a completa disposizione dell'E. V. e del R. Governo: soltanto noi per la comunione del sangue c per la lingua comune agli abitanti di quelle regioni, siamo in grado di poter rendere utili servigi al commercio italiano, nell'Adriatico. Quelle popolazioni sono diffidenti al plù alto grado, e ne abbiamo un esempio assai recente nel caso occorso al prof. A. Baldacci, della R. Università di Bologna, recatosi nel vilayct di Scutari per suoi s·tudi scientifici. È bene che non si rinnovino più cotesti esempi, altrimenti anche a noi Albanesi, tornerà difficile penetrare in quelle regioni; con evidente vantaggio dell'influenza morale, politka e commerciale di altra potenza, rivale e gelosa dell'Italia. Non dubito punto che tutte coteste mie osservazioni valgano a richiamare la benevola ed alta attenzione dell'E. V.; e di questo intimamente convinto tra giorni

mi recherò in Bari per trattare direttamente con quella Società di Navigazione ~Puglia~; per vedere se sia possibile che essa assuma l'incarico di viaggi più

{l) Non pubblicate.

frequenti coi porti marittimi di Albania e sapere le pretese che affaccerà in proposito.

Le trattative, ripeto, saranno fatte da me direttamente, nel nome di questa Società Nazionale; quindi, nel caso di non riuscita, il R. Governo resta interamente garantito.

Delle trattative suddette, mi recherò a dovere di tenere minutamente informata la E. V.

La prego vivamente di onorarmi di suo riscontro per sapere io come regolarmi, in vista della urgenza suggeritami dai miei compatrioti di Scutari e di Durazzo. La risposta può farmela tenere qui a mezzo dell'on. commendatore De Nava; o pure, a mezzo dell'on. senatore R. Bonfadini, che, durante la mia ultima dimora costà, volle onorarmi di speciale benevolenza.

175

L'INCARICATO D'AFFARI A LONDRA, BOTTARO COSTA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. CONFIDENZIALE 2973. Londra, 19 agosto 1897, ore 12,38. Jeri ancora all'ultimo momento Hanotaux ha fatto qui un tentativo per mantenere Salisbury nel concerto europeo proponendo ridurre l'occupazione turca

a Volo soltanto e quanto a Larissa fino a che fosse versato primo terzo indennità. Salisbury ha declinato dicendo preferire uscire dal concerto europeo.

176

L'INCARICATO D'AFFARI A PIETROBURGO, MELEGARI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA (Ed. in LV 96, p. 331)

T. 2977. Pietroburga, 19 agosto 1897, OTe 15,50 (per. 01·e 20,25 l. Conte Murawieff si è risoluto far alle potenze continentali proposte * menzio

nate nel telegramma di V. E. (l) * nell'interesse della Grecia a cui ulteriore ritardo nella conclusione della pace sarebbe, a parere suo, più dannoso di qualunque aHra soluzione. * Governo russo non divide punto opinione del Gabinetto di Lon

dra che la Grecia non si troverà in condizioni di pagare la prima rata dell'indennità, essa lo potrà tanto più facilmente quando una rapida conclusione dei preliminari di pace le permetta di far assegnamento sui raccolti della Tessaglia, non le mancherà neppure il concorso degli esteri quando questi siano certi ottenere per questi e precedenti loro crediti necessarie sicurtà *.

(l) Cfr. n. 168.

177

L'INCARICATO D'AFFARI A LONDRA, BOTTARO COSTA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 552/259. Londra, 19 agosto 1897. Non ho che poco da aggiungere a quanto ebbi l'onore di riferire all'E. V. col mio telegramma di ieri (l) in cui Le ho reso conto del mio colloquio con Lord Salisbury intorno alla obbiezione sollevata dal Gabinetto di S. James alla accettazione dell'art. 6 dei preliminari di pace concordati tra gli Ambasciatori a Costantinopoli. Non ho mancato (tacendo bene inteso della comunicazione russa) di attirare l'attenzione del Ministro sulla grave preoccupazione che a Roma, come altrove, ispirava l'eventualità dell'uscita della Inghilterra dal concerto europeo, ed esprimendo la fiducia che questo pericolo potesse ancora essere scongiurato. A nulla però valsero gli argomenti miei, come non sortirono esito migliore quelli analoghi dei miei colleghi di Austria-Ungheria, Francia e Russia che avevano istruzioni analoghe alle mie. Non vi era neppur da pensare di far mutare d'avviso il ministro, il cui ragionamento concreterò così: « Dalle informazioni che ho, risulta che i Greci si trovano nell'assoluta impossibilità di pagare non solo l'indennità di 4.000.000 Lire-Turche ma anche una somma di gran lunga inferiore. Il subordinare quindi la restituzione ai Greci di Volo e di Larissa al pagamento integrale dell'indennità di .guerra equivale in queste condizioni in pratica alla definitiva retrocessione di questi due punti importantissimi alla Turchia, ed a ciò non possiamo sottoscrivere».

Avendo fatto osservare che la cifra della indennità era stata tuttavia giudicata non infeiriore alle forze del paese dagli Ambasciatori in Costantinopoli, compreso lo stesso Ambasciatore d'Inghilterra, non solo, ma ritenuta dal signor Laco, conoscitore profondo delle finanze greche nella sotto commissione, come non eccessiva, lord Salisbury replicò ripetendo il precedente suo ragionamento dal quale fu impossibile di smuoverlo.

Non mi rimaneva quindi che cercare di conoscere le disposizioni di Sua Signoria per un eventuale termine di conciliazione. Ma anche su questo terreno non tardai ad accorgermi che non vi era possibilità d'accordo. Infatti il suggerimento del Ministro d'iniziare ora negoziati col Gabinetto d'Atene per tentare di indurlo ad accettare il controllo non è, -mi sia permesso l'apprezzamento un poco ardito, -molto serio. Esso infatti si risolve in una vera e propria petizione di principio. Se vi era una probabilità anche grande di vedere accolte ad Atene le decisioni delle potenze, quando queste fossero unanimi, la probabilità è ben minore, anche dato che le trattative suggerite da lord Salisbury si vogliano iniziare, ora che la Grecia può ritenersi, almeno indirettamente, appoggiata nell'eventuale sua resistenza ai consigli dell'Europa, dall'Inghilterra facente causa a parte.

Avrò l'onore in altro mio rapporto, che affiderò al prossimo corriere di Gabinetto, di mettere l'E. V. al corrente di quanto qui si dice in circoli autorevoli delle ragioni che avrebbero indotto lord Sa'lisbury a separarsi ora dal concerto europeo, nonché delle congetture, del resto ovvie, alle quali questa nuovissima attitudine del Gabinetto di Londra autorizza chi un poco più da vicino ha seguito le tendenze dell'attuale Gabinetto e l'azione mutua tra questo e l'opinione pubblica in Inghilterra.

(l) Cfr. n. 173.

178

L'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

(AVV)

L. P. Berlino, 19 agosto 1897.

Per quanto sia difficile preparare una risposta ad un discorso che non si conosce, tuttavia questo è un problema che noi dobbiamo risolvere, in occasione del viaggio di S. M. il Re, gia.cchè S. M. l'Imperatore pronunzierà certo qualche parola al pranzo di gala del 4 settembre in Homborgo e come di consueto improvviserà, senza che si possa conoscere in precedenza quel che dirà. Mi sono perciò studiato di compilare un progetto di breve risposta che possa convenire per tutti :. casi, che contenga poco di essenziale e conservi il carattere personale di cortesia del Re ·e mi proporrei di sottoporre tale progetto all'approvazione di S. M. quando sappia che incontri quella di V. E. Se riuscirò a sapere quel che dirà l'Imperatore proporrò a S. M. il Re quelle varianti che ·siano del ca1S1o, mantenendo però le linee generali indicate nell'acchiuso schema, che mi fo dovere trasmettere a V. E. Ho creduto far allusione alle precedenti visite dell'Imperatore a Roma (per le nozze d'argento) e a Venezia (dopo Adua) per dimostrare che il Re venendo a Homborgo restituisce tale visita; d'amicizia e d'alleaza non si può non parlare senza sollevare dubbi, commenti, etc. e l'accenno alla pace è cosa comune oggi giorno.

Tengo copia del progetto che qui accludo, cosicchè V. E. non avrà che a telegrafarmi se lo approva sulle sue linee generali.

Biilow mi disse -pregandomi di non farne parola -che aveva istruziom di proporre all'Imperatore di destinare Savarma a Roma e Marschall a Costantinopoli. Quest'ultimo non è considerato abbastanza uomo di mondo e elegante per la società di Roma. Questo ripeto a Lei, nella massima confidenza, tanto più che nulla è deciso ancora. Mi dicono Savarma persona molto per bene e conciliante.

ALLEGATO

Ringrazio vivamente V. M. anche a nome di S. M. la Regina per le parole graziose or ora pronunziate e per la splendida e cordiale accoglienza fattaci.

La M. V. -che ha sempre voluto associarsi alle gioie ed ai dolori della mia famiglia e del mio popolo -mi ha fornito una nuova prova della Sua amicizia offrendomi la occasione, desiderata, di assistere alle interessanti manovre delle belle

e valorose truppe qux m gran numero raccolte ed accordandomi in mezzo ad esse una così affettuosa ospitalità. Ne esprimo alla M. V. la mia sentita riconoscenza lieto di poterLe manifestare i miei sentimenti inalterabili d'amico sincero, d'alleato fedele. Con questi sentimenti e animato come V. M. dal vivo desiderio e dalla ferma volontà di conservare ai nostri popoli i benefici della pace, bevo alla più grande prosperità della M .V., di S. M. l'Imperatrice e Regina e della Loro Augusta Famiglia!

179

L'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. CONFIDENZIALE 2983. Berlino, 20 agosto 1897, ore 4,18 (per. ore 17,50).

Ricevo ora sua 1ettera particolare (l) e vi rispondo. Dopo la recisa decisione, comunicatami a Roma, non dovere alcun ministro accompagnare S. M. il re a Homburg, ne diedi avviso qui colla comunicazione nota delle persone che verrebbero con S. M., non insistendo menomamente sul fatto, il quale poteva parere naturalissimo e conforme ai precedenti. Imperatore d'Austria Ungheria venuto or sono due anni a manovre Stettino non fu infatti accompagnato da alcun ministro, ma soltanto da ambasciatore d'Austria Ungheria a Berlino. La presenza a Homburg di ministri del re, e specialmente di V. E., che imperatore di Germania non conosce personalmente, sarebbe stata molto gradita, ma assenza non lascerà cattiva impressione; impressione meno buona ha solo, ne ho l'intuizione, il linguaggio dei giornali italiani, che passano per ufficiosi, i quali vollero troppo insistere sull'assenza di ministri nel seguito del re e sulla nessuna importanza politica del viaggio di S. M., ma questo appartiene al passato. Io certo ritengo, per quanto si riferisce a relazioni italo-germaniche, che venuta di V. E. sarebbe sommamente utile. Biilow e cancelliere dell'Impero saranno a Homburg come ilo indicato nel mio rapporto di ieri l'altro n. 471 (2), principe Hohenloe mi fece oggi stesso avvertire dalla Russia ove trovasi ancora che egli vi andrà desiderando ringraziare S. M. per collare dell'Annunziata. La presenza di quei due personaggi farà certo risaltare assenza di V. E. e darà luogo a commenti fuori della Germania. Io non sono in grado però di giudicare se sia bene per riguardi a altre nazioni passare sopra a quei commenti che qui lasceranno il tempo che trovano dinanzi al fatto della venuta del re e della dichiarazione sua di amicizia. In conclusione: venuta di ministri non è, a parer mio, necessaria, ma certo contribuirebbe sempre più a intimità relazioni italo-germaniche. È però tardi mutare decisioni prese; avvenendo un mutamento si potrebbe solo spiegarlo colla presenza suindicata di Hohenloe e Biilow non prima conosciuta e manifestando francamente che non si vorrebbe quella presenza e assenza ministri nostri desse luogo a interpretazioni erronee. Anche per questioni alloggi assai difficile a Homburg e che devo definire domani con Gran Mastro delle Cerimonie mi sarebbe indispensabile conoscere colla massima sollecitudine intenzioni del Go~ verno. Se un ministro deve venire, naturalmente dovrà essere V. E.

(l) -Cfr. n. 165. (2) -Non pubblicato.
180

IL GENERALE DAL VERME, AL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, MALVANO

L. Napoli, 20 agosto 1897.

Ci siamo! Scommette che l'indiscrezione è venuta fuori dal Ministro Luzzatti, al quale non si sarebbe dovuto dir nulla? E non c'era proprio bisogno di dirglielo. Chi mai altri può avere parlato? Chi è codesto corriSipondente del Daily Mail?

Ora bisogna tener fermo a negare (ed è la verità) che vi sieno trattative, affidate a dal Verme, per cessione dell'Eritrea. Dica e faccia dire a tutti questa parola cessione alla quale si può aggiungere nemmeno parziale, nè al Belgio nè al Congo nè a nessuno, salvo la consegna di Cassala agli anglo-egiziani già intesa.

Veda se le conviene aggiungere che consta al Governo io sono stato tutto il mese d'Agosto in Italia, che solo in luglio fui a visitare per un paio di giorni l'esposizione di Bruxelles.

Forse per la prima smentita ciò è bene tacere. Ma continuando gli altri, sarà bene dirlo, perchè questa volta a Bruxelles fui veduto. Anzi mi meraviglio come in Italia non se ne sia parlato, allora.

Mi duole l'indiscrezione venuta fuori a Roma, perchè dispiacerà assai al Re, là. E sorprenderà S. M. qui. Bisogna smentire. L'inesattezza della forma della notizia mi fa proprio pensare che la cosa sia venuta fuori da Luzzatti.

Mentre scrivevo la presente, mi è giunta la lettera del Conte di Borchgrare (o Borchgrave) che unisco (1). Evidentemente quando fu scritta non era giunta a Bruxelles la lettera, concordata, che Lei sa. L'acclusa contiene, in ogni modo, un apprezzamento di S. M. assai importante. Gliela mando perchè sia collocata nella pratica. Per ora non rispondo nulla al Conte di Borchgrave.

P. S. Mi dicono in questo momento che il Mattino smentisce da sè e dice che fui a Bruxelles per il congresso coloniale. Legga il Mattino (io non l'ho ancora visto) e poi faccia Lei.

L'importante è di smentire qualsiasi trattativa per cessione.

181

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, ALL'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA

T. 2187. Roma, 21 agosto 1897, ore 19.

Nella comunicazione a cui si riferisce il mio telegramma di poco dianzi (2) il signor de Btilow dichiara di apprezzare l'importanza che il R. Governo annette a che l'Inghilterra non si allontani dal concerto europeo. La nostra preoccupazione non si restringe alla difficoltà del momento, ma essa si estende anche alle altre questioni che rimarranno da risolvere in Oriente, come quella di Creta, rispetto alle quali la nostra situazione diverrebbe assai malagevole se l'Inghilterra uscisse dal concerto europeo. Dimostrandosi conscio della cosa e adoperan

dosi a prevenire l'eventualità del distacco dell'Inghilterra dal concerto europeo, il signor de Billow d dà prova di tenere in giusto conto le condizioni speciali di un governo amico e alleato ed io desidero che V. E. gliene esprima il nostro compiacimento e il nostro animo grato.

(l) -Non pubblicata. (2) -Si tratta del tel. n. 2185, non pubblicato.
182

L'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 3003. Berlino, 23 agosto 1897, ore 16,45 (per. ore 18,15).

S. E. Biilow fu molto grato sentimenti espressigli da me in nome di V. E. come da ordine contenuto nel telegramma del 21 (1). Egli di,ssemi essere suo vivo desiderio Inghilterra non si disgiunga da ·concerto europeo; avere in questi ·giorni acquistata intima convinzione che questo pericolo sarà allontanato, se le potenze continentali, come propone Russia, si dimostrano disposte a firmare preliminari di pace, anche senza Inghilterra. Quando Salisbury si trovi in presenza di tale eventualità e esposto a venire accusato di non avere voluto associarsi a porre fine guerra turco-greca, S. E. Biilow non dubita, e mi incaricò farne speciale cenno a V. E., che anche l'Inghilterra firmerà preliminari di pace, compresovi articolo sesto. S. E. Biilow soggiunse •consta!I1gli che Russia, Fmncia e Austria dividono tale pensiero per le due prime direttamente da Pietroburgo e da Parigi; per la terza indirettamente finora da Pietroburgo.

183

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, AGLI AMBASCIATORI A PARIGI, TORNIELLI, A VIENNA, NIGRA, A BERLINO, LANZA, A COSTANTINOPOLI, PANSA, AL MINISTRO AD ATENE, AVARNA, E AGLI INCARICATI D'AFFARI A LONDRA, BOTTARO COSTA, E A PIETROBURGO, MELEGARI (Ed. in LV 96, p. 337)

T. 2195. Roma, 23 agosto 1897, ore 17,45.

L'incaricato d'affari d'Inghilterra (2) mi rimette una nota per farmi conoscere che Lord Salisbury propone che ai rappresentanti delle potenze in Atene .sia data istruzione di chiedere al governo ellenico: l) Qua'li sono i redditi che sarebbe disposto ad ipotecare 'per pagare gli interessi del prestito occorrente per il pagamento della indennità alla Turchia; 2) In qual modo esso proporrebbe di organizzare H controllo internazionale per assicurare i detentori del ;prestito che il pagamento sarà fatto.

Ho risposto verbalmente all'incaricato d'affari che il governo italiano, in

quanto lo concerne, aderisce alla proposta inglese se gli altri Galbinetti l'ac

cettano del pari. Nel corso del colloquio gli feci notare che in linea di fatto

l'assenso di quaLche Gabinetto, segnatamente del Gabinetto tedesco, potrebbe essere agevolato se i seguenti due fossero chiaramente stabiliti: l) Che il controllo sopra determinati redditi deLla Grecia è quello stipulato dall'art. 2 dei preliminari di pace, articolo oramai ammesso unanimamente da tutte le potenze, 2) Che non ,si tratta di entrare, ,con la Grecia, in discussione sulla accettazione, o non, del controllo da parte sua, ma solo di regolarne le modalità.

(l) -Cfr. n. 181. (2) -In LV qui aggiunto: « che già me ne aveva fatto un cenno non officiale •.
184

L'INCARICATO D'AFFARI A LONDRA, BOTTARO COSTA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. CONFIDENZIALE 557/263. Londra, 23 agosto 1897. Nel render conto alla E. V. del mio colloquio di mercoledl scorso, 18 corrente, con lord SaHsbury (l) ho riprodotto quasi parola per parola quanto il Ministro mi disse per motivare l'attitudine da lui aSJSIUnta ri:spetto all'articolo 6 dei preliminari di rpace. In termini analoghi, anzi identici, egli si è espresso coi miei colleghi d'AustriaUngheria di Francia e di Russia, che aveano avuto ordine di fare vive raccomandazioni perchè il Gabinetto di Londra desistesse dalla sua opposizione. Ora non sarà certamente sfuggito all'E. V., che, sebbene mai si sia mostrata moLto convinta della coesione del concerto europeo, nondimeno l'Inghilterra ha si.nora sempre finito, quando era di diverso avviso, per lasciarsi rimorchiare, e, recentemente ancora, lord Salisbury manifestava ripetutamente il pensiero che non voleva ormai prendere iniziative ma che si sarebbe associato a quelle proposte che raccoglierebbero il voto di tutti gli altri Gabinetti. Vi ha quindi nel contegno attuale del primo Ministro una contradizione ,colle passate sue dichiarazioni. Ed a spiegarla non è sufficiente la ragione addotta. Forse essa contiene parte della verità, ma certo non è tutta la verità; sarei anzi tentato di credere che non ne sia che una piccola parte. Tutto nel suo contegno permette d'indurre che lord Salisbury vuole: l) che si prolunghino i negoziati attuali; 2) che emerga il punto di vista differente (in questa speciale questione) dell'Inghilterra e delle potenze continentali. Alcune parole sfuggite a lord Salisbury in un suo ,recente colloquio coll'Ambasciatore di Germania autorizzerebbero a credere ch'egli agisca in questo momenti quasi in virtù d'un mandato imperativo impostogli dai suoi Colleghi del Gabinetto. A titolo di cronaca dirò che non manca chi ritiene che all'attuale attitudine di lord Salisbury non sia estraneo il desiderio di fare dell'ostruzione contro Berlino, come chi crede che l'Inghilterra voglia facilitare colla minaccia della sua defezione dal concerto europeo un disaccordo tra ,le potenze corutinentali per poi « pescare nel torbido ». Certo è che non risulta che lord Salisbury voglia uscire dal concerto euro

peo; la realizzazione d'una tale eventualità non sembra però da lui considerata come cosa dovente dar luogo a soverchie preoccupazioni per l'Inghilterra.

ro - Documenti diplom,ttici . Serie III . Vol. Il.

Manifesto poi è il desiderio del Gabinetto di Londra di vedere andare per le lunghe i negoziati attuali, di vedere prolungata l'attuale situazione a Costantinopoli.

(l) Cfr. nn. 173 e 177.

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IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, ALL'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA

T. 2202. Roma, 24 agosto 1897, ore 20. Ho ricevuto i Suoi telegrammi (l) i quali mi incoraggiano a continuare col signor de Biilow l'amichevole scambio di idee. Secondo le nostre informazioni, questa è presentemente la situazione del negoziato. Al Gabinetto britannico ripugna impegnarsi per l'art. 6 dei preliminari di pace fin tanto che non sia accertata 1a possibilità, per la Grecia, di procurarsi, mercè ilcontrollo, le somme occorrenti per il pagaanento della indennità di guerra. Il Gabinetto germanico ritiene, inveee, che nello stesso interesse della Grecia, convenga firmare senz'altro i preliminari e notificarli al Governo ellenico acciocchè questo vi ottemperi. Sarebbe doveroso, ora sopratutto che sembra sicura, rnercè il controllo, la riuscita dell'occorrente prestito greco, e vien quindi meno la giusta preoccupazione del Governo britannico, che per una semplice questione di procedura venisse nell'ultimo momento, a fallire la laboriosa opera del concerto europeo. Ad eliminare una così pericolosa eventualità parrebbe potersi adottare, come modo di conciliare i due metodi, H seguente procedimento: prima di procedere alla firma finale con la Turchia, gli ambasciatori per ora si limiterebbero ad accertare con la loro firma, che i preliminari, compreso l'articolo sesto, rappresentano il pensiero concorde delle potenze. I preliminari sarebbero, a questo titolo, e come conclusione del mandato conferito alle potenze, notificati al Governo ellenko, con invito di dichiarare, come ne ha obbligo, la sua acquiescenza e di indieare altresi i cespiti da assegnarsi al nuovo prestito. Dopo di che i preliminari sarebbero formalmente stipulati tra gli

ambasciatori e la Sublime Porta. Se il signor de Biilow credesse di entrare in questo ordine di idee pregherei

V. E. di indagare altresl se sarebbe disposto a presentare egli ste&so a Londra una proposta conciliativa in tal senso.

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L'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

(AVV)

L. P. Berlino, 24 agosto 1897. La notizia della Sua venuta ad Homborgo, da me data ieri a questo Segre

tario di Stato al Dipartimento degli Esteri con preghiera di annunziarla a S. M. l'Imperatore è stata naturalmente molto gradita. Ne diedi anche avviso al gran

Maresciallo di Corte, e quantunque siavi molta cUfficoltà d'alloggio nella piccola città di Homborgo, si pro~urerà di mettere l'E. V. nello stesso albergo de Rus.~ie ove saranno acquartierati il Cancelliere dell'Impero e il signor Biilow. Stante appunto quella gran difficoltà d'alloggiare il gran numero di persone che saranno ospiti delle LL. MM. è bene che V. E. abbia deciso portar seco un solo segretario. Io non potrò condurre Mattioli perchè, non avendo altri, dovrei in tal caso lrusciar qui a dirigere l'Amba·sciata il signor Orsini Barone che è semplice addetto; condurrò quindi quest'ultimo e spero che sarà di aiuto sufficiente :tl Suo segretario per cifra e decifrare. Se vi sarà bisogno di altra forza potremo servirei di quelle al seguito del generale Ponzio e Gianotti che sono molto superiori a quel che può loro occorrere, essendovi ora un Ministro presso

S. M. il Re.

Mi permetto avvertirla, per sua norma, che tranne ai pranzi di gala, la tenuta per i civili ai pranzi di corte e altre cerimonie è quella detta «Kleinc Uniform », cioè frac con bottoni d'oro. È un dettaglio forse inutile, ma devo in questi giorni pensare a tanti dettagli per corrispondere alle domande che mi arrivano da Cogne e da Gresonnay, ch'io mi permetto segnalare anche quello a V. E. affinchè non abbia, per avventura, a trovarsi qui sprovvisto di qualche oggetto necessario. Se può, voglia telegrafarmi il nome e grado del segretario che conduce seco. Ricevo preghiera della Corte di comunicarlo per la compilazi-one delle liste dc.

(l) Cfr. nn. 179 e 182.

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IL GENERALE DAL VERME AL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, MALVANO

L. Napoli, 24 a.gosto 1897.

Mi affretto a trasmettere una lettera avuta Ol'a del Conte di Borchgrave (l) in risposta a quella scritta alla Consulta e che io trasmisi da qui a Bruxelles il 15 corrente (2).

Qualunque sia la decisione che vorrà prendere il Governo, pare a me sia anzitutto e sopratutto necessario che nulla trapeli dei presenti negoziati. E quindi, anche a costo di perdere la buona occasione (che non vedo però coll'occhio ottimista di S. M.) è indispensabile che di tutto ciò non si discuta nel gran consiglio. Che se la cosa fosse portata in questo, verrebbe certamente ad entrare nel dominio del pubblico, e si verrebbero a creare imbarazzi e al nostro e al Governo di Re Leopoldo.

Tanto, io son sempre dell'avviso del Ministro Suo, che cioè sia una speci-e di pasticcio e che come ho detto concludendo il mio rapporto, teoricamente la cosa sembra che possa andare, ma praticamente no.

P. S. Se io non credo praticamente possibile ciò che S. M. vede facile, non intendo con questo di escludere la possibilità nell'avvenire di convenienti comunicazioni, con accordi ·pel libero transito fra il Congo e l'Eritrea, e come ciò interessa gradatamente l'Inghilterra (anzi non si può far nulla senza di essa) così è necessario parlare con Lord Cromer alla prima occasione.

(l) -Non pubblicata. (2) -Cfr. n. 166.
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IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, ALL'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA

T. 2205. Roma, 25 agosto 1897, ore 13. Ho ricevuto il progetto di discorso (l ). L'alLusione alle circostanze in cui

avvenne la visita a Venezia non mi parrebbe opportuna. Porterò meco un progetto non dissimile su cui ci intenderemo.

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IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, ALL'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA (Ed. in LV 96, pp. 337-38)

T. 2206. Roma, 25 agosto 1897, ore 13,15. L'incaricato d'affari di Germania .è venuto con un telegramma del signor de Billow nel quale sono riassunte 'le idee già esposte a V. E. e vi conchiude insistendo acciocchè, secondo la proposta russa, da noi si firmino senz'altro i preliminari di pace, che si notificherebbero indi al governo ellenico. Mi sono, per ora, limitato a svolgere, ancora una volta, l·e gravi considerazioni che ci rendono perplessi a partecipare ad un atto a cui non si ;può, aUo 1stato delle cose, affermare che sia assicurata la partecipazione dell'Inghilterra. Vorrei, in ogni modo, che fosse prima esaurito ogni tentativo di conciliazione. " Intanto desidererei che V. E. richiamasse fin d'ora l'attenzione del segretario di stato sopra altre eventualità che potrebbero presentarsi in seguito al procedimento che si propone. Secondo le nostre informazioni parrebbe che ricevuta la notificazione dei preliminari, H Governo ellenico si proponga di convocare l'assemblea nazionale per dividere con essa la responsabilità dell'accettazione. Noi siamo bensì fermi nel considerare la Grecia come vincolata ad accettare le conclusioni della mediazione, e siamo del pari disposti a !asciarle eventualmente subire le conseguenze d'una politica sconsigliata che la facesse restia al volere delle potenze, ma noi non potremmo, sia per impedire la convocazione dell'assemhlea, sia per imporle i preliminari di pace, partecipare ad un'azione ·Coercitiva se a questa non prendessero ·effettivamente parte tutte le potenze, compreso

l'Inghilterra. Su questo punto ci preme ·che fin d'ora codesto Governo conosca il nostro pensiero.

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L'INCARICATO D'AFFARI A LONDRA, BOTTARO COSTA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA (Ed. in LV 96, p. 339)

T. 3023. Londra, 25 agosto 1897, 01·e 19,22 (per. o1·e 21,20).

Lord Salisbury oggi (2) molto più conciliante, mi ha detto che crede si debba insistere ad Atene per fare a·ccettare controllo senza però chiedere consenso del Gabinetto ellenico. « È oramai questione di una formula da trovarsi e noi siamo per quella che mag.giormente tiene conto della suscettibilità dei greci».

(l) -Cfr. n. 178. (2) -In LV qui aggiunto: « con linguaggio •·
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L'AMBASCIATORE A VIENNA, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 3363/746. Vienna, 25 agosto 1897. Oggi mi recai a visitare il conte Goluchowski, reduce dal suo congedo pastsato in Francia. Mi premeva di apprendere da 'lui stesso se egli avesse definitivamente consentito alla firma dei preliminari di pace, senza la partecipazione dell'Inghilterra, e quali fossero in tal caso i motivi impellenti di una così ìmportante risoluzione. A nome di V. E. io feci pre·s·ente al Ministro I. e R. la gravità eccezionale che l'astensione dell'Inghilterra avrebbe impresso ad un tale atto, e le conseguenze molto serie che potevano derivarne sul seguito dei negoziati di pace, sulla sistemazione della situazione di Creta, e in generale .su tutti gli affari d'Oriente. La firma senza l'Inghilterra era la constatazione pubblica e ufficiale della rottura del concerto europeo, mantenuto finora con tanti sforzi. Io impegnai il conte Goluchowski ad e~perimentare ogni possibile ufficio presso il marchese di Salisbury per evitare questa scissura, assicurandolo che egli avrebbe trovato nel Governo italiano un concorso sincero diretto al medesimo scopo. Il conte Goluchowski mi rispose che deplorava, al pari di noi, la scissura che il contegno dell'Inghilterra produceva ·all'ultimo momento nel concerto europeo pel ristabilimento della pace. Egli aveva fatto e stava facendo pressanti uffici per indurre il Gabinetto di Londra a rinunziare alla sua astensione. Egli non avrebbe affrettato la firma dei preliminari:, appunto per dar tempo ai tentativi di trovare qualche temperamento atto a mantenere, in questa fase dei negoziati, il concerto europeo, ben rendendosi conto, al pari del Governo italiano, dei gravi inconvenienti prodotti dall'assenza del nome del rappresentante britannico in questo atto. Ma se, malgrado i suoi consigli, e quelli delle altre potenze continentali, il Governo britannico persisteva nella sua astensione, il Gabinetto di Vienna, soggiungeva il conte Goluchowski, era risoluto a procedere alla firma senza l'Inghilterra. Le ragioni che determinavano il Governo austro-ungarico ad una tale risoluzione mi furono esposte dal conte Goluchowski, e possono compendiarsi come segue. Il conte Goluchowski era convinto, e tale era pure la convinzione manifestatagli dal signoil" Méline, presidente del Consiglio dei Ministri in Francia, con cui si era intrattenuto su questo argomento a Parigi, che per mezzo di case bancarie e sindacati finanziari si sarebbe potuto trovare il denaro dell'indennità di guerra imposta al Governo ellenico, soltanto dopochè il controllo finanziario europeo in Grecia, che costituirebbe per i creditori la sola e vera guarentigia, fosse stato stabilito dalle potenze e avesse avuto la loro firma. In secondo luogo, si doveva aver :!:n'esente che il Governo ellenico ac·cettò la mediazione delle potenze e mise i suoi destini nelle loro mani. Esso si élcconcierà ad ac.cettare le condizioni concordate dalle potenze e a lui imposte. Ma si rifiuterà a prendere qualsiasi iniziativa in ordine al controllo, che egli subirà soltanto come necessità ineluttabile. Il Re Giorgio e il Governo ellenico

si trovano ora, come prima della guerra, nella necessità di dover essere forzati ad accomodarsi alla volontà dell'Europa. L'opinione filellenica, in Inghilterra e in altri paesi europei, rese, con buone intenzioni, alla Grecia il cattivo servizio di non aver impedito la guerra, la quale non sarebbe scoppiata se le potenze avessero avuto ricorso. come fu proposto, al blocco dei porti greci e ad altri provvedimenti coercitivi. Ora la stessa opinione filellenica impedisce Lord Salisbury di firmare i preliminari, perchè questi .contengono in favore del creditore vittorioso un pegno eventuale territoriale. Questa opinione dovrebbe piuttosto concentrare i suoi sforzi nel cercare il prezzo del riscatto. Ma il ritardare o impedire la firma dei preliminari, equivale a ritardare o impedire la conclusione della pace, e a prolungare l'occupazione turca in Grecia.

E questo è appunto un nuovo argomento che il conte Goluchowski fa valere per non ritardare indefinitamente la firma dei preliminari. Poichè questo ritardo va all'incontro precisamente dello scopo che l'Inghilterra e le altre potenze si prefiggono, e che è di far cessare al più presto l'occupazione della Tessaglia.

Finalmente il conte Goluchowski osserva che i preliminari non sono ancora il trattato di pace definitivo; e che i mezzi di cui l'Europa potrà disporre per la liberazione ·completa della Tessaglia dall'occupazione turca, potranno farsi valere dopo i preliminari, e con maggiore fondamento, che non lasciando trascinare i negoziati senza esito.

Il conte Goluchowski non mi chiese se dal suo lato il Governo italiano era disposto a dare eventua·lmente la sua firma ai preliminari, senza partecipazione della Gran Brettagna, e insieme colle altre potenze continentali, ed io mi astenni dal toccare questo argomento.

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L'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI VISCONTI VENOSTA

(AVV)

L. P. Parigi, 26 agosto 1897. Inchiudo nella busta di questa lettera un mio rapporto ufficiale (l) che considero d'indole assai delicata a causa di alcuni accenni che in esso dovetti fare per rendere chiara l'espressione del mio pensiero. Non si spaventi se è lungo. Lo raccomando tuttavia alla benevola attenzione sua perchè mi pare contenga qualche buon argomento per la giustificazione della linea di condotta adottata non senza buon esito nei rapporti con la Francia e presentemente intralciata da episodii sui quali non ritornerei anche oggi se l'animo mio non fosse profondamente turbato dal pensiero che alla mia azione manchi visibilmente qualcuno degli appoggi che le sarebbero necessari per farne prevedere la continuità ed assicurarne così la riuscita. Se questo mio dubbio fosse fondato, ed Ella può meglio di me giudicarne, vi sarebbe forse qualche utiìità a non aspettare che qui s'abbiano ad accorgere troppo chiaramente che la mia azione non è in armonia con altre tendenze che potrebbero ad ogni momento prevalere, per allontanarmi da una residenza in

condizioni che non avessero da suscitare soverchio rumore e probabilmente creare qualche danno alle relazioni fra i due paesi.

llJ Non pubblicato.

Mi si dice che il generale Ferrero riprenda un posto attivo nell'esercito. Io ritornerei volentieri a Londra.

Non mi sento in possesso di una autorità sufficiente in Italia per vincervi e dominare certe prevenzioni che io temo siano il principale ostacolo al conseguimento dello scopo di ristabilire fra l'Italia e la Francia relazioni normali senza pregiudicare nè il presente, nè l'avvenire della situazione nostra verso altri paesi. Dirò di più che l'affezione profonda che ho per la Dinastia, la fede mia nel1'1stituzione Monarchica mi fanno paventare il momento in cui questa Repubblica si persuadesse che, per abbatteil"e gli ostacoli che osUnatamente si opponessero ai suoi buoni rapporti con l'Italia, il solo mezzo è la propaganda sua in casa nostra. Intanto nelle tùtime elezioni italiane non credo che siansi ripetute le infiltrazioni di influenze francesi di cui si aveano avuti precedentemente sintomi non dubbi. Con quale animo vedrei io sfumare entro le mie mani stesse i vantaggi ed i miglioramenti che, in grazia dell'appoggio che ebbi da Lei, mi pare di poter dire che abbiamo ottenuti? La persistenza e la perseveranza, in certe circostanze, mettono soltanto in luce la debolezza propria. E questo potrebbe ben essere il caso mio che a Lei debbo esporre con quella fiducia stessa che io mi lusingo di averLe inspirata da lunga data.

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IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, ALL'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI

T. 2225. Roma, 27 agosto 1897, ore 20. Ho dovuto, per l'importanza della cosa, portare la questione in consiglio dei ministri il quale è stato d'unanime avviso che, per non contravvenire alla costante nostra consuetudine costituzionale, era indispensabile che un ministro accompagnasse S. M. nel suo viaggio in Germania. Come conseguenza di tale

deliberazione a me spetterà tale ufficio. Ne prevengo V. E. acciocchè ella conosca la presa deliberazione ·e i motivi che ila dettarono.

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IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, ALL'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA

T. 2224. Roma, 27 agosto 1897, o1·e 20,15. Rispetto al metodo conciliativo che avevamo sottoposto all'esame di codesto governo, l'incaricato d'affari di Germania mi ha fatto la seguente comunicazione: «Il signor de Biilow non crede di poter accettare l'idea da noi enunciata perchè qualunque altra soluzione che non sia la firma dei preliminari di pace non creerebbe una situazione abbastanza netta e potrebbe dar luogo a nuove ostruzioni. Dopo che l'Austria-Ungheria e la Germania si sono accostate al parere della Russia, il gabinetto di Berlino tanto più fermamente ritiene, se l'Italia mantiene il suo accordo con le potenze continentali, che l'Inghilterra non vorrà separarsene. Non spetterebbe in ogni modo al gabinetto di Berlino di mettere innanzi una simile proposizione. Nel caso in cui l'Inghilterra mantenesse la sua

posizione isolata, e l'Italia i suoi scrupoli, il governo imperiale dovrebbe declinare ogni responsabilità per le complicazioni derivanti dal ritardo della firma».

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L'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 3048. Berlino, 28 agosto 1897, ore 15,50 (per. me 18,05). Bi.llow parte domani con imperatore per Wurzburg e lo seguirà per tutto il tempo delle manovre. Egli oggi, nel congedarsi da me, mi ripetè sua soddisfazione di incontrarsi presto con V. E. a Hombourg e mi espresse suo dispiacere aver dovuto, anche di fronte a ultime proposte conciliative, di dover [sic] mantenere punto di vista tedesco per sollecitare firma pace. S.pera però tuttora a resipiscenza da parte dell'Inghilterra. A ultima comunicazione russa circa passi

confidenziali ad Atene per parte Russa e Francia, Bi.ilow non rispose; si limitò prenderne atto aspettando risultato.

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L'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. CONFIDENZIALE 1256/475. Berl<ino, 28 agosto 1897. Gli ultimi brindisi scambiati a Pietroburgo fra il Presidente della Repubblica francese e lo Czar nei quali fu pronunciata la parola, tanto desiderata dai francesi di « alleanza » sono naturalmente oggetto di commenti di tutti i giornali di quà e di là dei Vosgi. Stamane chiesi al signor von Biilow che cosa ne pensasse, e cercai 1segnatamente ài conoscere se nell'ultimo convegno degli Imperatori di Germania e di Russia fosse stata fatta qualche comunicazione, fosse in qualche modo stato accennato al fatto che i brindisi sovra menzionati hanno proclamato compiuto. Il signor von Blilow mi disse che in quel convegno fu evitato di parlare delle relazioni della Francia e della Russia e soggiunse che quale che sia la forma che possano aver preso gli accordi fra quelle due nazioni -dopo le dichiarazioni fatte dallo Czar e dal suo Governo circa gli intendimenti pacifici della politica russa e sulla ferma volontà di mantenere buone relazioni colla Germania -il Governo Imperiale non ha da preoccuparsene. Anzi il signor von Biilow ritiene che più sono intime le relazioni franco-russe più la Russia potrà esercitare influenza sulla Francia e tenerla lontana dallo intraprendere una politica inquietante. Le idee di questo Governo mi pajono essere esattamente riprodotte nell'u

nito articolo di carattere ufficiosissimo pubblicato dalla Kolnische Zeitung e che perciò mi permetto di trasmettere, qui entro, in traduzione a V. E. (1).

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IL MINISTRO AD ATENE, AVARNA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA (Ed. in LV 96, p. 344)

T. 3061. A.tene, 30 agosto 1897, ore 1,20 (per. ore 2).

Ministro degli affari esteri mi ha detto oggi ·che Governo non aveva intenzione di sollevare difficoltà contro condizioni contenute nei preliminari

d1 pace e che gli sembrava che i governi che portavano interesse alla Grecia, e al suo avvenire, avrebbero dovuto riconoscere che essa non è in grado di pagare l'indennità di ,guerra che volevasi imporle. Ministro mi ha pregato quindi, in via privata, di rappresentare a V. E. come tale indennità fosse superiore forze economiche paese a cui sarebbe reso impossibile di rifarsi dai danni cagionatigli dalla guerra, qualora non fosse per essere diminuita.

(l) Non riprodotto.

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L'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. RISERVATO 3062. Parigi, 30 agosto 1897, ore 12,35. Ancorchè fra le persone informate sia generale l'opinione che l'annunzio bilaterale della esistenza dell'alleanza non abbia variato la sostanza delle relazioni fra la Francia e la Russia, si produce tuttavia nelle masse popolari francesi un risveglio della idea di recuperare delle provincie perdute favorito dalle pubbliche manifestazioni promosse a scopi di politica interna ma non senza impru

denza dal Governo. È questo un fatto notevole, di cui, nella delicata nostra situazione, conviene tenere conto.

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IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, ALL'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI

(AVV)

L. P. Roma, 30 agosto 1987.

Costretto a partire oggi, vale a .dire un giorno prima che non aves'si pensato, non posso scriverle come vorrei. Ho letto e riletto il suo rapporto (l) e riconosco tutto il valore delle sue considerazioni. La conseguenza pratica .che ne ritraggo, per ora, è, mi sembra, eguale alle sue conclusioni. Qualche cosa si va mutando in Europa, è certo. Si va iniziando una evoluzione di cui difficile è il dire in quale forma concreta finirà col determinarsi. In questa incertezza dell'avvenire credo che, oggi, il miglior partito per noi sia di .conservare la base attuale della nostra politica, ma, in pari tempo, proporci, come uno scopo costante, il miglioramento delle nostre relazioni ,colla Russia e colla Francia. Questo miglioramento sarà sempre utile, in ogni ·caso; lo è nel presente, lo può ess.ere nell'avvenire. Un tale programma dovrebbe essere reso possibile dalle -circostanze dell'ora presente, in cui la triplice alleanza e l'alleanza franco russa appaiono come due sindacati impegnati in uno stesso grande affare che è 'la conservazione della pace in Europa. Ma il riavvic~namento con la Francia richiede una certa reciprocità di intenzioni. H Governo francese, senza essere animato da un deciso malvolere, temo ,che, assorto nell'alleanza russa, non ci ponga molta importanza e sia rproclive a considerare l'Italia come una quantité négligeable. Ma l'impresa è anche più difficile con le disposizioni deU'opinione pubblica francese, così suscettrbile,

cosi parziale. Come tra l'Italia e la Francia, evitare sempre e in tutti i -casi ogni incidente? Pure il mio proposito è questo: non perdere mai nè il sangue freddo, nè la pazienza. Se il masso ridiscende per qualche tratto sulla china, riprenderlo,

a suo tempo, per riportarlo alla vetta.

Quale collaboratore potrei io trovare più previdente, più attento, più con\'into di Lei? Se ella lasciasse l'Ambasciata di Parigi si direbbe che l'opera, alla quale abbiamo atteso finora, è abbandonata, che ne abbiamo veduta la vacuità e che non è solo un ra;ppresentante diplomatico che si muta, ma un indirizzo politico.

Ella mi esprime il dubbio che alla Sua azione manchi alcuno degli appoggi che le sono necessari. Comprendo la Sua allusione e le dirò schiettamente che questo appoggio mancherebbe se si trattasse di cambiar·e il :fondo delle cose, ma che credo non manchi, nè mancherà per una politica di riguardi, di conciliazione e di riavicinamento. Non Le affermerei questo, 1S1e non ne fossi convinto. non volendo porre nè Lei, nè me stesso in una situazione :falsa. Non ha EHa, carD conte, l'intenzione di prendere qualche breve congedo o di fare qualche breve assenza prima che giunga :ll novembre? In questo caso, desidererei vederLa e intrattenermi con Lei. Poichè senza che Ella venga sino a Roma, potremmo incontrarci in Piemonte, dove io ho sempre ragioni per andarvi e per rimanervi.

(l) Non pubblicato ma cfr. n. 192.

200

IL MINISTRO A TANGERI, MALMUSI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 4067. Tangeri, 2 settembre 1897. Il Governo russo invierà tra breve, e per prima volta al Marocco un suo rappresentante in veste di ministro od incaricato d'affari.

Siccome la Russia non ha qui nazionali, nè interessi suoi propri commerciali, cosi è presumibile che a tale novità non sia estranea la diplomazia fra:IllCese.

201

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DELL'INTERNO, RUDINI', IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, E IL MINISTRO DELLA GUERRA, PELLOUX, AL COMANDANTE DELLA CANNONIERA «PROVANA », COLTELLETTI, AD ADEN

T. 2277. Roma, 3 settembre 1897, ore 9,30. Per S. M. l'Imperatore Menelik: «I ministri Rudinì, Visconti Venosta e .Pelloux all'Imperatore lVIenelik. Ci è grato annunciare a V. M. che il trattato di commercio fu ratificato dal

Nostro Augusto Sovrano. Che il nuovo confine tracciato d'accordo col maggiore Nerazzini, è da S. M. approvato nella certezza che saranno stabilite soddisfa

centemente le modalità per il passaggio del territorio e la sicurezza delle pop(}lazioni. Il capitano Ciccodicola è nominato Residente e si recherà costì entro questo mese latore della ratifica, di lettere reali e ministeriali e coi poteri necessari per esaurire ogni cosa. Presentiamo a V. M. i nostri ossequi (l)».

202

L'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, PANSA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA (Ed. in LV 96, p. 351)

T. 3138. Thempia, 6 settembre 1897, ore 10,30 (pe1·. ore 13,05) (2).

Ecco il sunto delle proposte (3) inglesi:

« l) Sarà costituita ad Atene una commissione internazionale nella quale ciascuna potenza avrà un proprio delegato; 2) il governo ellenico :farà adottare dalla Camera una legge per la quale la percezione e l'impiego di proventi sufficienti pel pagamento degli interessi della indennità, e degli altri debiti nazionali, colla approvazione delle potenze, saranno posti sotto il controllo "' completo * della detta commissione; 3) in seguito a ciò, evacuazione Tessaglia sarà effettuata nel termine di un mese, salvo le modificazioni di frontiera già accettate» (4).

203

L'INCARICATO D'AFFARI A PIETROBURGO, MELEGARI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 486/261. Pietroburgo, 6 settembre 1897.

I moti rivoltosi scoppiati alla ,frontiera dell'Afghanistan preoccupano, come è naturale, assai vivamente questo Governo. Prevedesi qui generalmente che le forze inglesi mandate al confine saranno bastanti per domare l'insurrezione ed in quel caso le conseguenze dell'attuale conflitto si ridurranno a poca cosa. Ma, :::~. per avventura le armi britanniche dovessero subire uno scacco la rivolta assumerebbe ben presto tali prOtPorzioni da obbligare forse l'Emiro a scendere in campo contro l'Inghilterra

Da persona generalmente ben informata mi è stato confidenzialmente riferito che l'emiro Abdurrahman avrebbe di recente interpellato il Gabinetto di Pietroburgo sull'attitudine che avrebbe assunto nel caso di un conflitto armato

c Il telegramma dei Ministri mette fine a tutte le questioni e riporta la pace completafra l'Italia e l'Etiopia. Il mio lavoro è finito. Ho qui incontrate molte difficoltà per Adi Cajé, non già perchè importi quel luogo ma perchè abbandono fa cattiva impressione. Se V. M. ci concedesse spontaneamente Adi Cajé sarebbe atto molto favorevole alla reciproca amicizia tra i due paesi. Come Residente presso V. M. verrà Ciccodicola. V. M. faccia conto che sia la mi?. stessa persona. Il ministero ha deciso nominare un governatore civile per l'Eritrea dimostrando cosi all'Italia e all'Etiopia sue intenzioni pacifiche. Accompagnerò nuovo governatore. Prego avvertire subito Ras Mangascià perchè tutto rimanga tranquillo nel Tigré. I miei ossequi all'Imperatrice •·

tra la Gran Bretagna e l'Afghanistan, ma che non si era dato finora risposta a quelle entrature.

È poco supponibile che nelle presenti circostanze la Russia voglia prendere direttamente partito ·contro l'Inghilterra ed impegnarsi in un'azione di cui non si possono guari prevedere l'estensione e le conseguenze finali. Non sono però da perdersi di vista i vitali interessi cui essa Uen dietro nell'Asia centrale e che non le potrebbero permettere di assistere impassibile ad un mutamento nello statu quo territoriale in quelle regioni.

Intanto dalla stessa fonte autorizzata mi è pure stato assicurato che il Governo imperiale avrebbe sentito il bisogno di avere sui suoi confini or!entali un emissario abile e fidato incaricato di tener dietro agli avvenimenti che si stanno svolgendo nell'Asia ·centrale e di mantenersi in relazione coi Sovrani limitrofi, e sarebbero perciò venuto nella decisione di aggregare al governatore generale del Caucaso a Tiflits un Agente diplomatico. Tale missione sail'ebbe, a quanto pare, stata offerta ad un distinto funzionario di questo Ministero degli Esteri, signor Kamarow, il quale si mostrerebbe però poco disposto ad accettarla.

(l) Con lo stesso telegramma il maggiore Nerazzini cosi comunicava a Menelik:

(2) -In LV il documento reca la data del 4 settembre. (3) -In LV • di una nuova proposta». (4) -Il testo del documento fu ritrasmesso dal Ministero, con tel. n. 2311 del 7 settembre, a Tornielli, Ferrero, Nigra, Lanza, Avarna e a Melegari.
204

L'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

(AVV)

L. J>. Pa1'igi, 9 settembre 1897.

Le sono cordialmente grato della amichevole sua lettera particolare (l) portatami dal corriere al quale affido questa mia. Per il momento non ritorno sul soggetto principale di essa. Mi consenta soltanto l'osservazione che, nel mestiere di riprendere il masso che discende sulla china per riportarlo sulla vetta, quando la stanchezza vince, si arrischia di essere travolti e schiacciati. Ella mi potrebbe obbiettare che lasciando rotolare il masso, esso potrebbe andar fino in fondo e schiacciare il villaggio ciò che sarebbe peggio che il lasciare schiacciare un individuo. Dunque !asciamolo lì per ora.

Da un mio rapporto del 7 (2) Ella vedrà che vi sono ragioni di credere che il viaggio del Presldente in Russia non abbia prodotto mutamento sensibile nello ;;tato anteriore delle cose. Del mio primo colloquio con Hanotaux dopo il ritorno da Peterhoff Le ho telegrafato il 1° di questo mese (3). Il Ministro era di gaio umore. Tutto era per il meglio nel più pacifico dei mondi. Per parlarmi del Ministero italiano attuale e della fiducia che esso inspira al Governo russo, Hanotaux dovette dirmi che nelle conversazioni avute con lo Czar e con Mouraview si era naturalmente dovuto anche parla1·e deLL'ItaLia. Naturalmente l'uniformità di idee che egli si rallegrava di aver trovato in quei colloqui si applicava a mettere ben in rilievo che la politica nostra attuale era quella che avea le comuni simpatie della Russia e della Francia.

Nè in quel colloquio, ne m quello avuto ieri, Hanotaux sortì dall'assoluto silenzio già da lui mantenuto prima di partire per il viaggio, circa la visita dei nostri Reali in Germania.

A me non parve di doverlo imitare quando lo incontrai la prima volta al suo ritorno. Del resto noi italiani non avremmo la stessa ragione di simulare l'ignoranza del viaggio del Pr,eédente Faure e del suo Ministro.

Io mi ero tenuto tuttavia in una grande misura nel provocare la conversazione su questo tema. Chiesi dei disagi della lunga navigazione, della bellezza delle feste. Il rimanente del colloquio venne dalla spontaneità del Ministro. Fu quando passai in rassegna alcuni affari pendenti di non primissima importanza, che Hanotaux mi disse se io non avessi profittato dell'interim del signor Méline per spingerlo nell'affare delle trattative nostre commerciali. Gli risp-osi che ne avea fatto soltanto il cenno necessario per tener viva la questione, poichè mi pareva preferibile che ne trattassimo noi due insieme sovra tutto ora che il Ministero del Commercio qui si era malamente impressionato della dsposta nostra e conchiusi che prossimamente sarei ritornato sul soggetto. Alla qual cosa il signor Hanotaux, in quel giorno, mostrò di consentire.

Sul finire della conversazione che ebbi ieri con questo Ministro, e dopo avergli lasciato tutto il tempo di dire qualche cosa, se lo avesse voluto, del viaggio del Re ad Hombourg domandai se per le trattative commerciali vi era qualche novità. « Capirete, risposemi H signor Hanotaux, che io possa in questo momento desiderare di sentire che cosa pensano i miei colleghi». Feci notare che l'indicazione datami verbalmente della impressione che la risposta nostra alle domande francesi avea prodotta al Ministero del Commercio, metteva la trattativa in una impasse, ,se non mi si metteva in grado di far conoscere le ragioni di siffatta impressione. Hanotaux mi disse, « se il paragone non vi offendesse, vorrei che mi permetteste di dire che il mio collega si trova quasi posto nella condizione di colui che domandò in una bottega il prezzo di un oggetto e si sentì fare una domanda così lontana da ciò che egli vuol spendere, che, invitato a fare un'offerta, vi si rifiuta, dicendo è impossibile anche mercanteggiando arrivare ad intenderei».

Replicai se io dovessi intendere con ciò che il miglior partito era di non più parlarne e se in questo seruso convenisse che ne scrivessi al mio Governo. «Voi prendereste, rispose con qualche vivacità il signor Hanotaux, una ben grave responsabilità». Poi soggiunse: « Dopo che feci un gran viaggio in mare, ho imparato i proverbi dei marinai e ve n'è uno che dice: « je salue le grain, je contourne le cap et je meurs quand meme vieux marin ». Non so se trascrivo fedelmente il proverbio francese; questo ad ogni modo viene a dire che quando apparisce la procella bisogna sapere ritirare le vele. Non spinsi le cose fino a far sortire il signor Hanotaux dal suo simbolismo. Ma prima di uscire dal suo Gabinetto gli dissi che nulla avrei scritto per ora circa le trattative commerciali al mio Gove,rno, non volendo che i Ministri nostri attuali a loro volta s'avessero ad impressionare sfavorevolmente ciò che considererei rincrescevole poichè per certo di meglio disposti, ,per il lavoro al quale io attendevo qui ,con ,così poco successo, non se ne troverebbero nel mio paese. Il signor Hanotaux m'interruppe per dirmi che egli non metteva alcun dubbio nelle buone disposizioni di Lei, signor Mai!'chese, e del Marchese di Rudinì; che cogliessi invece tutte le accasioni per esprimere loro i suoi migliori sentimenti. E cosi questa mia lettera finisce con i saluti del signor Hanotaux per lei; sicchè non vi mancherebbe niente altro che le confortanti notizie dell'umore dello scrivente; ma queste purtroppo non le posso dare.

(l) -Cfr. n. 199. (2) -Non pubblicato. (3) -Si tratta del tel. n. 3089, non pubblicato.
205

L'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, PANSA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 844/237. Therapia, 11 settembre 1897. In via privata e confidenziale, è venuto a mia conoscenza il testo di un telegramma dLretto giorni sono dalla Sublime Porta all'Ambasciatore Ottomano in Roma per chiamare la sua attenzione sui procedimenti del comitato che si occupa in Italia della questione albanese. Il R. Ministero sarà meglio di me in grado di giudicare della serietà dell'azione di cui si tratta e delle persone che vi prendono parte, mentre io ne ho eonoscenza soltanto pel fatto di certi articoli che compaiono ogni tanto nei giornali e specialmente a Napoli e a Catanzaro ove si pubblica pure un periodico intitolato La nazione albanese. Checchè sia di ciò, credo non inutile comunicarle le istruzioni della Sublime Porta cui ho sopra accennato, e il cui tenore è il seguente: «Malgrado le assicurazioni di devozione e di lealtà prodigate dalla Società Albanese, residente in Italia, al Governo Ottomano, non è per ciò meno sicuro che questa Società :spinge attivamente le sue mene politiche in Albania allo scopo di sollevare quelle popolazioni. Ogni misura è stata presa p€r sorvegliare ed eludere l'opera di questa

Società, ma l'Ambasciatore è pregato di fornire delle informazioni precise e dettagliate su tutti i principali membri della Società, che risiedono in Roma ~'·

206

IL CONSOLE GENERALE A TUNISI, MACHIAVELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. RISERVA'ro 2747/399. Tunisi, 11 settembre 1897. L'accoglienza fattami, al mio ritorno in Tunisi, dal signor Révoil facente funzioni di residente e dal s:egretario d'ambasciata suo principale collaboratore non avrebbe potuto essere più cortese, ma quest'ultimo mi ha ripetuto, nell'espansione d'un colloquio amichevole, che le istruzioni da Parigi obbligano la Residenza a star sul tirato per quanto riguarda la sostanza delle relazioni italo-tunisine, interpre

tando i nuovi accordi e la situazione che ne deriva nel senso ristretto proprugnato dal signor Bompard.

207

IL CONSOLE A SCUTARI, LEONI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 3197. Scutari, 12 settembre 1897, OTe 14. Oggi in tutte le chiese venne predicato apertamente contro le scuole italiane

calunniandole insieme al R. Governo. Rinnovata assoluta inibizione sacramenti contro le famiglie alunni. Inscrizione gravemente compromessa. Segue rapporto.

208

IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, BONIN LONGARE, AL MINISTRO A TANGERI, MALMUSI

T. 2379. Roma, 14 settembre 1897, ore 13.

R. Incaricato d'affari a Londra telegrafa (l) quanto segue: «Sottosegretario di Stato per gli affari esteri mi ha detto che riterrebbe pericoloso precedente da doversi evitare ad ogni costo l'accordare Hberazione dei riffegni detenuti. Pregherebbe quindi che si esaurissero dapprima tutti gli altri mezzi per ottenere restituzione dei sequestrati. Telegrafa oggi stesso al rappresentante inglese in Tangeri per informarsi se la situazione dei prigionieri dia luogo, in caso di rifiuto, anche solo di ritardo nel rispondere, a preoccupazioni per la loro vita».

Prego V. S. telegrafarmi sua opmwne circa la possibilità di ricorrere ad altri mezzi per ottenere restituzione sequestrati acciò quelli mancando si possa eventualmente insistere presso Governo inglese e replicare obbiezione da esso opposta della quale non possiamo disconoscere la serietà. Prego anche V. S. considerare e telegrafarmi se non divenga opportuna una energica pressione su governo marocchino allo scopo d'indurlo a trovare come sarebbe obbligo suo qualche mezzo efficace per avere da riffegni la restituzione dei prigionieri.

209

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, ALL'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI

(AVV)

L. P. Roma, 17 settembre 1897.

Ho ricevuto la Sua lettera (2) il giorno stesso del mio ritorno e quando appunto mi proponevo di scriverLe.

L'impressione che ebbi dal linguaggio del signor Hanotaux è simile a quella che parmi, Ella ne abbia ricevuta. Un .po' meno di SIPirito e un po' più di sincerità sarebbe stato di miglior gusto.

Questo colloquio mi conferma nel pensiero che a noi convenga procedere con molta cautela. Dobbiamo evitare due pericoli. L'uno che consiste nell'autorizzare il Governo Francese a credere o far le viste di credere che noi stessi: abbiamo abbandonato il pensiero delle trattative commerciali. L'altro che, all'opposto, può nascondersi nel lasciarsi attrarre in una serie di insistenze e di imziative alla fine delle quali il Governo Francese si riserba una risposta che non gioverebbe alle relazioni dei due paesi. Vi è per guidarci tra questi scogli, un giudizio delle opportunità, delle circostanze, della stessa dignità nostra, il quale non può essere fatto che sul luogo, e per cui mi rimetto a Lei interamente e con piena fiducia.

Che le trattative commerciali continuirno, che approdino, del che dubito assai, nessuno lo desidera più di noi. Dopo il viaggio del Re non potremmo

desiderare migliore successo. Ma se devono essere ritardate, come parmi probabile, dobbiamo cercare che ciò avvenga senza che ne sia compromessa l'opera di conciliazione in quella parte che può essere consolidata.

Questa politica di riavvLcinamento prosegutta con calma e che potrà trovare le sue applicazioni nello svolgersi delle quistioni ·europee varrà a ri:fare un ambiente favorevole 1per la pacificazione economica che ne dovrà essere il suggeHo.

Il paragone :fatto dal s~gnor Hanotaux con colui che entra in una bottega e sente chiedersi un troppo gran prezzo dell'oggetto che vorrebbe 1comperare, sa.rebbe esatto se applicato a rovescio, vale a dire non ai Ministri Fil"ances·i ma a noi. Questi potrebbero piuttosto paragonarsi al negoziante che domanda della sua mel'ce un prezzo esagerato e a •cui è fatta un'off.erta ·che, per essere ragionevole, è alquanto lontana dalla richiesta. Il Ministro del Commer.cio, collega del signor Hanotaux sembra fare questo ragionamento: la Francia ha diritto alla tariffa convenzionale italiana, e poichè l'Italia chiede la tariffa minima francese, ecco i compensi necessari per tale concessione. Posta cos·ì, la questione sarebbe insolubile. Essa non può essere trattata che esaminando, seriamente e in buona fede, dal punto di vista di un •equo trattamento reciproco, l'equivalenza della tariffa minima francese e della convenzionale italiana. Questo esame completo, analitico, in contradditorio, sarebbe non impossibile, ma difficile per iscritto; sarebbe agevole, a voce, fra persone tecniche. Poichè io temo che nei calcoli del bureaux del Ministero Francese del Commercio vi sia una certa dose di ignoranza dei vari termrni del problema.

Non le parlo nei suoi particolari del viaggio di Hombourg. Ho cercato, per quanto era da me, di evitare gli incidenti ·e le parole che potevano inutilmente offendere le altrui suscettibilità. Ho trovato il Governo Germanico assai sicuro intorno alle intenzioni pacifiche della Russia, ma l'ho anche trovato, -non tanto il signor di BUlow quanto l'Impeil"atore (il che è tutto) -animato da una grande diffidenza e da molto makontento verso l'Inghilterra.

Fu appunto nei giorni in cui mi trovavo ad Hombourg che il Governo Tedesco e l'Inglese poterono intendersi sugli articoli dei preliminari della pace grecoturca e appianare quelle diffieoltà che minacciarono di scomporre, all'ultimo momento, :l'opera faticosa del concerto europeo. Era naturale ·che io mi valessi dell'occasione per contribuire, per quanto poteva essere in poter mio, alla causa della conciliazione, per dimostrare quali sarebbero state le conseguenze dannose nell'interesse europeo, e la situaz~one difficile che sarebbe stata fatta all'Italia se i preliminari di pace si fossero firmati dalle potenze continentwi all'infuori dell'Inghilterra. Credo anche oche l'opera mia non sia stata, del tutto, inefficace.

Forse da ciò e dalla venuia, per verità, poco opportuna del generale Ferrero, è nata la diceria, riprodotta in più giornali francesi, che a Hombourg io abbia cercato di promuovere non so quali combinazioni fra la Germania e l'Inghilterra, in un senso dì comune ostilità verso la Francia. La presenza del generale Ferrero è stata affatto accidentale. Dopo una cura a Carlsbad, egli si trovava in una stazione di bagni del Reno, presso a Hombourg e credette, poco opportunamente, di presentare i suoi omaggi al Re. Quanto alla voce alla quale ho futto allusione, non ho bisogno di dirle che essa è priva di ogni !fondamento. Non so davvero a quale combinazione pratica, nello stato attuale delle reci

proche disposizioni tra la Germania e l'Inghilterra, avrei potuto pensare. Il riavvicinamento alla Germania dell'Inghilterra non può partire che dall'iniziativa di quest'ultima, e questa iniziativa non può essere provocata che dalla condotta della Francia e deHa Russia. Nello stesso tempo, non è presumi:bile che la Germania voglia rinunciare alla sua libertà d'azione nelle questioni dell'avve. nire e scostarsi dalla sua politica di buon accordo colla Russra, nella quale sta il nodo della pace europea, per avvicinarsi all'Inghilterra. Ogni tentativo, da parte mia, per mutare questo stato di cose sarebbe stato inutile, un vano sforzo per inasprire la situazione generale. Io non ho fatto alcuna dichiarazione intempestiva sulla questione di Egitto, ma, rimanendo nella cerehia delle questioni presenti, ho.sostenuto, per quanto era da me, il concetto della continuazione del concerto europeo nella fase attuale degli affari di Oriente. Credo che questo sia anche il pensiero del Governo francese, come di tutti i Governi che hanno degli interessi in Oriente e che desiderano lo statu quo e la pace. Vorrei anche aggiungere che se l'Inghilterra si sta•ccasse dalle potenze continentali, lo farebbe in maniera che essa apparisse la protettrice dei cristiani e dell'umanità e le potenze continentali aiJ1P3.rissero invece le patrone dell'oppressione e dei turchi, il che non renderelbbe più facHe la condizione dei Governi parlamentari e liberali.

I ,preliminari di pace tra la Turchia e la Grecia sono firmati, dopo quasi quattro mesi di trattative. Ma rimangono in Oriente altre difficoltà, altre questioni da risolvere. La prima è quella dell'isola di Candia, la ·cui situazione non può più oltre prolungarsi. Le potenze ammisero, di comune accordo, che l'iso!.a sarebbe stata dotata di un regime di autonom.iJa effettiva, con governo separato, sotto l'alta sovranità del Sultano. Lo dichiararono in atti pubbHci e solenni, lo fecero promettere dagli Ammiragli alle popolazioni ed agli insmti cretesi. I Governi delle nazioni liberali, che dovevano tener conto della opinione pubblica, per far accettare la politica da essi addottata in Oriente, presero nei loro parlamentari degli espliciti impegni su questo futuro regime che le potenze avrebbero assicurato all'isola di Candia. Manterrà l'Europa le sue promesse? Le confesso che guardo all'avvenire ·con una certa inquietudine. Ho sempre cYeduto, dopo le vittorie turche, che noi incontreremo dalla parte del Sultano delle gravi difficoltà. È vero •che la Porta ha taderito alla notificazione delle potenze che conteneva l'autonomia di Creta, ma in due punti ha sempre mante. nuto delle riserve, sulla nomina del .governatore e sul ritiro delle truppe ottomarre. Ora, qui è tutto. Il ritorno al regime dei pachas turchi, sia anche dei migliori, 'come i Carathiodori o i Photiades, ha già fatto la sua esper.ienza. La

diffidenza che le potenze, malgrado le loro promesse avrebbero ricondotto l'isola a talune di quelle ·combinazioni, come il patto di Halepa od altre, che finirono tutte nello stesso modo, fu appunto l'arena di cui si valsero gli agenti greci per impedire la pacificazione dell'isola. Ho parlato coll'ammiraglio Canevaro che è venuto, per alcuni giorni, in Italia e ritornerà presto a riprendere H suo comando. Egli mi ha confermato quello che, del resto, già sapevo. Le popolazioni cretesi sono disposte ad accettare l'autonomia. Ma se si proporrà loro un regime che, malgrado delle garanzie che si riterranno tutte illusorie, sia un ripristino della amministrazione ottomana, e se non si -ritiveranno le truppe ottomane o, al più, non si ridurranno a qualche guarnigione simbo-lica della

II --Documenti diplomatici -Serie III -Vol. Il.

sovranità del Sultano, gli insorti non deporranno, certo, le armi. E, aUora, chd pacificherà l'isola? Si dovrà dare questo mandato alle truppe turche e i distaccamenti europei dovranno assistere alla riconquista sanguinosa dell'isola !Per parte dei turchi? ,Io parlai di questo argomento col signore di Btilow, e gli esposi i motivi pei quali non avremmo potuto dare la nostra adesione a delle proposte che avrebbero condotto a questi risultati, oppure ci avrebbero rimesso, a breve scadenza, sulle braccia la qui,gtione di Creta. Gli domandai se la Germania non aveva accettato le proposte di cui il signor Hanotaux aveva preso l'iniziativa. H signor di Btilow mi rispose •che :il Gabinetto di Berlino non aveva aderito alla candtdatur:a del signor Droz, perchè questi aveva preso parte, in Svizzera, ai comitati armeni e rappresentava nel suo paese le idee radtcali, ma che non avrebbe avuto difficoltà ad accettare un altro candidato. Gli osservai che, per tal modo, si poteva ritenere ammesso il principio che il Governatore non fosse un suddito ottomano. Qualunque s.lia il valore di queste dichiarazioni abbastanza vaghe, ·si può ritenere ·che il Govelfno Germanico non si metterà in prima linea nella questione di Creta, ma che, senza separarsi dalle a[tre potenze, l'indirizzo generale della sua politica rimarrà favorevole alla Turchia.

Il Governo austriaco, alla sua volta, finirà coll'associarsi alla condotta del Governo di Berlino. È adunque da rcredersi che nei negoziati per la quistione di Creta, la Francia e la Russia avranno l'iniziativa e l'azione dominante. Il risultato d1penderà in .gran parte dalla attitUJdine che esse assumeranno. Il signor Hanotaux ha assunto nella questione una responsabilità speciale, facendosi l'autore di una proposta che le potenze avevano, in massima, accettata e che egli dovrebbe desiderare di non vedere rimessa in quistione od abbandonata. Mi sarebbe grato se Ella trovasse l'occasione di aveve col signor Hanotaux una conversazione •confidenziale .per ·conoscere le sue intenzioni e le sue previsioni nel negoziato che le potenze dovranno presto intraprendere per dare un assetto alla questione et~·etese. Sarei lieto di poter constatare una conformità di vedute. e quindi anche di condotta tra il Governo Italiano e il Governo della Repubblica.

P. S. Dal suo dispaccio sul nostro addetto militare (1), debbo dedurre che la sua presenza a Parigi è divenuta difficHe, anzi poco opportuna?

(l) -Con tel. n. 3216 del 13 settembre, non pubblicato. (2) -Cfr. n. 204.
210

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, AL MINISTRO A TANGERI, MALMUSI

T. 2416. Roma, 19 settembre 1897, ore 17. Per di Lei informazione strettamente confidenziale. Secondo notizie conformi giunte da Londra al R. Governo e al Governo portoghese Lord Salisbury non sarebbe alieno dall'autorizzare rilascio prigioniero riffegno ove ogni altro mezzo riuscisse vano. Esempio Governo inglese potrebbe aver buon effetto su Governo spagnuolo il cui Ambasciatore a Londra avrebbe fatto capire che suo Governo sarebbe eventualmente disposto affrettare processo

suoi prigionieri, graziarli se condannati. Queste notizie non debbono rallentare l'azione energica che dobbiamo esercitare sul Governo marocchino.

(l) Non pubblicato.

211

IL GENERALE DAL VERME AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO, RUDINI'

L. P. Alessandria, 19 settembre 1897. A seconda delle istruzioni definitive dell'E. V. ricevute con telegramma del Ministero della Guerra i1l 17 corrente (1), non ·che di quelle altre dallo stesso inviatomi per telegrafo in Valle d'Aosta il 15 e il 16 (1), mi sono trovato a Torino all'arrivo della valigia delle Indie la sera del 18. Mi sono subito accorto che Lord Cromer desiderava bensl di avere i dati richiesti sul presidio di Cassala e sulle spese dell'amministrazione; ma che era disposto ad un colloquio brevissimo, perchè mi chiese ove avremmo potuto scambiare poche parole. Io però, sapendo che il treno sostava soltanto dieci minuti ed intendendo di parlare il più a lungo possibile, gli dissi che prendevo posto io pure nel treno, almeno sino ad Alessandria ed occorrendo anche più più oltre. Entrati nel vagone-sa,lone dove non vi era nessuno pel momento, gH l:!cm.segnai subito 'il prospetto che avevo preparato, in inglese, della forza e composizione del presidio di Cassala colle cifre della spesa desunte dal telegramma del Ministero della Guerra ricevuto ieri a Torino e del quale prospetto (l) credo opportuno unire copia alla presente.

Lord Cromer lesse rapidamente le cifre e disse subito che era quanto desiderava; ma allorchè tradusse il totale della spesa in lire sterline, che riuscivano

90.000 circa, ne fu non poco impensierito. Gli feci però osservare che a noi gli ascari costano cari, perchè ai semplici soldati diamo L. 1,50 al giorno, mentre il soldato egiziano costa meno, ed inoltre che il presidio oggi è forte in vista della probabilità dellè incursioni mahdiste, pericolo questo che dipende dagli inglesi di far cessare.

«Ma noi quest'anno non vogliamo andare più oltre • interruppe subito Lo:r<d Cromer. «I Dervisci ingrossano; sono in numero maggiore di quando fronteggiavano Dongola; il grosso dei Baggara è sceso ora, intatto, all'incontro degli anglo-egiziani. L'Egitto non è in grado oggi di procedere innanzi, e noi siamo decisi a non impiegare neppure un soldato inglese. Dunque, per ora, dobbiamo arresta•rci a Berber o poco presso. A Omdurman, assolutamente no».

Dopo avermi .chiesto alcuni particolari sulla composizione delle truppe indigene e sull'impiego degli italiani di truppa, mi domandò se sostituendoci a Cassala, l'Egitto avrebbe potuto prendere al suo soldo i nostri ascari. Risposi, in massima, affermativamente; ma osservai che se la combinazione avrebbe potuto essere conveniente a riguardo dei sudanesi, non la credevo tale per gli abissini, i quali male si adattano al clima del deserto; e se al nostro servizio si rassegnano a stare a Cassala, gli è perchè noi abbiamo la regola di rilevarli sovente per far ritorno sull'altipiano, nel clima natio.

A questo punto credetti di entrare nella quistione essenziale, della cessione cioè, del modo e sopratutto del quando avrebbe avuto luogo; dicendo subito che

11 Governo italiano desiderava fosse effettuata al più presto, in ogni modo non oltre Natale, l'epoca fissata nei preliminari fra i due Governi.

Qui Lord Cromer interruppe per rettificare la mia frase, e per dichiarare che Lord Salisbury non promise già di rilevare nè di far rilevare dall'Egitto Cassala per Natale, ma che si limitò a pregare il Governo italiano di mantenere l'occupazione fino a Natale. Intendendo con ciò che per quell'epoca l'Egitto vi avrebbe .sostituito l'Italia se le sue forze militari e le sue finanze glielo avrebbero consentito; e quando per la detta epoca non fosse stato in grado di sostituire colle sue truppe quelle italiane, sarebbe cessato l'obbligo morale per l'Italia rimpetto all'Inghilterra di tenere la piazza.

Ho voluto insistere sull'epoca del Natale, fissata, mi pareva, come perentoria per la cessione; ma Lord Cromer mi assicurò che le parol·e di Lord Salisbury erano state, come non se ne può dubitare, dettate da lui; e me ne convinsi poi, rileggendo il Memoriale datomi dal senatore Malvano a Pré S. Didier, dal quale non risultava nessuna esplicita, categorica promessa.

Allora, dissi, se l'Egitto non è in grado di sostituirei e se le truppe inglesi non debbono essere, neppure in minima parte, impiegate nel Sudan, noi, sgombrando la piazza, questa sarà rioccupata dai dervisci. E sarà un disastro per tutti, incominciando da voi.

«Meglio i dervisci», mi rispose Lord Cromer, «a Cassala, che la catastrofe finanziaria dell'Egitto; perchè a quell'evento, per quanto triste, si potrà in qualche modo portar rimedio; mentre se vengon meno i denari all'Egitto, questo non può più pem.are a far nulla, nè in Egitto nè nel Sudan ».

Il ragionamento non mi impose il silenzio, perchè non mi pareva il caso di parlare di catastrofe finanziaria per due milioni di franchi una volta tanto; imperocchè un altro anno, schiacciato il Mahdismo od almeno obbligato ad emigrare, Cassala si potrebbe tenere con una Compagnia.

Dissi pertanto che il ritorno dei dervisci a Cassala farebbe una tristissima impressione in Italia, in Inghilterra, in Egitto; ed aggiunsi che addosso al Governo italiano cadrebbero da ogni parte, giustificate, le recriminazioni.

«Non nego», repUcò Lord Cromer, «che ciò sia vero, ma fino ad un certo punto, perchè l'importanza di Cassala fu molto esagerata, e non so propriamente perchè voi vi siete andati».

Ci siamo andati, risposi, per distruggere la base d'operazione donde partivano le offese dei dervisci contro l'Eritrea (1). Avremo errato a rimanervi, invece ·che !imitarci a distruggerla, come era la prima intenzione del Generale Baratieri. Ma questo non toglie che l'importanza di Cassala era tanto riconosciuta quando trattammo, voi ed io, al Cairo e a Napoli, nel 1890, che voi avete finito col rompere le trattative precisamente per Cassala a cui noi si tendeva e che voi non volevate che noi potessimo in nessuna maniera occupare. Ricordo benissimo, conclusi, quando voi a Napoli diceste al Presidente del Consiglio onorevole Crispi; «Se con questa convenzione si lasciasse Cassala all'Italia, l'opinione pubblica in Egitto ne sarebbe grandemente commossa».

Lord Cromer sorrise, rispose vagamente, ma aveva l'aria di pensare che

allora doveva dire così ed oggi deve dire diversamente.

R!iportato il discorso nel campo pratico, il Ministro ibritanntco mi assicurò

che avrebbe, non appena giunto al Cairo, disposto perchè uno o due ufficiali si

rechino a Massaua, donde a Cassala, per vedere di che si tratta.

Rammentando quanto mi aveva detto poco prima, che cioè la cessione rloveva

farsi all'Egitto e non all'Inghilterra, espressi il desiderio che gli incaricati di

questa missione fossero inglesi e non egiziani, per evitare una sfavorevole

impressione tanto nella colonia quanto in Italia. «Certamente saranno inglesi,

di quelli al servizio egiziano, temporaneamente, e forse uno dei due sarà il

Colonnello Wingate che voi conoscete».

Questo Lord Cromer mi ha ripetutamente promesso di fare subito, contando

sulle agevolezze che il Governo dell'Eritrea avrebbe fatto a quegli ufficiali per

recarsi a Cassala, su di che gli ho dato le più ampie assicurazioni. Ma oltre a

questo, non mi ha promesso altro.

Poichè non è ancora deciso che l'Egitto ci sostituisca quest'anno a Cassala,

non ho creduto fosse il caso· di parlare delle modalità della consegna.

Dovetti invece rispondere a varie altre domande.

Mi fu chiesto sin dove contavamo rimanere colla occupazione. Risposi di

non saperlo esattamente, non essendo ancora definita la frontiera coll'Etiopia. Dissi supporre fino ad Agordat, quantunque, a tutto rigore, il territorio di Cassala (prov. di Taca) finisce a Sabderat, a 25 chilometri, fo!l'se nemmen tanto, ad Est di Cassala. Alla domanda poi •se gli egiziani sarebbero stati ·Confinanti cogli abissini, non potei rispondere, non conoscendo le intenzioni del Gove!l'no relativamente all'estensione a darsi alla cessione di Cassala, se cioè limitata al territorio descritto all'art. 11 del protocollo 15 aprile 1891, oppure olt!l'e quel limite.

Lord C!l'omer mi chiese, infine, se, temporaneamente s'intende, il Governo italiano avrebbe consentito al passaggio da Massaua e sul territorio eritreo alle truppe anglo-egiziane per andare a Cassala. Risposi che credevo di si, temporaneamente, e più precisamente sin tanto che non sarebbe stata libera la strada da Sua-Kin.

Venuta la mia volta di fare dei quesiti, chiesi notizie della dimostrazione verso Nord, imminente, del presidio di Sua-Kin; segnalata da Massaua. Lord Cromer rispose che, assente dall'Egitto da mesi, non aveva ordinato nulla di ciò e che non ne sapeva nulla. Non mi parve però sorpreso della notizia; e mentre credo benissimo che egli non ne abbia la responsabilità diretta, non posso supporre che il Governo centrale non lo abbia edotto della determinazione presa da chi faceva le sue veci in Egitto, durante la sua assenza.

Domandai ancora, prendendo oc•casione delle rivelazioni di Leontief da Costantinopoli sulla sua missione presso Menelik in odio agli inglesi, che cosa Rennel Rodd avesse ottenuto nella sua missione ad Adis Abeba. Mi fu risposto che oltre alla stipulazione di un trattato di commercio, aveva ottenuta la dichiarazione di neutralità del Negus nella lotta fra l'Inghilterra e la Mahdia.

Posi finalmente il discorso, mentre Lord Cromer già stava per alzarsi, sulla via di comunicazione che il Re Leopoldo II desidererebbe stabilire tra lo Stato del Congo e l'Eritrea; ma il mio interlocutore non mi lasciò neppur finire la frase e mi disse subito, redsamente: «Non è affare che mi riguarda». E poichè io avrei voluto sentire almeno il suo avviso e pronunciai ancora qualche parola sull'argomento, Lord Cromer mi disse a modo di conclusione precisamente cosl: «Le Roi des Belges est très-malin ».

E ridendo si alzò, mi disse che era stanco del lungo viaggio e che andava a riposare; mi rassicurò di nuovo circa l'invio immediato di uno o due uffic1ali inglesi a Massaua per procedere alla visita di Cassala, e prese commiato.

Il colloquio era durato oltre un'ora. L'impressione che ne ritrassi è, relativamente a Cassala, questa: che insino a quando i dervisci saranno in armi di fronte agli anglo-egiziani a Berber, il Governo britannico non permetterà allo Egitto di prendere in consegna Cassala, col pretesto del suo piccolo esercito e delle sue ristrette finanze da poco ristorate ed ora di nuovo minacciate dalla guerra sul Nilo. Non lo permetterà, ben sapendo che il Governo italiano non vorrà rivedere i dervisci nella piazza strenuamente difesa dalle sue truppe. Lo permetterà invece non appena il pericolo delle irruzioni dei dervisci sarà svanito, dicendo allora, con tutta l'apparenza di verità, che l'Egitto è in grado di sostituirei, essendo allora richiesto un presidio insignificante ed una spesa assai minore di. quella che oggi sarebbe necessaria.

Relativamente poi ai progetti del Re dei Belgi, parmi non arrischiato il dire che non avranno l'appoggio di Lord Cromer, e quindi nemmeno quello del Governo della Regina.

(l) Non pubblicato.

(l) Mi duole di non aver pensato ad aggiungere che Cassala era anche la base di operazione donde partivano le offese contro Sue-Kin. (Nota del documento).

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L'INCARICATO D'AFFARI A COSTANTINOPOLI, GALLINA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA (Ed. in LV 96, pp. 363-64)

T. 3279. Therapia, 22 settembre 1897, ore 20,35. Ministre des affaires étrangères a adressé aujourd-hui aux représentants des grandes puissances télégramme SIUivant: « S. M. Impérial le Sultan M001 Auguste Maitre a approuvé l'acte préliminaire de paix du 18 septembre avec ses deux annexes A et B; l'annexe C devant ètre décidée lors de la discuss~Oil1 du traité définitif ». Nous aurons probablement une réunion demain pour aviser au moyen d'écarter cette dernière difficulté. En attendent Monsieur Onou a reçu avis de commu

niquer au Cabinet hellénique seulement l'acte préliminaire et les annexes A et B. Je télégraphie ce qui précède Athènes.

213

IL MINISTRO A BUENOS AIRES, ANTONELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 3968/674. Buenos Aires, 22' settembre 1897. Ho l'onore di portare alla ·conoscenza di V. E. che, in oc.casione della ricorrenza del XX Settembre, l'agitazione clericale intransigente ha avuto in questo anno un'attitudine più aspra che negli anni scorsi. L'arcivescovo della Santissima Trinità di Buenos Aires Vladislao Castellano ha lanciato in data 7 coo-

rente una pastorale concepita in termini violent1ssimi contro la festa Italiana del XX Settembre che chiamava «licenciosas bacanales » per festeggiare «aquel hecho obrobrioso ». Invitava i fedeli in segno di protesta ad accorrere numerosi ad un triduo che si sarebbe celebrato in tutte le chiese e cappelle pubbliche nei giorni, 19, 20 e 21, raccomandando che nelle p!'ediche si trattasse del rpotere temporale necessario all'attuale stato della Chiesa e del Pontefice.

La pasto;rale dell'Arcivescovo non passò inosservata; e .conversandone amichevolmente ed in via del tutto ufficiosa col dottore Alcorta gli feci rilevare che gli attriti fra la popolazione italiana liberale ed il clero erano quasi scomparsi e ·che la violenza di linguaggio dell'eminentissimo Arcivescovo non era .giustificata e che in una parte della collettività italiana di limitata educazione civile poteva far nascere una reazione irritante. Aggiungevo inoltre •che, oltre la !forma aspra, la pastorale vescovile era inesatta nella sostanza. Le feste della nostra collettività per il XX settembre, come in tutte le altre ricorrenze hanno sempre carattere di correttissima moralità, e l'introito è destinato a beneficio dell'Ospedale Italiano o di altra isti:tuzione di carità.

Il dottore Alcorta mi disse che l'Arcivescovo aveva agito con poca prudenza e che l'avrebbe fatto rilevare aU'eccellentiSis,imo signor Presidente della Repubblica: e che l'untca cosa che poteva :fare il potere esecutivo di fronte a quello ecclesiastico era una semp!ilce insinuazione per raccomandare i!n simili drcostanze la maggior possibile soavità.

La stampa locale si è occupata della cosa in termini 'benevoli verso l'ItaHa, e qui unito compiego a V. E. due brani di giornali autorevoli il Diario e la Prensa (1), quest'ultimo più importante perchè .riporta una conversazione avuta col Ministro per gli Affari Esteri, che fedelmente riporta quanto a me già aveva risposto in merito a tale argomento.

214

IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, BONIN LONGARE, ALL'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI

T. 2452. Roma, 24 settembre 1897, ore 0,15.

Giornali pubblicando notizie contraddittorie circa contenuto nuovo accordo anglo-francese per Tunisi prego V. E. telegrafarmi in un sunto notizie che ella possiede in proposito.

215

L'INCARICATO D'AFFARI AD ATENE, NOBILI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA (Ed. in LV 96, p. 369)

T. 3314. Atene, 27 settembre 1897, ore 17,20 (per. ore 19).

Questa mattina abbiamo concordato e firmato, con (2) aggiunta, la nota collettiva accompagnamento preliminari di pace turco-greca. Ministro di Russia, decano del corpo diplomatico, l'ha rimessa, con gli annessi, ora a questo ministro degli affari esteri.

* Rappresentanti esteri grandi potenze * ad unanimità, abbiamo autorizzato ministro di Russia scrivere sotto l'annesso C quanto segue: «La signature cidessus du ministre des affaires éhangères ottoman, se trouvant imprimée par suite d'une erreur matérielle, doit ètre considérée comme nulle et non avenue. Le doyen autorisé. Onou ».

Telegrafo quanto precede Gallina a Costantinopoli. È da prevedersi accettazione parte del governo; Camera dei deputati riunita senza indugio. * Meeting ieri numeroso senza importanza, senza inconvenienti *.

(l) -Non riprodotti. (2) -In LV qui aggi.unto: • l'ultima».
216

L'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

(AVV)

L. P. Parigi, 27 settembre 1897. La ringrazio molto delle Sue due lettere partkolari del 20 (1). Le frequenti assenze da Parigi del signor Hanotaux, la stagione non ancora propizia per tenere i consigli di Ministri ed altre circostanze se sono d'imbarazzo per le trattative che si vorrebbero condurre rapidamente, hanno invece il vantaggio di rendere perfettamente naturali gli indugi in quelle per le quali un periodo di sosta non può che fare del bene. Per il negoziato commerciale Ella accenna a due pericoli: quello cioè di permettere al Ministro francese di far credere che siamo noi che abbandoniamo la trattativa; e quello di provocare con le soveriChie nostre insistenze una risposta che danneggerebbe le relazioni ,generali fra i due paesi. In fatto il signor Hanotaux, mentre ha dato ordine espresso agli uffizi del Ministero prima di partire per la Russia, di non comunicarmi la risposta del Ministero del commercio al nostro pro-memoria relativo ai dazi doganali, con me, al suo ritorno da Pietroburgo, ha voluto lasciare intendere che ciò che della risposta stessa mi avea verbalmente comunicato ci costituiva in mora per replicare, se lo volevamo, nella materia. Naturalmente l'ho rimbeccato come si conveniva. Ma il tentativo è stato fatto di mettere in certa guisa a carico nostro la responsabilità della non prosecuzione delle trattative. Di questo pericolo mi preoccupo meno che dell'altro cioè di quello di non dare di cozzo in una di quelle risposte che guasterebbero tutto. Attualmente si conduce in alcuni giornali francesi una campagna contro di noi, non in quanto siamo alleati della Germania, ma in quanto essendo amici dell'Inghilterra tendiamo a ristabilire l'armonia fra Berlino e Londra. Anche questa campagna finirà se qualche circostanza speciale non verrà ad alimentarla. Praticamente però se anche le difficoltà di ordine politico cesseranno fra breve di essere un ostacolo alla ripresa attiva del negoziato, sussisterà un punto preliminare sul quale l'intesa è indispensabile per poter proseguire.

La risposta del ministro del commercio che Hanotaux non volle mi fosse comunicata non parla affatto di circostanze politiche. Essa metteva in luce la

necessità di offrire dei vantaggi per molte classi di produzioni perchè bisogna interessare molti gruppi di produttori se si vogliono assicurare i voti della camera e del senato per il futuro accordo. Ed inoltre il Ministro del commercio faceva una specie di condiz1one sine qua non del ribasso del dazio sul vino in bottiglie fino alla misura domandataci di franchi 10 per cento bottiglie. Su questo punto pare che fossero corsi degli accordi fra i Ministri. Ho saputo queste cose di straforo; ma ne possiamo tener conto in questo senso che se il nostro ministero tecnico ritenesse assolutamente impossibile il ribasso del dazio suddetto nella misura qui desiderata, gioverebbe rassegnarsi a non riuscire per ora nelle trattative e manovrare in conseguenza affinchè non ne sia turbata soverchiamente l'opera di conciliazione. A me naturalmente premerebbe di sapere, per solo mio governo, se il ribasso del dazio sul vino in bottiglie è possibile oppur no.

Non credo propriamente che qui si ponga la questione nei termini da Lei supposti; ma si abusa dell'ldea che nella tariffa convenzionale con gli altri stati, furono dall'Italia riservati gli articoli che maggiormente interessano la Francia e che per questi non furono ancora introdotti nella tariffa stessa i ribassi che furono consentiti per le voci di principale importanza per gli stati che fecero con noi dei trattati. A questo ragionamento sono qui condotti anche un po' dal ricordo delle trattative anteriori che vennero abbandonate per le ben note ragioni politiche.

Mi saranno preziose le indicazioni che Ella mi dà sulla posizione che rispettivamente tengono le potenze fra di loro. Il Governo di qui è certamente altrettanto pacifico quanto ogni altro in Europa. Ma le considerazioni che ho esposto nei rapporti che Le ho mandato sullo stato d'animo della Francia prima e dopo il viaggio presidenziale a Pietroburgo, restano sempre vere.

È ai concetti espressi nella di Lei lettera del 20 (l) che mi sono inspirato nel colloquio particolare avuto poc'anzi con Hanotaux circa l'avvenire della questione cretese. Attesa l'imminenza dell'arrivo di proposte turche circa il riordinamento dell'isola, ho dovuto riassumere in un dispaccio telegrafico (2) ciò che dal colloquio è emerso di sostanziale. Aggiungo solamente che non mi è rparso di scorgere che per questo affare speciale la rreciproca situazione della Francia con la Russia si sia modificata poichè nel corso della conversazione Hanotaux ha accennato all'intevesse religioso-uman~tario che pure s'imporrebbe al Governo russo e lo impedirebbe di mettersi con i Gabinetti che stimassero di poter appoggiave le pretese del Sultano. Mi è rimasta l'impressione che se qualcuno volesse fare l'opera di misericordia di dare sepoltura al signor Droz, Hanotaux ripiglierebbe volentieri le sue proposte al punto dove erano quando si stimò dover aspettare che i preliminari della pace fossero stabiliti prima di occuparsi della Creta.

Mi raccomandò ripetutamente Hanotaux che in nessun caso apparisca che egli stesso mi ha parlato del lussemburghese Schoeffer. Ma se qualcuno ne ripescasse il nome nella proposta fattane dall'Austria egli ne sarebbe contento. È impossibile dar corpo alle proposte francesi se non si è d'accordo sul nome

del Gove!l'natore. Dal punto di vista generale mi sembrerebbe utile che l'affare cretese si liquidasse con la prevalenza delle proposte sostenute dai Governi che hanno maggiore e più immediata responsabilità di mantenere le promesse fatte ai cretesi perchè le stesse promesse furono appoggiate dai voti dei parlamenti rispettivi. Hanotaux mi diceva che in fine dei conti un progetto concreto che fosse a1ceettato dall'Italia, daLl'Inghilterra e dalla Francia sarebbe accettato anche dal Sultano e che il desiderio di altre potenze di compiacere al Sultano non anderà fino a fare opposizione a un siffatto progetto.

Chiamo la di Lei attenzione sovra un mio rapporto che parte oggi (l) relativo ai pretesi accordi territoriali dell'Inghilterra con l'Abissinia. Mi gioverebbe sapere che cosa vi è di certo in proposito. Se mi fosse lecito interloquire nella di1:1putata materia, raccomanderei di non far gettito dell'arteria fluviale africana sulla quale la delimitazione anglo-italiana del 1894 ci riconobbe importanti diritti. Mi pare che sia spensieratezza tanto il voler tenere troppo, quanto il buttar via tutto. Bisognerà pure che un giorno o l'altro riprendiamo anche qui la questione della delimitazione in Africa.

Le difficoltà che incontra talvolta il colonnello Panizzardi sono da me segnalate perchè si sappia a Roma come stanno precisamente le cose. Un altro uffiziale che dovesse fare qui il suo tirocinio, in queste circostanze, potrebbe essere involontariamente causa di difficoltà assai maggiori.

Ho saputo che l'addetto militare inglese va alla inaugurazione del monu. mento a Canrobert e che la Turchia vi manda un generale. La Russia vi si fa rappresentare (c'est un comble)! In queste circostanze è impossibile che l'addetto militare italiano non vada egli pure.

(l) Non pubblicate, ma cfr. il doc. n. 209.

(l) -Non pubblicata, ma cfr. n. 209. (2) -Si tratta del tel. n. 3315, non pubblicato.
217

L'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. RISERVATO 3024/916. Parigi, 30 settembre 1897. Sulla fede dì un racconto del corrispondente romano del giornale Des Débats, è comparsa anche in altre gazzette francesi una storiella che dovrebbe, a parer mio, essere rettificata. Essa ·concerne una pretesa promessa. che il Re Vittorio Emanuele avrebbe fatto pervenire al Papa per mezzo del cardinale Corsi A~cìvets,covo di Pisa in occasione della gravissima malattia che colse S. M. nell'autunno del 1868 a San Rossore. La promessa sarebbe stata •cosi concepita: « Dites à Sa Sainteté que, moi vivant, l'Italie n'ira pas à Rome. Je Jui engage ma parole de Roi ». Mi trovava in quel tempo a compiere presso il generale Menabrea, allora Presidente del Consiglio, le funzioni di capo del Gabinetto ed ho avuto occasione di sapere ·che le cose si passarono a San Rossore molto diversamente. 11 generale che si era frettolosamente trasportato da Napoli a San Rossore,

vi avea trovato organizzato dal marchese Gualterio Ministro dell'Interno, un servizio di str·ettissima sorveglianza per impedire che i messaggi del Cardinale

di Pisa potessero pervenire al cappellano di corte che si trovava presso il Re infermo. Dal canto suo l'eminentissimo Corsi av·ea tentato con sotterfugi di far pervenire a quell'eccles1iastico le istru~ioni che il suo ufficio di Vescovo diocesano gli permettevano di dare al confessore di S. M. Ma i sotterfugi erano stati scoperti e resi vani, sicchè al Re infermo furono amministrati i sacramenti tutti alla presema della Corte e del Presidente del Consiglio senza che intervenissero nè ritratta~ioni, nè promesse di sorta.

I testimoni di questi episodi della storia vanno scomiPa•rendo. I due principali attori che resero frustranei i maneggi del cardinale Corsi, Menabrea e Gualterio; sono morti. Un'altra leggenda, quella che il corrispondente del giornale Des Débats ha raccolto e pubblicato recentemente tenderebbe a dare taccia di fedifrago alla memoria del re Vittorio Emanuele contro ogni fondamento di storica verità.

Mi pare ·che, essendo io ormai fra i pochi che di queste cose ebbi completa notizia e conservo viva memoria, ·e trovandomi io nell'ufficio che impone di segnalare al R. Governo ciò che si pubblica dì notevole per noi nelle gazzette francesi, questo rapporto fosse per me a doppio titolo doveroso.

(l) Non pubblicato.

218

IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, BONIN LONGARE, ALL'AGENTE DIPLOMATICO E CONSOLE GENERALE AL CAIRO, TUGINI

T. RISERVATO 2513. Roma, 1 ottobre 1897, ore 18. Colonnello Parsons, Governatore Suachim, partito 27 settembre per Cassala, via Massaua, incaricato riferire su situazione militare finanziaria in relazione nostra eventuale retrocessione Cassala all'Egitto. Decisioni Governo egiziano dipenderanno sopratutto da relazione Parsons. Sarebbe quindi utile, per guadagnare tempo, che ufficiale inglese ri.ferisse a Cromer «telegraficamente». Converrebbe E1la trovasse occasione di: tenere di ciò paroLa ·con Sua Signoria in

modo, però, da lasciare impressione ·che Ella parli di sua propria iniziativa, manifestando •sua personale opinione. Telegrafi dopo colloquio.

219

L'AMBASCIATORE A VIENNA, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

(AVV)

L. P. Vienna, 2 ottobre 1897. Vi ricorderete che fin dall'anno scorso vi dissi che il conte Goluchowski mi aveva espresso il desiderio di aver l'onore di essere ricevuto da S. M. il Re. Avendogli ora annunziato il mio prossimo congedo, la conversazione cadde naturalmente su quell'argomento, ed egli mi confermò che avrebbe desiderato compiere questo che egli credeva dovere della sua carica, andando a presentare i suoi ossequii a S. M., come aveva fatto alcuni anni or sono il conte Kalnoky.

Il conte Goluchowski mi disse che egli non attendeva per questo che il grazioso consenso del Re. Aggiunse •che qualsiasi epoca sarebbe •stata buona per lui. Però

mi lasciò comprendere che la più comoda, in vista della riunione delle delegazioni, sarebbe stata la prima quindicina di novembre, o gli ultimi giorni di ottobre.

Vi partecipo tutto ciò, perchè rpossiate conferirne con S. M. È questa una di quelle questioni che non si possono toccare senza risolverle in senso affermativo. Io credo perciò che S. M. dovrebbe incaricarmi di far sapere al conte Goluchowski che sarebbe volentieri ricevuto a Monza nell'epoca predetta, o in quell'altra che piacesse al Re di fissare. Il programma, potrebbe essere lo stesso che quello seguito per la visita del conte Kalnoky, cioè: invito a pranzo a Monza, soggiorno a Monza nella notte; partenza l'indomani prima o dopo colazione. E siccome il conte Goluchowski è un buon tiratore, se S. M. volesse essere cortese con lui, gli farebbe tirare qualche fagiano nella mattinata.

Naturalmente, o a Monza, o a Milano il conte Goluchowski dovrebbe incontrarsi con voi, e possibilmente col marchese di Rudinì.

Attendei!'ò, al riguardo, le Vostre istruzioni. Intanto Vi chiedo fin d'ora il solito permesso di congedo autunnale per me. Io farei calcolo, salvo incidenti, di partire da Vienna per l'Italia verso la metà del mese corrente. Vi :sarò .grato se voleste concedermi questo permesso, e annunziarm·elo per telegrafo, affinchè io possa prendere le mie disposizioni.

220

IL MINISTRO A TANGERI, MALMUSI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 3362. Tangeri, 3 ottobre 1897, ore 11,30. Comandante R. Nave «Lombardia» comunica quanto segue: I negoziati riscatto pecuniario nuovamente falliti a cagione presenza noto agente francese segreto, il quale esibì lettera dello sceriffo Uazzan raccomandante resistenza fino a che siano liberati i prigionieri Alhucemas e Tangeri. Aggiunge che quell'agente segreto si è offerto e rimasto ostaggio presso i 'sequestratori. Questi assicurano che manterranno patti convenuti di riscatto pecuniario ma soltanto quando saranno certi falsità promesse agente francese, confermate da pa,rte dello sceriffo Uazzan. In questo stato di cose ho padato coll'Incaricato d'Affari di Francia conseguendo che egli con telegramma all'indirizzo del suo agente facesse smentire quella affermazione, ho dato ordine alla «Lombardia» di non muoversi da Alhucemas anche perchè una nave da guerra francese si è mostrata colà. Per sua informazione credo che la legazione di Francia la quale atteggiasi

protettrice del Riff bramante accrescere suo prestigio ed eccedendo le sue istruzioni, abbia senza alcun riguardo alla sorte dei prigionieri tentato sventare i nostri negoziati per poter riuscire allo scambio, e tale fatto poi rappresentare come successo dovuto alla predominante influenza francese.

In questo senso riferiscono, credo poter affermare, i miei: colleghi di Portogallo, Inghilterra, Spagna, i quali meco pure opinano che è opportuno continuare trattative riscatto pecuniario.

221

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, ALL'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI

•-r. CONFIDENZIALE 2529. Roma, 4 ottobre 1897, ore 19,30. R. -Ministro Tangeri telegrafa quanto segue: «Comandante R. nave..... (Ripetere telegramma in arrivo n. 3362 per intero) » (1).

Prego V. E. di vedere Hanotaux e facendo l'uso che ella cr·ederà più prudente delle informazioni di cui sopra confermargli che noi cerchiamo ottenere che Governo maroochino consegua liberazione prigionieri mediante riscatto visto le difficoltà che il Governo spagnolo oppone allo scambio; dichiarargli francamente che il Governo del Re aspira soltanto a conseguire liberazione prigionieri e non ha secondi fini d'aumento d'influenza o simili. Missione «Lombardia» non ha altro scopo che di agevolare viaggio e trattative vice-governatore marocchino. Preghiamo quindi il Governo della Repubblica di voler assecondare la nostra azione dando al suo rappresentante in Tangeri istruzioni di cooperare con noi che ripeto non abbiamo altro scopo se non quello esclusivamente umanitario di ottenere la liberazione dei sequestrati, la posizione dei quali va sempre aggravandosi con il prolungarsi della prigionia.

222

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, AL MINISTRO A TANGERI, MALMUSI

T. 2530. Roma, 4 ottobre 1897, ore 20.

Ricevuti suoi telegrammi ieri (l) oggi (2). Approvo suo operato e suo proposito continuare trattative per liberazione mediante riscatto. Condotta codesta legazione di Francia mi sorprende tanto più che Governo della Repubblica ha dimostrato al R. Ambasciatore desiderio di non contrariare la nostra azione in alcun modo. Ho tosto telegrafato al conte Tornielli (3) a ciò ottenga che sieno inviate a Tangeri istruzioni in quel senso.

223

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, ALL'AMBASCIATORE A VIENNA, NIGRA

T. RISERVATO 2541. Roma, 5 ottobre 1897, ore 24.

Ricevuta jeri la vostra lettera del 2 corrente (4) telegrafai a S. M. il re il quale mi rispose che vedrà col più gran piacere il conte Goluchowski o negli ultimi giorni di ottobre o dopo il 5 novembre a sua scelta.

(l) -Cfr. n. 220. (2) -Si tratta del tel n. 3366, non pubblicato. (3) -Cfr. n. 221. (4) -Cfr. n. 219.
224

IL GOVERNATORE CIVILE DELL'ERITREA, BONFADINI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DELL'INTERNO, RUDINI'

(AVV)

L. P. Sondrio, 5 ottobre 1897.

Ho ricevuto la sua lettera riservata del 4 corrente (1), e La ringrazio delle franche dichiarazioni, che permettono a me pure una franca risposta.

Ella sa che accettando nello scorso agosto, dopo quarantotto ore di penose meditazioni, l'incarico da Lei offertomi replicatamente di Governatore Civile nell'Eritrea, questa accettazione era fondata sul presupposto, allora, comune al Ministero ed a me, che l'autorità mia nella Colonia dovesse coincidere con un nuovo indirizzo da darsi alle questioni africane e col risanamento pacifico dell'amministrazione coloniale.

Se ora questi due scopi devono essere modificati o ritardati, per effetto di nuovi incidenti, a cui sono rimasto estraneo, e che naturalmente non giudico, Ella comprenderà che le basi di quella mia accettazione si trovano singolarmente spostate. Ed io penso che con ciò sia venuta meno ogni ragione politica alla mia nomina, la quale poteva unicamente giustificarsi col proposito -che confido soltanto differito -di una schietta e radicale mutazione nei nostri metodi di governo dell'Eritrea.

Sono quindi costretto, ripetendo a V. E. ed al Ministero i miei sentimenti di gratitudine per la fiducia in me riposta, a presentare le mie dimissioni dalla carica che avevo accettata pregando Lei, caro Presidente, a volerne far pre::ndere atto.

225

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, ALL'AGENTE DIPLOMATICO E CONSOLE GENERALE AL CAIRO, TUGINI

T. 2553. Roma, 7 ottobre 1897, ore 14,45.

Facendo seguito al mio telegramma del l corrente (2), Le comunico quanto segue acciò la S. V. sia completamente informato dello stato attuale della questione di Cassala:

Governo del re sino dalla scorsa primavera fece conos,cere Governo britannico sua intenzione abbandonare Cassala manifestando per un riguardo di amicizia desiderio intendersi con esso a questo riguardo. Lord Salisbury rispose avremmo fatto cosa utile al Govemo inglese rimanendo a Cassala fino a Natale. Acconsentimmo. Scopo di questa nostra trattativa era non creare con un abbandono immediato di Cassala difficoltà maggiori alla spedizione anglo-egiziana di quest'anno, e di consegnare Cassala all'Egitto. Col criterio del nostro solo interesse Cassala sarebbe ormai già evacuata. Il lungo termine fu fissato in vista eventualità ancora incerte a quell'epoca. Oggi situazione è meglio definita in seguito fermata per quest'anno della spedizione anglo-egiziana a Berber o a Metemmah. Governo italiano non è disposto prolungare occupazione Cassala

oltre termine indicato. Se Egitto non credesse conveniente occuparla mancherebbe per noi ragione di rimanervi anche sino a quell'epoca. L'alternativa sembra dunque essere la seguente: o che forze egiziane prendano in questo tempo possesso di Cassala, o che per reciproco accordo delle autorità militari italiane ed egiziane fortificazioni di Cassala siano distrntte. Di queste soluzioni noi preferiremmo la prima e speriamo che conclusioni colonnello Parsons siano tali da consigliare a Lord Cromer questa determinazione. Questo telegramma le sia ncroma pel linguaggio ·che ella potrà 'tenere con Lord Cromeil". Si valga del telegrafo 'Col ministero per tutto quanto riguarda Cassala.

(l) -Non pubblicata. (2) -Cfr. n. 218.
226

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, ALL'INCARICATO D'AFFARI A LONDRA, BOTTARO COSTA

T. 2554. Roma, 7 ottobre 1897, ore 15.

R. agente al Cairo rifeLrisce conv,ersazione con Lord Cromer circa Cassala. Sua signoria nell'annunciargli missione affidata al colonnello Parsons accennava che il rapporto di questo non potrà giungere che fra alcune settimane; si attendeva intanto anche giudizio Kitchener pascià dal parere del quale e dai suoi progetti per la ·campagna di quest'anno ,si ifa anche dipendere deliberazione GoveLrno egiziano intorno a Cassala. Anche decisa occupazione Lord Cromer non crede potrà effettuarsi tempo prossimo. Nell'insieme Lord Cromer non sembra intenzionato aspettare soluzione e lascia capire che agli occhi suoi occupazione egiziana di Cassala, non avrebbe altro scopo che di far cosa utile al Governo italiano. La S. V. sa che ben diverso è il nostro punto di vista e che è solo per riguardo agli interessi inglesi che non abbiamo sgomberato Cassala già da qualche mese. Quanto precede è per informazione S. V. e norma eventuale suo linguaggio.

227

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, AL MINISTRO A TANGERI, MALMUSI

T.2556. Roma, 7 ottobre 1897, ore 15. Avendo ambasciatore di Francia Madrid ricevuto istruzioni ins,iste.re presso Governo .spagnuolo acciò consenta scambio prigionieri Riff ho autorizzato R.

incaricato di affari fare stesse pra'tiche. Continuano tuttavia trattative per Lriscatto pecuniario.

228

IL MINISTRO A TANGERI, MALMUSI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 3395. Tangeri, 7 ottobre 1897, ore 16,30. Questo ministro degli affari esteri ha scritto ai miei colleghi spagnolo è d'Inghilterra che è impossibile ottenere riscatto pecuniario ed in conseguenza chiedere ai loro governi liberazione riffegni carcerati in Alhucemas e Tangeri. Tale inattesa comunicazione destramente dettata, per quanto si suppone, da

questa legazione di Francia, complica situazione delle cose: ma non perciò consideriamo del tutto falliti nostri tentativi.

229

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, ALL'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI

T. 2559. Roma, 7 ottobre 1897, ore 23,30. Avendomi R. incaricato d'affari a Madrid informato che Ambasciatore di Francia stava per fare premure presso quel governo per ottenere scambio prigionieri Alhucemas contro sequestrati Riff, ho autorizzato marchese Malaspina associarsi a quelle pratiche. Credo opportuno però informare V. E. che, a quanto ci risulta, l'insistenza del Governo della Repubblica perchè liberazione si ottenga mediante scambio s'inspira soprattutto al desiderio di aumentare la propria influenza con il conseguire in favore dei riffegni concessione che essi sanno dal governo spagnolo fin qui ostinatamente negata. Noi vogliamo sopratutto evitare codeste rivalità costino vita ai sequestrati. Perciò prego l'E. V. insistere, ove oc-corra, per assicurar:si legazione francese a Tangeri assecondi con la nostra, e finchè continuano le trattative per riscatto pecuniario le quali sarebbero di più pronto effetto e non impediscono che si cerchi frattanto di ottenere il poco probabile assenso del governo spagnolo per lo scambio.

230

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, AGLI AMBASCIATORI A VIENNA, NIGRA, A LONDRA, FERRERO, A BERLINO, LANZA, ED ALL'INCARICATO D'AFFARI A PIETROBURGO, MELEGARI

(Ed. in LV 97, p. 3)

T. 2560. Roma, 7 ottobre 1897, ore 23,50. I governi delle grandi potenze hanno creduto di unanime accordo opportuno di differire le trattative pel futuro regime dell'isola di Candia fino all'epoca in cui sarebbe compiuta la loro opera di mediazione per la pace tra la Grecia e la Turchia. Ora 'la pace è conclusa e sembra giunto per le potenze il momento per dare una soluzione soddisfacente e durevole alla questione di Candia dove non può

prolungarsi uno .stato di ,cose che è in contrasto coi principi della umanità e della ·civiltà e che mantiene vivo un fomite di agitazione in Oriente.

*Senza fare una proposta formale * desidero che ella si informi del modo di vedere di codesto governo intorno alla necessità di riprendere senza ritardo l'azione diplomatica delle potenze per la pacificazione di Candia. Desidero pure che ella si informi se codesto governo crede opportuno 'come sarebbe notSltra opinione che sieno prese per base di questa azione dipolmatica le proposte già formulate dal governo francese e accettate dagli altri governi le quali ci sembrano contenere i .principii fondamentali del regime di autonomia da stabilirsi nell'isola conformemente alle dichiarazioni fatte dalle potenze (1).

(l) In LV il telegramma risulta trasmesso anche all'ambasciatore a Parigi, Tornielli.

231

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DELL'INTERNO, RUDINI', AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

(AVV)

L. P. Roma, 9 ottobre 1897.

Scrissi a Bonfadini la lettera convenuta (1).

Eccone la risposta che prego conservare presso di Lei.

Non tenni copia della mia lettera a Bonfadini ma gli ho scritto pregandolo di mandarmela. Appena l'avrò la trasmetterò a Lei.

BONFADINI A RUDINI'

ALLEGATO

Sondrio, 6 ottobre 1897. Caro Presidente, La lettera va benissimo e spero vada bene anche la mia risposta. Si intende che mi riservo il diritto della pubblicità, qualora incidenti, che ora non prevedo, rendessero indispensabile per la dignità mia qualche giustificazione personale. Ma le discussioni che si preparano saranno probabilmente tanto grosse da rigettare nell'ombra il piccolo incidente che mi riguarda. E di ciò sarei naturalmente lietissimo. Mi saluti Visconti e mi creda, dev.mo Suo

BONFADINI

232

IL CONSOLE GENERALE A TUNISI, MACHIAVELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 3041/441. Tunisi, 9 ottobre 1897.

Dacchè la Francia non fa alcun m~stero dei suoi dtsegni riguaroo a Biserta, non è più il caso di adoperarsi per penetrarli con attenta vigilanza sui :lavorii eseguiti colà, come quando si .cercava dissimularli sotto colore di provvedere prima alle esigenze della piccola navigazione costiera e poscia anche di quella di lungo corso, ma sempre in uno scopo puramente commerciale, scavando intanto un canale così profondo da ,permettere alle più gros.se corazzate l'accesso al lago ed erigendo batterie a diLfesa del passaggio.

Ora si annunzia apertamente la c01struzione d'un arsenale con due bacini di carenaggio protetti da una diga, che renda le acque perfettamente tranquille, e si cakola dai 12 ai 14 milioni la spesa di primo impianto, drca metà della quale sarebbe inscritta nel bilancio della marineria francese e l'altra verrebbe sostenuta per 5 milioni dal ministero della guerra pure francese e per 2 dal tesoro tunisino. Il contributo del ministero della guerra s.i riferirebbe a nuove fortificazioni ed a caserme per una guarnigione più forte dell'attuale.

In questo stato di cose non può, forse, interessare molto di sapere che il colonnello comandante il genio nella reggenza si è, appena ritornato dall'a :sua

la -Doc~tmenti diplomatici • Serie III • Vol. II.

ordinaria licenza in Francia, re<:ato a Biserta per affrettare l'inizio dei nuovi lavori progettati, e che il giornale ufficiale tunisino dei 5 corrente pubblica un decreto, reso dietro proposta del ministro della guerra di S. A., che non è poi altri che il generale comandante la divisione d'occupazione, in virtù del quale sono espropriate per causa d'utilità pubblica 74 parcelle di terreni nel suburbio di Biserta, ad ogni modo però do queste notizie all'E. V. per .scrupolo di diligente informazione.

(l) Pubblicata in allegato al n. 241.

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L'AMBASCIATORE A VIENNA, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. CONFIDENZIALE 3426. Vienna, 1O ottob1·e 1897, ore ;19,1 O (per. ore 20,45 ).

Conte Goluchowski, a cui ho comunicato telegramma di V. E. (1), mi tl:à sapere che si renderà in Italia [per la visita reale, dopo H reinque no•vembre. Prego V. E. di ac.cordarmi solito congedo annuo, arrivando in Italia ver:so la metà mese ·corrente. Mi proporrei di chiedere a S. M. di autorizzarmi ad andare subito a Monza per regolare, secondo il beneplacito del re, particolari visita. Conte Goluchowski desidera vedere, in questa occasione, anche V. E. e possibilmente presidente del consiglio. La prego di telegrafarmi pel congedo.

234

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, ALL'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI

T. 2582. Roma, 10 ottobre 1897, ore 20 Comunico a V. E. sempre per sua personale informazione seguenti telegrammi delle R. Legazioni in Lisbona e Tangeri: «Aderendo alle insistenti...»,

(vedi telegramma da Tangeri n. 3416) (2). « Oggi questo Ministro degli affari esteri... » (vedi telegramma da Lisbona

n. 3417) (2).

Da quanto telegrafa il cav. Malmusi è evidente che le istruzioni che Hanotaux disse a V. E. aver mandato a Tangeri non sono quali da noi si desideravano e che quella legazione di Francia continua nella sua azione separata. Mi pare indispensabile ottenere che Hanotaux dia al rappresentante francese precise istruzioni di appoggiare o quanto meno di non intralciare, finchè non sia esaurita, l'azione spiegata dalla nostra e dalla legazione pOO"toghe·se per un riscatto pecuniario. In altro modo non si farebbe che prolungare prigionia sequestrati.

235

L'INCARICATO D'AFFARI A COSTANTINOPOLI, GALLINA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA (Ed. in LV 97, p. 5)

T. 3435. Therapia., 11 ottobre 1897, ore 1,10.

*Dopo la nota trasmes.sa in copia a V. E ..da S. E. l'Ambasciatore col rapporto n. 232 del 5 settembre (2), nessuna comunicazione contenente proposte per

(l} Cfr. n. 223.

Creta oi è pervenuta dalla Porta *. Ieri però (l) fu rimessa ai primi dragomanni

dalla Porta copia di un telegramma diretto l'otto corrente agli Ambasciatori

ottomani colla istruzione di comunicarlo ai gabinetti, * ma tale comunicazione

fattaci semplicemente per nostra iruformazione non chiede .se ne prenda atto*.

Eccone *ad ogni modo * sunto: «Sublime Porta espone situazione presente

delle cose in Creta si lagna del disarmo dei musulmani proposto dagli ammi

ragli, di arresti arbitrarii fatti da carabinteri italiani, della istituzione Corte

marziale, e propone come mezzi ~ricondurre ordine:

l) Organizzazione di una forza miltare mista di truppe straniere e otto

mane, queste in maggioranza, ·comandata da uno degli ufficiali stranieri che si

hovano al servizio del governo ottomano assistito da un ufficiale turco, inca

ricata a !Procedere al disarmo di tutta la popolazione;

2) Applicazione *delle sei condizioni poste dalla Porta (2) (vedi rapporto

sopracitato) * sotto la direzione di un funzionario civile scelto dalla Porta:

3) Organizzazione della gendarmeria e polizia;

4) Guarnigione ottomana nelle sedi più importanti dell'isola;

5) Governatore generale cristiano scelto dal governo ottomano ~.

È da notare che la parola « autonomia ~ non è più pronunciata in questa

comunicazione.

(2) Non pubblicato.

236

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, ALL'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI

T. 2599. Roma, 12 ottobre 1897, ore 18,35

Pre,go V. E. ringraziare codesto ministro degli affari esteri della assicurazione dataci di rinnovare al rappresentante francese a Tangeri precise istruzioni di proceder d'accordo con R. ministro e legazione portoghese. Dal canto nostro abbiamo dato e confermeremo al R. incaricato d'affari a Madrid istruzioni di agire d'accordo coi rappresentanti francese e portoghese per ottenere dal governo spagnolo consenso per lo scambio eventuale degli ostaggi.

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IL REGGENTE L'AMBASCIATA A BERLINO, MATTIOLI PASQUALINI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 1462/558. Berlino, 13 ottobre 1897. Nella prossima sessione del Parlamento Prussiano dal partito nazionaleliberale sarà, a quanto pare, presentata la proposta di sopprimere la legazione prussiana presso il Vaticano e ciò in risposta alla enciclica « Canisius » contro la Conrfessione Evangelica. In occasione di tale proposta molto spesso viene in . discorso la linea di condotta seguita di fronte alla Curia Romana dal Principe di Bismarch; linea di condotta che può apparire nelle varie sue fasi discordante,

qualora la si consideri indipendentemente dalle vicende della politica interna, alle quali il Principe dal 1872 in poi ha dovuto uniformllire l'opera sua. Infatti

mentre egli al principiar del Kulturkampf, nella seduta del 14 maggio 1872, dichiarava essere la legazione presso la S. Sede necessaria per far note alla Curia le intenzioni del Governo ,e per tener lontani i malintesi', nel giugno dell'anno seguente giustificava la mancanza di un titolare in tal posto con la considerazione che un Rappresentante dell'Impero Tedesco non può prestar orecchio ad un linguaggio, il quale ufficialmente non si può accettare.

Nel dicembre poi del 1874 soggiungeva che la Legazione resterebbe definitivamente soppressa fino a che il capo della Chiesa Romana elevasse delle pretensioni inconciliabili con l'esistenza di uno Stato civilmente ordinato, ed e~ccitanti i sudditi a disobbedire alle leggi. Nel 1882, al chiudersi del Kulturkampf, il Cancellie~re propose il ristabilimento della Legazione presso la S. Sede, dicendo che dopo la ripresa delle relazioni dirette tra il Governo Prussiano e la Curia Romana, molti malintesi potrebbero facilmente venir risoluti per opera di un Ministro presso il Vaticano, e che perciò tale ristabilimento av~rebbe giovato alla pace. Gli unici a votar contro tale proposta furono i deputati nazionali-liberali.

La soppressione di quella Legazione, di cui in appresso varie volte dovette occuparsi il Parlamento, fu portata l'ultima volta alla tribuna dall'onorevole von Eynern, nella seduta del 14 febbraio 1896, in occasione della discussione del bilancio del Dipartimento Imperiale degli Affari Esteri. L'onorevole domandava se lo scopo pacifico per il quale quella Legazione era stata di nuovo istituita fosse stato raggiunto. Non essendo stata data a tale domanda, nè quando fu fatta nè dopo alcuna risposta, oggi viene posta di nuovo la quistione se non sarebbe conveniente il sopprimere quella legazione e liberare il bilancio prussiano delle spese per essa occorrenti. Pur tuttavia, a quello che pare, tale proposta, anche qualora venga fatta, avrà sopratutto il significato di una rimostranza contro le manifestazioni della Curia Romana, e non otterrà, presumibilmente, l'esito desiderato.

(l) -In LV qui aggiunto: • soltanto •· (2) -In LV qui aggiunto: • del nuovo regime •.
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IL GENERALE DAL VERME ALL'ONOREVOLE MARTIN!

L. Milano, 14 ottobre 1897, sera. Devi certamente avere letto il mio articolissimo ,colil.a relativa appendke di che ti ho in tempo avvertito. E se hai letto tutto, come va che non mi hai scritto niente? Non pretendo il plauso, ma l'ap~ovazione che insieme a quella già avuta di amici carissimi, mi compenserà largamente delle ire funeste del generale austriaco, il quale deve realmente aver perduta l'abitudine della lingua itaLiana, se ha trovato nella mia serena esposizione dei fatti una critica acre al suo operato, che chiama supposta intenzione di abbandono di Cassala, una serie di ordini precisi tassativi di sgombero, due al Maggiore Hidalgo, ed uno al colonnello Stevani, senza ,contarne un quarto che non pongo nella serie poichè non doveva ess,ere, come gli altri tre, di sgombero immediato. Io ho risposto nel Corriere della Sera molto brevemente, ma so che rispon

derà più a lungo il generale Stevani, il quale ha avuto il torto di vincere, non eseguendo l'ordine di sgombro. Deinde irae!

Io penso sempre a quellla tua grande distinzione fra i generali che vincono

e quelli che non vincono.

Il vaJ.oroso Stevani che ha salvato J.'Italia da un 1secondo disastro quasi inevitabile se avesse es•eguito l'ordine del Comandante in capo lontano, si è dovuto sentir dire, 12 anni dopo, dal suo superiore, che ha errato! E Il Corriere si è subito affrettato a mettere in testa alla lettera dell'Austriaco «L'errore del colonnello Stevani » ed aggiungere che la lettera di Baldissera è un documento storico di grande importanza.

È un documento dal quale s'impara ancora una volta quanto sleale sia quel generale che a!bbatte il valore dei Dervisci per diminuire U merito dei suoi luogotenenti che hanno vinto, e quanto sia usurtpata l'opinione del pubblico su di lui. Un generale che non si perita di scrivere che si doveva sgombrare Cassala (proprio mentre gli Inglesi iniziavano l'avanzata su Dongola) perchè tanto era fadle riprenderla poi.

E il pubblico italiano applaude!

Sono giunto oggi da Torre degli Alberi, e mi trattengo qui alcun giorno all'abbergo perchè ho l'appartamento in riparazione. Non sono bene in salute, ma gli spiriti sono sempre alti.

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IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, FERRERO

T. 2622. Roma, 15 ottobre 1897, ore 12,20. Missione Ciccodicola presso il Negus non ha, ;per ora, carattere permanente, essendo inviata per regolare questioni ancora pendenti con l'Abissinia. A missione compiuta, il governo deciderà 1Se debba valersi della faco~tà accordatagli dal trattato di commercio del 24 giugno u. s. di avere allo Scioa stabile rappresentanza.

Avendo occasione di parlare con lord Salisbury, potrà opportunamente accennare a tale circostanza.

240

L'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

(AVV)

L. Torino, 15 ottobre 1897. Ricevo qui a Torino, dove son venuto per 24 ore, la pregiata Sua lettera (l) giunta ieri sera a Mondovi. Io mi di•sporreva appunto a scociverLe per informarla che, salvo Suoi ordini in contrario, verso la fine di questo mese io mi sarei restituito al mio involontario esilio. Le confermo ora questo mio divisamento, tanto più che parmi miglior ·consiglio vada io stesso a Berlino, anzichè inviarvi H conte Calvi

che è in attesa di imminente trasloco. Se V. E. lo crede necessario io sarei anzi pronto a partire prima della fine del mese.

Comunque sia mi sarebbe sommamente grato poterLa ossequiare prima di partire per Berlino e ricevere le Sue, per me sì utili istruzioni. S'Ella quindi credesse autorizzarmelo, io verrei mercoledì o giovedì della settimana ventura a Roma, da dove a seconda delle circostanze e delle di Lei intenzioni, io potrei

o partire direttamente per Berlino, o ritornar qui per partire poi il 27 o il 28.

Stasera io ritorno a Mondovì e Le sarei 'grato :se vorrà, alla ricevuta della presente, te1egrafarmi colà le sue decisioni rperchè io possa disporre in conseguenza le cose mie.

(l) Non pubblicata.

241

IL GOVERNATORE CIVILE DELL'ERITREA, BONFADINI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DELL'INTERNO, RUDINI',

(AVV)

L. P. 16 ottobre 1897 (1).

Ecco la copia esatta ch'Ella mi ha chiesto. E untsco i miei auguri perchè si vincano presto le difficoltà di varia indole da cui parmi assediato il Governo.

RUDINI' A BONFADINI

ALLEGATO

Roma, 4 ottobre 1897. Carissimo amico, Facendo seguito alla conversazione avuta alcuni giorni fa, qui in Roma, sulle cose di Africa, non posso a meno di farle alcune franche dichiarazioni. Fino a quando Cassala non sarà stata da noi evacuata, o, come desidero, consegnata agli anglo-egiziani, io non credo che si possano diminuire nei Bogos le attribuzioni dell'Autorità Militare. Se i dervisci faranno una nuova irruzione nei nostri possedimenti, non può, fino all'epoca della loro ritirata, essere menomata l'autorità del Comandante Militare nel paese dei Bogos. In altri termini, l'autorità del Governatore Civile non può svolgersi, in tutta la sua interezza, se non quando sia assicurata la pace all'Ovest come è stata assicurata al Sud. Egli è in questo senso che dovrebbero essere rivedute e modificate le istruzioni che furono scritte da Malvano. Ci pensi su e mi faccia conoscere le sue risoluzioni. Con la più sincera e affettuosa amicizia. Suo dev.mo

RUDINl

Sarà bene ch'Ella faccia unire la mia lettera agli atti.

242

IL CONSOLE GENERALE A TUNISI, MACHIAVELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 3109/454. Tunisi, 16 ottobre 1897.

Si annuncia come decisa e d'imminente esecuzione la costruzione d'un tronco ferroviario lungo 6 chilometri il quale, staccandosi dalla linea Tunisi-Biserta presso l'Ued Tindja, metta capo alla località in fondo al lago ove deve sorgere l'arsenale cog1i stabilimenti annessi.

Mercè questo tronco verrà facilitato H trasporto del grosso materiale e congiunto l'arsenale di Biserta alla rete ferroviaria tun1so-algerina.

(l) Manca la data di luogo. Forse il Bonfadini si trovava a Sondrio. Cfr. n. 224.

243

IL MINISTRO A MONACO DI BAVIERA, DE FORESTA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 276/102. Monaco, 18 ottobre 1897.

Il gran pranzo dato l'altiro reri in onore del Rappresentante d'ItaHa dal Barone Crailsheim, mi ha porto H destro di avere una lunga conversazione con

S. E. che si manifestò come .sempre sincero amico del nostro paese.

Di sua propria iniziativa il Primo Ministro mi disse avere il Nunzio se.gnalato alla sua attenzione le circolari di S. E. il marchese di Rudini ai RR. prefetti circa l'agitazione clericale in Italia, ed il divieto di usare le ehiese per eomizi politico-religiosi; avere monsignore Lorenzelli aggiunto venire, con le medesime, menomata la libertà della Chiesa in Italia ed offesa l'indipendenza del Sommo Pontefice ed avere egli ri®osto trattarsi di una questione di politica interna e di provvedimenti di ordine pubbltco verso un partito politico nei quali la libertà della Chiesa cattolica e le prerogative del Pontefice non erano punto coinvolte. Ringraziai S. E. della giustissima risposta data al Nunzio e gli esposi, secondo i ·criteri fattimi dalla stampa italliana ed in iSJpecie dall'Opinione, lo stato della questione, ,facendog1i perfino notare che ove maggiormente si manifestava questa agitazione clericale con intenti sovversivi dell'ordine attuale e si adibivano templi pubblici a scopi politici era appunto in quelle regioni d'Italia in cui l'autorità civile era dalla stessa S. Sede riconosciuta, non solo di fatto ma di diritto legittima ed ove pertanto le autorità ecclesiastiche erano maggiormente tenute a cooperare per il mantenimento del presente stato di cose, e per la soppressione d'ogni abuso delle Chiese a maggiore decoro della religione stessa. Non esservi infine nessuna innovazione nella politica ecclesiastica del Governo verso la S. Sede e menomamento alle guarentigie accordate al Sommo Pontefice da destare lamenti. Mi soggiunse allora il Crailsheim che infatti monsignor Lorenzelli non aveva insistito e non aveva inoltrato alcun reclamo propriamente detto

o memoria scritta al riguardo, contentandosi di segnalare la cosa al Governo bavarese senza chiedere nulla.

Questo è il sunto del colloquio avuto col Ministro degli Affari Esteri sull'importante argomento ed io mi reco a premura di riferirlo aUa E. V.

244

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DELL'INTERNO, RUDINI', IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, ED IL MINISTRO DELLA GUERRA, PELLOUX, AL CAPITANO CICCODICOLA

L. P. RISERVATA 39099/436. Roma, 19 ottobre 1897. La S. V. che ha già molto lodevolmente compiuto un i:ncadco in Etiopia, quale addetto alla missione del maggiore N erazzi:ni, dovrà recarsi allo Scioa nella qualità di Rappresentante il Governo di S. M. il Re d'Italia presso l'Imperatore Menelik. Ella stessa presenterà al Suo arrivo presso la Corte di Meneli'k

1e credenziali Ministeriali, ·che Le saranno .consegnate insieme ad una lettera del Nostro Augusto Sovrano per S. M. l'Imperatore Menelik.

La di Lei residenza fissa è neilla capitale del Negus, Addis Abeba; potrà all'occorrenza, e quando sia utile al servizio dello Stato, accompagnare l'Imperatore in qualche altra parte dell'Impero, purchè ciò seffi!P'l'e avvenga dietro invito dell'Imperatore medesimo.

Lo scopo principale, per cui nel trattato di commercio tra l'Italia e l'Etiopia fu stabilito di tenere una Rappresentanza Italiana in Addis Abeba, mirava sovratutto ad avvalorare e tutelare i nostri rapporti politici e commerdali, ad eliminare dall'animo del Negus qualunque genere di dubbio e di sospetto che possa in lui insorgere, sia per azione dei propri capi, sia per influenze straniere, ad ottenere i maggiori effetti commerciali e morali in seguito delle nuove trattative, ed a garantire con ogni migliore espediente, la tranquillità alla frontiera !taio-Etiopica con la più leale esecuzione, da entrambe le parti, dei trattati stipulati e ratificati.

A questo concetto generale, deve in ogni evenienza, uniformarsi la di Lei linea di condotta.

La S. V. dovrà consegnare a S. M. l'Imperatore di Etiopia la copia, con la ratifica Sovrana del trattato di commercio sottoscritto in Addis Abeba dal Nostro Inviato maggiore Nerazzini il 24 giugno decorso.

La S. V. dovrà pure confermare a S. M. !l'Imperatore d'Etiopia quanto gli è stato già telegrafato dal Governo del Re circa la frontiera, cioè «che il Governo di S. M. il Re d'Italia accetta la frontiera proposta dall'Imperatore Menelik il 24 giugno 1897, e che fu tracciata in due carte col sigillo di S. M. l'Imperatore, corrispondenti a copie identiche rimaste nelle mani di Menelik, portanti il sigillo del maggiore Nerazzini, ed una formola sottoscritta dal Nostro stesso Inviato colla quale si obbligava di sottoporre all'esame del proprio Governo la proposta frontiera».

La S. V. sarà munlta di regolari poteri !Per stipulare un trattato sulle basi del colloquio di Addis Abeba del 24 giugno 1897, neL quale protocollo sarà segnato il nuovo confine proposto dal Negus ed accettato dal Governo italiano.

Prima di formulare il protocollo, deve la S. V. adoperarsi in ogni modo a persuadere l'Imperatore a cedere spontaneamente Adi-Caiè, al Governo nostro come l'Imperatore ne è stato già prevenuto da un telegramma (l) del maggiore Nerazzini. Ella farà ·comprendere al Negus che il Governo Italiano ha accettato senza ulteriore discussione la proposta frontiera, onde non ritardare la completa pacificazione, ma che questa, sarebbe certo, più cordiale, se Adi-Caiè fosse compreso nel nostro territorio.

Per la definitiva sistemazione della frontiera, la S. V. deve attenersi alle seguenti istruzioni:

a) S. M. l'Imperatore d'Etiopia, deve prima di tutto, promulgare un bando alle popolazioni che dovranno rientrare nel territorio Etiopko in modo che esse siano garantite da qualunque atto di rigore è di rappresaglia sia per parte dei capi tigrini, sia per parte del Ne.gus. Questo bando di cui si deve concertare il tenore ,che sarà pure contemporaneamente emanato dall'autorità italiana, deve permettere alle popolazioni di trasportare le loro robe sul territorio che rimane

all'Italia, nel qual caso saranno considerati come italiani coloro che si ri'covereranno nel territorio Nostro.

b) Le popolazioni, come conseguenza della promulgazione del bando, debbono essere libere, in un lasso di tempo da determinarsi, di scegliere il loro domicilio sia dentro la frontiera Italiana, sia dentro quella Etiopica. Quanto alle famtglie e alle proprietà dei capi degli ascari che sono ormai al servizio del Governo Italiano, debbono esser.e sctrupolosamente rispettate.

c) Deve essere ~concordata coH'Imperatore la scelta di una ;persona incaricata di ricevere dai delegati italiani la consegna dei territorii, procurando che questa persona sia un capo dtpendente direttamente dal Negus. Uguale condizione è assolutamente necessaria per impedire che al Governo delle provincie di frontiera sieno posti capi che già servirono la Colonia Eritrea per disertare poi le nostre bandiere, o capi che furono avversi agli interessi italiani.

d) Per assicurare la pace lungo il confine, il Negus dovrebbe rkonoscere ai Governatori delle provincie a lui cedute, i capi attuali facendoli da luiJ direttamente dipendere, e curare che i capi' stessi e le <POPOlazioni ad essi sottoposte sieno trattati in modo non dissimile da quelli con 'cui sono kattati i capi e le popolazioni sottoposti al Governo Italiano.

e) H passaggio del territori'o che deve tornare all'EtiOtpia avrà luogo dentro un termine prudenziale piuttosto largo, da determinarsi d'accordo coll'Imperatore. Può anche essere opportuno che il passaggio dei territori sia preceduto da una materiale delimitazione sui luoghi, segnatamente dove il confine non è segnato da limiti ed ostacoli naturali.

f) Nel ·caso che Adi Caiè debba essere sgombrato, dobbiamo chiedere un tempo maggiore e dichiarare che ci riserviamo di trasportare i: materiali e radere al suolo le fortificazioni affinchè non possa servire di base di operazioni contro di noi.

g) La S. V. dovrà inoltre escogitare tutte quelle altre garanzie che stimerà necessarie e che Le saranno sugge;rite dalle circostanze.

Stabilite le modalità del passaggio nei termini sovra esposti, la S. V. dovrà telegraficamente informarne il Ministero degli Affari Esteri e il Governo dell'Eritrea onde prendere i provvedimenti opportuni; e se l'Imperatore d'Etiopia mostrasse desiderio che la S. V. accompagni i delegati imperiali Ella è autorizzata a farlo.

L'Imperatore d'Etiopia ha .già espresso al maggiore Nerazzini il desiderio di stabilire un filo telegrafico fra Massaua e Addis .kbeba, impegnandosi di costruire per di lui conto, la metà circa della linea. La S. V. è autorizzata a secondare premurosamente tale idea, proponendo una convenzione telegrafica e postale nell'intento di stabilire un servizio telegrafico fra Massaua e Addis Abeba, via Adigrat, Amba Alage, ecc.

Circa il tevritorio Dancalo, per quanto il Governo italiano riconosca la sovranità di Menelik, su quel territorio, è però necessario che, dal suo canto, l'Imperatore riconosca il trattato stipulato dal R. Governo col Sultano Mohamed Anfari d'Aussa nel 1888, a tute'la della via commerciale Assab-Aussa-Scioa, nello stesso modo e per la stessa ragione ·che Menelik quando era Re delio Scioa riconobbe e ratificò identico trattato stipulato coll'Anfari nel 1884.

La S. V. dovrà tranquillizzare l'Imperatore d'Etiopia sulla eventuale e probabile retrocessione del territorio di Cassala al Governo Anglo-Egiziano dovendo ciò avvenire in base a precedenti impegni sanzionati da una convenzione sottoscritta nel 1891.

Come pratico sviluppo del trattato di commercio, la S. V. dovrà preparare una nuova convenzione commerciale, per la quale le merci ·che da Massaua entrano in Abissinia siano esenti da dazio abissino di entrata, e sieno pure esenti da dazio abissino di uscita quelle che dall'Abissinia sono destinate a Massaua.

La stessa convenzione dovrebbe essere stipulata col Benadir.

Il riconoscimento della stazione commerciale italiana di Lug fatto nella lettera di Menelik a S. M. il Re d'Italia, non è sufficiente a garantire quella stazione; Ella dovrà per Lug proporre una vera e propria convenzione commerciale in cui si garantisca tanto la stazione, quanto le vie di comuni·cazione col mare. Deve anzi insistere ancora presso il Negus onde Lug entri nei limiti del possesso italiano, facendo dimostrare la condiscendenza dimostrata dal R. Governo nella delimitazione della frontiera tigrina, mentre Lug entra in una zona di territorio non definita e non riconosciuta quale facente parte dell'Impero Etiopko, secondo la stessa lettera del 1891, con la quale l'Imperatore Menelik notificava alle Potenze, l'intera estensione dei suoi domini.

Come suggello alla pace di Addis Abeba, tanto S. M. il Re d'Italia quanto

S. M. l'Imperatore d'Etiopia promulgheranno un decreto di amnistia generale per i rispettivi sudditi ora detenuti in Eritrea e in Etiopia per cause politiche.

La S. V. dovrà tenersi in diretta corrispondenza tanto col Ministero degli Esteri in Roma, quanto col Governatore Civile in Massaua.

(l) Cfr. la nota al n. 201.

245

L'AMBASCIATORE A VIENNA, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

(AVV)

L. P. Milano, 19 ottobre 1897. Sono stato ieri a Monza dal Re, e fu inteso con S. M. che avrebbe ricevuto a Monza il ·conte Goluchowski il 7 novembre prossimo e l'avrebbe ritenuto a pranzo, e l'indomani, permettendolo il tempo, gli avrebbe fatto uccidere qualche fagiano nel parco; dopo di che il conte Goluchowski: avrebbe preso congedo da S. M. Ho detto ail Re che Goluchowski aveva manifestato il desiderio di vedere in quella occasione voi, e possibilmente il Presidente del Consiglio. Ho pure detto a S. M. che nella stessa occasione sarebbe stato conveniente di conferire a Goluchowski l'ordine dell'Annunziata, essendo esso stato conferito ai suoi predecessori, ed avendo il Goluchowski ricevuto il Toson d'oro, l'Aquila nera e il Sant'Andrea. Giacchè un giorno o J'altro questo si doveva fare, tanto e meglio valeva il farlo in quest'occasione. Il Re acconsentì, riser

vandosi di parlarvene. Naturalmente farò sentire a Goluchowski che ci vorrà la reciprocità del Santo Stefano per Voi, e non dubito che egli abbonderà in

questo .senso. Io però non ne scriverò a Goluchowski prima d'essere autorizzato da Voi.

Goluchowski sarà accompagnato dal suo Segretario di Gabinetto Merey.

Suppongo che voi verrete a Milano contemporaneamente e possibilmente uno o due giorni prima di Goluchowski, e allora potremo parlare di tutti i particolari della visita. Vi confe,rmo che Goluchowski, secondo .che fu convenuto, arriverà a Milano il 6 novembre alle 7,30 di sera e andrà ad alloggiare all'Hotel de la Ville.

Io ora vorrei andare in Piemonte per alcuni giorni, poi tornerei a Milano ad aspettarvi, a meno che crediate indispensabile ch'io vada prima a Roma. Ma se potete risparmiarmi quella gita ve ne sarò grato" poichè fo conto di andare poi subito a Roma dopo la visita di Goluchowski.

246

L'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 3508. Parigi, 20 ottobre 1897, ore 17,50. Hanotaux mi ha detto che questa mattina, prima ancora che egli avesse veduto il testo del discorso attribuito al suo collega del Commercio in un telegramma dell'Agenzia Havas da Nancy, una comunicazione urgente del Ministero del Commercio gli è pervenuta per smentire categmicamente che quel Ministro abbia pronunziate le parole attribuitegli, circa ripresa trattative commerciaLi ·coll'Italia. Replicai, ·che, in tal caso, una smentita immediata e categorica s'imponeva, ed Hanotaux mi disse ·che, o nei fogli stessi dell'Agenzia Havas, o nei giornali più serii, la smentita non tarderebbe a comparire. Poscia il Ministro soggiunse che io stesso potevo rendermi conto delle condizioni della Camera francese in questo scorcio di sessione che sarà l'ultimo della presente legislatura. Questa situazione parlamentare consiglia a non affrettare le nostre trattative che non debbono essere abbandonate, ma che nel corso dell'inverno,

e durante la probabile sosta dei lavori parlamentari, potranno essere invece utilmente proseguite.

247

L'INCARICATO D'AFFARI A VIENNA, CUSANI CONFALONIERI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 41219/897. Vienna, 22 ottobre 1897. Come era facile prevedere, l'articolo del prof. Frassati sulla politica estera dell'Italia e sulla politica franco-russa, pubblicato nell'ultimo numero della Nuova antologia, ha fatto a Vienna una dolorosa impressione, specialmente perchè l'autore prende ·come punto di partenza, per combattere la tripHce alleanZJa, una lettera confidenziale del conte di Robilant, il quale ha lasciato a Vienna cosi larga eredità di affetti e simpatie. Tale impressione sarebbe stata anche più a·ccentuata se l'attenzione di questi circoli politici, anzi del pubblico in generale, non fosse tutta assorta nella lotta

che il conte Badeni sostiene, con ardimento certo superiore alle sue speranze di vittoria, contro una formidabile coalizione parlamentare.

Dei giornali politici più accreditati, finora la sola Neue Freie Presse ha commentato diffusamente questa pubblicazione nel suo articolo di fondo di stamane, che mi onoro di trasmettere qui accluso all'E. V. (1). L'articolo, redatto in forma molto misurata, si limita in sostanza a voler dimostrare che, se il conte di Robi1ant avesse vissuto fino ad oggi, egli avrebbe certamente dovuto mutar d'opinione, riconoscendo i vantaggi che l'Italia ha tratto finora e può trarre in avvenire dalla triplice alleanza. E mi pare degno di nota i,l fatto che l'autorevole giornale viennese, quasi voglia dare all'autore una lezione di convenienza internazionale, sembra astenersi a disegno dal rilevare alcuni suoi giudizi molto recisi sulla situazione politica austriaca, che gli sarebbe stato facile ribattere con qualche considerazione poco benevola verso il nostro paese.

248

II MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, AGLI AMBASCIATORI A BERLINO, LANZA, A LONDRA, FERRERO, A PARIGI, TORNIELLI, E AGLI INCARICATI D'AFFARI A PIETROBURGO, MELEGARI, E A VIENNA, CUSANI CONFALONIERI

D. 39584/267. Roma, 23 ottobre 1897.

Ritornando dal suo congedo, questo ambasciatore d'Austria-Ungheria è venuto a confermarmi quanto già dal R. ambasciatore a Vienna mi era stato comunicato, in risposta aJ mio telegramma del 7 ottobre (2), intorno alle idee del governo I. e R. per la sistemazione di Creta.

Il conte Goluchowski ritiene, al ,pari di noi, urgente d'occuparsi della condizione veramente compassionevole dell'isola, e pensa che sarebbe opportuno concentrare tutto il lavoro a ciò relativo presso le ambasciate a Costantinopoli. Egli designa poi quattro punti sui quali anzi tutto l'accordo dovrebbe essere stabilito e sono: l) la nomina del governatore; 2) le potenze dovrebbero impegnarsi a sostenere energicamente e unanimemente, presso la Sublime Porta, la nomina convenuta; 3) converrebbe ben precisare i rapporti tra il governatore e il comandante delle truppe turche; 4) provvedere alle necessità finanziarie, per il quale scopo si richiederebbero sei milioni di franchi. Le altre principali que. stioni potrebbero essere deferite all'esame ed alla proposta degli Ambasciatori.

Ho risposto al barone Pasetti che ero, in mas,sima, d'accordo con il Ministro I. R. degli Affari Esteri. Avrei accettato per governatore quel candidato che fosse accettato da tutte le grandi potenze e che fosse scelto in uno stato all'infuori di esse. Convenivo col conte Goluchowski nel considerare che i due punti più importanti, per sciogliere il problema della pacificazione di Creta, erano la nomina del governatore e le questioni connesse colla rpresenza delle truppe turche nell'isola. Senza essere d'accordo su questi due punti, le potenze, le quali si propongono di dare alla questione di Creta una soluzione soddisfacente e durevole, non potrebbero avere fiducia di riuscire nel loro intento. Ma è, in pari tempo, da prevedersi che su di essi si porteranno le maggiori res1istenze del governo Ottomano. Nella circolare comunicata agli Ambasciatori

a Costantinopoli, in data dell'8 ottobre (1), che contiene le proposte della Sublime Porta circa l'ordinamento di Creta, è detto che il governatore sarà un suddito del Sultano e che le truppe ottomane occuperanno, nell'isola, tutti i punti che saranno giudicati necessari. E, secondo l'ultima circolare della Sublime Porta, le truppe internazionali dovrebbero essere impiegate come ausiliarie di un maggior corpo di truppe turche, incaricate, sotto il comando di un ufficiale del Sultano, di ristabilire l'ordine e di disarmare la popolazione. Ora, è noto, e risulta da tutti i rapporti che mandano da Creta gli Ammiragli e i Consoli, che la nomina di un funzionario Ottomano a capo del governo di Creta, e tanto più una azione delle truppe turche nell'isola sarebbero considerate dalla popolazione come la negazione di quell'autonomia che fu loro annunciata dalle potenze. Esse sarebbero il segnale di una nuova e rpiù grave conflagrazione.

Le potenze sono om di accordo sulla nomina di un governatore straniero. Ma la quetione dei rapporti tra esso e il comandante militare Ottomano è subordinata all'esame delle difficoltà inerenti alla pre·senza delle truppe turche in Creta. La nomina stessa del governatore non potrà avere gli effetti che le potenze sa ne ripromettono se rimarrà disgiunta dalla soluzione di queste difficoltà; poichè, se il .primo ufficio del governatore dovrà ess·ere quello di ricondurre la pace nell'isola, è però ·certo che, in presenza del sentimento unanime delle popoiazioni cristiane, e~li non potrà trovare, nell'impiego delle truppe turche alcuna efficace forza d'ordine.

Su questi due punti essenziali è dunque necessario, a mio avviso che le potenze si intendano, in modo da presentare alla Sublime Porta il risultato delle loro deliberazioni come l'espressione della volontà dell'Europa, e sostenendone con fermezza l'accettazione. Un altro modo di procedere ritarderebbe indefinitivamente la soluzione della questione cretese, che, per ragioni di umanità e nell'interesse europeo, si impone colla maggiore urgenza alla cura e alla responsabilità delle potenze.

Di questo mio colloquio col barone Pasetti ho creduto opportuno darle conoscenza, per sua personale informazione.

(l) -Non riprodotto. (2) -Cfr. n. 230.
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L'INCARICATO D'AFFARI A VIENNA, CUSANI GONFALONIERI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 903/4139. Vienna, 24 ottobre 1897. Facendo seguito al mio rapporto di ieri, n. 897l 4129 (2), ho l'onore di trasmettere all'E. V. qui acclusi tre estratti (3) dei giornali, Peste·r Lloyd, Vaterland, Reichswehr, contenenti degli articoli sulla nota pubblicazione del prof. Frassati. Mentre i primi due sono redatti in forma piuttosto moderata, l'articolo della Reichswehr, giornale militare molto autorevole, è assai più reciso e quasi violento. Esso accusa la Neue Freie Presse d'essersi mostrata servile e di aver man

cato di dignità in questa occasione e conclude dicendo: «Non abbiamo nulla da farci perdonare dall'Italia, nè ci spetta il compito di pregarla di restare

con noi. Continui pure a fare anche per l'avvenire quel che le garba. Non abbiamo alcun motivo per voler influire sulle sue determinazioni.

Il principe di Bismark è andato a cercare il conte di Robilant, noi vogliamo attenerci piuttosto alle parole che ai fatti del primo cancelliere: noi non andiamo a cercare nessuno,.

(l) -Cfr. n. 235. (2) -Cfr. n. 247. Esso reca però la data del 22 ottobre. (3) -Non riprodotti.
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IL MINISTRO A MONACO DI BAVIERA, DE FORESTA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 286/107. Monaco, 26 ottobre 1897.

L'inconsulta pubblicazione fatta dalla Nuova Antologia sulla triplice alleanza (l) ha destato in sulle prime come è noto all'E. V., :nella stampa germanica critiche piuttosto acerbe verso la politica italiana. Le gazzette clericali specialmente dovevano valersi dell'opportunità per inveire contro l'Italia e cercare di dimostrare che la triplice non avea fondamento duraturo. Così ragiona infatti l'organo massimo del partito del centro in Baviera, l'Absburger Postzeitung: <Le condizioni nelle quali si ritrovano le potenze della triplice sono le seguenti:

Innanzi tutto la popolazione austro-ungarica vede di mal'occhio la Germania e solo dall'Imperatore Francesco è voluto e ritenuto il legame con la nazione sorella. Il partito dei tedeschi e quello degli israeliti liberali, che tendono ad una unità germanica la quale sarebbe certo di grave danno per ['unità austro-ungaric:a, mettono Guglielmo II nella necessità di dovere, come alleato, contrariare le legittime aspirazioni di questi veri germanici e Francesco Giuseppe in quella di reprimere con violenza e soffocare un partito che insieme al panslavista sono di dissoluzione per l'Impero.

L'Italia ![l>Oi si trova in questa lega come un ornamento e si deve imporre sacrifici non adeguati alle sue entrate e possibili vantaggi. Il suo distacco dalla Francia la danneggia nel commercio e la sua adesione alla Germania, dai peggiorati rapporti di questa con l'Inghilterra, le frutterà certo dalla regina del mare noie ognora crescenti».

Fin qui l'Absburger Postzeitung.

Di questo ragionamento del foglio clericale rivestito di una certa parvenza di vero l'E. V. sarà meglio in grado di giudicare dall'articolo stesso che qui unito (all. A) ho l'onore di trasmetterle (2).

Se non che già giudizi più sereni sull'Italia si fanno largo fra la stampa liberale tedes<ea e criteri più giusti sono messi in opera per mettere la condotta del generale Robilant nella sua vera luce.

Valga invero la corrispondenza di Roma, bene inspirata, che oggi pubblica il precipuo foglio tedesco della Germania del sud, da me pure unita al presente rapporto (all. B) (2). Nella medesima si fa notare come il Robilant stesso, ad onta della sua poca disposizione verso la triplice, nel fatto di averla rinnovata abbia mostrato come egli non fosse un dichiarato oppositore della alleanza, e come la critica tedesca abbia conrfuso gli apprezzamenti del Frassati con le idee del

Robilant e ritenuto quest'articolo come un sintomo di una opinione che si fa strada in Italia di volersi liberare dalla tri1.)1ice, opinione non divisa però daUa gran magg~oranza degli italiani.

Condude infine l'Absburger Post lamentando l'indiscreta pubbHcazione e scagionando della stessa il R. Governo.

(l) -Cfr. n. 247. (2) -Non riprodotto.
251

BALDACCI AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

L. P. Bologna, 27 ottobre 1897. Prego l'E. V. di permettermi di esporle alcune considerazioni personali sulla questione albanese. Sono il frutto, quasi maturo, della pratica e dell'esperienza ac,quistata durante i miei otto viaggi scientifici nell'Ailbania, compresa nel suo significato più ampio dalla valle della Cijcona (?) sulla frontiera montenegrina, al golfo di Ambrada, alla catena del Pindo, ai distretti famosli di Djakòva, lpek e Gusinje. Entro questa regione così definita vive compatto l'elemento albanese, contro il quale non possono in niuna maniera aver ragione etnograficamente le piccole isole elleniche al sud, valacche o bulgare al centro orientale e serbe a settentrione. Gli albanesi si trovano in uno stato di anarchia perfettamente primitivo. Hanno tutti i difetti e le poche buone qualità dei po1poli inteiJUgenti e fieri nelle loro antiche condizioni sociali. In generale sono barbari, mercenari, insofierenti di ogni governo politico, ignari del sentimento patrio e, viceversa, fanatici della religione che li divide con barriere insormontabili in tre grandi masse; gli ortodossi al sud, i cattolici al nord, i musulmani, più numerosi di tutti, sparsi al centro, a mezzogiorno e a settentrione, essendo generalmente in forte maggioranza nelle città e nelle borgate ove dominano, spesso con ferocia, sui cristiani. Si dividono in toschi e gheghi, in due tribù che mai non ebbero tregua fra di loro. I toschi sono, peraltro, di fronte ai loro fratelli gheghi, leggermente fuori della barbarie completa in cui questi si trovano. In fatti i gheghi nei loro monti non hanno altro governo che quello che regola le tribù colla cosidetta legge della montagna, non pagano imposte, non prestano servizio nell'esercito regolare: le tribù vivono spesso in completa e tenebrosa discordia fra di loro; la vendetta e, quindi, la strage sono i soli appelli di giustizia che vigano da secoli per tutta l'estensione di quel paese quasi sconosciuto al mondo. Fra i gheghi io non ho trovato affetto, e·, ciò che è più, a·ccenno alcuno verso la loro nazionalità: ignota è per essi l'idea anche più semplice della patria albanese. La religione sola ha forza, ma anche questa e in dati casi fino a un certo punto, quantunque debba senza dubbio riconoscersi il fanatismo che li assale talvolta per la fede. Io però soggiungo che questo stato anormale di uomini e di cose è mantenuto dal cattolicismo, esercitato dai preti pagati dall'Austria, e, secondariamente, dal governo stesso ottomano il quale, presagendo la possibilità che l'Albania del nord sia uno dei primi paesi da venir assorbiti da potenza straniera, ha il suo principale tornaconto di opporre ad essa una vergine e selvaggia

forza di anarchia più che feudale. I toschi, al contrario, pagano regolari tributi alla Turchia, prestano servizio nell'esercito regolare, sono protetti da una giustizia turca, e,, sebbene in maggioranza musuilmani (ciò che loro concede di essere tenuti in conto a Costantinopoli) cominciano tuttavia a sentire in diverso grado e a seconda dei distretti l'idea della patria e lavorano alquanto per essa, sospinti e risvegliati, io penso, dalla fenomenale attività di propaganda che hanno i greci, i bulgari, i valacchi ed i serbi entro le stesse file albanesi.

Profittando di questa confusione che fa vergogna all'Europa, l'Austria, la Grecia ed il Montenegro, entro i limiti del paese ora considerato, maneggiano a danno del popolo albanese. La Grecia esercitò attivissima propaganda fino a Berat ed El Bassan per ellenizzare la popolazione, riuscendovi temporariamente con tatto e profitto che ha fatto davvero temere per la stessa esistenza dei toschi da Argyrokastron al golifo di Ambracia, i quali devono ascrivere a loro principale via di salute i risultati dell'ultima guerra •che spezzò, forse per sempre, le velleità e :J.e brame della Grecia sull'Epiro. L'Austria intriga dai confini della Bosnia al golfo di Ambracia, ma più direttamente fino a Vallona, di cui ha riconosciuto l'estrema importanza strategica come chiave invulnerabile dello Addatico inferiore. In secondo luogo l'Austria non perde tempo ad inframmettersi fra se!'lbi, bulgari, valacchi e greci nei due versanti del Pindo: si capisce che c'è di mezzo Salonicco, e per andare fin là, lungo le sponde del Vardar, occorre avere le spalle premunite perchè il caos macedone non sembra elemento amico all'aquila degli Asburgo. D'altro canto, anche senza Salonicco, Vienna anela di rimpiazzare Venezia sui mari Adriatico e Jonio, nè io saprei darlle torto. Un giorno essa potrebbe tramare fino a danno dell'unità dell'Italia: dallo scoglio di Saseno al capo Linguetta (che definiscono l'ampia e sicura rada di Vallona capace di tutte le a.rmate d'Europa) è facile il passo per la Japigia (?) e le Puglie. Inoltre, riuscendo l'Austria nell'Albania, spezzerebbe d'un colpo l'avvenire del Montenegro, il piccolo simpatico Piemonte serbo, ora doppiamente caro all'Italia. Quindi il Montenegro ha capito da tempo la nuova situazione che può venirgli creata, e il principato cerca di esercitare verso le sue frontiere meridionali quel poco di propaganda che gli consentono le sue risorse. Questa propaganda montenegrina non fu mai a danno della nazionalità albanese; troppo evidentemente dimostrò fino ad oggi il Governo di Cetinje di curare la vitalità della vetusta stirpe Skepi:!tara, orgoglio di quante furono genti infradriatiche, delle quali è unico avanzo passato in mezzo alle più dure bufere dei tempi antichi e moderni. Il Montenegro porge nobili esempi della sua larga tolleranza politico-religiosa e del suo rispetto per l'etnografia; i distretti albanesi di Antivari, Dulcigno, Kraja, Podgoritza, Hoti passati alla Cruagova col trattato di Berlino sono rimasti perfettamente Skepetari.

Gli stranieri -austriaci in primo luogo -dicono, scrivono e pubblicano in giornali e libri che la propaganda italiana in Albania ha raggiunto intensità straordinaria. Nul1a di più falso. Ma di questo dire la colpa appare nostra perchè, se di quando in quando apparimmo in Albania, non avemmo laggiù una mira perseverante ed utile dalla quale poter cogliere quei frutti, che ora a tutto loro vantaggio ci rinfacciano falsamente gli altri per trarne anna o punta o intrigo contro di noi e contro le nostre aspirazioni, là dove niun altro dovrebbe un giorno imporre che noi. Le nostre istituzioni dei due consolati di carriera di Scutari e Janina, delle scuole, dei servizi della «Puglia» servirono unicamente ad esagerare le cupidigie austriache in Albaoia essendosi fatto impartire da

Vienna che era necessario di rinvigorire la propaganda in quel paese per controbilanciare gli inventati intrighi italiani.

Ognuno riconoscerà gli alti interessi nostri politi-ci, tradizionali e commerciali nell'Adriatico inferiore orientale e nel Jonio superiore e, insieme quel dovere, quasi, che noi abbiamo di civilizzare o seriamente concorrere a preparare il popolo albanese alla sua redenzione, poichè il popolo albanese è l'avanzo di quelle genti pelasgo-illiriche, dalle quali più tardi sorse anche la stirpe italica. Ora, sorvolando a notizie ben note all'E. V., e proponendo la domanda: l'Italia deve avere o no una linea di condotta politica in Albania, io rispondo senza esitazione affermativamente.

Così io penso. Bisogna assolutamente far concorrenza all'Austria che si afferma sempre più, e mostrare che l'Italia non può disinteressarsi, nel triplice significato politico, commerciale e tradizionale, delle sorti dell'Adriatico inferiore e del Jonio e che peTciò intende affermare questi suoi alti intere.ssi, dimostrando, nel periodo di incubazione degli eventi, che essa vuole al momento pratico essere, in quanto ad influenze, per lo meno alla pari dell'Austria. Quindi per curare questi interessi sarebbe intanto efficace di pensare: l) al miglioramento dei servizi della «Puglia » studiando itineraril rapidi e settimanali fra l'Italia, Prevesa e Cattaro lungo le coste albanesi; 2) ad innalzare a consolati generali i due attuali consolati di Scutari e Janina per controbilanciare la posizione dei rappresentanti austriaci; 3) ad istituire nelle scuole italiane di Scutari il corso commerciale e tecnico per controbilanciare l'influenza di scuole simili tenute dai gesuiti e perciò dall'Austria: ripristinare le scuole a Vallona; 4) a nominare, sussidiariamente e quando prendesse piede lo sviluppo politico, un vice-console di carriera a Durazzo ed a Vallona, dove da tempo risiedono fuuzionarii austriaci di questo grado. Con tali innovazioni noi verremmo a trovarci all'in·circa nelle stesse condizioni dell'Austria coi mezzi aperti. Restano gli occulti che per l'Austria si nascondono nella formala -protezione del culto e che si risolvono nel modo di dispensare moneta e fare una indecente propaganda a danno del Montenegro.

Dato lo sfacelo ottomano in Albania, all'Italia che cosa conviene di fare? Esclusione assoluta di ogni occupazione o protettorato austriaco specialmente per ragioni di salvataggio nazionale. Il mare Adriatico dev'essere mare italiano. Considerate perciò le nostre necessità, che tuttavia non militano a favore, nè di occupazione, nè di protettorato specialmente dell'Albania del nord (non i: nell'indole del popolo italiano e sopratutto nelle condizioni nostre economiche la politica delle conquiste coloniali) e studiate le aspirazioni del Montenegro di divallare a sud per avere pianura e mare e costituire l'antico principato serboalbanese dei Neuranja, la questione albanese è per la Cruagora questione di vita. L'Italia quindi sarebbe chiamata con mezzi materiali e morali a largheggiare per questo nuovo stato di cose, influendo tanto da far nascere sotto l'egida del Montenegro la redenzione degli albanesi: facilmente potremmo salvaguardarci dal lato russo. Il Montenegro, a ciò fare, ha opposizione nei turchi, nell'Austria

(concorrente aperta per l'occupazione) e nelle popolazioni turche e cattoliche che l'odiano a morte. Quindi occorre temperare gli ostacoli preparando il terreno. Questo può venire preparato: l) mediante azione e danaro (gli albanesi tutti furono sempre mercenarii all'incanto) del Montenegro sulle tribù della

13 -Documenti diplomatici · Serie III · Vol. II.

frontiera; 2,) dall'Italia, girando a favore del Montenegro la somma delle influenze acquistate coi mezzi sopra indicati e facendo intervenire la forza costituita dall'elemento dlbanese d'Italia; 3) escludere assolutamente l'idea di fronte agli albanesi, di annessione dell'Albania al Montenegro e lavorare invece per l'idea di principato d'Albania e Montenegro facendo risortire il necessario spostamento della capitale da Cetinje a Scutari: la maggior popolazione albanese in confronto aHa montenegrina e la indiscutibile ricchezza dell'Albania in confronto alla povertà montenegrina porterebbero a ciò che col tempo l'indipendenza ghega sarebbe assicurata dal Montenegro, il quale diventerebbe stato albanese. In tal modo, auspice l'Italia, nè verrebbero lesi gli interessi vitali del Montenegro, nè i morali deglli albanesi. Risolvendosi così il problema l'Italia avrebbe diritto a due vantaggi: l) assicurarsi un favorevole trattato di commercio coi più ampi privilegi;: 2) assicurarsi la sua corrente d'emigrazione nel nuovo principato, la quale potrebbe essere abbastanza sensibile data l'incuria in cui è tenuto il paese e la vergine fertilità del suolo. In ogni caso sarebbe però avveduto di curare la propaganda fra i Mirditi, la più classica, guerriera ed influente tribù di quante sono nell'Albania del nord; il primo passo consisterebbe nell'ottenere dalla Sublime Porta la liberazione dall'esilio del principe dei Mirditi, fra i quali l'Italia troverà nei parroci alcuni influenti amici che si presteranno ad aiutare pochi, ma buoni emissari tolti dalle nostre colonie albanesi cui, col pretesto di esercitare la medicina od il commercio, non mancherà gradatamente il mezzo di venire a trattative col vescovo della Mirdizia.

Le sopradette considerazioni valgono per l'Albania del nord. Resterebbe l'Epiro daHo Skumbi al golfo di Ambracia, che per niun verso dovrebbe essere concesso agli austriaci, come ai greci. Può presentarsi argomento di studio se all'Italia convenisse il protettorato sull'Epiro, paese più fertile e civile dell'Albania del nord. Nell'Epiro noi godiamo ancora di molte e vere simpatie che, peraltro, dovrebbero alimentarsi. Ma in qualsiasi maniera si risolvesse il problema d'Epiro l'Italia occuperebbe e fortificherebbe i principali punti strategici come Saseno, Capo Linguetta ed altri che costituiscono la difesa della chiave dell'Adriatico.

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IL CONSOLE GENERALE A TUNISI, MACHIAVELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 3153/475. Tunisi, 28 ottobre 1897. Giovedì, 21 corrente, è arrivato a Biserta l'incrociatore russo «Vjestnik » armato di 7 cannoni, 4 mitragliatrici, 2 tubi lancia torpedini e con 190 uomini d'equipaggio. Rimarrà colà, da quanto mi ha detto ieri il console di Russia, un mese, ritenendosi, com'egli aggiungeva, che quel porto sia molto adatto, sotto l'aspetto della perfetta tranquillità non solo delle a,cque, ma anche della

vita a terra, pel lungo soggiorno d'una nave ,s,cuola di sott'ufficiali di marina qual'è detto incrociatore.

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L'AMBASCIATORE A LONDRA, FERRERO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. RISERVATO 3582. Londra, 29 ottobre 1897, ore 15,24.

D'incari-co di Salisbury Sir T. Sanderson mi scrive che il governo egiziano ha preso la determinazione definitiva di rioccupare Cassala. Sirdar, consultatosi con Parsons, propone che 350 regolari indigeni e 150 irregolari indigeni, oggi sotto le bandiere italiane ottengano dal governo italiano il perm-::sso di passare al servizio dell'Egitto per la guarnigione di Cassala. Soggiunge Sanderson che, se questa autoo:izzazione fosse data senza indugio, il Sirdar è pronto a occupare Cassala anche prima di Natale.

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L'AMBASCIATORE A VIENNA, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

(AVV)

L. P. CONFIDENZIALE. Milano, 30 ottobre 1897.

Avevo messo alla posta la mia letterina di questa mattina (1), quando mi giunse la Vostra di ieri 29 (2).

Ecco quanto fu combfnato col Re circa la nota visita. Il Goluchowski arriva a Milano il 6 novembre a .sera. Discende all'Hotel de la Ville. Vorrei farlo pranzare la stessa sera con me, con Voi e con Rudinì. Il 7 dopo la colazione si recherà a Monza (suppongo tra le 4 e le 6) invitato dal Re. Sarà ricèvuto in udienza prima del pranzo. Sarà presentato, prima o dopo il pranzo, alla Regina. Dormirà a Monza col suo segretario Merey. Il giorno 8 mattina, caccia nel parco, poi déjeuner, poi partenza del Goluchowski da Monza per Milano.

Mi pare che il Re conti sulla vostra presenza, su quella del Marchese di Rudinì e sulla mia per il pranzo del 7.

Non fu questione mai di Pasetti, e Goluchowski non lo invitò a venire a vederlo a Milano, almeno per quanto io sappia. E non so pure se convenga al Re di complicare la visita a Monza invitando Pasetti, che dovrebbe naturalmente dormire anche lui a Monza, pokhè non lo si potrebbe mandar via, ritenendo il Ministro, dopo il pranzo. Finalmente è da notarsi che il Kalnoky non volle il Bruck a Monza, quando egli ci venne. L>'intesa con Goluchowski fu che per la sua visita si sarebbe seguito il protocollo adottato per quella del suo predecessore, salvochè essendo il Goluchowski cacciatore, il Re gli userebbe la cortesia di fargli tirare qualche fagiano nel parco, se il tempo lo permette.

Voi giudicherete ora il da farsi. Io per me penso che la presenza di Pasetti a Monza, per invito speciale del Re, complicherebbe la visita, darebbe ad essa un'importanza che non deve avere, susciterebbe maggiori commenti nella stam

pa; ed è poi incerto se ciò piacerebbe a Goluchowski. E penso ancora che se Goluchowski vuoi conferire con Pasetti, glielo farà sapere, e se Pasetti vuoi sapere il pensiero di Goluchowski non ha che da chiedergli istruzioni. Ma Pasetti vide Goluchowski pochi giorni or sono a Vienna, e Goluchowski, per quanto so, non gli disse di venire a vederlo a Milano, nè tanto meno a Monza. Se Pasetti vorrà per sua iniziativa andare a Venezia, dove Goluchowski espresse vagamente H desiderio di passare un giorno, dopo la visita, ripeto, egli può telegrafare questo suo desiderio al suo Ministrn. Eccovi in breve il mio avviso (1).

(l) -Se ne riporta il testo: c Ho ricevuto la vostro del 26 e ve ne ringrazio. Vi aspetteròqui a Milano. Ma vi prego di telegrafarmi l'ora del vostro arrivo, perchè vorrei possibilmente poter parlarvi subito •· (2) -Non pubblicata.
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IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, FERRERO, E ALL'AGENTE DIPLOMATICO E CONSOLE GENERALE AL CAIRO, TUGINI

T. 2706. Roma, 2 novembre 1897, ore 18,15.

Ricevuto telegramma circa Cassala (2). Siamo lieti che il passaggio di presidio abbia potuto concordarsi. Il Governatore di Massaua ha già tutte le occorrenti istruzioni anche per il passaggio del desiderato numero di ascari dal nostro al servizio egiziano, salvo, beninteso, il loro consenso. Ritengo che un ufficiale superiore dovrebbe tosto essere inviato a Massaua dall'amministrazione angloegiziana per concludere ogni cosa. Prego comunicare a Lord Salisbury, Cromer.

256

IL VICE CONSOLE REGGENTE A VITTORIA, NOTARI (3), AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 3666. Vittoria, 6 novembre 1897, ore 14,20.

Quaranta brasiliani assalita colonia italiana, assassinando sei, f·erendo quattro, saccheggiando case. Opportuno impedire partenza Genova 12 corrente emigrati arruolati Massoneto agente questo governo.

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L'INCARICATO D'AFFARI A RIO DE JANEIRO, BRUNO (4), AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 3688. Rio de Janeiro, 8 novembre 1897, ore 24.

Avendo Console d'Italia Victoria telegrafato dettagli eccidio italiani località San Giovanni Petropolis, tre giorni distante Victoria, ho domandato intervento

« A que•te sarebbe convenuto aggiun<!ere il S. Stefano per Rlldini. se e<'li verrà a Milano o a Monza con voi. E in questo caso bisognerebbe d'l.re un Gran Cordone di S. Maurizio a chi sarà indicato da Goluchowski La persona indicata sarebbe Badeni; ma la sua situazione è molto instabile, e poi c'è d'l considerare che se si dà una decorazione al Pre•idente dei Ministri Austriaco, si corre il rischio di disgustare quello Ungherese. Intorno a questo adunque bisognerà sentire il Goluchowski al quale non ho ancora scritto nulla in proposito, e non scriverò se non dono che saprò le vostre idee». Cfr, anche n. 245.

l?) rfr. n. 2~3.

immediato truppe federali essendosi quelle di polizia mostrate incapaci ristabilire ordine pubblico. Motivo aggressione non accertato. Profughi dichiararono assassini assoldati partito contrario elezione Presidente dello Stato che deve aver luogo 30. 8 morti, 10 feriti, quasi tutti italiani; 7 negozianti italiani saccheggiati. In seguito attentato, ordine pubblico Rio Janeiro è fortemente turbato. Furono assalite distrutte redazioni alcuni giornali d'opposizione. Temonsi rappresaglie partito opposto eccitato per le accuse ed ingiurie subite.

(l) Con precedente lettera personale del 23 ottobre il Nigra aveva convenuto con Visconti Venosta lo scambio di decorazioni italo-austriache che avrebbero dovuto effettnarsi in occasione dell'incontro di Monza. Essendo incerta la presenza di Rudini, egli conclude:

(3) Giosuè Notari era in realtà vice con•ole a Campinas, mentre il titolare del vice consolato di Vittoria c~a Aless>~ndro Dt•nndo. Tuttavia il telegr>~mm'l. ri•ult'l firmato da Nntari.

(4) Luigi Bruno, il 5 maggio 1897, veniva destin'lto, in qualità di 1° segret'lri" di LegRzion<". a Buenos Ayres, ed al suo posto veniva nominato. in p'lri data. Vincenz" Rossi Toesca. II telegramma qui sopra riprodotto è tuttavia firmato dal Bruno evidentemente non ancora trasferitosi nella nuova sede.

258

IL GENERALE DAL VERME AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

L. P. Novara, 8 novembre 1897.

Il Capo di Gabinetto di S. M. il Re dei Belgi, Conte di Borchgrave, mi scriveva in data 26 ottobre che S. M. nel traversare l'Italia diretto a Villafranca «serait charmé de vous serrer la main, soit le l novembre à Milan soit le 4 à Genes, et eventuellement de vous dire un mot d'une étude complémentaire d'une certaine question qui a été traitée avec vous, étude nouveUe qui ne nous parait pas impossible, si on la désirait à Rome ».

Avuta l'autorizzazione di corrispondere all'invito e ad un tempo istruito dallo stato della pendenza per mezzo di lettera del comm. Malvano, 29 ottobre, e di telegramma dello stesso, 2 corrente (1), mi sono recato il 4 mattina a bordo dell'yacht « Clementina » ormeggiato al moio di Giano nel porto di Genova.

Ricevuto da S. M. con quella squisita cortesia a cui mi ha ormai abituato, si entrò presto in argomento. Alla domanda se avevo veduto. il Presidente del Consiglio dopo i nostri colloqui di Bruxelles, risposi che avevo ritferito immediatamente ogni cosa per iscritto, e spiegato poi a voce, al Ministro degli Affari Esteri, e che non avevo tralasciato di insistere su quanto S. M. mi aveva raccomandato, la necessità cioè d'interpellare il Governo britannico.

Ricordai quanto era stato scritto al Re nella lettera dell'agosto firmata da me (2), ed aggiunsi ·Come in dip·endenza di quanto in quella si diceva, io aveva cercato d'investigare l'animo di Lord Cromer, nell'occasione in cui ebbi a parlargli, nello scorso settembre sul treno della valigia delle Indie, per la cessione di Cassala. « Senonchè », dissi chiaramente a S. M., « Lord Cromer troncò bruscamente il discorso dicendomi: "cela ne me regarde pas ". E non ne volle più sentir parlare, quantunque io avessi accennato soltanto alle vie di comunicazione».

A questo punto il Re, che si vedeva bene era edotto di tutto ciò, prese la parola per dire che questa avversione manifestata da Lord Cromer potrebbe essere occasionata dal timore che la desiderata via di comunicazione dal Congo al Mar Rosso per l'Eritrea avesse a tagliare quelle che tanto premono all'Inghilterra lungo il corso del Nilo, mentre invece egli null'altro chiede al Governo britannico all'infuori del libero transito, ed inoltre l'affitto di un limitato territorio, il Sennaar.

Su questo tema del libero transito il Re insistette lungamente, e ben si può dire che tutta la conversazione, sin tanto che si mantenne nell'argomento africano, si sia aggirata su quello.

Io ripetutamente assicurai S. M. di nulla aver detto a Lord Cromer che lo potesse indurre in quel timore, e che le poche parole pronunciate al riguardo, ac~ennavano appunto al libero transito. Dissi pure che nei miei rapporti sui colloqui di Bruxelles avevo sempre riferito nel senso inteso da S. M.; di avere cioè diritto di passaggio, ma non mai di tagliare le vie di comunicazione dell'Inghilterra.

Senonchè mi sono accorto che il Re preferiva !asciarmi credere, e forse lo credeva Egli stesso, che la sola ragione della brusca accoglienza fatta da Lord Cromer alle mie aperture sulle vie di comunicazione stava nel timore di vedere compromesse le proprie (1).

Ho notato che S. M., accennando all'affitto che vorrebbe avere dall'Inghilterra, si limitò, questa volta, a menzionare il Senaar, e non più la provincia di Cassala, come mi aveva detto esplicitamente nelle precedenti occasioni, allorchè mi recai a trattare della quistione, per due volte, a Bruxelles.

Quanto all'affitto dall'Italia, pur non disdicendo le proposte anteriori, non le ripetè esplicitamente, forse essendosi accorto che non vi era da sperare la concessione desiderata. Fece però voti affinchè il Governo italiano abbia a decidere ciò ,che intende fare ed espresse poi il vivo desiderio che: l) si interpelli il Governo della Regina, a Londra, intorno al libero transito attraverso i territori soggetti all'influenza britannica ed all'affitto del Senaar; 2) si abbia dal Governo italiano, in caso di consenso dell'Inghilterra, a venire ad un accordo per il libero transito attraverso l'Eritrea e ad un affitto di quel tanto che è necessario all'amministrazione congolese per fare del porto di Massaua il caposaldo delle sue comunicazioni attraverso il continente africano.

Alla domanda fattami da S. M. intorno alle intenzioni del Governo angloegiziano di andare quest'anno sino a Kartum, risposi colle parole decise di Lord Cromer: «Per quest'anno assolutamente no ». Ciò che parvemi riuscisse di soddisfazione a S. M.

Ero andato a bordo alle 9,30. Alle 10,30 fui trattenuto a colazione. Ne scesi a mezzogiorno e mezzo.

Dal complesso della conversazione ho desunto che non si trattava precisamente di uno studio nuovo come si poteva supporre dalla lettera del conte di Borchgrave, ma invece dello stesso antico progetto, ridotto di proporzioni, in seguito alla freddezza dimostrata dal Governo italiano e all'avversione del Ministro inglese in Egitto.

• Le Roi des Belges. comme So.uverain de I'Etat du Congo, désire ouvrir à son domaine africain un débouché sur la Mer Rouge. Son projet est d'établir, à cet effet, entre le Congo et Massaua une série d'étapescommerciales.

Pour ce qui concerne l'Angleterre, le Roi Léopold lui demanderait: l) le simple Iibre

tran•it à traver• Jp•; pqv~ comn,.is d'm• la zonP d'influence, depuis la frontière congolaise

jusqu'au Sennar; 2) le bail de cette dernière province.

Si l'Angleterre adhère à cette double dPmanr!e. le Roi Léopold se propose de demander

également à I'Jtalie le libre transit à travers I'Erythrée.

Le Roi aitacherait un prix tout spécial à conn'l.itre. en principe, !es disonsitions du Cabinet de Londres envers ses projets, pour autant que ceux-ci touchent aux droits et aux intérets de l'Emp:re britannique , .

(l) -Non rinvenuti. (2) -Cfr. n. 165.

(l) A tal<> proposito il re Leopoldo inviava la seguente memoria consegnata il 18 novembre 1897 all'ambasciatore inglese a Bruxelle•:

259

IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, BONIN LONGARE, AL MINISTRO DELLA MARINA, BRIN

T. 2789. Roma, 11 novemb1·e 1897, ore 12,03. Causa gravi torbidi Victoria Brasile indispensabile pronta presenza colà nostra nave da guerra. Proporrei immediato invio «Umbria » salvo provvedere altrimenti per America Centrale.

Porto Victoria ha ventitre piedi. Prego sollecita risposta. Raccomando assoluto segreto sulla notizia.

260

L'INCARICATO D'AFFARI A MADRID, MALASPINA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 3723. Madrid, 11 novembre 1897, ore 17,20. Ministro di Stato mi comunica che ca,tturati europei sono stati liberati e

posti a disposizione del delegato governo spagnuolo. Oggi stesso devono giungere Tangeri ove saranno consegnati rispettivi rappresentanti.

261

L'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 1611/625. Berlino, 11 novembre 1897. Tutte le parole che cadono dalla bocca di un uomo di stato inglese sono sempre raccolte in Germania ,con somma cura, studiate, discusse, criticate dalla stampa di tutti i partiti. È naturale quindi che fosse atteso con impazienza il testo del discorso del primo Ministro inglese al banchetto annuale del lord Mayor, ed ora quel discorso faccia oggetto di discussione in tutti i giornali. Per quanto le parole di lord Salisbury non diano certo un'idea chiara del pensiero del Governo inglese su ogni singola questione del giorno, tuttavia ne fu notata qui con soddisfazione l'intonazione pacifica in generale e piacquero in particolar modo quelle che si riferivano all'azione del concerto europeo. E si constata con piacere che anche l'Inghilterra, per bocca del suo p['imo Ministro, riconosca la necessità di non rimaner isolata, e di unirsi alle altre potenze per risolvere le difficoltà che ancora oscurano l'orizzonte politico. Non mancano giornali che trattano alquanto ironicamente le parole di lord Salisbury: osservano che « se l'Inghilterra non vuole ingiusti acquisti in Africa e non aspira ad annettersi territori solo pe11chè questi si presentano bene sulle carte » essa è anche disposta a prender territori con confini contorti, punto di bell'apparenza: rilevano che se «l'Inghilterra desidera solo estendere i traffici, il commercio, la civilizzazione • s'intende che si tratta del traffico, del commercio inglese e della civilizzazione, come si sa che l'Inghil

terra la comprende; ma in sostanza, ripeto, l'impressione del discorso pronunciato da Salisbury nel Guildhall è stata in Germania piuttosto favorevole. Con

ciò non è a dire che sia per cessare l'ostilità che dimostra in genere la stampa e l'opinione pubblica tedesca verso l'Inghilterra, che l'opinione pubblica e la stampa inglese ricambia con pari ardore. Ne ho per prova un articolo (che trasmetto qui accluso) (l) che compariva, proprio ieri dopo il discorso di Salisbury, sulla Tiigliche Rundschau, articolo che vuoi esse:·e un monito a noi e all'AustriaUngheria contro le tendenze della Gran Brettagna; quelle tendenze che, secondo un'opinione qui molto accreditata, mirano a suscitare nuove complicazioni nei Balcani, per tener disunite, spingere le une verso le altre le potenze continentali e allontanare così i pericoli che minacciano le colonie inglesi.

262

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, ALL'INCARICATO D'AFFARI A PIETROBURGO, MELEGARI

(Ed. in LV 97, pp. 16-17)

T. 2810. Roma, 12 novembre 1897, ore 23,50.

L'incaricato d'Affari di Russia mi ha fatto, per istruzioni del suo Governo, le seguenti comunicazioni: « Le grandi potenze sembrano riconoscere unanimemente la necessità di procedere, senza il menomo ritardo, al regolamento delle sorti di Creta, affidando ai loro rappresentanti a Costantinopoli la cura di stabilire, di comune accordo, i partrcolari dell'ordinamento interno dell'isola sulla base del programma elaborato dal signor Hanotaux. L'incaricato d'affari di Russia a Costantinopoli è stato quindi autorizzato a prender·e parte, se i colleghi suoi ricevano la stessa autorizzazione, all'esame delle questioni riferentesi all'ordinamento di Creta. Il programma delle potenze prevede, in primo luogo, la necessità della scelta di un governatore provvisorio, ·che assumerebbe il potere come mandatario delle grandi potenze, fino al definitivo stabilimento del regime autonomo da introdursi in Creta. La candidatura del signor Schaeffer essendo stata ammessa da tutte le grandi potenze, neppure il governo russo obietta ad essa, ma gli sembra che la nomina di questo come d'ogni altro candidato, dovrebbe essere preceduta dalla determinazione, almeno nelle linee generali, deUe condizioni in cui esso si troverebbe collocato al suo arrivo in Creta. Sarebbe, per il candidato nominato e scelto dalle potenze, più che difficile l'assumere l'esercizio delle sue funzioni senza che fossero presi certi provvedimenti indispensabili per fornirgliene i mezzi. Epperò il governo imperiale pensa che i rappresentanti delle grandi potenze a Costantinopoli dovrebbero essere d'urgenza, invitati ad esaminare codesti provvedimenti, e che, prima d'ogni altra cosa, dovrebbe a tale riguardo attenersi un accordo tra i Gabinetti»

Ho risposto all'incaricato d'affari che, per parte mia, aderivo ai ·concetti esposti nella sua comunicazione e che ne avrei tosto dato notizia telegrafica al

R. ambasciatore in Costantinopoli, acciocchè questi possa, non appena i colleghi si trovino tutti muniti di identiche istruzioni associarsi, d'urgenza, allo studio deHe condizioni nelle quali il governa.tore provvisorio, scelto dalle potenze, dovrebbe ai più presto assumere in Creta l'esercizio delle sue funzioni (2).

(l) -Non riprodotto. (2) -Il telegramma fu comunicato anche a Lanza, Ferrera, Tornielli, Nigra e Pansa.
263

L'INCARICATO D'AFFARI A PIETROBURGO, MELEGARI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 595/328. Pietroburgo, 12 novembre 1897. In aggiunta ai ragguagli contenuti nel mio rapporto n. 589/382 [sic], delli 10 corrente (l) devo partecipare all'E. V. avermi questo Incaricato d'Affari britannico successivamente informato ·che, secondo le notizie pervenutegli, una delle clausole d'accordo fra Menelich e L·eontieff relativamente alla temporanea cessione delle provincie equatoriali dell'Abissinia consisterebbe nell'impegno preso da quest'ultimo di ricondurre la Somalia sotto il dominio del Negus e di assicurargli il possesso di un porto di quel litoral:e.

Specialmente destinato a quell'impresa sarebbe il contingente di seimila soldati abLssini posti da Menelich a disposizione di Leontieff.

264

IL CONSOLE A FIUME, LEBRECHT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 731/63. Fiume, 13 novembre 1897. Facendo seguito al mio rapporto dell'H settembre u. s. n. 577l 491 (l) ho l'onore di informare che essendo riusciti vani tutti i tentativi fatti da questa rappresentanza civica presso il Governo di Budapest per difendere e mantenere integre le ragioni dell'autonomia di Fiume, ieri sera tanto il podestà quanto i consiglieri municipali si sono dichiarati in massa dimissionari Ia qual .cosa ha dato luogo a una grandiosa dimostrazione di tutta la cittadinanza in senso antiungherese. In conseguenza di ciò si attende qui la nomina di un Commissario Regio. E si prevede che il Ministro Presidente S. E. Banffy cogHerà l'occasione peli" introdurre in città tutte le nuove leggi e ordinanze, compresa quella sulla polizia di stato, senza tenere alcun conto delle proteste dei Fiumani; fermamente deciso -come sembra -a troncare ogni ulteriore discussione al riguardo, ed a magiarizza,re,

con qualsivoglia mezzo, anche questo « Corpus Separatum » del territorio pertinente alla Corona di Santo Stefano.

265

IL CONSOLE A JANINA, MILLELIRE, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. RISERVATO 347/113. Janina, 15 novembre 1897. Già a suo tempo ho riferito a V. E. come a Vallona il Governo Austriaco abbia nominato un vice-console di carriera, certo Signor Petrovich già vice console addetto al Consolato Generale di Costantinopoli, di origine albanese quan

tunque bosniaco. Lo stesso conosce a perfezione l'albanese, sua lingua nativa, il turco, il greco e naturalmente il tedesco.

Ora oltre il suddetto vice console il Governo AU!s~ria.co ha mandato ancora un cancelliere di carriera, certo Bodnar, il quale per aver servito a Monastir conosce pure l'albanese ed il turco. Dicesi pure che si aspetta pur anca a Vallona per quel vice consolato un Dragomanno di carriera.

Ritenuto che a Vallona non esiste veruna colonia austriaca, che l'azione commerciale austriaca è sufficientemente rappresentata da quell'agente del Lloyd, parmi facilmente potersene dedurre che con questo lusso di personale l'Austria deve avere in quel luogo, senza dubbio, mire politiche, ed ha a questo scopo mandato sul luogo persone che ne conoscono la lingua, onde meglio svilupparvi la propria influenza. Parmi d'altra parte che questo mio pensiero venga avvalorato dal fatto che vado a sottoporre a V. E.

Il vice console austriaco di Vallona ha già iniziato una serie di perlustrazioni nel suo distretto, fu a Fieri, fu a Canina e si propone di andare, fra poco, a Berat. Nei vari luoghi da lui frequentati, cercò con mille artificj di avvicinarsi a bey albanesi, mettendosi con essi in contatto facendosi invitare nei loro casolari, cercando in pari tempo di aizzare il loro malcontento. Come V. E. ben sa gli albanesi da lunga pezza sono malcontenti del dominio Ottomano, il quale non .concede ad essi che vero servaggio e nessuna garanzia individuale, il signor Petrovich quindL cerca di far vibrare questa corda a favore dell'influenza austriaca, e l'agente consolare di Vallona mi ha testè riferito, come un bey albanese gli abbia confidato, che a Canina mentre in un banchetto taluni bey dimostravano il loro malcontento verso il Governo del Sultano, il Petrovich avrebbe soggiunto queste testuali parole: « Bisogna avere pazienza e prudenza ed attendere il momento favorevole, poichè eome sapete vi è chi protegge 1'Albania, e chi non permetterà che sia con~uleata ». Il R. a,g·ente mi ha p·ersino declinato il nome del bey albanese che gli ha fatto questa confidenza. Anche a Janina il Consolato Gene~rale Austriaco ha aumentato il suo personale; l'ex vice-console di Vallona, maggiore Meischener, è stato addetto a quest'ufficio consolare; egli ha già raggiunto il suo posto ed anzi è attualmente reggente dell'ufficio, essendo in congedo il titolare signor Troyan.

Da tutto quanto ho narrato ài sopra parmi fuori di dubbio che l'Austria ha iniziato in questi paesi una politica militante, ed è perciò che io ho creduto mio dovere di segnalare a V. E. questo stato C::i cose, redigendo questo mio rapporto riservato.

Copia del presente venne data pure alla R. Ambasciata rn C01s:tanti.nopoli.

(l) Non pubblicato.

266

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, AL MINISTRO A BUENOS AIRES, ANTONELLI

T. P. 2853. Roma, 17 novembre 1897, ore 20. La situazione al Brasile si va facendo gravissima per gli italiani contro i quali si accentua, segnatamente nello Stato di Spirito Santo un movimento giacobino che le autorità locali e le federali sono impotenti a reprimere. In tale stato di cose urge che l'Italia abbia a Rio de Janeiro un rappresentante

autorevole, di carattere calmo ma energico, che sappia efficacemente provvedere alla dignità e agli interessi nostri. Ho pensato a Lei. Confido che Ella non vedrà nella mia proposta che un appello al suo patriottismo. Il posto di Rio de Janeiro ha oggi per noi una primaria importanza fra tutti i posti d'America. Faccio assegnamento sulla sua accettazione e le circostanze mi obbligano a domandare una immediata risposta per telegrafo.

267

L'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

(AVV)

L. P. Parigi, 17 novemhre 1897. Mando a Lei un mio rapporto (l) sul disgraziato caso Dreyfus nel quale fu a più riprese tentato di coinvolgere l'Ambasciata nostra e si ripeteranno, secondo ogni probabilità, gli stessi tentativi. Di certi segreti è. meglio talvolta non essere informati. Ma nel caso presente, per dirette indLscrezioni del collega tedesco, il nostro addetto militare è venuto a sapere, da circa due mesi, che il Dreyfus non è il colpevole perchè il fatto a lui addebitato è stato invece commesso dal Walsin Esterhazy. La prego di non lasciare che questa informazione passi in altre bocche. Gliela dò perchè è mestieri che, per giudicare di ciò che Le scrivo nel rapporto confidenziale, Ella non abbia nessun dubbio sulla verità delle cose. Ritengo che al pari di me Ella giudicherà che nelle circostanze presenti sarebbe un errore il lasciar partire da Parigi il colonnello Panizzardi. Se dunque

nascesse l'idea di richiamarlo perchè la Germania ha richiamato il colonnello Schwarzkoppen La prego vivamente di opporsi a tale provvedimento.

268

L'INCARICATO D'AFFARI A PIETROBURGO, MELEGARI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 603/330. Pietroburgo, 17 novembre 1897.

Al ricevimento odierno del corpo diplomatico questo Ministro degli Affari Estei!'i, nel parteciparmi la partenza per l'Italia del signor Nedilow mi dichiarava aver esso avuto istruzione di adoperarsi con ogni cura a restringere vie

più le buone relazioni già esistenti fra i due paesi. « Al Governo Imperiale, dicevami S. E. preme in particolar modo non solo di conservare coll'Italia i migliori rapporti ma di rendere questi legami sempre più intimi e cordiali. A questo obiettivo anzi tutto deve ispirarsi l'azione del nuovo Ambasciatore».

Il conte Muraview ebbe pure in quell'occasione, all'indirizzo di V. E. parole improntate alla massima deferenza e simpatia e mi esprimeva il suo rammarico che non si fosse ancora presentata un'occasione di fare la di Lei personale conoscenza.

Per queste si lusinghiere espressioni che recavano il carattere della più schietta spontaneità non mancai di ringraziare sentitamente il Ministro assicurandolo fin d'm·a ch'esse sarebbero state accolte a Roma coi sensi della più viva soddts,fazione e gratitudine.

(l) Non pubblicato.

269

L'INCARICATO D'AFFARI A PIETROBURGO, MELEGARI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

(Ed. in LV 97, pp. 18-19)

T. 3777. Pietroburgo, 18 novembre 1897, ore 10,18.

Avendo chiesto oggi al ·Conte Mouravieff s·e fosse vero quanto mi era stato riferito dell'invio di una circolare russa intesa a suggerire la scelta immediata di un governatore definitivo, mi rispose aver diretto ai rappres•entanti russi una comunicazione in questo senso, non avente però carattere di proposta. Mouravieff è del resto d'avviso che atteso le difficoltà insormontabili che incontrerà la scelta (l) di Schaefer, una tale soluzione s'imporrà da sè stes:sa senza bisogno che un Gabinetto ne presenti formale proposta. « Questo ministro degli affari esteri pare ormai ammettere l'idea ·che a Governatore definitivo possa venire scelto un suddito ottomano. Accennando anzi a possibili candidati, mi fece i nomi di due : Fanarioti Caratheodory e Mauroyeni, ambedue al servizio diplomatico turco. *

270

L'INCARICATO D'AFFARI A PIETROBURGO, MELEGARI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 3778. Pietroburgo, 18 novembre 1897, ore 10,20 (per. ore 12,35).

Conte Muravieff mi ha detto che Nelidow, già partito per la sua nuova destinazione, aveva istruzione di adoperarsi con ogni impegno a restringere maggiormente le buone relazioni già esistenti fra i due paesi, premendo in particolar modo al Governo imperiale, soggiungeva S. E., il rendere questi rapporti sempre più intimi e cordiali.

271

IL CONSOLE A FIUME, LEBRECHT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 736/64. Fiume, 18 novembre 1897.

Avendo letto in parecchi giornali italiani che i nostri connazionali in questa città prendono parte all'agitazione contro il Governo di Budapest, (di cui era parola nel mio rapporto del 13 corrente n. 731/63) (2), ho l'onore di smentire nel modo più categorico tale notizia. Tutti i numerosi componenti la nostra colonia serbano invece, al riguardo, un contegno lodevolissimo, mantenendosi -fra le vive lotte dei partiti -spettatori calmi e neutrali.

Stimo intanto opportuno trasmettere, qui unita, una breve corrispondenza comparsa ieri nell'ottimo Piccolo (3) di Trieste, che, con grande esattezza in poche parole riassume la situazione.

~) Non riprodotta.
(l) -In LV: c la candidatura •· (2) -Cfr. n. 264.
272

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, AL MINISTRO A BUENOS AIRES, ANTONELLI

T. P. 2860. Roma, 19 novembre 1897, ore 12. Vivamente ringrazio. Chiedo tosto gradimento Governo brasiliano chiedendo altresì riconoscimento ancora prima ricevere credenziali che tosto spedisco. Confido non Le sia troppo incomodo affrettare partenza. Prego Indi·carmene data. Le istruzioni di Lei essenzialmente pacifiche si riassumono ottenere da codesto Governo efficace protezione per i nostri nazionali essendo nostro vi'Vo

desiderio evitare ogni complicazione. L'« Umbria > ha istruzioni di recarsi a Vittoria.

273

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, AGLI AMBASCIATORI A BERLINO, LANZA, A COSTANTINOPOLI, PANSA, A LONDRA, FERRERO, A PARIGI, TORNIELLI, E AGLI INCARICATI D'AFFARI A PIETROBURGO, MELEGARI, E A VIENNA, CUSANI CONFALONIERI

(Ed. in LV 97, pp. 19-20)

T. CONFIDENZIALE 2861. Roma, 19 novembre 1897, ore 12. Benchè tutte le potenze si dichiarino disposte a riprendere il negoziato per Creta, sulla base delle note proposizioni del governo frances·e, talun indizio lascerebbe supporre che qualche gabinetto non sarebbe eventualmente alieno dal transigere, di fronte a possibili resistenze della Porta. Una simile e'Ventualità vivamente ci preoccupa. Le informazioni nostr·e non ci lasciano dubbio che, se le promesse delle potenze non sono mantenute, se si crede di poter consentire la nomina di un governatore funzionario ottomano ed il mantenimento dello statu quo ante per la questione delle truppe ottomane nell'isola, gli insorti non deporranno le armi, l'insurrezione rinascente non potrà domarsi che con la forza, e l'opera di repressione dovrà necessariamente lasciarsi alla Porta. In questo ca,so le truppe internazionali dovrebbero assistere passive ad una lotta sanguinosa, mentre il concerto europeo dovrebbe riconoscere l'insuccesso del suo intervento. Per quanto ci concerne, noi non potremmo partecipare a queste responsabilità, nè associarci a provvedimenti che possano condurre a simili conseguenze.

Desidero che V. E. ciò sappia fin d'ora non già per farne oggetto di comunicazione, che sarebbe intempestiva (1), ma unicamente ·come norma di linguaggio.

274

L'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, PANSA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 1075/315. Costantinopoli, 19 novembre 1897.

Il nuovo Ambasciatore di Germania, barone di Marschall, arrivato sabato scorso a Costantinopoli, fu ammesso ieri a presentare le sue credenziali a S. M.

il Sultano. Fu generalmente notata l'insolita premura che si pose a riceverlo, dopo sol i cinque giorni dal suo arrivo, mentre a tutti i capi di missione si fece sempre aspettare l'udienza al Palazzo per una quindicina di giorni e talora anche un mese. Dal canto suo, il nuovo Rappresentante geil'manico ha ,già dato a conoscere, per diversi indizi, le benevoli disposizioni delle quali è animato verso il Sultano e il suo Governo, seguendo con ciò ,gli ordini del proprio Sovrano e le tradizioni di quella politica della quale egli stesso fu auspice, quando dirigeva a Berlino il Dicastero degli Affari Esteri. Il barone di Marschall mi disse dover ripartire nella prossima settimana per la Germania, ove prenderà la sua famiglia, per poi venire a stabilirsi nel suo nuovo posto verso la metà del dicembre.

(l) In LV: «prematura •.

275

L'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. CONFIDENZIALE 3811. Parigi, 21 novembre 1897, ore 6,40. L'affaire Dreyfus, à cause de passion sure~cité dans le pays, a pris les proportions d'un événement trè:s considérable de la politique intérieure de la France. Le Gouvernement du Roi a été mis au courant de la vérité des choses par mes rapports. Dans les journaux d'hier matin on a publié ici en toutes lettll"es que la pièce présentée dans la Chambre de Conseil du tribuna! de guerre pour obtenir la libération de Dreyfus, est une lettre signée du Colone! Panizzardi. J'ai fait passer dans le Temps d'hier, supplément du soir, un démenti, non signé, mais catégorique dont je Vous télégraphie en clair le texte (1). Mais de ce qui a été dit par un Colone!, qui en 1894 dirigeait le bureau des renseignements secrets du Ministère de la Guerre et qui est aujourd'hui député radica!, il ressort que la lettre, dont on a fait l'usage susindiqué, est précisément celle que l'on attribue au Colone! Panizzardi. Il ressort également, de ce que ce Monsieur a dit, qu'il s'explique la existance de cette lettre camme étant un acte de complaisance du notre official envers son collègue d'Allemagne, afin de sauver, en aggravant la situation de Dreyfus, les vrais coupables de la trahison. Cette interprétation odieuse d'un d'ait à la base duquel il n'y a qu'un document apocriphe, est la meme que l'on pouvait lire entre les lignes du factum rpublié dans le Figaro du 14. PQ/Uvons nous laisser aUer la chose plus loin sans rien dire? Dois-je, ainsi que je l'ai proposé dans mon rapport du 15, faire savoir au Vice Président du Sénat, qui poursuit Ja cause de la revision, que la lettre, dont on parle dans la presse, est fausse? Puis-je autoriser Panizzardi a écrir à l'Agence Havas, sous sa signature personnelle, une demande engageant sa foi et san honneur? Ainsi que Vous je le dis, cet affaire a pris de très grosses proportions et le silence, aussi bien que la publication d'un démentie signé Panizzardi, laisse prévoir des inconvénients sérieux. Je pense, .quant à moi, que notre parfaite loyauté ne serait pas à l'abri de tout doute si, après avoir prévenu, comme je l'ai fait, e comme je devais etre mis en mesure de faire une seconde fois, le Gouvernement français que la lettre de l'Attaché militaire

italien, dont on parle, est apocriphe, je ne faisais pas savoir au Vice Président du Sénat que la fauss:eté d'un pareil document est certaine. Le moment pourra

venir où il faudra déclarer publiquement cette fausseté, 'car il est peu probab1e que le texte de la lettre puisse étre tenu secret. Mais actuellement, je craindrais que la pubblication d'un démenti de Panizzardi puisse paraitre insuffisamment justifié par le récit paru jusqu'ici dans les journaux et étre, conséquemment, considéré par un acte d'intervention de l'Ambassade dans une affaire qui passionne la politique intérieure de ce pays. Veuillez me télégraphier si Vous partagez ma manLère de penser.

(l) Si tratta del tel. n. 3809 del 21 novembr<e, non pubblicato.

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L'INCARICATO D'AFFARI A VIENNA, CUSANI CONFALONIERI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 4489/981. Vienna, 21 novembre 1897. Fra le varie materie, sulle quali è chiamata ad esplicarsi l'attività dèlle delegazioni austro-ungariche, la più importante, od almeno quella che desta maggior interesse nel pubblico, è senza dubbio la poliUca ,estera. Tale interesse :lìu quest'anno assai aumentato dalla gravità degli avvenimenti svoltisi in Oriente, ed era, quindi, naturale ,che si aspettasse con impazienza ancora maggiore del solito la relazione del conte Goluchowski, in seno alla commissione per gli affari esteri, facente parte della delegazione ungherese. Come all'E. V. è ben noto, il Ministro degli Affari Esteri in AustriaUngheria, al pari degli altri ministri per gli affari comuni della monarchia, non è sottoposto ad alcune controllo immediato da parte delle camere dei due paesi. Nei rari casi in cui in una delle camere è presentata qualche interrogazione od inte11pellanza che tocchi direttamente od indirettamente la politica estera, il Presidente del Consiglio, dopo aver pres,o il tempo necessado, dà una risposta in termini molto ,generici, il cui testo è concordato col Ministro I. e R. degli Affari Esteri, il quale non è mai chiamato a pr·endeir parte, e nemmeno a farsi rappresentare alle sedute delle camere stesse. n Ministro ha per tal modo il grande vantaggio di poter fare p·er tutto lo spazio di un anno una politica libera da qualunque impaccio di necessità o convenienze parlamentari e dare una forte impronta personale all'interpretazione di un indirizzo, determinato nelle sue caratteristiche fondamentali dalla volontà sovrana. Senonchè, alla fine d'ogni anno, egli deve esporre il suo operato alle delegazioni e questa specie di resa di conti rappresenta sempre pel Ministro un passo difficile, specialmente di fronte agli Ungheresi, ai quali sembra che il loro paese si trovi in una condizione d'inferiorità per quanto riguarda la sua influenza sulle relazioni polittche esterne. Nel suo discorso, pronunziato ieri davanti alla commissione per gli affari esteri ungherese, il conte Goluchowski ha superato brillantemente la prova, ottenendo dalla stessa commissione un'approvazione così viva ed unanime quale forse non la consegui mai alcuno dei suoi predecessori. Può darsi che nella seduta plenaria delle delegazioni socga qualche voce da pa,rte degli stessi Ungheresi a discutere o almeno a chiedere informazioni sui tali o tali altri particolari

della politica estera, ma questa, nelle linee generali, ha ormai assicurata l'approvazione della Ungheria, che è la più ardua ad ottenere.

Il discorso, di cui trasmetto all'E. V. il testo (1), pubblicato nella Wiener Zeitung ha, secondo il mio modesto avviso, due qualità caratteristiche: una grande chiarezza d'esposizione ed una grandissima franchezza di giudizi, la quale, accolta con molti elogi dalla stampa all'interno, non mancherà di provocare gli attacchi di una parte della stampa estera.

Più ancora del giudizio sulla condotta della Grecia nella questione cretese, più ancora del biasimo aperto sui procedimenti del Governo turco, che diedero origine al recente conflitto, felicemente appianato, è notevole il rimprovero -che il conte Goluchowski fa all'Inghilterra di aver impedito l'attuazione dei blocchi proposti dall'Austria-Ungheria e dalla Germania, lasciando intravedere come questa opposizione sia stata causa di gravi conseguenze.

· Con frasi calde ed effi.caci il Ministro I. e R. rileva la saldezza della triplice alleanza ed osserva come nella recente sua visita a Monza egli abbia avuto occasione di constatare il perfetto accordo delle proprie vedute politiche con quelle del R. Governo.

Importantissimo è il passo in cui il conte Goluchowski espone la cordialità dei rapporti fra l'Austria-Ungheria e la Russia. Egli si diffonde su questo punto con una evidente soddisfazione, la quale, del resto, è più ·che legittima perchè il miglioramento di questi rapporti è certamente uno dei risultati più utili della sua politica.

La stampa viennese è unanime nel giudicare questo discorso come un atto politico della più grande importanza, il quale avrà certamente per conseguenza di rendere ancora più vive e durature le simpatie che il conte Goluchowski, colla sua politica al tempo stesso ferma e prudente, ha saputo acquistarsi da parte di tutti gli elementi seri ed onesti della Monarchia, senza distinzione di partito.

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IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, ALL'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI

T. CONFIDENZIALE 2889. Roma, 22 novembre 1897, ore 22;45. Convengo con V. E. che una pubblica smentita di Panizzardi potrebbe apparire una scorretta nostra intromissione in questione interna che appassiona codesto paese. Invece se Ella crede non avrei obiezione a che nell'interesse della verità se ne faccia pervenire confidenzialmente la notizia al Vice Presidente del Senato purchè si possa avere la certezza che questi non ne faccia un uso pubblico che avrebbe gli stessi inconvenienti di una pubblica smentita Panizzardi. Per quanto poi concerne la questione della nostra lealtà La prego di considerare se questa non potrebbe mettersi pienamente al coperto in questo modo: che Panizzardi consegni la sua smentita in una lettera diretta a V. E., che Ella, a sua volta, trasmetterebbe con lettera particolare ad Hanotaux per ogni buon fine. Dopo di che spetterebbe come è giusto, esclusivamente al governo francese la responsabilità, tanto del silenzio, quanto di una eventuale pubblicazione.

Importa naturalmente che Panizzardi sia ben sicuro della sua affermazione e che i termini ne siano matemat1camente esatti.

(l) Non riprodotto.

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IL CONSOLE A FIUME, LEBRECHT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. RISERVATO 762/67. Fiume, 22 novembre 1897.

Dai miei precedenti rapporti, (l) e da pochi giorni anche dalla stallliPa, codesto R. Ministero avrà forse rilevato come il conflitto tra il municipio di Fiume ed il Governo centrale sia andato sempre più inasprendosi. Avant'ieri sera fu tentata qui una seconda dimostrazione, in onore del podestà e dei consiglieri dimissionari, e al tempo stesso di biasimo contro i sostenitori delle idee del Governo; dimostrazione che però dalla polizia fu tosto violentemente repressa.

L'on. Presidente del Consiglio Ungherese intanto, dal canto suo, non ha ceduto di un pollice di fronte alle proteste dei fiumani, i quali invano redamano le condizioni e le clausole esplicitamente riconosciute nel compromesso stipulato al momento della ·cessione di Fiume dalla Croazia all'Ungheria (1868).

Oltre alle nuove leggi penali che si applicheranno anche qui sic et simpliciter, e non per via di ordinanza come in casi analoghi faceasi per il passato,

S. E. Banffy ha stabilito pel principio dell'anno venturo l'introduzione in questa città della giunta e del tribunale amministrativi (formati in massima parte di funzionari ungheresi, e che naturalmente serviranno a controllare ed a limitare di molto l'azione e i poteri della giunta municipale), nonchè la polizia di Stato.

Anche in fatto d'istruzione pubblica sembra che il Comune resterà soccombente; poichè mentre da un lato la lingua magiara costituirà il principale oggetto di studio nelle scuole, dall'altro i maestri che sino ad oggi erano eletti dal Comune stesso, in base ai titoli accademici degli istituti superiori di Gorizia

o di altre città dell'Austria in cui prevale la lingua italiana, d'ora innanzi dovranno provvedersi dei loro diplomi e ricevere la nomina a Budapest.

Si tratta, come vedesi, indubbiamente per l'Ungheria d'una questione di politica interna; la quale tuttavia -altrettanto fuori dubbio -interessa la causa tutta della civiltà latina; chè il Governo di Budapest coll'aspirazione di magiarizzare Fiume in un batter d'occhio, distruggendone le avite autonomie e le tradizioni autoctone, senza avvedersene rende in pari tempo assai più agevole e piano il gioco dello slavismo.....

Vuolsi solo sperare che se di fronte alla ferma volontà del Governo questa città -sinora libera -dovrà inchinarsi e ubbidire in fatto di nuove leggi e di nuove giurisdizioni, non potranno per altro mutarsi d'un tratto e gli usi, e i costumi, e la cultura, e la lingua; e che quest'ultima, come pel finitimo litorale dell'Istria, radicata nell'anima della popolazione, saprà e potrà per lungo volger di anni validamente resistere e permanere predominante anche su questi lidi.

Mi onoro intanto di comunicare qui unite le ultime notizie {2), estratte dai giornali odierni, circa la fase attuale della questione.

14 --Documenti diplomatici · Serie III · Vol. II.

(l) -Cfr. nn. 264 e 271. (2) -Non riprodotte.
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L'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. RISERVATO 3488/1113. Parigi, 23 novembre 1897. Si potè credere, quando fu annunziato l'accordo dei Gabinetti di Parigi e di Londra circa il trattamento commerciale in Tunisia, che anche relativamente alle questioni pendenti fra le due potenze per la rispettiva espansione territoriale nell'Africa occidentale, fossero intervenute intelligenze decisive. Fu infatti allora annunziato che una commissione di delegati speciali francesi ed inglesi si riunirebbe in Parigi e che il compito della medesima sarebbe di risolvere le questioni secondarie concernenti l'applicazione delle massime sulle quali l'intesa pareva sicura. La notizia fu tanto più facilmente creduta in quanto che era cosa naturale che così si fosse proceduto fra i due Governi di certo, nè l'uno nè l'altro, novizi in siffatto genere di negoziati. Ed anche la qualità dei delegati designati dalle due parti sembrava escludere che loro dovessero essere deferite importanti questioni di massima da risolvere. Pare però che in fatto le trattative preliminari non avessero apparecchiato bastantemente il terreno, sicchè, appena mossi i primi passi, la commissione qui riunitasi si trovò nella impossibilità di proseguire nel suo lavoro e le sue sedute dovettero essere interrotte. Ripresero invece le trattative dirette dell'Ambasciatore britannico a Parigi con il signor Hanotaux e, sebbene queste durino da qualche settimana, le previsioni attuali non permettono di credere che abbiano a condurre a p.ros:sime conclusioni. Il Ministro degli Affari Esteri della Repubblica si dimostra tenace fino alla ostinazione nelle sue pretese e rifiuta, sembra, qualsiasi concessione. A ciò egli sarebbe spinto dal partito coloniale del Parlamento che non gli permetterebbe -pur lo volesse personalmente -di fare altrimenti. Alle dis,cussioni relative ai territori dell'Africa occidentale, si aggiungono quelle alle quali dà luogo la marcia della colonna Liot.ard nella region::o dell'alto Nilo. Il mio collega d'Inghilterra si dimostra molto preoccupato della piega presa da questi dissidi e non mi nascose che egli ne concepisce qualche timore per le relazioni del suo con questo paese. Non sono in grado di informare particolareggiatamente V. E. circa la sostanza delle controversie che creano questo anormale stato derle relazioni francobritanniche. Ma la situazione che ne deriva mi sembra essere il fatto capitale che importa sia al R. Governo segnalato. Pare si abbia a Londra la opinione che le larghe concessioni ottenute dalla Francia nei recenti suoi accordi con la Germania riflettenti appunto le regioni dell'Africa occidentale, abbiano contribuito a rinvigorire la persistenza con la quale il signor Hanotaux mantiene le sue pretese. Questi attribuisce l'importanza che apparentemente si accorda in Inghilterra alle discussioni impegnate in questo momento fra i Governi di Parigi e di Londra per l'Africa, alle manovre della compagnia del Niger che vorrebbe cogliere la occasione di farsi comperare a ca,ro prezzo dal Governo Imperiale i

suoi diritti. Non sembra il signor Hanotaux considerare che le discussioni aperte attualmente abbiano maggiore importanza di tante altre che furono in passato

composte con reciproca soddisfazione. Da le due parti, e per quanto è possibile far pervenire 1e notizie a tanta distanza di luoghi, furono spedite raccomandazioni per evitare gli accidentali scontri di esploratori dei due paesi ed i conflitti che ne potrebbero risultare. Le forze numeriche delle spedizioni che percorrono in questo momento le zone in discussione, non sarebbero tali da lasciar temere il pericolo di collisioni di qualche importanza. Tutto ciò che io ho saputo dal signor Hanotaux tende dunque a far credere esagerate le apprensioni che il mio collega d'Inghilterra non mi ha nascoste.

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IL GENERALE DAL VERME ALL'ONOREVOLE MARTINI (ACS, Carte Martini)

L. Novara, 24 novembre 1897. Non appena fu fatto il tuo nome per l'Eritrea, ti ho scritto confidando che la notizia fosse vera. Quantunque tu non mi abbia risposto niente, ti riscrivo per felicitarmi con te e col Governo ·che finalmente ne ha imbroccata una giusta. Sono lieto che tu non conduca con te nessuno di coloro che :parlano ancora il linguaggio ben conservato del pappagallo di Chateaubriand! Riserbandomi di parlarti prima della tua partenza voglio fin d'om avvertirti ·Che il generale Kitchener non è un amico sviscerato dell'Italia com'era il suo predecessore generale Grenfell, quantunque pretenda di averci aiutato nelle delimitazioni passate, mentre è semplicemente non vero. Egli, il Kitchener, ha invece ottenuta da Baratieri nell'autunno del 1895 una rettificazione del confine settentrionale dell'Eritrea, nel tratto fra Ras Casar e il Barca, rettificazione di cui in Italia nessuno ne sa nulla, ma che fu fatta con guadagno degli Anglo-Egiziani e con perdita dell'Eritrea. Dico subito che il terreno ~ceduto non vale niente, e perciò quando io fui interpellato, dopo aver detto questo, espressi l'avviso che si avesse a soprassedere, per poterne fare oggetto di una trattativa qui in Italia, nella quale si sarebbe potuto appUcare il grande principio del do ut des. Invece, imperando Crispi, B1anc e Sonnino (bada bene) si sono date ampie facoltà di fare, trattare e concludere a Baratieri, il quale fece, trattò, concluse e firmò una convenzione che è pubblicata, in inglese, nel Hertslett-Africa by treaty che troverai nella Biblioteca del Ministero degli Esteri. Agnesa sa tutto, ma come egli era già al Ministero ed ebbe parte alla cosa, ti avverto che te la presenterà in bello modo. Mentre sta il fatto che ·Si sono ,cedute delle centinaia di chilometri quadrati per niente, cedute da Baratieri a Kitchener.

È necessario che tutto ciò tu lo sappia a fondo, perchè c'è ancora una pendenza in corso, per una parte del confine.

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IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, AL CONSOLE A FIUME, LEBRECHT

D. 43974/56. Roma, 25 novembre 1897.

Ho ricevuto il rapporto in data 18 corrente n. 736/64 (1), con cui V. S. smentisce la notizia comparsa in alcuni giornali italiani, che i nostri connazio

nali costà residenti, partecipino all'attuale agitazione della cittadinanza fiumana contro il Governo Ungherese. La ringrazio di questo rapporto e mi compiaccio del contegno prudente ed imparziale, che la colonia italiana serba in sì difficile circostanza.

(l) Cfr. n. 271.

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L'INCARICATO D'AFFARI A PIETROBURGO, MELEGARI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 618/339. Pietroburgo, 26 novembre 1897. 'Il discorso recentemente pronunziato davanti la delegazione ungherese dal conte Goluchowsky sulla politica estera dell'Impero, ed in partkolar modo le dichiarazioni riferentisi alle intelligenze corse tra l'Austria-Ungheria e la Russia rispetto alla loro politica nei Balcani, hanno qui generalmente prodotto una favorevole impressione, e lo stesso conte Muraview ebbe, a quanto mi fu riferito, ad esternarsi al riguardo, nelle sue conversazioni con alcuni rappresentanti esteri, nei termini più lusinghieri. So però da altra fonte che in questi circoli governativi venne da alcuni rilevato come il Ministro austro-ungarico abbia manifestamente cercato di attribuire a quelle intelligenze una maggiore portata di quella che realmente possiedono, in modo di farle apparire -e tale fu realmente la versione che ne venne data da gran parte della stampa -quale un normale accordo inteso a por termine al tradizionale antagonismo delle due potenze nei Balcani, ed ·inaugurare nei loro rapporti un'era di pace e di reciproca fiducia. L'intesa di cui parla il conte Goluchowsky fu evidentemente quella verificatasi nella scorsa primavera a Pietroburgo, in occasione della visita dell'imperatore Francesco Giuseppe alla ·corte imperial.e di Russia. Essa fu anzitutto determinata da motivi di opportunità, e trasse la sua ragione di essere dalle necessità del momento. Il conflitto turco-ellenico volgeva allora verso il suo stadio più acuto, e non senza ragione temevasi che l'inconsulta intromissione di qualcuno degli stati Balcanici potesse allargare l'incendio, e fors'anca produrre una generale conflagrazione. Consci di quel pericolo i Ministri, che un si grave momento metteva in presenza, compresero che, per prevenirlo efficacemente occorreva anzitutto che le due pot.enze maggiormente interessate in Oriente, e sulla di cui rivalità facevano precipuo assegnamento i perturbatori della pace europea, dassero [sic] all'opinione pubblica un segno manifesto della loro concordanza di idee e del loro comune proposito di impedire che le complicazioni in Oriente assumessero maggiori proporzioni. Da li ebbero origine le rassicuranti dichiarazioni diffuse allora per mezzo della stampa officiosa, come pure le note simultaneamente dirette dai Ministri degli Affari Esteri delle due Monarchie ai governi degli Stati balcanLci, e di cui tanto si parlò a suo tempo. Ora ad onta delle rosee previsioni alle quali dettero origine nella stampa europea le dichiarazioni del conte Goluchowsky, non è guarì da prevedersi che quell'intesa sia chiamata a sopravvivere lungamente alle cause che la

determinarono. Troppi e di diversa natura sono i punti di divergenza esistenti fra le due potenze nei Balcani perchè si possa ragionevolmente supporre che, dissipato ogni pericolo d'immediata conflagrazione in Oriente, le cose non abbiano a rimettersi alla prima occasione, sull'antica via, e non abbiano a rifiorire, come per lo passato, le antiche diffidenze ed attriti. Per addurre un recente esempio, bastò che si accennasse in Serbia ad un ritorno al potere del partito ligio all'Austria perchè già una prima nube minacciasse di ottenebrare il rasserenato orizzonte. Di ciò devono essere ormai intimamente convinti questi governanti, e non è quindi da stupirsi se le rassicuranti dichiarazioni del conte Goluchowsky siano state qui accolte con malcelato scetticismo.

Incontrastata approvazione ottennero qui invece i punti del discorso del Ministro Imperiale allusivi ad un progetto di lega doganale eu.ropea contro la concorrenza americana. La Russia soffre essa pure immensamente della guerra fatta ai suoi cereali, sui mercati europei, dai prodotti dell'America e non avrebbe quindi che da felicitarsi se l'idea del conte Goluchowsky potesse venire attuata.

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IL REGGENTE IL CONSOLATO GENERALE A BUDAPEST, TATTARA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 1919/178. Budapest, 26 novembre 1897. L'E. V. sarà già stata dal R. console in Fiume informata dei disordini ultimamente prodottisi colà e della dimissione di una parte di quella municipale rappresentanza, il tutto causato dall'opposizione che provocò l'ordinanza che metteva m vigore nella città e territorio di Fiume le leggi relative all'ordinamento amministrativo, ultimamente votate dal Pa.rlamento ungherese. La città di Fiume ritiene di essere lesa nei suoi diritti statutari per non essere stato, come di dovere, avanti la promulgazione dell'ordinanza suddetta, sentito il parere della sua rappresentanza. Il Governo ungherese e la unanime opinione degli Ungheresi si è che l'assunzione di questo parere non è che facoltativo e che in nessun modo vincolava il Governo nella sua finale decisione. Conflitto esiste sicuramente fra il paragrafo 66 della legge XXX del 1868, che stabilisce l'estensione del compromesso alla Croazia ed a Fiume e gli Statuti fiumani, perchè in detta legge è dichiarato che venivano riservati i diritti di Fiume secondo sarebbero fissati da legge che avrebbe dovuto promulgarsi previa intesa fra le parti interessate (Ungheria, Croazia e la città di Fiume e suo territorio). Questa intesa, non intervenne, nè si cercò di farla intervenire e la legge relativa fa ancora difetto. Di qui i continui malintesi e conflitti che fra la Croazia, Fiume e l'Ungheria si vanno sempre più accentuando, di cui gli ultimi disordini fiumani non sono che un episodio. Il partito croato di Fiume ed i nazionali-croati, a mezzo dei loro giornali, si sono in questi giorni eretti a caldi difensori dei diritti di Fiume, che pretendono appartenere alla Croazia e da questa dipendere, ed è qui che deve ricercarsi la causa della nuova attitudine presa oggi dal partito liberale ungherese e dalla sua stampa nel dichiarare altamente la nazionalità italiana di Fiume e la

necessità di difenderla contro l'invadente perturbatore elemento croato. Al posto di Governatore di Fiume venne già destinato con Decreto del 22 cor

rente il conte Ladislao Szapary, figlio dell'attuale gran Maestro di Corte conte Géza Szapary, che fu già a Fiume con identica carica, e lasciò colà i migliori ricordi. Il conte deputato Szapary Laszlò che è gtrande ufficiale della Corona d'Italia e imparentato colle famiglie italiane Borghese ed Aldobrandini, parla correntemente l'italiano, ed è conosciuto pei suoi sentimenti filo-italiani.

Finora però la sua nomina non è conosciuta con s1curezza, nè dal pubblico, nè dalla stampa, ed apparirà solamente domenica p. v. nel giornale ufficiale.

Sebbene il nuovo Governatore non sia dotato di grandi qualità intellettuali, la sua moderazione ed i suoi modi di perfetto gentiluomo contribuiranno, è sperabile, a •Calmare l'agitazione prodotta, far accettare la situazione attuale, e studiare per l'avvenire l'attuazione dei rimedi legali, ·Che terminino una buona volta la precaria situazione.

E tale è il programma d'azione stabilito da questo Governo, tale la linea di condotta che egli dovrà ed intende di seguire. Essendogli legato da vincoli di stretta amicizia, ebbi seco lui ieri sera un lungo colloquio in proposito.

Egli mi dichiarò che « mentre il Governo non ammette possibilità alcuna di rinvenire sulle ordinanze già per Decreto Reale promulgate, si studierà ora, nel metterle in vigore, d'usare della maggior moderazione. Mi fece poi comprendere non essere lontano il giorno in cui si cercherà, con un convegno di delegati ungaro-fiumano-croati, di definire una volta per semp;re il punto controverso di diritto di stato. Aggiunse che supremo interesse per l'Ungheria era la tutela della nazionalità italiana di Fiume, e che a tale principio avrebbe informata ogni sua azione».

La verità, che non si osa dire, .si è che mentre da Fiume italiana l'Ungheria nulla ha da temere, Fiume croata rappresenterebbe il più grave pericolo per l'unità nazionale ungherese, già non poco attaccata dalle sempre maggiori esigenti rivendkazioni di diritti autonomi che la Croazia va sollevando.

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L'AMBASCIATORE A LONDRA, FERRERO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA (Ed. in LV 97, p. 21)

T. 3849. Londra, 27 novembre 1897, ore 6,38. Dai colloqui avuti con Lord Salisbury mercoledì scorso ed oggi stesso, ho potuto desumere che il pensiero di questo governo sullo stato attuale della questione di Creta, può riassumersi come segue; da oltre nave mesi la questione cretese non ha fatto nessun progresso; lo stato di anarchia non è mai cessato. Salisbury si è sempre adoperato nel senso di allontanare dall'isola le truppe ottomane, ed ha sempre insistito per la nomina di un governatore senza riguardo alla di lui nazionalità, semprechè non suddito ottomano. Ma la mancanza di un accordo effettivo fra le potenze, ha impedito fino ad ora che si giungesse ad un risultato. * L'insuccesso della candidatura Schaeffer è de

plorato da Lord Salisbury, soprattutto per la perdita di tempo che ne è derivata. Si ritiene che la Russia abbia un candidato in pectore, senza voler prendere una 1niziativa *. Salisbury sarà lieto di assecondare qualsiasi proposta,

ispirata a sentimenti di equità verso i ,cretesi e che ponga termine alla questione della nomina del Governatore, la quale egli considera il primo passo vers,o la soluzione del problema cretese. Lord Salisbury ha (l) *egli stesso * fatto una proptlsta alle Potenze la quale è rimasta fino ad ora senza risposta, che, doè, le potenl'!e deleghino, a maggioranza di voti, una di esse a scegliere il go,vernatore.

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L'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, PANSA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA (Ed. in LV 97, p. 21)

T. 3843. Costantinopoli, 27 novembre 1897, ore 17,40.

Questo incaricato d'affari russo ha avuto istruzione di proporre per Creta un'organizzazione sulla base di quella della Rumelia orientale con la nomina di un governatore non più provvisorio, ma definitivo.

Gabinetto di Pietroburgo designa a tal uopo tre candidati: l) Karatheodory ministro ottomano a Bruxelles; 2) Mauroyeni antico ministro di Turchia a Washington; 3) Boso Petrovich cugino del principe di Montenegro. *Il vero candidato russo è però evidentemente quest'ultimo, il cui nome fu già accennato diversi mesi or sono da Nelidow. * Codeste proposte saranno probabilmente formulate dall'incaricato d'affari russo nella prossima riunione fissata per martedì.

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L'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. RISERVATO 1672/6,53. Berlino, 27 novembre 1897.

Il conte Goluchowski ha trasmesso a tutti gli Ambasciatori austro-ungarici all'estero una relazione riservata sul recente incontro avuto con V. E. a Monza (2). Il mio collega Szogyeny si compiacque, in via confidenzialissima, farmi leggere quell'importante documento. Il fatto stesso di permettermi quella lettura mi faceva sicuro che l'esposizione fatta dal conte Goluchowski dei discorsi intervenuti fra lui e V. E. non ,conteneva nessuna parola che potesse spiacermi; e la mia aspettativa fu pienamente confermata. Il conte Goluchowski, dal principio alla fine della sua relazione dimostra grande stima e considerazione per l'assennato giudizio di Lei e si compiac,e d'essersi trovato in perfetta concordanza d'idee

l) de maintenir le statu quo aussi longtemps que les circonstances le permettraient,

. 2) d'employer nos efforts, au cas où l'état des choses actuel ne pourrait ètre conservé et où des changements s'imposeraient à ce que les mcdifications y relatives se réalisent dans le sens de l'autonomie; tout comme nous avons constaté, en général,

3) la disposition de part et d'autre de rechercher en commun et toutes les fois qu'il y aurait lieu les vo.ies et moyens les plus propres à consilier et à sauvegarder nos intérèts réciproques •

con V. E. su ciascuno dei punti di politica estera trattati. Ciò mi dispensa di entrare nei dettagli che il conte Goluchowski credette comunicare ai suoi rappresentanti presso le grandi potenze, su ciascuno di quei punti; sulla triplice alleanza in generale, sulle cose di Creta, sulle nostre relazioni con la Francia, ch'egli è sempre disposto a favorire, sulle relazioni nostre con l'Inghilterra e la necessità di impedire a questa potenza di allontanarsi dalla triplice alleanza per avvicinarsi alla Russia e alla Francia, sugli inconvenienti che derivano d<,lla tensione esistente fra la Germania e l'Inghilterra, sulle relazioni fra la Russia e l'Austria-Ungheria. Il punto più importante, e quello sul quale il conte Goluchowski si ferma di più, è quello, più delicato, dell'Albania. Non dubito che quanto egli scrive in proposito corrisponda esattamente alle dichiarazioni fatte di viva voce all'E. V., che cioè l'Austria-Ungheria non ha alcuna mira speciale su quelle provincie, come neppure su Salonicco, fuorchè quella di impedire che cadano in mano ad altri. Egli respinge il dubbio che per mezzo dei suoi consoli, delle sue scuole, l'Austria-Ungheria faccia propaganda in suo favore in quelle regioni e segnatamente a Scutari voglia porre ostacoli al funzionamento regolare delle nostre scuole: si dimostra pronto a reprimere qualunque azione in quel senso che a sua insaputa potesse venir iniziata e gli venga da noi fatta palese, ripromettendosi uguale procedere da parte nostra: fa voti che come egli curerà avvenga nelle scuole austriache, anche nelle scuole italiane si abbia solo in mente di sviluppare quelle qualità, le quali valgano a porre le popolazioni albanesi in grado di costituirsi in provincia autonoma, o in stato

indipendente il giorno in cui la forza delle cose le distacchi dalla Turchia.

Il mio collega austro-ungarico non ha naturalmente avuto ordine di comunicare a questo Governo imperiale la relazione inviatagli dal conte Goluchowsk1; Io si invita però a tenerla presente per suo eventuale linguaggio sulle quistioni in essa trattate.

(l) -In LV qui aggiunto: • a tal riguardo», (2) -Non è stato rinvenuto., nonostante le ricerche effettuate nei fondi archivistici del Ministero degli Affari Esteri e nelle carte dell'Archivio Visconti Venosta, il verbale del colloquio di Monza fra il ministro Visconti Venosta ed il Goluchowski nè alcun documento dell'epocache si riferisca al co.lloquio stesso. Nel fondo della legazione di Vienna peraltro, accluso al dispaccio senza numero del 20 dicembre 1900, con il quale il Visconti Venosta riferisce delle sue dichiara.ioni alla Camera dei Deputati relative agli accordi con l'Austria per il mantenimento dello Statu quo in Albania, è stato rinvenuto l'appunto, privo di data e di firma, che qui appresso si riproduce: • Dans l'échange de vues qui eut, lieu dans non entretiens par rapport à cette quesiion nous avons reconnu en effet la nécessité
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L'INCARICATO D'AFFARI A PIETROBURGO, MELEGARI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 621/342. Pietroburgo, 27 novembre 1897.

Ora che si sono dissipate le preoccupazioni destate dalle recenti complicazioni nella penisola balcanica, la Russia ha principiato a rivolgere le maggiori sue cure alla situazione nell'estremo Oriente. Particolarmente la Corea forma oggidì oggetto della sua attenzione. Questa penisola, che per la sua forma e posizione geografica viene a ragione chiamata l'Italia asiatica, è chiamata ad essere sorgente di perenne rivalità fra la Russia ed il Giappone che ambedue ne ambiscono il possesso.

La Russia ha bisogno della Corea onde conquistarsi in ogni stagione libertà di movimento in mare aperto, ne ha bisogno pure nell'interesse e nell'avvenire della sua grande impresa della linea transiberiana che vi deve necessariamente far capo, ne ha bisogno infine onde potere colà saldamente contendere al Giappone la supremazia nell'Asia orientale. Da parte sua il Giappone sa che l'abbandono della Corea alla Russia equivarrebbe per esso ad una defmitiva rinunzia alle sue mire ambiziose sul continente asiatico. I poderosi armamenti a cui non cessa di addivenire per la sua flotta, la quale vien già attualmente tenuta, sia per numero di navi sia per eccellenza e modernità di materiale, come superiore a quella della Russia, sono evidentemente diretti a prevenire questo pericolo.

La convenzione conchiusa circa due anni fa tra il ministro Lobanow ed il maresciallo Yamagata aveva per scopo di assicurare l'indipendenza del regno coreano e di determinare i limiti dell'influewa che le due potenze sarebbero state in misura di esercitare nella penisola. Questi limiti furono però già a varie riJprese trasgrediti tanto da una parte come dall'altra, dando luogo ad irritanti recrim1nazioni fra i due Gabinetti.

È ovvio che per parte della Russia viene attualmente tutto posto in opera per accrescere la propria influenza in Corea a detrimento di quella giapponese, e preparave la via ad un'annessione per il momento in cui il compimento della grande arteria ferroviaria destinata a ricongiungere l'Europa all'Estremo Oriente glie la renderà più facile preda.

Già vari ufficiali russi furono inviati in Corea per servire di istruttori alle truppe indigene e, secondo quanto mi fu riferito, sarebbesi anzi trattato per un momento, dietro proposta dello stesso Re Li houi, che, come si sa, è interamente ligio alla Russia, di affidare il Ministero della guerra ad uno di quegli ufficiali, il colonnello Putiata, ma il progetto sarebbe stato abbandonato per non troppo urtare il Giappone. Molti Russi vennero pure chiamati in questi ultimi tempi a ricoprire uffici civili e privati nel regno soppiantandovi i Giapponesi che prima li occupavano.

Uno dei componenti la missione russa, che col principe Uchtomsky perlustrò l'anno passato la China, ed il quale trovasi presentemente a Soul, ha elaborato tutto un programma di azione per accrescere l'influenza della Russia in Corea, di cui ecco i punti principali: stabilire nuovi consolati in tutti gli scali più importanti della penisola; sotto pretesto di proteggere la sede della rappresentanza russa a Soul, mantenere colà un forte contingente di truppe russe; prendere possibilmente in mano l'amministrazione delle finanze e delle dogane coreane; impiantare nel regno istituti di credito russi, scuole e chiese di rito ortodosso; inviare giovani coreani a perfezionarsi in Russia negli istituti tecnici superiori; e finalmente procedere fin d'ora alla costruzione in Corea delle ferrovie d'accesso alla grande linea siberiana.

Conscio dell'impossibilità in cui si trova di poter efficacemente combattere ad armi uguali l'invadente influenza russa, il Giappone ricorre alla via diplomatica per reclamare altamente il rispetto della piena indipendenza della Corea ed il mantenimento del suo statu-quo territoriale, ed, in seguito alle sue insistenze, il Governo russo avrebbe, a quanto pare, consentito ad una revisione della convenzione russo giapponese di cui sopra è parola, e nella quale verrebbero meglio determinati alcuni punti non sufficientemente precisati nel primitivo accordo.

Qualunque sia per essere l'esito di quelle trattative, è qui opinione molto accreditata che presto o tardi la questione coreana debba dar luogo a serie complicazioni col Giappone, ed in previsione di una tale eventualità la Russia non tralascia di prendere tutte quelle misure atte a guarentire i suoi possessi della Siberia orientale contro un attacco delle forze giapponesi, aumentando cioè considerevolmente l'effettivo dei suoi presidi ed il numero delle sue navi, e munendo di fortificazioni il suo porto di Vladivostok.

288

IL CONSOLE GENERALE A SERAJEVO, PAPPALEPORE NICOLAI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. RISERVATO 366/45. Serajevo, 29 novembre 1897. Fra le ipotesi a cui il discorso dell'Impeil'atore e l'esposizione sulla politica estera del conte Goluchowski aile delegazioni, hanno aperto il campo, vi è stata quella dell'annessione della Bosnia ed Erzegovina; al quale proposito' si è anche ripetuto che quest'ultimo si fosse appunto recato a Monza per avere il consentimento dell'Italia. Fra i molti giornali che ne hanno di:scorso in questi giorni, tra cui l'Allgemeine Zeitung di Monaco, alcuni sono andati fino ad assegnare il termine entro cui si verificherebbe tal fatto e che sarebbe quello del prossimo gennaio. Ora, benchè l'annessione fosse notoriamente una delle aspirazioni della politka austro-ungarica, non si vedrebbe quale utilità essa potrebbe ritrarre nelle attuali circostanze dal far cessare la finzione dell'alta sovranità del Sultano per sostituirvi la propria. Qualunque altra forma di Governo non potrebbe prestarsi a sfruttarne maggiormente le risorse. L'annessione oltre che alienerebbe le simpatie dell'elemento musulmano, il quale costituisce il perno della politica attuale del Governo occupante, potrebbe essere altresì ,causa di nuovi turbamenti in quell'equilibrio tra le diverse nazionalità che forma l'assetto della Monarchia. Mentre l'Ungheria non sarebbe affatto disposta ad aumentare la preponderanza dell'elemento slavo nei domini della corona di S. Stefano, non soffrirebbe mai che le nuove provincie andassero ad ingrossare il territorio dell'Austria. Si è parlato anche dell'idea di creare una Reichslandes dipendente dall'Austria-Ungheria; ma anche perciò accorrerebbero certe guarentigie di libertà e di amministrazione per cui si ritengono queste popolazioni ancora immature. Se fosse vero che l'annessione dovesse seguire in breve periodo di tempo, se ne dovrebbe s~corgere qualche indizio; imperocchè il passaggio dall'attuale ordine di cose ad una specie di governo ordinato sulla stregua delle altre pro

vincie dell'Impero, implicherebbe una serie di misure preparatorie che non potrebbero sfuggire all'attenzione di chi qui risiede.

289

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, AL CONSOLE A JANINA, MILLELIRE

T. 2949. Roma, 30 novembre 1897, ore 14. La prego di telegrafarmi se il moto albanese manifestatosi verso il confine serbo, che però sembra ora sedato, abbia qualche connessione con la condizione degli animi in codesta regione. In ogni modo Ella deve, in ogni occasione, esprimere viva riprovazione per un'agitazione che, di fronte al fermo e con

corde proposito delle potenze per il mantenimento della pace, non potrebbe che avere funeste conseguenze pel' codesta popolazione.

290

IL COMITATO POLITICO ALBANESE A NAPOLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 3863. Napoli, 30 novembre 1897, ore 17,30 (per. ore 19,30).

Comitato politico albanese Napoli interprete sentimenti itala-albanesi, alla notizia presa d'armi fratelli soggetti Turchia per rivendicare loro autonomia invoca dal Governo del Re ricordarsi degli interessi comuni degli Albanesi e degli Italiani in questo supremo momento di quella stirpe gloriosa. Ricorda l'alleanza albanese coi Re di Napoli e colla repubblica Veneta e validi aiuti ottenuti nel bisogno nei secoli scorsi e il .s1angue sparso dagli Albanesi d'Italia per la causa nazionale e chiede che la diplomazia italiana rispondendo al cuore di due popoli fratelli ottenga come s'è cominciato a fare per Creta che quell'autonomia diventi presto un fatto che onorerebbe gioverebbe all'Italia presente e all'avvenire delle due stirpi consanguinee e vicine (1).

291

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, AL CAPITANO CICCODICOLA, A MASSAUA

T. 2959. Roma, 1 dicembre 1897, ore 23.

Deputato Ferdinando Martini nominato commissario civile straordinario per l'Eritrea pall'~irà presto per Massaua. Egli desidera le sia fatta speciale raccomandazione interessarsi presso Menelik per stabilimento linea te.legrafica AddisAbeba Massaua che produrrebbe grande effetto utile morale e politico.

Ci giunge notizia da fonte inglese di un accordo tra Menelik e Leontieff per provincie equatoriali Abissinia ·con impegno di Leontieff arrivare al mare verso litorale somalo. La prego assumere informazioni circa fondamento notizia, e, invigilare, tenendo presenti impegni Menelik per integrità possedimenti italiani Benadir.

292

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, ALL'INCARICATO D'AFFARI A PIETROBURGO, MELEGARI

D. 44980/257. Roma, 2 dicembre 1897.

Col rapporto in data 17 corrente n. 603/330 (2) la S. V. mi ri:furisce che il nuovo ambasciatore di Russia presso la R. corte, signor Nelidow, ha avuto dal Governo imperiale istruzione di adoperarsi con ogni cura a restringere vieppiù le buone relazione già esistenti fra i due paesi, premendo a codesto Gabinetto, come il conte Muraview le diceva, non solo di conservare gli amichevoli rapporti con l'Italia, ma di renderli altresì sempre più intimi e cordiali.

Desidero che Ella abbia prossima opportunità di frur conoscere a codesto signor Ministro degli Affari Esteri quanto io mi compiaccia di queste sue dichiarazioni, le quali trovano presso il R. Governo una piena reciprocità. Il signor Nelidow nel suo primo colloquio con me, mi parlava appunto nel senso delle istruzioni, che la S. V. mi annunciava essergli state impartite. Ed io fui lieto dl potergli porgere la assicurazione che, anche dal canto nostro, porremo ogni studio a far sì che i reciproci rapporti abbiano quel carattere di intimità che è nel comune desiderio dei due Gabinetti.

(l) -Il telegramma è firmato dai seguenti comp0.nenti il comitato aìbanese di Napoli: Giovanni Castriota-Scanderbeg, Alfonso Castriota-Scaaderbeg, Achille Torelli, Gerardo Conforti, Francesco Mauro, Luigi Masci, Gennaro Placco, Gennaro Lupi, Attanasio Dramis, Giuseppe Marchianò, Vincenzo Stringari, Pasquale Turiello. (2) -Cfr. n. 268.
293

IL CONSOLE A JANINA, MILLELIRE, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 359/117. Janina, 2 dicembre 1897.

Ho ricevuto ieri sera tardi il pregiato telegramma in cifra che V. E. mi ha diretto in data 30 decorso (1), e le confermo il mio ci:flrato in data di oggi (2).

Come le sottomettevo in quel dispaccio, i moti dell'alta Albania non sono affatto in relazione, nè dipendenti dallo stato degli animi di queste popolazioni. Qui pel momento tutto è tranquillo nè vi è accenno alcuno a movimenti, e da parte mia cerco con ogni mezzo di raccomandare vivamente la calma e la tranquillità.

Non posso però celare a V. E. che il malcontento in queste popolazioni è enorme, e ciò senza distinzione di rito o confessione; le notizie dell'Alta Albania hanno avuto certamente eco profonda nell'animo degli Albanesi musulmani e cristiani, e se quei moti non saranno presto soffocati è certo che forse potranno destare qui qualche torbido.

Le sofferenze a cui queste popolazioni sono state e sono tuttora sottoposte sono oramai giunte al loro apogeo, le ingiustizie, che giornalmente si perpetrano, ciò che quotidianamente si domanda alle popolazioni è superiore alle sue forze, con una goccia potrebbe quando meno vi si pensa, far traboccare il bicchiere.

L'amministrazione della provincia funziona malamente, la giustizia ed ogni cosa sono in balia della venalità, il popolo è assetato di giustizia che mai non trova, la libertà e le sostanze degli abitanti sono nelle mani di un fanatico direttore di polizia, che assieme al venale capo della gendarmeria Essad pascià ne dispongono al loro talento.

Se la Turchia e l'Europa desiderano realmente la tranquillità è necessario che pensino a questi paesi, dove bisogna introdurre riforme radicali e serie non come quelle finora adottate, che già nei miei precedenti rapporti furono stigmatizzate, e non fecero che aumentare le spese dell'erario, aumentando pure il malcontento.

Oggidi sia per la pessima amministrazione, sia per la guerra con le sue inevitabili conseguenze, sia per l'arbitrio e dispotismo militare, che regnano sovrani, sia per le continue angherie dei capi di polizia e gendarmeria le popolazioni sono marterizzate ed affamate. Ora V. E. ben conosce che la fame è la più cattiva delle consigliere.

Eppure con un poco di buona volontà da parte del Governo si potrebbe facilmente dare a questi popoli pane e tranquillità. L'attuale organizzazione è viziosa, essa lascia nelle mani di pochi, che generalmente non potrebbero essere scelti in modo peggiore, la vita, l'onore, la sostanza dei cittadini, i quali se domandano giustizia sono cacciati come animali importuni. Le vessazioni non hanno avuto un limite. Prima si domandò un contributo per comperare armi, poi si presero di forza tutte le bestie da soma privandone i proprietari, e togliendo a quella classe meno agiata il mezzo di guadagnarsi il pane, in seguito si richiesero forzatamente migliaia di letti guarniti; non contenti di aver estorto quasi tutti i cavalli e muli della provincia si forzarono i pochi rimasti pel commercio, al trasporto delle derrate militari ed in mancanza di uomini nonostante le rimostranze dei consoli, si obbligarono le donne al mestiere di mulattiere, cosi poco confacente al loro sesso. Ultimamente, come se non bastasse ancora, si domandò altro contributo di moneta per il vestiario delle truppe, ed in questi giorni si scacciano gli abitanti dalle loro case per installarvi i soldati e si toglie di forza il fieno e l'orzo a coloro che ne posseggono, ed io ho dovuto persin lottare colle autorità per tutelare diverse partite di orzo e fieno, appartenenti ad un nostro amministrato.

Pessima impressione ha fatto nell'Albania una notizia tendenziosa, che si è propagata negli scorsi giorni in città. Secondo questa notizia sarebbe avvenuto, in seguito al convegno di Monza, un accordo fra l'Austria e l'Italia, mediante il quale quest'ultima lascierebbe all'Austria intieramente libero il campo in Albania accontentandosi di altri compensi. Certamente questa notizia fu divulgata da qualche malevolo e con marcata intenzione, io, invece di discutere, ho cercato, come era naturale, di mettere in ridicolo la notizia cosi contraria all'accordo europeo, che mira indefessamente al mantenimento della pace.

Copia del presente venne data alla R. Ambasciata in Costantinopoli.

P. S. Essad pascià, capo di questa gendarmeria, fratello del ben noto Gany bey, e suo complice nelle nefandezze da me segnalate è stato dal Palazzo nominato generale di brigata quantunque finora non avesse alcun grado militare. Egli, a quanto pare, anche col suo nuovo grado rimarrà ad occupare le sue antiche funzioni di capo della gendarmeria e con gran dolore di questa popolazione.

(l) -Cfr. n. 289. (2) -Si tratta del tel. 3880, non pubblicato.
294

L'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, PANSA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA (Ed. in LV 97, pp. 23-24)

T. 3891. Pera, 4 dicembre 1897, ore 0,41. Voici le texte de nos propositions identiques mentionnées dans mon précédent télégramme: c l) Une période de transition est, en tout cas, inévitable à Crete avant l'installation d'un régime régulier d'autonomie; 2) Direction affaires, pendant cette période, serait à confier à un Gouverneur provisoire désigné par les puissances;

3) Gouverneur serait chargé participation importante à élaboration du statut organique, dont les principes essentiels auront étés posés par les représentants

des grandes puissances à Constantinople; 4) Il y aurait avantage à ce que Gouverneur provisoire put procéder accomplis·sement de cette tàche avec la perspective d'etre nommé Gouverneur définitif dès qu'il l'aura menée à bien ».

295

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DELL'INTERNO, RUDINI', AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 3899/21155. Roma, 4 dicembre 1897, ore 17,15 (per. ore 18,25).

Mie informazioni fanno credere che si possano meditare a Trieste dei moti, ai quali parteciperebbero cittadini italiani. Mentre prendo necessarie disposizioni •all'interno prego V. E. di avvertire i nostri Consoli perchè informino largamente.

296

IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, BONIN LONGARE, AL CAPITANO CICCODICOLA, A MASSAUA

T. 2984. Roma, 5 dicembre 1897, ore 11,30.

Viene .segnalato invio 45 mila fucili tremila casse cartuccie provenienti da Pietroburgo diretti Gibuti dove sarebbero stati spediti da Leontieff. Ne informo

V. S. in relazione mio precedente telegramma relativo preteso accordo MenelikLeontieff per provincie equatoriali (1).

297

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, AL VICE CONSOLE A TRIESTE, MELI LUPI DI SORAGNA

T. 2990. Roma, 5 dicembre 1897, ore 22.

Al mio collega dell'interno viene riferito che si possano meditare a Trie. ste dei moti a cui parteciperebbero cittadini italiani. Prego informarsi cautamente e telegrafarmi.

Ella deve eventualmente fare severe avvertenze.

298

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, ALL'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, PANSA (Ed. in LV 97, p. 24)

T. CONFIDENZIALE 2992. Roma, 5 dicembre 1897, ore 23,20.

Debbo farle conoscere, per informazione strettamente personale di Lei, che, secondo nostra sicura notizia, (2) Petrovich non sarà in grado di accettare l'eventuale sua elezione (3). In tale stato di cose è da temersi che, dopo il suo rifiuto,

« Le Prince Mon Fils m'avait fait part des vues de V. A. envers la candidature du voivode Boso Petrovich comme Gouverneur provisoire de Crète. Depms lo•s la situation s'est plus nettement dessinée. D'une part on a pu constater que cette candidature réunit les suffrages de toutes les Puissances. D'autre part on a acquis la certltFde 1bsolue qu'iln'existe pas d'autre candidature sérieuse qui ne rencontre pas d'opposition auprès de l'une ou de l'autre Puissance. En cet état de choses, je n'hésite pas à faire personnellement

*la Russia rimetterà* (l) innanzi la candidatura di un funzionario ottomano. *Ad allontanare anticipatamente il pericolo, * gioverà che V. E. accompagni l'accettazione della candidatura Petrovich con una opportuna motivazione, * e cerchi di ottenere che a tale motivazione si associno i colleghi di Austria-Ungheria e di Inghilterra, i quali, come abbiamo ragione di credere, si trovano, a tale riguardo, nel nostro ordine di idee. La motivazione potrebbe essere * nel senso che, la nostra adesione essendo acquisita a quella candidatura che raccolga l'unanime suffragio delle potenze, purchè non si tratti di funzionario o suddito

ottomano, noi non esitiamo ad accettare la candidatura Petrovich se è del pari accettata dalle altre potenze.

(l) -Cfr. n. 291. (2) -In LV qui aggiunto • il voivoda ». (3) -Il re Umberto I aveva anche rivolto un appello personale al principe del Montenegro, perché autorizzasse Petrc.vic ad accettare la candidatura con il telegramma qui appresso riprodotto, privo di data, e rinvenuto nell'Archivio Visconti Venosta.
299

IL MINISTRO AD ATENE, AVARNA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 1758/832. Atene, 5 dicembre 1897.

Il presidende del consiglio fece conoscere ieri, verso le 10 di sera, ai rappresentanti delle grandi potenze, con lettera particolare, diretta al signor Onou, Ministro di Russia e decano del corpo diplomatico, che il trattato della pace definitiva era stato firmato, -alle 3 p. m., a Costantinopoli, tra i plenipotenziari ellenici ed i plenipotenziari ottomani.

Avendo avuto oggi occasione di visitare 11 signor Zaimis, questi mi ha detto che al trattato erano stati annessi due protocolli, relativi l'uno alla convenzione commerciale, l'altro alla convenzione consolare. Rispetto al primo, quantunque il testo fosse stato previamente concOII'dato tra Tewfik Pascià e l'Ambasciatore d'Inghilterra, il secondo plenipotenziario ottomano, al momento in cui venne sottoposto ai plenipotenziari ellenici, aveva proposto di aggiungere nel medesimo una clausola risolutiva, in forza della quale quel protocollo cesserebbe di essere in vigore se nel periodo di due anni non si fosse addivenuto alla conclusione della relativa convenzione di commercio. Tale inaspettata proposta fu ·causa del ritardo della firma del trattato, ch'era qui aspettata per giovedl scorso, gia.cchè i plenìpotenziari dovettero riferirne al Presidente del Consiglio, che telegrafò loro di consentire, senz'altro, alla detta dausola, non dubitando che la convenzione commerciale avrebbe potuto essere conclusa nel termine stabilito.

Sarebbe intenzione del signor Zaimis di presentare alla Camera dei Deputati il trattato, il cui originale giungerà quJ giovedl prossimo, prrima della sua ratifica per parte del Sultano, che deve effettuarsi entro 15 giorni. Non dubita che la Camera l'approverà senza difficoltà, essendo il testo conforme ai preliminari di pace, già da essa accettati.

Dalle informazioni pervenutegli, in via ufficiosa, il Sultano avrebbe avuto premura di concludere la pace per le difficoltà che sembrano sorgere in Albania

un chaleureux appel à V. A. La priant de vouloir bien considérer s'il ne Lui convient pas dans San propre intéret, et dans l'intéret de la vaillante Principauté dont les destinées Lui' sont confiées, de rendre à l'Europe et à la cause générale de la paix le grand service d'èlimmer, par San consentement à la candidature Petrovich, les préoccupations légitimes que les conditions précaires de l'Ile font plàner sur l'Orient. J'obéis, en m'adressant à

v. A. à mon propre sentiment, mais je suis sur d'etre, à cette occasion, également l'interprète du sentiment des Souverains amis. J'espère que V. A. puise dans les conse1ls de Sa haute sagesse, une décision conforme au voeu que je viens Je Lui exprimer •.

ed in Bulgaria. A causa dell'agitazione ch'erasi manifestata in Ipek, la Sublime Porta aveva mandato colà parte delle truppe che erano destinate alla Tessaglia. Quanto alla Bulgaria il Sultano si dimostrerebbe opposto alle fortificazioni, che sarebbero costruite sui monti Rodope. Quantunque questo Agente bulgaro, da esso interpellato, gli abbia fatto conoscere che tale questione non aveva importanza, tuttavia egli awebbe motivo di credere che le relazioni fra il Principato e la Sublime Porta non sieno ora più cosi cordiali come pel passato.

Il Presidente del Consiglio mi ha detto inoltre che i ·plenipotenziari ellenici avrebbero intavolato immediatamente i negoziati per la stipulazione delle varie convenzioni, enumerate all'art. 5 dei preliminari di pace. Egli prevedeva che essi avrebbero incontrate non poche difficoltà per la conclusione specialmente della convenzione consolare e di quella relativa alle nazionalità contestate. Ma, ove queste sorgessero, era deciso a deferire la questione all'arbitraggio delle grandi Potenze, le quali sperava avrebbero appoggiato la Grecia, essendo anche esse interessate al mantenimento delle capitolazioni.

(l) In LV: • possa di nuovo essere posta •·

300

IL VICE CONSOLE A TRIESTE, MELI LUPI DI SORAGNA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 3914. Trieste, 6 dicembre 1897, ore 11,05 (per. ore 12).

Ritengo notizia senza fondamento (1). Assumerò informazioni riferirò.

301

IL CONSOLE GENERALE A TUNISI, MACHIAVELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 3573/559. Tunisi, 6 dicembre 1897.

Mi sono pervenute da un connazionale residente a Biserta alcuni cenni sui nuovi lavori militari e marittimi in corso, o di prossimo inizio colà, ed io ho l'onore di comunicarli all'E. V., trasmettendo copia del foglio che li contiene. Aggiungo poi, dietro informazioni da buona fonte, che se sono ·compiuti i piani per la trasformazione di Biserta in un gran porto di guerra, è giocoforza andare a rilento nell'eseguirli per la scarsità dei fondi sinora disponibili a tal'uopo.

ALLEGATO

Biserta, 2 dicembre 1897.

Oltre alle due batterie di Ben Negro (Djebel Roumadia) lato Sud-Est e dar-el Coudia (Forte di Spagna) lato Nord-Ovest, si costruisce una strada che condurrà a un'altura dal lato Nord, detta Aln Roumi e nella quale sarà impiantata un'altra batteria da costa. Questo punto domina il Forte di Spagna dal suo lato Sud-Ovest ed ha dal suo lato Est il mare, dal lato Nord-Ovest è al riparo di altre alture. La strada segue presso a poco il tracciato dell'antica via ferrata Decauville della Compagnia del Porto che serviva per il trasporto alla diga Nord della pietra estratta dalla cava di Ai:n-Meriem; questa cava è precisamente sotto all'altura di Ai:n-Roumi. Questa strada, pare, sarà prolungata fino a Djebel Nador (Capo Bianco) dov'è il Semaforo. Il Semaforo è ricongiunto con filo speciale all'ufficio telegrafìco, ed è anzi munito d'un apparecchio che trasmette in cifre romane. Per ora i lavori di detta strada d'accesso alla batteria da costruirsi in Ai:n-Roumi, son diminuiti d'intensità; si dice per mancanza di fondi, ma è semplicemente perchè

si prepara la pietra alla cava di Ai:n-Meriem e si aspetta del materiale; quando tutto sarà pronto, i lavori saranno spinti con molta alacrità. Arriva continuamente questo materiale: vagoni, rotaie, ecc.; i soldati del genio sono in continuo movimento. Si fanno grandi acquisti di legname e di calce. Non credo però che i lavori potranno terminarsi prima di altri sei mesi.

Ho osservato che quando la piazza di Biserta deve rispondere al saluto d'una nave da guerra, come per il • Wjestnick •, le salve sono tirate con un cannoncino di dietro al terrapieno dell'antico Forte 'di Spagna, non dalla batteria nuova di Dar-el-Coudia, e ciò probabilmente per non far conoscere in modo preciso l'ubicazione di essa; dico ciò perchè, chi non lo sapesse, potrebbe esser tratto in inganno. La batteria di Dar-el-Coudia si estende subito dopo, verso destra per chi guarda dal mare, dello spigolo esterno, lato Nord del forte di Spagna. Furono piantati degli eucalipti nello sterrato protettore della batteria.

Verso 1'8 luglio di ogni anno dalle batterie Roumadia e Coudia, ormai pronte da due anni, si fanno • l es écoles à feu •, cioè esercizi di tiro coi cannoni di grosso calibro. Anche in questo ho osservato che la cerchia del tiro da queste due batterie si limita ad una semicirconferenza che avesse per centro l'imboccatura dell'avamporto e per raggio un 500 metri al più verso l'alto mare. La nuova batteria che si vuol costruire in Ai:n-Roumi avrà certamente una cerchia più estesa perchè sarà posta più in alto e abbraccia un orizzonte più remoto dalla terra.

Si è incominciata la costruzione delle nuove mura di cinta della città, lato sud-est, che avvilupperanno l'attuale campo militare che è posto anch'esso sur una collina parallela al vecchio forte di Spagna, ora restaurato per farne una caserma di artiglieria. Sicchè il campo diventerà una vasta caserma di fanteria, con 12 grandi baracconi che possono contenere una compagnia ciascuno, largamente. Attualmente vi sono 4 compagnie di zuavi e una batteria, la 19a del 13o Reggimento d'artiglieria. Le due caserme saranno a cavaliere della città e le domineranno.

Per ciò che concerne l'arsenale, i lavori cominceranno fra breve. È qui attualmente l'intraprenditore aggiudicatario signor Hersent. La :l'errovia Djedeida-Biserta si biforcherà presso l'Oued-Tiudja e si diramerà lungo le rive del lago. D'altronde la linea ferrata che termina in Biserta è ora direttamente collegata colla linea Bona e Algeri e per venire di là a Biserta non sarebbe neanche necessario di prendere lo scambio alla Djedeida, il che ne aumenta la rapidità; e credo ciò sia di grande importanza se si considera che il quartier generale del XlX corpo d'esercito e la direzione del dipartimento marittimo sono in Algeri. Ho sentito dire che in caso di guerra le torpediniere sarebbero trasportate per terra da Algeri e Bona in Biserta, per evitare loro l'incontro probabile d'una flotta nemica. La difesa marittima di Biserta si compone attualmente di 6 torpediniere, di cui un incrociatore guadacoste corazzato, • La Tempéte •, di un pontone arsenale a tre alberi c Le Talisman • e della torpediniera d'alto mare • Condor •.

Si lavora sempre al nuovo parco d'artiglieria che è un vasto deposito di polveri piriche e d'ogni sorta di ordigni di guerra. Fra l'altro mi fu dato d'osservare 12 affusti piccoli e leggeri proprii per cannoni da montagna o da sbarco. La ferrovia passa davanti a questo parco che per altro è posto proprio sulla riva della Baia della Sebra.

(l) Cfr. n. 297.

302

IL GENERALE CANEVA AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 3944/2742. Massaua, 8 dicembre 1897, ore 17,35.

22 novembre approdarono Gibuti due navi guerra russe da cui sbarcarono missionari indicati dispaccio V. E. 41780 (1). Colonnello Artamanoff con poco

r; -Dommenti diplomatici . Serie Ili · Vol. II.

seguito recossi Sultano Raheita e fu ricevuto distintamente. Sembra navi russe debbano approdare Raheita. Ho ordinato «Provana », dopo sbarco Zeila Ciccodicola, resti qualche tempo erociera acque Assab.

(l) Non pubblicato.

303

L'INCARICATO D'AFFARI A PIETROBURGO, MELEGARI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 646/356. Pietroburgo, 9 dicembre 1897.

Per .conformarmi alle istruzioni impartitemi coll'ossequiato dispaccio del 2 corrente n. 44980/257 (1), non mancai jeri, al ricevimento del corpo diplomatico, di esternare al conte Muraview i sentimenti di vivo compiacimento con cui per parte dell'E. V. erano stati accolti i propositi da lui precedentemente mani·festatimi, e che si rispecchiarono pure nelle istruzioni impartite al signor Nelidow, di rendere sempre più intimi e cordiali i rapporti esistenti fra i due paesi. Assicurai inoltre S. E. che il Governo del Re era animato pure dello stesso desiderio ed avrebbe, dal canto suo, messo ogni impegno alla sua effettuazione.

Il Ministro Imperiale degli Affari Esteri parve gradire assai queste assicurazioni, e mi pregò di ringraziarne V. E. Egli si dichiarò convinto che la presenza a Roma di un Rappresentante russo attivo ed accorto come il signor Nelidow avrebbe efficacemente contribuito a dare alle relazioni fra l'Italia e la Russ.ia quel carattere di maggiore intimità desiderata da ambedue i Governi, più che non avevano potuto farlo i due predecessori di quel dtplomatico, ambedue stanchi e mal fermi in salute.

Il conte Muraview ritornò poi spontaneamente a parlare dell'E. V. encomiandone la politica ed esprimendomi di nuovo il .suo rammarico che un'occasione non si fosse presentata finora di fare la di Lei personale conoscenza.

305

IL GENERALE CANEVA AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 2745. Asmara, 11 dicembre 1897.

Circa lo sbarco della missione russa di cui fu oggetto il telegramma di questo Governo dell'8 corr. (2), diretto all'E. V., si hanno dal R. Commissario di Assab i ,seguenti altri particolari.

Quattro dei componenti la missione, sbarcata a Gibuti, si sono recati a cammello a Raheita e sono: il colonnello Artamanoff, un medico e due soldati.

Il ·colonnello conferì con quel Sultano, al quale regalò un orologio, un fucile e del denaro, di cui ignorasi la quantità; gli annunciò il prossimo arrivo colà di una nave da guerra; e disse che era intenzione della mLssione recarsi allo Scioa ritornando poi a Raheita per la via dell'Aussa. Chiese anzi a questo proposito la cooperazione del Sultano per trattare con l'Amari; al che sembra il Sultano stesso a:bbia risposto evasivamente, rimandando dichiarazioni più esplicite in seguito.

Il v1s1r (sotto capo di Raheita) scrive al predetto R. Commissario che il suo capo, per dimostrare agli ospiti i1 gradimento della visita, indossò, secondo gli usi del paese, gli abiti migliori; regalò loro capre e latte, e li ricevette in capanne che aveva fatto addobbare a festa rper l'occasione.

Alla partenza, il colonnello Artamanoft', ricordando al Sultano il prossimo arrivo di un vapore russo, gli consegnò una lettera di presentazione per il comandante.

Il facente funzione di R. Commissario di Assab, tenente cavaliere Giannini, opina che i russi mirino all'occupazione di un tratto di ·costa a sud di ras Dumeira e ad arprire una comunicazione attraverso l'Aussa, forse con lo scopo di isolare Assab.

La cosa potrà essere meglio chiarita da altre informazioni che quel R. Commissario attende; e si vedrà in seguito anche se e quali provvedimenti siano da prendersi verso il Sultano Raheita, quando cioè ,risultasse in modo non dubbio che egli agisca ai nostri danni.

Intanto, nella previsione possa avvenire effettivamente l'approdo a Raheita di qualche vapore russo, ho disposto che una nave nostra rimanga qualche tempo in crociera nelle acque di Assab, come già ebbi ad informare l'E. V. nei miei telegrammi 2678 (1) e 2742 (2).

3M.

IL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, MALVANO, ALL'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, PANSA

D. 46426/361. Roma, 14 dicembre 1897.

Stando alle informazioni pervenute al Governo greco, il Sultano avrebbe avuto premura di ·concludere la pace per le difficoltà che sembrano sorgere in Albania ed in Bulgaria. A causa dell'agitazione che erasi manifestata in Ipek, la Sublime Porta aveva mandato colà parte delle truppe che erano destinate alla Tessaglia.

La questione, poi, della fortificazione dei monti Rodope, sarebbe quella che in particolar modo indisporrebbe il Sultano contro la Bulgaria. Quantunque l'agente principesco in Atene non sembri dare alla questione stessa una grande importanza, tuttavia il signor Zaimis dice aver motivo di credere che effettivamente le relazioni tra il principato e la Sublime Porta non sono ora più cosi cordiali ,come pel passato.

Le notizie che precedono mi sono state comunicate dal R. ministro in Atene e io ho creduto opportuno di ocenderne, ad ogni buon fine, informata l'E. V. (3).

(l) -Cfr. n. 292. (2) -Cfr. n. 302. (l) -Non rinvenuto. (2) -Cfr. n. 302. (3) -La notizia venne comunicata (con D. 46441/289 in pari data) anche all'agente e console generale in Sofia, Silvestrelli.
306

L'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, PANSA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 3992. Pera, 15 dicembre 1897, ore 19,45 (per. ore 20,15). Alla domanda del plenipotenziario ellenico ·che lo scambio delle ratifiche

di pace venisse prorogato alla fine di dicembl'e vecchio stile, Sultano fece rispondere insistendo affinchè quella formalità sia compiuta entro il termine stabilito.

307

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, AL MINISTRO A RIO DE JANEIRO, ANTONELLI

T. 3062. Roma, 15 dicembre 1897, ore 22,30. Approvo indirizzo conciliante dato alla vertenza suscitata dai fatti di Petropolis. La prego di considerare se ad eliminare ogni spiacevole traccia, non con

venga proporre il reciproco ritiro delle note scambiate a tale riguardo tanto a Rio quanto a Victoria.

308

IL MINISTRO AD ATENE, AVARNA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 3995. Atene, 16 dicembre 1897, ore 12,30 (per. ore 13,20). Presidente del consiglio mi ha detto aver plenipotenziari ellenici telegrafato iersera che Sublime Porta rifiutava accordare proroga ratifica trattato

di pace definitivo senza indicare ragioni, pregava governo ellenico procedere ratifiche nel termine ,stabilito. Trattato di pace sarà .firmato a mezzogiorno da

S. M., partirà in giornata per Costantinopoli ove arriverà domani. Parlamento nazionale è stato convocato oggi stesso alle sei. Presidente del consiglio spera esso approverà trattato di pace in prima lettura e si è adoperato in tal senso presso i deputati influenti, ma mi ha detto non poteva :fare assegnamento sul partito Delyanni che potrebbe provocare, dopo approvazione trattato di pace, voto sfiducia contro il governo obbligandolo addivenire dissoluzione Camera dei deputati.

309

IL MINISTRO A RIO DE JANEIRO, ANTONELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 4007. Rio de Janeiro, 16 dicembre 1897. In seguito ad istruzioni ricevute 'col telegramma di V. E. in data oggi stesso (1), mi sono subito recato da questo Ministro degli Affari Esteri. Ci siamo messi d'accordo: l) che il ministro degli affari esteri nel trasmettermi inchiesta capo di polizia di Spirito Santo, la riconoscerà monca e non opportuna. Alcun apprezzamento circa informazioni avute dal Notari. Assicurerà protezione italiani in

quello Stato. A questa nota risponderò ringraziando comunicazione, prendendo atto dichiarazioni ministro. 2) Sabato firmeremo una dichiarazione avere esa

minato i fatti, essere stati d'accordo nel dichiarare chiusa la vertenza. Abbiamo convenuto pure il reciproco ritiro delle note di Rio de Janeiro. In quanto a Vittoria, Notari ha avuto istruzioni di reciproco ritiro note.

(l) Cfr. n. 307, ma l'indicazione della data è errata.

310

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, AL MINISTRO A RIO DE JANEIRO, ANTONELLI

T. 3074. Roma, 17 dicembre 1897, ore 16,45. Sta hene chiusura vertenza, ritenendo però che questa escluda bensì conflitto tra i due governi, ma non esc'luda eventuale ulteriore amichevole trattazione

delle questioni e dei reclami dipendenti dai recenti fatti, previo debito accertamento. Importa .che su questo punto non rimanga equivoco.

311

L'INCARICATO D'AFFARI A PIETROBURGO, MELEGARI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 665/368. Pietroburgo, 17 dicembre 1897. L'occupazione tedesca del porto chinese di Kian-Tschan ed i preparativi militari cui sta accingendosi la Germania onde tenersi pronta ad ogni evento, continuano a destare al più alto grado .l'interesse di questi 'circoli politici. Difficile è il fare finora sicuri pronostici circa l'attitudine definitiva che assumerà il Governo Imperiale in quella vertenza, potendo essa mutare a seconda degli avvenimenti. Come già dissi in un anteriore mio rapporto il colpo di mano della Germania su Kian-Tschan riuscì qui del tutto inaspettato. Non ignoravasi che la Germania agognava già da lunga pezza il possesso di una stazione navale nei mari dell'estil"emo oriente. L'Imperatore Guglielmo, nel suo recente viaggio in Russia avrebbe fatto parola di quel desiderio allo Czar che non vi si sare!bbe dimostrato avverso. Nulla venne però precisato in allora riguardo al punto del litorale chinese da occuparsi, ed il Governo russo non dubitava che, prima di agire, il Gabinetto di Berlino avrebbe qui notificato le sue intenzioni. Sorprese quindi e non piacque la precipitazione con cui la Germania procedette in quella contingenza e dò tanto più che il_ porto occupato, per la sua posizione, era già da tempo preso di mira dalla Russia. Ciò non pertanto il Governo Imperiale, negli scambi di vedute che successivamente a quell'incidente corsero fra Berlino e Pietroburgo ha continuato a dimostrarsi animato dei propositi più concilianti. Se è vero quanto mi è stato riferito da persona di solito bene informata, l'aggiunto di questo Ministero degli Affari Esteri, conte Lamsdorff, in un suo recente colloquio con un noto giornalista russo, avrebbe detto che il Governo Imperiale si studia og,gidì ad addivenire ad un'intesa colla Germania, diretta a ben stabilire fin d'ora l'azione che que.Sita dovrà eseifcitare nell'Estremo Oriente. La R:.Issia è disposta a concedere alla Germania la più ampia libertà ed appoggiarne eventualmente l'operato, laddove specialmente l'incremento del suo commerdo possa spiegarsi a detri

mento degli interessi britannici. Gettate che siano le basi di un'intesa, il Governo russo si adopererà acciocchè sia accordata alla Germania la dovuta soddisfazione,

nonchè quelle concessioni nel campo politico ed economico che non si trovino in disaccordo cogli interessi di questo Impero e non siano di eccessivo pregiudizio alla China di cui la Russia ha assunto la protezione. È da sperarsi, conchiudeva, il conte Lamsdorff, che, raggiunto quell'intento, la Germania consenta ad evacuare Kien-Tschan.

Da queste dichiarazioni del diplomatico russo sembra emergere la linea di condotta che il Gabinetto di Pietroburgo intende seguire in quella questione: appoggiare la Germania in tutte quelle rivendicazioni tanto dal lato politico che economico, le quali non siano per re.car pregiudizio alla sua posizione nell'Estremo Oriente, ed approfittare di quell'occasione per mettere colà in antagonismo gli interessi tedeschi con quelli inglesi, contribuendo così sempre più ad aumentare i rancori e le diffidenze :tira le due Nazioni.

312

IL GENERALE CANEVA AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 4009. Massaua, 18 dicembre 1897, ore 0,05.

Riferiscomi mio 2742 (1).

Ulteriori informazioni commissario Assab risultando pel momento meno probabile approdo nave russa Raheita, e considerato stato «Provana », ho lasciato nave libera eseguire ordine Ministero Marina andare Suez.

313

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, AL CAPITANO CICCODICOLA, AD ADDIS ABEBA

D. 47095/572. Roma, 18 dicembre 1897.

Riferendomi alle istruzioni impartitele circa Lug, credo opportuno inviarle l'unito estratto di rapporto (2), nel quale il ·comandante Sorrentino svolge alcune considerazioni sulla necessità di insistere perchè la delimitazione italo-etiopica verso ia Somalia passi a nord di Lug, lasciando questa stazione e il suo .territorio all'Italia.

Richiamo l'attenzione di Lei su •quanto scrive il comandante Sorrentino, aggiungendo, ad ogni buon fine, che la linea proposta da Menelich e indicata nella carta col bollo dell'Imperatore, portata in Italia dal maggiore Nerazzini, passa non a 180 miglia, ma s:ibbene a 200 chilometri circa dalla ·costa.

314

L'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, PANSA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA (Ed. in LV 97, p. 26)

T. (3). Pera, 19 dicembre 1897.

Nelle ultime tre adunanze, i miei colleghi ed io abbiamo concordato lo schema del regolamento provvisorio per Creta, e, sotto forma di annesso al

regolamento medesimo, i principii dello statuto organico definitivo da elaborarsi sul luogo. Spedisco oggi per posta schema ed annesso (1).

(l) -Cfr. n. 302. (2) -Non pubblicato. (3) -Il documento non è stato rinvenuto nel registro dei telegrammi in arrivo; manca perciò il numero di protocollo relativo. Il testo qui pubblicato è pertanto quello. edito in LV.
315

L'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. RISERVATO 3681/1201. Parigi, 20 dicembre 1897.

Nel corso di un colloquio da me avuto il 15 corrente con il signor Hanotaux, questo Ministro degli Affari Esteri oSIServava che la pubblicazione del Libro verde italiano per gli affari di Creta ed il conflitto turco-ellenico avea dato occasione ad una parte dei giornali francesi di mettere in evidenza la conformità di concetti che avea guidato i Gabinetti di Parigi e di Roma nel seguire una comune linea di condotta. «L'impressione che la conoscenza di tale fatto produce, soggiungeva

Des délégués des commandants en chef des contingents internationaux formeront, auprès du gouverneur provisoire un conseil permanent pour les affaires militaires. Ce con;.eil devra ètre convoqué par le gouverneur toutes les fois qu'il aura besoin des forces internationales.

Pour l'aider dans l'organisation des principales branches de l'administration civile, le gouverneur provisoire nommera quatre conseillers étrangers.

Une commission d'organisation, composée du gouverneur provisoire et des déléguésdes ambassades, sera chargée d'élaborer le statut organique définitif sur la base des principes énoncés dans l'annexe, d'après les instructions qu'elle recevrà des représentants des grandes puissances à Constantinople. Elle recueillera les renseignements qu'elle jugera nécessaires auprès des notables chrétiens et musulmans.

Pour pourvoir aux frais d'établissement du gouvernement provisoire et assurer les ressources nécessaires à l'organisation du régime définitif, le gouverneur provisoire est autorisé à contracter un emprunt de 6 millions de francs.

Un droit de premier prélèvement sur le revenu des douanes pourra etre donnè à l'établissement financier preteur, lequel exercera son droit par l'entremise d'un receveur général, sous le contròle des consuls des grandes puissances.

Le gouverneur provisoire sera chargé d'organiser une force pour le maintien de l'ordre, dans laquelle il y aura un élément étranger suffisant pour garantir l'impartialité entre les musulmans et chrétiens.

Les frais d'installation de cette force seront prélevés sur le produit de l'emprunt,jusqu'à concurrence de la moitié de ce produit.Le gouverneur provisoire adressena, tous les trois mois, aux représentants des grandes puissances à Constantinople un rapport sur l'organisation administrative de l'ile. En dehors de ces rapports, il donnera communication aux consuls des grandes puis

sances en Crète des décisions pu'il prendra pour l'emploi des fonds provenant de l'empruntde 6 millions de francs.

ANNESSO

Projet d'articles relatifs au Statut organique de la Crète. L'ile de Crète ayant été déclarée neutre, jouira d'un gouvernement autonome, tout en continuant à faire partie de l'empire ottoman.

Le pouvoir exécutif sera exercé par un gouverneur général chrétien, no.mmé pourcinq ans par S. M. Impérial le Sultan, avec l'assentiment des grandes puissances.Le pouvoir législatif sera exercé par une assemblée nationale, élue et constituée de manière à garantir la représentation et les intéréts de la minorité musulmane.

Les lois deviendront exécutoires par la sanction du gouverneur général.

Les impòts directs et indirects appartiendront à l'ile.

Une redevance annuelle sera payée au trésor impérial ottoman, à partir de.....

Le gouverneur général dispose des forces armées de l'ile.

Les troupes turques, concentrées sur certains points de l'ile, seront réduites proportionnellement aux garanties successivement assurées aux musulmans, tant pour leur sécurité personelle que pour leurs biens, et à mésure que ces garanties seront reconnues effectives par les grandes puissances.

Les garanties à donner aux musulmans comprendront: la reintégration des musulmans de l'ile dans leurs biens; l'adoption à leur égard de mesures de protection contre des actes de violence; des dispositions de nature à assurer, de la part des services publics, législatifs, administratifs et judiciaires, l'impartialité nécessaire et la sauvergarde des droits et des biens de tous les crétois.

11 signor Hanotaux, è ottima e predispone favorevolmente l'opinione per quelle trattative alle quali, dal canto mio, non intendo rinunziare e che avremo e. riprendere in tempo prossimo».

Risposi essere io ognora pronto a comunicare al mio Governo ciò che al riguardo qui mi si volesse dir,e. Replicò il Ministro che il Governo di cui fa parte, era stato, negli ultimi tempi, assorto da altre cure; ma che conveniva ormai che il Dicastero del Commercio ripigliasse gli studi e che a tale proposito egli si metterebbe in relazione col medesimo. Si era calcolato sovra una breve sessione parlamentare per l'awrovazione sollecita dell'ultimo bilancio che la presente Camera è chiamata a votare. Bisognava invece ricorrere alla domanda di due dodicesimi provvisori; ma l'epoca delle nuove elezioni generali rimaneva, per ora, preveduta per il principio di aprile prossimo.

V. E. sa che, fin tanto che non si conosca l'esito delle elezioni e la vigoria che ne sarà per risultare per l'attuale Ministero, sarà prudente cosa il riservare le nostre previsioni circa la possibilità di dare corpo alle trattative per l'accordo commerciale. Intanto può considerarsi come di buon augurio che il signor Hanotaux non manchi l'occasione per riconfermare il proposito suo di non abbandonare le trattative.

A tale riguardo debbo rammentare a V. E. che questo Ministro, allorchè seppe che era ,stata annunziata nel Parlamento nostro una interrogazione relativa alle dichiarazioni fatte dal signor Boucher nel banchetto di Nancy, mi manifestò il desiderio di intendersi con Lei drca la eventualità che qualche domanda analoga ne dovesse risultare nelle Camere francesi. Ho già fatto conoscere al signor Hanotaux che l'interrogazione non sarebbe venuta presto e che V. E. si proponeva di rispondervi con poche parole. La prolungazione della sessione in Francia rende più probabile la eventualità che anche qui s'abbiano a fare le domande che, nel pensiero del signor Hanotaux, riuscirebbero intempestive. Se Ella stimasse cosa opportuna il fargli conoscere il senso generale della risposta che si propone di fare alla annunziatale interrogazione, questo Ministro ne avrebbe certamente norma per il suo eventuale linguaggio.

(l) Ecco il testo del documento: Projet d'articles pour le règlement provvisoire. Le gouverneur provisoire est le chef du pouvoir exécutif dans l'ile, en vertu d'une délégation des grandes puissances.Il aura à pacifìer l'ile, y rétablir l'ordre et préparer l'établissement définitif du régime autonome. Les communications entre le gouverneur provisoire et les gouvernements des grandespuissances se feront par l'intermédiaire des représentants de ces puissances à Constantinople.

316

L'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. RISERVATO 3684/1203. Parigi, 20 dicembre 1897. In una visita da me fatta il 15 corrente a questo signor Minist;ro per gli Affari Esteri, il corso della conversazione mi offrì il destro di notare la ripresa delle voci ,che farebbero credere alla esistenza di un progetto di concessione territoriale alla Russia nella haja di Tadjura. Appena ebbi fatta questa osservazione, il mio interlocutore s'affrettò di aggiungere: «Secondo tali voci saremmo anche in trattative per cedere Biserta ai Russi; tenete per certo che non saremo noi i perturbatori dell'equilìbrio dell'Europa ». Riferisco le testuali parole del signor Hanotaux le quali non ebbero alcun seguito; poichè, come già scrissi a V. E., non considero il momento opportuno per ricercare uno scambio di idee sovra così spinosi temi. Opino però che le

voci messe in giro abbiano soltanto il peso che la stampa italiana si è affrettata di dare alle medesime.

317

L'AMBASCIATORE A LONDRA, FERRERO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 808/391. Londra, 21 dicembre 1897. L'impressione prodotta sull'opinione pubblica inglese dagli avvenimenti dell'Estremo Oriente è indiscutibilmente vivace. Lo dimostra il linguaggio della stampa. La preoccupazione naturale del Governo britannico è provata da successivi consigli di Ministri dedicati a tale argomento. Nelle mie conversazioni con membri di questo Governo ho potuto scorgere un mal celato malcontento. Tuttavia lord Salisbury dimostra una calma almeno apparente rispetto a tale questione. Questo stato di animo è una conseguenza del temperamento flemmatico dell'uomo di Stato, ma è anche ,giustificato da considerazioni oggettive. Infatti le navi russe impegnate in quei mari non sono numerose, poche le navi tedesche. La piccola squadra del principe Enrico non sarà in quei paraggi che verso la fine di gennaio, ed allora soltanto saranno manifeste le vere intenzioni della Germania. Frattanto la Gran Brettagna conta in quei mari ventotto navi da guerra, cosicchè, a tempo opportuno, un semplice telegramma potrebbe provocarne l'azione. Un tale stato di cose permette la calma e consiglia l'aspettativa prima di attuare una decisione, che forse è già nella mente di questo Governo. L'Inghilterra esita per ora a seguire l'esempio della Germania e della Russia per timore di contribuire a scuotere maggiormente il Governo cinese e di far nascere in tutto l'impero uno stato di anarchia che avrebbe effetti disastrosi per il commercio britannico in quelle contrade. Tutte queste considerazioni potrebbero essere superate se l'opinione pubblica venisse a forzare la mano al Governo, ma per ora non lo crederei. È vero che l'irritazione contro la Germania è considerevole. Ma più ancora che nei fatti politici recenti il malumore contro i tedeschi ha la sua origine nel confronto dei progressi commerciali dell'Impero germanico di fronte alla vi,s,ibile decadenza del movimento commerciale britannico. Un recente rapporto dell'addetto commerciale dell'Ambasciata inglese a Berlino dimostra con dati statistici che l'esportazione britannica nei primi nove mesi del presente anno ha subito una diminuzione di sterline 4.664.000 in presenza di un aumento di sterline 3.350.000 nella esportazione germanica. Frattanto ment~re si accendono nell'estremo Oriente fiaecole di discordia, nel vicino Oriente procede con lentezza la soluzione del problema cr,etese. E qui sorge il dubbio se le gelosie suscitate tra le potenze per i fatti che si verificano in China non avranno un contraccolpo sui buoni rapporti che devono

mantenere compatto il concerto europeo. È certo utile di tener anche conto di questa possibilità.

318

L'AMBASCIATORE A LONDRA, FERRERO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

(AVV)

L. P. RISERVATA. Londra, 21 dicembre 1897. Anzitutto Le porgo le più sincere condoglianze per la perdita subita nella illustre persona del compianto marchese Alfieri. Debbo informare V. E. che durante la crisi ultima ebbi occasione di pranzare a Windsor con S. M. la Regina. Essendo a•ccanto all'Augusta Signma questa parlò continuamente dei Sovrani d'Italia con la massima benevolenza e simpatia. Il suo discorso concluse ·Con l'esprimere il desiderio di avere una visita del nostro Re e della nostra Regina. Trattandosi di cosa molto delicata non ho espresso alcuna opinione e mi son limitato a ringraziare S. M. ;per i sentimenti espressi verso l'Italia ed i suoi Augusti Sovrani. Ho creduto bene di scrivere un cenno di ciò al generale Ponzio Vaglia. La Regina Vittoria ha accompagnato l'espressione della sua idea con termini caldissimi. Avrei avuto il pensiero di scandagliare in proposito lord Sqlisbllli'y, ma me ne sono astenuto per lasciare impregiudicata la questione e per lasciare piena libertà di azione al R. Governo. Sarà forse bene che per questo fatto e per mie ragioni personali io faccia nel prossimo gennaio una corsa a Roma. Intanto chiudo questa lettera con l'augurare

a V. E. ogni felicità per il nuovo anno e la continuazione dei successi che accompagnarono il di Lei ritorno alla Consulta.

319

L'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. RISERVATO 3704/1213. Parigi, 22 dicembre 1897. Lo stato dei rapporti fra i Gabinetti di Parigi e di Londra, intorno al quale ho riferito il 23 dello scorso mese (n. 3488/1113) (l) è mLgliorato. Confrontando ciò ·che di esso ho saputo dal mio collega d'Inghilterra con ciò che me ne disse il signor Hanotaux, sono indotto a credere che, se le trattative per il componimento dei dissidi africani non procedono cosi speditamente come i negoziatori delle due parti sembrano desiderare, la principale causa deriva dalle incerte ·cognizioni che si posseggono circa la geografia delle regioni che formano il soggetto delle contese. Il Ministro francese degli Affari Esteri pare sia riuscito a far penetrare nell'Ambasciatore britannico la persuasione che nella persistente resistenza che egli fa a qualunque concessione è mantenuto dalla necessità di non suscitare contro di sè l'opposizione del cosi detto gruppo coloniale, potente in Parlamento tanto da frustrare qualunque altra politica. È una vecchia nota di cui il presente Min1s:tro francese degli Affari Esteri usa ed

abusa; nè certamente senza ricavarne vantaggi apprezzabili. Intanto conviene r1conoscere che della energia degli esploratori africani suoi la Francia ritrae

::;aviamente partito adoperandola a prefissi scopi; sicchè mentre la diplomazia fatica a risolvere le questioni sulle mal tracciate carte, le ,colonne esploratrici avvanzano [sic] e fanno la strada che da occidente ad oriente traverserà iJl continente africano.

Della spedizione Marchand qui non si ebbero le notizie disastrose che pervennero in altri paesi. Il signor Hanotaux mi disse ieri a tale riguardo, che il Ministero delle Colonie avea ricevuto .communicazioni [sic] di Otl'dinario .servizio da luoghi dove si doveano avere tali notizie, ed in nessuna di quelle comunicazioni se ne faceva cenno.

Il signor Hanotaux che, nel dicastero che ora dirige, tenne l'uffizio di direttore dei protettorati e delle ·colonie, prima che per queste si istituisse un apposito ministero, non suole dimostrarsi personalmente convinto della facilità di stabilirsi all'interno del continente africano. Tutte le Potenze che vi si accingono, mi diceva egli recentem.ente, passeranno per una inevitabile serie di successi momentanei e di insuccessi ·che le costringeranno a ritirarsi alle coste del mare. Nei paesi centrali dell'Africa, dove esistono popolazioni relativamente dense, si incontreranno resistenze contro le quali i perfezionati armamenti degli europei non basteranno ad assicurare la vittoria. Vi sono Stati dove, se la civiltà nostra non è penetrata, sono però entrate armi da guerra in abbon: danza e che ormai possono resistere alla invasione europea con eserciti di parecchie diecine di migliaia di uomini. Contro di essi non sarà possibile la lotta ed in quelle regioni non si stabiliranno, a parer suo, le relazioni con il mondo civile che penetrandovi poco a poco mediante i progressi della viabilità.

(l) Cfr. n. 279.

320

IL CONSOLE GENERALE A TUNISI, MACHIAVELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 3753/591. Tunisi, 22 dicembre 1897. Questo console di Russia ha, così mi diceva ieri, motivi di credere che Biserta non tarderà ad essere visitata da una squadra russa, ma aggiungeva che dalle visite di bastimenti }solati od in gruppo al divenire il luogo di riunione e di rifornimento per la marineria imperiale nel Mediterraneo ci corr~, mancando ancora Biserta delle necessarie comodità e dovendo seguir prima un'intesa colla compagnia del porto riguardo ai diritti cui sottostanno ivi le navi da guerra, non meno delle mercantili, in ragione del tonnellaggio e dei giorni di fermata. Ad evitare una spesa molto più rilevante, alla quale si andrebbe altrimenti incontro per grosse •corazzate e lunghe stazioni sarebbe d'uopo, cosi proseguiva il signor Nyssen, che la Russia concludesse un abbonamento, come ha fatto la Francia •che paga una somma fissa di annui franchi 40.000 qualunque sia il tonnellaggio complessivo delle navi della sua marineria militare che entrino nel porto di Biserta e la durata della permanenza loro. In conclusione Biserta potrà divenire solo fra qualche tempo quella stazione di navi da guerra russe di cui tanto si parla. Ho creduto non inopportuno dare un cenno all'E .V. di questo discorso del

signor Nyssen, perchè conferma sostanzialmente quanto ho già avuto l'onore di riferire su accordi che sembrano esser seguiti fra la Francia e 1a Russia

riguardo a Biserta; che questa località poi, sino a quando non vengano condotti a termine i lavori per un arsenale, cui si pone ora appena mano, e non possieda magazzini di deposito, ecc., manchi di taluni requisiti desiderabili per una stazione di navi da guerra è cosa fuori di questione, ma non toglie importanza agli accordi suddetti ii fatto che non possano avere il pieno effetto loTo se non .fra qualche tempo.

321

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, AGLI AMBASCIATORI A PARIGI, TORNIELLI, A LONDRA, FERRERO, A VIENNA, NIGRA, E ALL'INCARICATO D'AFFARI A PIETROBURGO, MELEGARI

T. CONFIDENZIALE 3107. Roma, 23 dicembre 1897, ore 12,15. II lavoro della Commissione per l'ordinamento del controllo sulle finanze elleniche, giunto ormai presso al suo termine, trovasi ora arenato per ii dissenso manifestatosi tra il delegato tedesco e tutti gli altri suoi colleghi circa il trattamento da assegnarsi agli antichi ,creditori della Grecia. Il delegato tedesco vuole che siano puramente e semplicemente mantenute le assegnazioni stabilite a Parigi, nell'aprile 1896, fra il gruppo francese, il tedesco e l'inglese, gli ,altri delegati invece, nella previsione che dal nuovo assetto delle finanze elleniche possa derivare una diminuzione dell'agio col corrispondente maggior rendimento dei cespiti assegnati consentirebbero alla domanda del Governo greco che, scendendo l'agio sotto il 165 per cento, il lucro fosse diviso per metà tra i creditori ed il tesoro ellenico. La resistenza della Germania è cosi assoluta che non è secondo la nostra impressione da escludersi l'ipotesi che anzichè cedere possa essa ritirarsi dal concerto delle potenze. In presenza delle gravi complicazioni che da tale eventualità deriverebbero nella situazione generale e soprattutto dal punto di vista degli interessi ellenici, mi sembra che la questione dovrebbe essere riconsiderata con lo scopo di esaminare se non convenga di accostarci alla proposizione germanica. La prego di conoscere le intenzioni di codesto Governo lasciando comprendere che il nostro voto dovrebbe considerarsi come acquisito se si formasse una maggioranza in favore della proposizione germanica. Attendo la risposta di lei per averne norma nelle istruzioni da impartirsi al nostro delegato.

322

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, ALL'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA

T. CONFIDENZIALE 3108. Roma, 23 dicembre 1897, ore 12,15. Il lavoro della commissione per l'ordinamento del controllo sulle finanze elleniche (v. telegramma alle RR. Ambasciate i:n Parigi, Londra, Vienna e Pietroburgo, fino alle parole... ed il Tesoro ellenico) (1). Questo Ambasciatore di

Germania è stato incaricato dal suo Governo di fare un particolare appello al Governo del Re acciocchè il nostro delegato si accosti nella presente questione

al suo collega tedesco. Ho risposto al barone Saurma che un mutam~nto improvviso di atteggiamento da parte del nostro delegato sarebbe riuscito poco spiegabile e non avrebbe d'altronde che formato col voto del delegato germanico una minoranza di due voti. Volendo però assecondare in modo più efficace il desiderio di codesto Governo mi sarei tosto messo in comunicazione cogli altri Gabinetti per indurii a riconsiderare la questione per esaminare se di fronte ad un inconciliabile dissidio ed alle gravi complicazioni che potrebbero derivarne dal punto di vista generale, ma soprattutto dal punto di vista dell'interesse ~llenico, non convenga di accostarci per questa questione speciale, alla proposizione germanica.

(l) Cfr. n. 321.

323

lL CONSOLE GENERALE NERAZZINI AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. RISERVATO 4040. Chianciano Scalo, 23 dicembre 1897, ore 14. Notizia spedizione Menelik, anche se fosse vera, non cambia opportunità mandare subito Menelik telegrammi combinati con S. E. Presidente del Consiglio. Due grosse spedizioni contemporaneamente sono poco probabili e ritengo più verosimile quella provincie Galla. Sarebbe per noi più desiderabile spedl~ zione Tigrè e potrebbero cosi essere spiegate quelle ultime aperture fatte dal capo del Tigrè al Governatore Generale dell'Eritrea, ma il Governo italiano deve essere fermo nel nessun intervento oltre il Mareb e ìl nuovo Governatore è sicura

garanzia di non cadere più nel passato errore di secondare Mangascià nelle sue pericolose ambizioni e nei suoi personali interessi.

324

L'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. CONFIDENZIALE 4042. Parigi, 23 dicembre 1897, o1·e 19,35. Presidente della Repubblica da vario tempo patrocinava la nomina di Barrère per il posto di Roma. Il signor Billot, che già aveva autunno scorso espresso il desiderio di ritirarsi per ragioni di salute, di famiglia e appena sarebbero stati compiuti i negoziati commerciali, ha scritto 20 corrente che l'esito di questi dopo una comunicazione fattagli dal nostro Ministero del Tesoro, era quasi assicurato, e che sebbene dolente di abbandonare posto alla vigilia conclusione, opera alla quale aveva consacrato tutta la sua buona volontà, doveva far conoscere che le forze fisiche gli mancavano per rimanere più lungamente a Roma. In seguito di ciò, nel consiglio tenuto nella mattina del 21, fu deliberato nominare Barrère e si volle che il Governo del Re fosse immediatamente interrogato prima che avvenissero indiscrezioni circa scelta qui preferita. Queste spiegazioni furono date a me con grande abbondanza di dichiarazioni amichevoli dal signor Hanotaux, al quale non nascosi che, personalmente, il procedere mi era dispiaciuto.

Il Barrère aveva poco più di 18 anni nel 1870; la parte che la leggenda gli attribuì nel Governo della Comune non può essere seriamente tenuta in conto;

da 20 anni è entrato nel servizio diplomatico, mentre stavano al Governo uomini di centro amicissimi del Presidente della Repubblica; oggi si atteggia piuttosto ad idee conservatrici; fu capo di missione in Baviera ed in Svezia, agente in Egitto, Commissario per il Danubio quando fu stabilito il ..... [manca] per la navigazione; ebbe missioni per conferenze importanti a Londra, Vienna e in Italia; è ammogliato con due figli che vanno in società. Ed anche per questo lato non vi è osservazione alcuna da fare: è considerato come uno dei più capaci agenti, ed è voglioso di andare e di rimanere a Roma. Hanotaux mi ha detto però che quantunque sia necessario di aspettare che la Camera qui si separi -ciò che avverrà probabilmente soltanto in febbraio -egli desidera che rimanga inteso che la ripresa delle trattative commerciali si farà in Parigi. Su tali riprese egli mi disse avere ottenuto assenso del Presidente del Consiglio.

325

L'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 4048. Parigi, 24 dicembre 1897, ore 13;45.

Hanotaux mi ha detto iersera che egli fu intrattenuto dall'Ambasciatore di Germania delle difficoltà che sorgevano nell'accomodamento finanziario in Grecia e che in seguito a ciò ha da qualche giorno dato istruzioni generiche al delegato francese Atene di trovare a qualunque costo il modo di combinare cOtl collega tedesco.

326

IL CONSOLE GENERALE NERAZZINI AL NEGUS MENELIK II

T. 3120. Roma, 24 dicembre 1897, ore 20,30.

Sono lieto far sapere a V. M. che fui nominato Console Generale e che secondo mio desiderio e con molta utilità per andamento nostri rapporti politici resterò Roma presso Governo.

Il signor Leontieff insieme al Principe di Orléans fanno, ,scrivere nei giornali russi e in quelli del Belgio che V. M. ha concesso loro il governo delle provincie equatoriali e che essi prenderanno il comando di un esercito abissino per combattere i somali e venire fino al mare in quel territorio che, secondo la delimitazione di frontiera proposta da V. M. appartiene all'Italia. È ora giunta anche la voce che una grossa spedizione armata sta per partire per ordine di V. M. allo stesso scopo. Tanto il R. Governo quanto io non crediamo affatto a simili notizie perchè nessuno può dubitare della validità degli impegni presi con V. M. Ma l'opinione pubblica si agita e commenta queste notizie che legge nei giornali stranieri ed io vorrei essere posto in grado da V. M. di poter rassicurare il Paese e specialmente la Compagnia italiana del Benadir che ha tutta l'intenzione di aprire utili traffici coll'Etiopia (1).

(l) Il telegramma fu inviato tramite il consolato generale ad Aden perchè venis.se comunicata a Menelik II.

327

L'INCARICATO D'AFFARI A PIETROBURGO, MELEGARI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 4055. Pietroburgo, 25 dicembre 1897, ore 5,15. Ho domandato stamane al conte Mourawieff quale attitudine intendeva assumere Governo imperiale di fronte al dissenso insorto fra delegato tedesco

e i suoi colleghi della commissione del controllo· finanze elleniche, relativamente trattamento da assegnarsi agli antichi creditori Grecia. Lasciai comprendere a

S. E. come nel ·caso in ·Cui :le domande germaniche avessero riunito una maggiolranza favorevole, Italia vi si sarebbe del pari associata. Questo ministro degli esteri mi rispose essere d'avviso, anzitutto, che la soluzione di questa questione, come di tutte le altre ritferentesi controllo finanze elleniche, dovesse essere lasciata all'esclusiva iniziativa commissione competente. Personalmente, poi, non si dimostra disposto a secondare esigenze tedesche e ciò anche in previsione di un volontario distacco della Germania dal concerto europeo. Giacchè Francia e Inghilterra, ambedue, al pari della Germania, direttamente interessate nella questione, credettero possibile consentire alle domande Governo ellenico, non havvi motivo perchè Russia, la quale unicamente acconsenti farsi rappresentare nella commissione suddetta onde poter servire interessi Grecia e che lealmente si studia aiutarla uscire dalla sua presente difficile posizione, dovesse sposare ragioni gabinetto di Berlino.

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IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, ALL'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI, E ALL'INCARICATO D'AFFARI A PIETROBURGO, MELEGARI

D. CONFIDENZIALE 47976/1217, 47977/2,81 (1). Roma, 26 dicembre 1897. Parecchi giornali italiani ed esteri hanno in questi .giorni ripetuta la notizia di una cessione del porto di Biserta alla Russia che ne farebbe la sua stazione navale del Mediterraneo. La notizia sembrava inverosimile e d'altra parte nulla essendomi stato riferito al riguardo da V. E. (V. S.) non credevo si dovesse dare alle affermazioni dei giornali alcuna importanza, allorchè la ufficiosa Depeche Tunisienne nel suo numero del 17 corrente, ha pubblicato un ·comunicato il quale smentisce bensi la notizia, ma in una forma che darebbe valore alle voci corse in passato di trattative dirette a fare di Biserta il punto di riunione e di approvvigionamento della squadra russa del Mediterraneo, che avrebbe colà depositi di carbone e di quanto altro occorre al rid'omimento delie navi. Il comunicato della Depeche Tunisienne dice così: «Le National Zeitung a annoncé qu'il n'y aurait rien d'improbable à ce que la France cédat Bizerta à la Russie contre ·certaine.s compensations. « Ainsi pré.sentée cette nouvelle est absolument inexacte ».

Sarò grato a V. E. (V. S.) se vorrà ·indagare e riferirmi al più presto con ogni precisione che cosa vi sia di vero a questo proposito.

P. S. Prego V. E. (V. S.) di rispondermi per telegrafo.

(l) I due numeri di protocollo corrispondono al doppio invio.

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L'INCARICATO D'AFFARI A PIETROBURGO, MELEGARI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. RISERVATO CONFIDENZIALE 714/377. Pietroburgo, 26 dicembre 1897. Mi è stato confermato da questo Ambasciatore di Germania che l'entrata della flotta russa a Port Arthur non solo si sia effettuata col pieno consenso della China, ma che fu anzi il Governo di Pechino il quale, allarmato dalla presenza della squadra britannica in quei paraggi, spontaneamente offri alla Russia lo scalo predetto per farvi svernare le sue navi, e ciò, evidentemente allo scopo di premunirsi contro un possibile colpo di mano dell'Inghilterra. Esso avrebbe inoltre posto ad intera disposizione della Russia i docks e l'arsenale locale, facoltà questa di cui non si è creduto finora dover qui approfittare. Il Gabinetto imperiale, dicevami ìl principe Radolin, continua da parte sua a dichiarare che la Russia non intende stabilirsi definitivamente a Port Arthur, a cui affetta ora ad attribuire una scarsa importanza, aggiungendo inoltre che non intende affatto rinunziare all'idea di fare di Vladivostok -per cui ha già speso somme ingenti in opere di fortificazioni -il principale suo porto militare nel Pacifico, tanto più essendosi ormai accertato della possibilità di tenere quello scalo aperto tutto l'anno alla navigazione mediante l'impiego di potentissimi taglia-ghiacci che si stanno ora costruendo. Il principe Radolin mi disse pure che la cessione di Kian-Tschan alla Germania era cosa da lunga pezza convenuta tra i Gabinetti di Berlino e di Pietroburgo, ma che soltanto la Russia avrebbe desiderato che essa venisse procrastinata di qualche anno, per darle tempo cioè di trovare ad assicurarsi altrove un porto per farvi svernare la sua squadra. Se la Germania credette quindi dover procedere fin d'ora a quella occupazione, ciò fu solo perchè l'eccidio dei suoi missionari esigeva l'adozione di pronte ed energiche misure. Avendo io a questo proposito creduto dover confidare all'Ambasciatore tedesco le dichiarazioni che secondo quanto mi era stato riferito sarebbero state fatte dal conte L.amsdorff ad un giornalista russo (vedi rapporto n. 665/368) (l) circa le intenzioni del Governo imperiale di tentare a spingere l'azione della Germania in China laddove lo sviluppo del suo commercio potrebbe essere di maggìOtr detrimento all'Inghilterra, vale a dire verso le regioni meridionali dell'Impero celeste, il principe Radolin mi rispose che queste enunciazioni non erano in ogni caso conformi alle dichiarazioni ripetutamente fatte dal Gabinetto di Pietroburgo dalle quali appariva manifesto il desiderio della Russia di mantenere coll'Impero germanico una zona d'influenza ·comune in China onde averla sempre a fianco nella sua lotta contro l'InghUterra. Che questa politica sia conforme agli interessi della Russia lo si è già ·Compreso a Londra, ove anzichè paventare l'occupazione tedesca di un porto della China meridionale lo si è cercato in ogni gulsa di incoraggiare, sperando così di trarre la Germania nell'orbita della politica britannica distaccandola dalla Russia.

Tutte queste informazioni mi furono fornite dal principe Radolin in via riservatissima, e prego quindi V. E. a volerle come tali considerare.

il) Non pubblicato.

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IL DELEGATO ALLA COMMISSIONE DI CONTROLLO DELLE FINANZE ELLENICHE, BODIO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

(AVV)

L. CONFIDENZIALE. Atene, 27 dicembre 1897. Come Le telegrafai ieri, parrebbesi possa concludere in modo da avere l'unanimità anche sulla questione gravissima che divideva la commissione.

Mi permetta, signor Ministro, di ritornare ,sull'argomento dei suoi due dispacci telegrafici a me diretti (1). La mia attitudine doveva essere quanto più possibile conciliante, ma non poteva essere passiva. Per esercitare un ufficio conciliativo, dovevo esporre la mia opinione e così ho fatto, e venendo ai voti è stato utile ,che l'opposizione si palesasse manifesta ed energica. Se io mi fossi unito al delegato tedesco, oltre che non lo potevo per convinzione avrei fatta una minoranza di due contro quattro, e una composizione finale sarebbe stata più lunga e difficile ad ottenersi. Le dirò poi di certe arti adoperate.

Intanto una notizia importante è questa, che ieri il delegato russo lesse alla commissione un dispaccio del suo Governo, nel quale (parlando del testo del primo schema di legge del controllo) si trova che le disposizioni sarebbero « fin troppo dure e che il carico che si addosserebbe alla Grecia per ìl pagamento degli interessi sugli antichi debiti sarebbe fin troppo grave e in troppo alta proporzione colle rimanenti spese del bilancio».

Eppure noi quel controllo, nelle successive redazioni l'abbiamo reso anche più severo. Nè io me ne lagno, anzi concorsi cogli altri a 1·enderto tale, perchè il ,controllo dev'essere realmente efficace se si vuole che sia una garanzia d.i denaro. Soltanto per quanto dipendeva da me, ho cercato di ottenere che fosse il meno possibile lesivo ed umiliante nelle forme, mantenendo la sostanza.

Ora poi, signor Ministro, consenta che Le dica tutto il mio pensiero, che è diviso da parecchi miei colleghi. Non ci facevamo illusione. La questione delle garanzie della Grecia non sarà finita qui coi protocolli della commissione. Quando si vedrà che essa non può pagare tutti i carichi pei debiti nuovi e per gli antichi, che i banchieri non vogliono sottoscrivere il prestito a condizioni da essa sopporta,bili, sorgerà la proposta della garanzia delle potenze. Non siamo noi della commissione che facciamo questa proposta; e io meno di chicchessia avendo su ciò le istruzioni datemi per lettera da V. E.; ma conviene prepararsi a vederla mettere innanzi ,codesta proposta da qualcuna delle potenze.

La prego, signor Ministro, di conservarmi tutta la sua fiducia. Io sono un funzionario, un soldato, non posso avere una volontà nel deliberare. Il deliberare appartiene al Governo; ma nell'esame della situazione dovevo farle presente esattamente come vedo le cose. E quando siamo in cinque a vederle allo stesso modo, ci sono le maggiori probabilttà che noi siamo nel vero, di fronte ad un altro, il quale ha sempre considerato l'esame della situazione come cosa oziosa e superflua e buona tutt'al più a cfornire la materia di una relazione accompagnatoria di deliberazione presa secondo altri criteri.

Mi ha molto contristato la perdita del senatore Alfieri.

I6 --Documenti diplomatici · Serie III -Vol. II.

(l) Si tratta dei telegranuni nn. 3106 e 3114, ambedue del 23 dicembre, non pubblicati.

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IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, BONIN LONGARE, ALL'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA

D. 48256/521. Roma, 28 dicembre 1897. Il R. Incaricato d'Affari in Pietrohurgo mi comunica con un recente suo rapporto (l) akuni ragguagli sull'atteggiamento del Governo russo negli affari dell'Estremo Oriente in seguito all'occupazione di Kiant-schan per parte della Germania, dei quali ragguagli credo opportuno di darle qui un breve cenno per sua informazione. Stando a quel rapporto sembra che la precipitazione con cui ha agito la Germania in questa occasione non sia molto piaciuta a Pietroburgo tanto più che il porto occupato era già da lungo tempo tenuto di mira dalla Russia. In ogni modo in seguito agli scambi di idee avuti col Gabinetto di Berlino, il Governo russo si dimostra animato da,i propos1ti più concilianti verso la Germania. Esso in sostanza sarebbe disposto a venire a un'intesa appoggiando la Germania in tutte quelle ri<vendicazioni le quali non possano recare nocumento alla posizione della Russia nell'Estremo Oriente tanto dal lato politico che eco

nomico e tendano invece a diminuire possibilmente l'influenza e il commercio inglese in quelle regioni.

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L'INCARICATO D'AFFARI A PIETROBURGO, MELEGARI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 718/379. Pietroburgo, 28 dicembre 1897. Durante l'anno che sta per finire vennero dalla Russia istituite due nuove sedi diplomatiche; l'una a Bangkok e l'altra a Tangeri. La prima di queste creazioni evidentemente concertata durante l'estate scorsa in occasione del viaggio a Pietroburgo del Re Khoulalonorn, non ha che una scarsa importanza essendo di ben poc~ entità gli interessi della Russia nel Siam, e l'opera del nuovo agente si dovrà limitare a prestare per quanto è possibile alla Francia il suo appoggio nella lotta che sta combattendo colà contro l'influenza britannica. Di assai maggiore rilevanza puossi invece considerare l'istituzione di una sede diplpmatica a Tangeri (a coprire la quale venne •chiamato l'attuale primo segretario della Legazione di Russia a Berna ·signor Bacheracht, col titolo di Ministro residente) in quanto essa costituisce una nuova prova del più vivo impulso che il governo Imperiale intende dare d'or innanzi alla sua azione politica nel Mediterraneo. Se nei patti d'alleanza eventualmente stipulati tra la Francia e la Russia sia difficile ammettere che quest'ultima si sia lasciata trascinare ad impegni formali riguardo ad un'azione comune contro la Germania, senza almeno

assoggettarla a certe determinate condizioni, è più che probabile invece che rispetto ad una azione contro l'Inghilterra, specie nel Mediterraneo, essa abbia

(ll Cfr. n. 311.

promesso alla sua alleata la più larga ed incondizionata assistenza. L'invio quin

di di un rappresentante diplomatico al Marocco, ove possono dirsi di ben poca

entità gli interessi immediati della Russia, deve considerarsi inteso allo scopo

di ajutare la Francia nella lotta che sostiene colà contro l'Inghilterra ed impe

dire che questa riesca a metter piede in quelle regioni a,fricane ed asskurare

in tal modo la sua egemonia nel Mediterraneo.

Nè a questo provvedimento soltanto si ridurranno gli indizi di una prestabilita comunanza di azione della Francia e della Russia nel Mediterraneo; altri forse ne seguiranno a breve scadenza, e duolmi di non essere ,finora in grado di poter confermare in modo assoluto la notizia già propalata dalla stampa e che, a quanto mi fu assicurato da fonte, egli è vero, non interamente attendibile, sarebbe conforme al vero, dell'avere cioè la Francia messo il porto di Biserta a disposizione della Russia per stabilirvi una stazione navale, fatto questo che equivarrebbe indubbiamente ad una solenne confermazione di un'intesa siffatta.

Così pure ritengo che all'invio a Roma di un diplomatico del valore e della provata abilità del signor Nelidow non sia stato del tutto estraneo quel nuovo e più vigoroso impulso che il Gabinetto Imperiale intende dare alla sua azione nel Mediterraneo e che accanto al sincero desiderio di stabilire coll'Italia più intime e cordiali relazioni esso sia stato pure ispirato dal proposito di promuovere possibilmente un nostro riavvicinamento alla Francia distaccandoci dall'Inghilterra.

333

L'AMBASCIATORE A LONDRA, FERRERO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA (Ed. in LV 97, p. 31)

T. 4108. Londra, 30 dicembre 1897, ore .13,30. È venuto a conoscenza. di Salisbury che il Conte Welsersheimb aveva intrattenuto Hanotruux del proposto invio di 5 mila uomini in Creta in sostituzione di quelli di cuì è spirata la ferma e delle obiezioni dell'E. V. a siffatto progetto. Ora Salisbury anche egli ha dato istruzioni all'ambasciatore a Costantinopoli di unirsi ai suoi colleghi per noti.dì.care alla Sublime Porta quanto anche era

stato chiesto (l) dagli Ammiragli, che cioè sarebbe impedito qualsiasi sbarco di truppe in Creta.

334

L'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA (Ed. in LV 97, p. 32)

T. 4. BerLino, l gennaio' 1898, ore 14,44. Conte Murawieff ha fatto notificare qui, come, senza dubbio avrà fatto a Roma, che Principe del Montenegro rifiutando suo consenso nomina Petrovich

a Governatore di Creta, Russia non vedrebbe mal volentieri candidatura Principe Giorgio di Grecia.

Questo Governo imperiale è assolutamente contrario a questa candidatura, che ritiene equivalente a annessione Creta a Grecia a breve scadenza con tutti i conseguenti pericoli per la tranquillità dei Balcani. * Biilow crede Russia metta avanti nome Principe Giorgio soltanto per dimostrare buon volere verso famiglia reale greca, ma sia già persuasa che non può avere consenso unanime delle Potenze. * Biilow spera ancora Czar usi sua influenza per decidere Principe del Montenegro dare consenso. Egli parlò in questo senso a questo ambasciatore di Russia ed a me e insistè sulle gravi conseguenze che avrebbe candidatura Principe Giorgio per altri stati balcanici, specie in questo momento ove sono di continuo segnalate agitazioni Macedonia e Albania.

(l) In LV: «deliberato».

335

L'AMBASCIATORE A VIENNA, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA (Ed. in LV 97, p. 33)

T. 34. Vienna, 4 gennaio 1898, ore 4,15.

Conte Goluchowski mi ha informato di quanto segue: questo ambasciatore di Russia avendogli chiesta la sua opinione definitiva circa candidatura del principe Giorgio, conte Goluchowski gli disse che non credeva di potere assumersi responsabilità di accettare una proposta la cui esecuzione sarebbe acremente combattuta dalla Turchia, e avrebbe per effetto di eccitare rivendicazioni negli Stati balcanici.

336

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, AL CAPITANO CICCODICOLA

T. 41. Roma, 6 gennaio 1898, ore 20,40.

Delle due soluzioni proposte per Lug nelle istruzioni del 19 ottobre 1897, siamo ormai convinti che per sicurezza e incremento Benadir sia necessario far prevalere quella che ci guarentisca Lug compresa nei limiti nostri possedimenti in modo che linea delimitazione italo-etiopica verso sud, passi a nord di quella stazione. Se Ella non riesce ad ottenere questa soluzione, prego riferirne.

Richiamo sua attenzione su giuste considerazioni e proposta di delimitazione contenute in rapporto Comandante Sorrentino che Le invio per posta con una carta dimostrativa (1).

337

L'AMBASCIATORE A LONDRA, FERRERO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 9/4. Londra, 6 gennaio 1898.

Ho ricevuto le successive informazioni di V. E. intorno alle notizie relative a Biserta ed alla possibile occupazione di ,tal porto da navi da guerra russe d'accOO"do, naturalmente, col Governo della Repubblica francese. Ho avuto occasione

di toc-care discretamente questo argomento eon Lord Salisbury, il quale si mostrò assai incredulo e ad ogni modo assai poco preoccupato degli effetti di un simile fatto. Mi rammentò che in altri tempi il ministero Crispi aveva con insistenza segnalato l'occupazione e fortificazione di Biserta da parte dei francesi come cosa tendente a turbare l'equilibrio del Mediterraneo. Lord Salisbury non aveva mancato di far studiare la questione dalle autorità militari e marittime più competenti, e ne aveva ottenuto in risposta che la coesistenza di due punti d'appoggio per la marina francese, doè Tolone e Biserta, avrebbe molto probabilmente condotto ad una divisione di forze di cui gli avversari avrebbero potuto trarre vantaggio per batterle separatamente.

La storia militare dimostra infatti che soltanto i grandi capitani di terra e di mare sono sfuggiti all'errore di cui si .tratta e solo i mediocri a loro volta non hanno saputo approfittare di tale violazione dei principi della guerra da parte del nemico.

(l) Non pubblicato. Il telegramma fu inviato a Ciccodicola tramite il consolato generale ad Aden.

338

L'AMBASCIATORE A LONDRA, FERRERO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 10/5. Londra, 6 gennaio 1898. Oggi nel convegno settimanale con questo Mini,s,tro degli Esteri la conversazione ha avuto principalmente per oggetto l'Estremo Oriente. Risultato di questo colloquio fu di confermarmi nella maggior parte delle considerazioni che ho l'onore di esporre a V. E. nel presente rapporto. Mentre l'Inghilterra da un lato deve tutelare i proprii interessi nella questione suscitata in modo inatteso nell'Estremo Oriente, dall'altro lato essa deve con grande accorgimento evitare ogni soluzione violenta. Benchè nelle acque della Cina la flotta britannica sia tale da assicurare la vittoria all'Inghilterra anche contro tutte le altre squadre riunite, non è tuttavia probabile che essa si lasci tentare ad impegnarsi in un'azione che avrebbe gravi conseguenze per gli interessi inglesi. A questa linea di condotta si oppongono le seguenti considerazioni: l) L'Inghilterra è ora impegnata alle frontiere dell'India in una guerra non facile, che sarebbe certamente aggravata se nascesse una rottura con la Russia. Inoltre la spedizione nel .Sudan sta per entrare quanto prima in una fase •che può presentare qualche difficoltà. 2) Per l'Inghilterra tutto ciò che può scuotere la stabilità dell'edificio chinese avrebbe gravi conseguenze commerciali. È noto a tutti che g'li interessi commerciali britannici con la China rappresentano l'ottanta per cento contro il ventl per .cento rappresentato da tutte le altre potenze riunite. 3) A rafforzare questo .concetto può valere la possibHità che la Cina, avi~ damente premuta dalle cupidigie della Germania, della Russia e forse anche della Francia, obbedisca alla tentazione dei Governi deboli di gettarsi in braccio alla potenza meno minacciosa, che in questo caso sarebbe l'Inghilterra. Ed invero gli intenti ponderati e prudenti della Gran Brettagna si manifestano nella stessa

distribuzione delle sue forze navali nelle acque chinesi, la quale indica piuttosto l'intento di una oculata vigilanza che il proposito di una azione immediata.

Anche nell'ipotesi non improbabile ·che il Giappone facesse causa comu11e

con l'Inghilterra questa si lascerebbe molto difficilmente .trascinare a qualsiasi

atto di ostilità. A vero dire non si comprende ancora bene quale sia il vero intento

della Germania e fin dove possa essere spinta la sua iniziativa. Ma è certo che

essa è probabilmente la sola potenza che non abbia da temere se ia questione da

essa suscitata prende maggiore sviluppo.

La Russia, la Francia, l'InghiLterra, gli Stati Uniti, il Giappone debbono considerare per lo meno come prematuro il turbamento che mina.ccia l'Impero Celeste.

La situazione geografica e politica della Russia rispetto alla China è comparabile a quella .che essa ha di fronte all'Impero Ottomano. Nell'uno come nell'altro caso la Russia ha tutto da guadagnare aspettando il momento propizio, che non è certamente l'attuale. Essa deve essere quindi molestata da qualsiasi avvenimento che la obblighi ad una azione prematura.

La situazione geografica del Giappone rispetto all'Impero Celeste è anche più propizia all'aspettativa che quella della Russia. L'Impero Giapponese ha bisogno di pace e di progresso piuttosto chè esporsi ad una nuova guerra come quella recentemente combattuta contro la China.

L'Inghilterra e la Francia avrebbero già attualmente i loro interessi in China abbastanza assicurati, a meno .che altre potenze non veniss~ro a turbare l'equilibrio esistente.

Gli Stati Uniti, non potendosi disinteressare nella quistione, e non essendo in pari tempo disposti ad intervenire materialmente, debbono desiderare il mantenimento dello statu-quo.

L'Italia, meno forse di tutti, deve sentire il bisogno di tfar sacrifizii che siano

superiori agli interessi da tutelare. Quando una na·zione, per effetto dei proprii errori o per la forza delle circostanze, non può prendere una parte sufficiente nella partizione del globo, il suo interesse è quello che gli avvenimenti si svolgano ·COn tale lentezza 'da !asciarle il tempo di risorgere ad un ta'l grado di forza da poter sperare il successo delle proprie aspirazioni.

Ma se gli avvenimenti attuali, contro ogni speranza e contro ogni probabilità, avessero da precipitare, l'Italia, pur mantenendosi nella massima riserva, dovrebbe secondare moralmente quel:la potenza il cui successo fosse meno nocivo agli interessi generali del mondo dvile.

Ora, siccome l'Inghilterra è l'unica potenza che non sia protezionista nelle sue colonie e nei suoi protettorati, ne scaturisce che il suo successo sarebbe quello dal quale risulterebbe minor danno alla mag~gior parte delle nazioni.

Tale è il punto di vista manifestato dall'opinione pubblica negli Stati Uniti d'America.

Per conchiudere mi pare di poter esprimere la convinzione, od almeno la speranza, che le conseguenze dell'inaspettata azione della Germania saranno circoscritte in limiti tali da non compromettere la pace. Si vedrà più chiaramente

la situazione quando il principe Enrico di Prussia giungerà colle sue navi nelle acque della China. Ma essa viene già fin d'ora sufficientemente rischiarata dalla pubblicazione fatta nella Gazzetta Imperiale di Berlino di una convenzione stipulata tra la China e Germania, per effetto della quale il porto di Kian-Chiau ed una zona di terra adiacente sotto il titolo di « lease » passa in sostanza sotto la sovranità della Germania. Non si può nascondere che questa notizia ha prodotto una profonda impressione sul pubblico e sul Governo Inglese, tanto più che in pari tempo tende a ·confermarsi la notizia dell'occupazione di Hai-Nan da parte dei francesi.

È tuttavia da sperarsi che la politica di moderazione e di vigile aspettativa seguita finora da questo Governo non debba essere modificata sensibilmente da questi avvenimenti e raggiunga il desiderato intento di salvare gli interessi britannici senza minaccia per la pace.

Ed in vero le voci di un possibile prestito Chinese da negoziarsi a Londra tenderebbero a provare che colla leva del denaro l'Inghilterra potrà mantenere la ·sua preponderanza commerciale nell'Impero Celeste.

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IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA ALL'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI

L. RISERVATA 67. Roma, 9 gennaio 1898. L'ambasciatore di Russia mi aveva parlato della candidatura del Principe Giorgio facendo intendere che suo incarico era, non già di presentare una proposta, ma solo di esplorare le nostre eventuali disposizioni. Io gli dissi che, se la proposta fosse stata fatta, l'Italia avrebbe prestato la sua adesione. Non tacqui però che già in quel momento ci risultava da informazioni pervenuteci, che la

candidatura del Principe Giorgio avrebbe incontrato viva opposizione a Berlino ed a Vienna.

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IL DIRETTORE GENERALE DELLA PUBBLICA SICUREZZA, ALFAZIO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. RISERVATO 67. Roma, 9 gennaio 1898. Mi pregio comunicare alla E. V. le seguenti notizie pervenute a questo Ministero, da Trieste, da fonte, per solito, bene informata:

In una riunione tenutasi qui dalla società progressilsta l'on. De Angeli, in un suo discorso, ebbe a dire constargli da fonte sicurissima che l'Austria in questi momenti e con tutta segretezza mira ad impadronirsi dell'Albania e che a questo scopo ha di già destinate le truppe che dovrebbero prender parte alla progettata occupazione.

L'on. De Angeli, a questo riguardo, si espresse così:

« Credetemi -sarebbe una grave disgrazia pei poveri albanesi cadere sotto gli artigli dell'Austria, come fu per la Bosnia Erzegovina. In questo caso se realmente una seria rivoluzione in Albania dovesse richiamare l'intervento delle potenze -non v'è che l'Italia che realmente avrebbe il diritto di occuparla.

Io credo, per quanto il Governo austriaco lavori in segreto, il Governo italiano starà bene attento per sventare questo colpo ardito dell'Austria. Ora più che mai l'Ambasciatore italiano a Vienna e i RR. Consolati nei porti austriaci hanno un grandissimo compito da eseguire tenendo gli occhi bene aperti per potere informare il proprio Governo d'ogni più piccolo movimento di truppa».

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L'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. RISERVATO 54/25. Parigi, 10 gennaio 1898. La notizia del ritia:o del signor Billot dall'Ambasciata francese preS~So l'Italia, era di quelle che periodicamente comparivano nelle gazzette già da parecchio tempo; e quasi sempre essa era accompagnata dalla voce che a succedergli sarebbe chiamato il signor Camillo Barère da vari anni Ambasciatore presso la Repubblica -elvetica. Più di una volta mi era oceorso di fare menzione di questi rumori nei miei colloqui con il signor Hanotaux il quale sapeva che, se erano cessate le ragioni che aveano anteriormente fatto desiderare un mutamento nel Capo della Ambasciata di Francia presso il Governo di S. M., sussisteva per me il desiderio che alla successione del signor Billot non si avesse a provvedere senza che avessero ad intervenire preliminari concerti Quando pertanto poco dopo la metà dello scorso mese alcune gazzette italiane pubblicarono che il signor Billot avea domandato l'esonero dalla sua carica e che il collega suo a Berna sarebbe chiamato a succedergli, non mi parve necessario di fare speciale diligenza presso questo Ministro per gli Affari Esteri per accertarmi del fondamento di tale notizia. Io non era inoltre inclinato a prestarvi fede perchè in una conversazione che ebbi il 15 dicembre con il signor Hanotaux questi mi avea lasciato intendere essere suo proposito di riprendere gli studii per l'accordo commerciale italo-francese del quale si avvicinava il momento opportuno di spingere innanzi le trattative. Or io avea nell'ottobre scorso sentito dire dalla propria bocca del signor Billot che sì grande era il desiderio suo che fra le due nazioni avesse a scomparire la maggior causa del loro dissidio che egli. unicamente per raggiungere questo intento si disponeva a ritornare a Roma malgrado le pessime condizioni della sua salute e gli affanni che gli provenivano da circostanze di famiglia. Avea in quella occasione il signor Billot detto a me stesso che, ove non gli rimanesse fondata speranza di un buon esito per le trattative in corso, egli si sarebbe subito ritirato a vita privata considerando con dolore fallito lo scopo principalissimo della sua missione in Italia. La memoria di queste dichiarazioni del signor Billot mi induceva pertanto a ritenere che egli non si sarebbe dimesso dall'ufficio appunto nel momento in cui la spontanea dichiarazione del signor Hanotaux veniva a .ridestare una speranza che andava a poco a poco dileguandosi. Nel corso della visita che feci a questo signor Ministro degli Affari Esteri, nel pomeriggio delli 23 dicembre, ebbi da lui la conferma che il signor Billot, per motivi imperiosi di salute e di famiglia, avea domandato di ritirarsi entro il termine di circa sei settimane. A conferma di ciò il signor Hanotaux mi dette lettura di una lettera particolare dell'Ambasciatore dimissionario in data del 20 dicembre. Con parole nobilissime, esprimenti ad un tempo l'impedimento che gli veniva dai precitati motivi ed il dispiacere di lasciare incompleta la trattativa alla quale aveva dedicato tutta la sua volontà, il signor Billot scriveva al Ministro che ,a lenire il coa:doglio di una risoluzione impostagli dalla mancanza

di forze fisiche e da una grande prostrazione morale, ·erano venute in buon punto ·recenti comunicazioni scambiate da lui con S. E. il Ministro del Tesoro

italiano le quali gli permettevano di considerare come ormai assicurato il buon esito del negoziato commerciale.

Nel Consiglio dei Ministri tenutosi il 21 dicembre sotto la presidenza del Capo dello Stato, era stata deHberata la accettazione della dimissione offerta dal signor Billot e, per evitare che si facessero resse dagli uni e dagli altri per la successione di lui, era stata in massima decisa la nomina del signor Camillo Barère, uno dei più intelligenti ed operosi diplomatici francesi. Sperava il

signor Hanotaux che questo spedito procedere suo avrebbe impedito che al Governo italiano pervenisse la notizia di tale scelta prima che presso di lui si facesse la ordinaria pratica per il gradimento della quale il signor Billot era diggià stato incaricato.

Risposi che le informazioni trasmessemi la sera innanzi da V. E. mi aveano già fatto conoscere che l'attuale Ambasciatore francese a Roma avea ottenuto il rittro e che il Governo della Repubblica si proponeva di nominare a di lui successore -il signor Barère. Ricordai le conversazioni avute altre volte circa questa eventualità e l'affidamento che, a mio credere, ne era nato ,che nessun mutamento si sarebbe deliberato ad insaputa mia. La meraviglia che il singolare procedimento destava in me, poteva "leggersi fra le linee dell'informazione telegrafica pervenutami dal mio Governo. Se la fiducia che l'attuale Gabinetto e

V. E. in particolare mi hanno sempre dimostrato, mi avea messo in salvo da un rimprovero in questa 'circostanza, io non sentiva per ciò meno quanto dovesse seml5rare strano e discordante con le relazioni che io avea cercato in ogni miglior modo di avere qui col Governo che questo si fosse, per dire così, nascosto da me in un affare per vari rispetti importante e delicato. Le mie parole, corrette nella forma, esprimevano però duramente tutto il malumore di cui era invaso l'animo mio e giunsi fino a dire che, quando si voleva lasciar intendere che un diplomatico dovrebbe cambiar aria, gli si facevano appunto cose simili. Il mio Governo interpreterebbe la cosa come meglio l'intenderebbe. Io di certo su di questo punto non gli maschererei in alcuna guisa la verità.

Il signor Hanotaux si trincerò anzi tutto dietro il carattere improvviso della risoluzione presa dal signor Billot e siccome erano note le circostanze che gli imponevano di ritirarsi a vita privata, tale sua decisione, benchè improvvisa, ,era da parecchio tempo preveduta. Il Presidente Faure, amicissimo personalmente del signor Barère avea sempre avuto in vista l'invio di questo diligente ed abile diplomatico presso la Real Corte d'Italia quando si verificherebbe la eventualità della dimissione del signor Billot. Il Governo non avea trovato motivi da oppore ad una scelta quasi personale del Capo dello Stato. Poi il signor Hanotaux metteva in evidenza la brevità del tempo trascorso fra la risoluzione presa il 20 dicembre dall'Ambasciatore francese a Roma e la data del nosttro colloquio. Era cosa dispiacente che le informazioni telegrafiche pervenutemi la sera del 22 avessero preceduto di poche ore la conversazione che avevamo in quel momento insieme. Conveniva che io non mi lasciassi impressionare da circostanze alle quali sembravo dare un colore ed una interpretazione assolutamente contrari alle intenzioni del Governo della Repubblica. E ,su questo tuono continuò un pezzo a parlare il Ministro al quale infine io risposi asciutto che

se delle dichiarazioni sue era mio debito ringraziarlo, esse però non alteravano il giudizio che io stesso e conseguentemente altri al pari di me dovrebbero fare di questo incidente.

La seconda parte del colloquio si svolse unicamente circa i servizi diplomatici che da un ventennio il signor Camillo Barère presta al Governo della Repubblica. Il signor Hanotaux si adoperò con insistenza a distruggere, la leggenda che il Barère abbia avuto parte dirigente nel Governo della Comune. Egli era stato espulso dalla Francia nel 1870; ma poco dopo i meriti suoi personali lo segnalarono a Gambetta ed al defunto Waddington che lo avea avuto segre· tarlo durante il congresso di Berlino e dippoi si era sempre interessato ai progressi rapidissimi del giovane ed intelligente diplomatico. Di una persona così stimata dal mio antico collega di Londra, di cui io ben avea conosciuto il carattere prudente e serio, l'ingegno elevato e ponderato, io non poteva avere una opin~one diversa di quella che il signor Faure, i Ministri attuali ed in ispecie il mio interlocutore aveano. Se si voleva muovere qualche appunto alle opinioni politiche del signor Barère, si sarebbe forse potuto trovare in lui una certa tendenza a fare professione di idee conservatrici che non si trovarono sempre in armonia con quelle dei Ministri succedutisi negli ultimi anni al Governo della repubblica. Dall'annuario diplomaticq, nel quale il signor Hanotaux lesse le missioni varie compiute dal signor Barère, si scorge che sovra l'opera sua si è fatto ognora buon conto. Egli non può dirsi d'altronde sconosciuto a noi perchè

anche in tempo recente fu delegato alla conferenza sanitaria presieduta a Venezia da S. E. il conte Bonin.

Riteneva il signor Hanotaux che anche per le condizioni famigliari sotto ogni rispetto favorevoli, il signor Barère saprebbe prendere nella Società romana rapidamente la posizione distinta che la sua cultura ed il suo ingegno gli assegnano. Della consorte del futuro Ambasciatore e delle sue due figliole già in età di frequentare le feste mondane, il signor Hanotaux disse ogni bene.

Durante la sua missione in !svizzera furono ristabiliti i rapporti normali di commercio fra quello Stato e la Francia. Anche per questo rispetto coloro che in Italia desiderano veder rinascere le regolari relazioni commerciali con la Francia doveano trane buon augurio dalla scelta del nuovo Ambasciatore a Roma. Era però mestieri che le trattative si ripig,liassero in Parigi. Il presidente Méline vi avea diggià dato il suo assenso. Sovra questo punto il signor Hanotaux si dimostrò piuttosto insistente non so se per togliermi l'idea che fosse nei propositi suoi di trasferire a Roma un negoziato per il quale il nuovo Ambasciatore pareva specialmente competente, oppure per mettere in sodo che, nel caso questi volesse, fin dal primo giungere alla sua residenza, intromettersi nella trattativa con soverchia solerzia, converrebbe che da parte nostra non lo incoraggiassimo a mettersi in tale via.

La parte sostanziale del lungo colloquio fu da me trasmessa a V. E. con il telegramma del 23 di~embre (1). Il 25 dello ,stesso mese m'incontrai a conversare col signor Méline e non av.endogli taciuto il dispiacere cagionatomi dal modo col quale si era proceduto alla surrogazione del signor Billot, seppi quel tanto che poteva bastarmi per avere la conferma che la nomina era stata patrocinata vivamente dal Presidente della Repubblica. Il signo.r Méline poi soggiungeva

che, sebbene non se ne scorgesse il bisogno, delle raccomandazioni particolari sarebbero fatte al signor Barère aociocchè egli abbia ad evitare gli scogli che, a causa della erronea opinione che si ha delle sue idee politiche, potrebbero intralciargli la via. Sperava il signor Méline che al nuovo Ambasciatore non mancherebbe, dopo le spiegazioni fornitemi, una buona accoglienza a Roma.

Il 27 dicembre V. E. avendomi segnalato telegraficamente (l) che il gradimento ~i S. M. alla nomina del signor Camillo Barère era stato accordato, questo mio rapporto ha soltanto un valore retrospettivo. Tuttavia se talune cose che in esso ho esposto, potessero facilitare il buon esito di una missione della quale il signor Barère si dimostra soddisfatto, non sarà stato inutile il mettere sotto gli occhi di V. E . .tutte le circostanz·e che alla nomina del nuovo Ambasciatore francese prestso S. M. il Re si riferiscono.

(l) Cfr. n. 324.

342

L'AMBASCIATORE A LONDRA, FERRERO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 17/12. Londra, 11 gennaio 1898.

Facendo seguito ai miei due rapporti (2) sul medesimo oggetto sono lieto di poter constatare .che l'opinione pubblica di questo paese si mostra assai più tranquilla di quello che poteva argomentarsi al primo giungere della notizia di una convenzione tra la China e la Germania rispetto a Kian-Chau.

Se ben si considera quanto è ultimamente avvenuto, si viene alla conclusione che l'eccitamento suscitato dalla occupazione di Kian-Chau ha avuto principalmente 'la sua origine dai discorsi pronunziati a Kiel, i quali mostravano nel governo germanico una attitudine minacciosa ed aspirazioni immoderate.

Invece la semplice occupazione di un porto chinese col consenso del governo di Pekino poteva riuscire sgradita ad altre potenze senza implicare, per ora almeno, considerevoli ·cambiamenti nell'equilibrio esistente.

Prova di ciò è il fatto, che app·ena pubblicata la convenzione tra Germania e China per un «lease » del porto di Kian-Chau, dopo un breve tempo di scontento, un .senso di relativa tranquillità si è parso nel Regno Unito. Il Governo della Regina, forte della sua superiorità navale nei mari deU'Estremo Oriente, poteva essere arbitro della pace e della guerra; bisogna dunque essergli grati della sua moderazione.

Se mi è lecito esprimere una impressione mia personale, divisa però da eminenti uomini politici, si può sperare che dal recente temporale possano uscirne più sereni i rapporti tra la Gran Brettagna e la Germania, che vennero turbati assai più da un telegramma, ora quasi dimenttcato, e da un discorso destinato forse alla medesima sorte che da vere e profonde ragioni. Se questa .speranza si avverasse, la posizione dell'Italia tra due amici dissidenti sarebbe considerevolmente migliorata. Ed io non dubito ·che eventuali manifestazioni di reciproca simpatia tra l'Italia e l'Inghilterra sarebbero accolte •con soddisfazione a Berlino. Ma, fatta la debita parte all'ottimismo, non si può ancora affermare che l'incidente chinese sia assolutamente finito. Il timore ci deve venire dalla Francia che

non può gradire certamente la condiscendenza della Russia verso la Germania nella recente occupazione. Forse in omaggio all'opinione pubblica il Governo francese farà occupare Hai-Nau, seppure tale occupazione non è già compiuta. In tal caso il Governo della Regina sarà probabilmente indotto ad occupare Chusan.

Se ciò debba accadere si vedrà in brevissimo tempo; ma intanto sono informato che in un recente consiglio di Gabinetto è stata seriamente considerata la questione del prestito da farsi alla China e si può ritenere ,che tale prestito sarà fatto dallo stesso Governo britannico ,con l'a;pprovazione del Parlamento la cui convocazione non è lontana.

Non saprei meglio conchiudere il presente rapporto se non col èriferirmi alle parole pronunciate dal Ministro Balfour ieri in un banchetto che ebbe luogo a Manchester.

In tale discorso -di cui ho l'onore d'inviare un estratto all'E. V. -sono infatti confermate le mie informazioni sull'attitudine di questo Governo rispetto alla questione dell'Estremo Oriente.

ALLEGATO

ESTRATTO DEL DISCORSO DI \BALFOUR

l. Non è primariamente una politica territoriale. Noi non desideriamo grandi aumenti di territorio tolti dall'impero chinese. Per noi, un considerevole territorio ci darebbe uno svantaggio piuttosto che un vantaggio.

2. -Non desideriamo per ora di accollarci l'amministrazione di milioni di chinesi. D'altra parte sappiamo benissimo che i nostri interessi commerciali in China sono maggiori di quelli di tutte le altre nazioni messe insieme, e siamo decisi che tali interessi non dovranno venir danneggiati. 3. -Noi abbiamo un diritto speciale a che il commercio estero colla China venga incoraggiato. Non abbiamo alcuna abbiezione a che il commercio venga incoraggiato. Non abbiamo alcuna abbiezione a che il commercio russo venga esteso (e lo stesso principio può applicarsi al commercio tedesco) a qualsiasi punto, qualora noi non veniamo esclusi dall'andarvi pure. 4. -Noi diamo un campo libero a tutti quando apriamo paesi esteri, ed intendiamo di avere in contraccambio campo libero in China. Se le potenze estere tentassero di distruggere quella eguaglianza di condizioni, che è tutto ciò che noi desideriamo, noi ci opporremmo a tali tentativi. Non ci importa sotto qual forma essi venissero fatti, se per pressione diretta sul Governo chinese o coll'impiantare delle stazioni sulla costa chinese sulla quale Stati protezionisti pretendono avere completo controllo e di frapporre barriere doganali favorevoli a loro stessi ma ostili agli altri.

Il signor Balfour assicurò i suoi uditori di Manchester che il Governo farebbe tutto il possibile affinchè il commercio di questo paese non venga danneggiato nè dall'uno nè dall'altro di questi modi di agire.

(l) -Con tel. n. 3138 del 26 dicembre 1897, non pubblicato. (2) -Cfr. nn. 317 e 338.
343

L'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 83. Parigi, 12 gennaio 1898, ore 19.

Hanotaux mi ha chiesto se era vera la notizia portata dall'agenzia telegrafica di un nostro sbarco a Raheita, località intorno alla quale aveva altra volta vertito il nostro scambio d'idee. Risposi che io non avevo avuto notizre

al rLguardo. Ricordai che, quando si era parlato di uno sbarco fattovi dai russi, mi sembrava aver letto nei giornali che una nostra nave erasi colà recata, e vi aveva sbar·cato pochi uomini. A mia volta interrogai Hanotaux circa persistere notizia degli armamenti di Menelich. Mi rispose che un laconico telegramma gli aveva soltanto fatto sapere che nello Scioa si adunava un esercito per muovere contro uno dei ra:s poco noti; crede si tratti di un ra:s che comanda al sud verso la frontiera Somali. Gli ho detto che avrei desiderato sapere il nome del ras, e ne ha preso nota. Sarei d'avviso •che, se abbiamo occupato permanentemente Raheita, sarebbe meglio farne oggetto qui di una comunicazione, prima che intervenga una dichiarazione della Francia, ·che ne riserva le ragioni.

344

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, ALL'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, PANSA

T. 94. Roma, 13 gennaio 1898, ore 10,30.

Riferendomi al rapporto 30 dicembre (l) debbo avvertire che la candidatura Petrovich è venuta meno per l'assoluto veto del Principe del Montenegro e che contro le candidature Droz e Principe Giorgio si ha la recisa opposizione della Germania. Alla candidatura del Principe Giorgio è pure avversa l'Austria-Ungheria.

345 IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, ALL'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI

T. 101. Roma, 13 gennaio 1898, ore 24.

V. E. può dire ad Hanotaux che nulLa ci risulta circa annunciato sbarco di Raheita. Sultano di Raheita è nostro protetto in iorza trattato del 20 settembre 1880, a suo tempo pubblicato. Non abbiamo ragione di modificare in quel Sultanato la nostra posizione oramai acquisita dal punto di vista internazionale.

346

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, ALL'AMBASCIATORE A PIETROBURGO, MORRA DI LAVRIANO (2) (Ed. in LV 97, p. 33)

T. 100. Roma, 13 gennaio 1898, ore 24.

Contro la candidatura del princLpe Giorgio di Grecia si è accertata la recisa opposizione della Germania e dell'Austria-Ungheria (3). Per la candidatura Petrovich abbiamo dovuto ·convincerci dell'irremov~bile veto del Principe del Montenegro. In tale stato di cose, che non ci lascia senza grave preoccupazione, desidero che V. E. ·cerchi di sapere se ì1 conte Mur:awieff 'abbia in vista alcuna altra opportuna candidatura.

Il pensiero mio, a tale riguardo, è sempre lo stesso : N o i siamo disposti ad accettare (l) quella candidatura che raccolga l'unanime suffragio delle potenze, purchè essa corrisponda a questo duplice concetto: l) che, coerentemente al principio di disinteresse proclamato dalle grandi potenze, il candidato sia scelto tra le potenze minori (2); 2) che non si tratti di suddito o funzionario ottomano, una simile scelta non potendo certo condurre allo scopo di pacificaziollJe che abbiamo concordemente di mira.

Questi mie~ pensieri possono servire di norma per il linguaggio di V. E.

(l) -Non pubblicato. (2) -11 generale Roberto Morra di Lavriano, fu destinato ambasciatore a Pietroburgo il 21 novembre 1897 e giunse in sede il 29 dicembre dello stesso anno. (3) -Questa prima frase con modifiche formali in LV.
347

L'AMBASCIATORE A LONDRA, FERRERO AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 24/17. Londra, 13 gennaio 1898.

I successivi rapporti che ebbi l'onore d'inviare a V. E. intorno all'attitudine di questo Governo rispetto ai ll"ecenti fatti testè avvenuti nello E.s1remo Oriente sono finora stati ·confermati dallo sviluppo degli avvenimenti.

Il discorso del Ministro Balfour a Manchester intorno al quale ho riferito con mio rapporto dell'll corrente (3), è stato oggetto di conversazione con Lord Salisbury nel convegno se1timanale di ieri. Il nobile Lord ha fatto sue le dichiarazioni del signor Balfour rispetto agli intendimenti del Governo britannico nella questione Cinese.

Debbo aggiungell"e che il primo Ministro si è dichiarato lietissimo che gli avvenimenti abbiano preso una piega pacifica. Egli ·spera che la Francia, il cui contegno nella presente questione è stato molto prudente, perseveri in questa buona via. Che se per avventura il Governo della Repubblica adottasse il sistema delle occupazioni territoriali, molto probabilmente l'Inghilterra sarebbe indotta ad un procedimento simile occupando di preferenza le isole Chusan sulle quali ha un diritto di prelazione.

Benchè non sia un mistero per nessuno che questo Governo ha preso a cuore l'idea di un prestito alla China, pure al Foreign Office si mantiene in proposito il massimo segreto (4).

348

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, FERRERO

T. CONFIDENZIALE 112. Roma, 15 gennaio 1898, ore 14.

Il Capitano Ciccodicola trovandosi, 1'8 gennaio, a Biacaboba, poco prima di arrivare a Harrar, fu ass1cura.to che Ras Maconnen con 80 mila soldati è già in via su tre colonne verso i Benvsciangul, all'Ovest del Nilo Azzuro, per occupare il territorio fra i due Nili. Harrar è completamente sprovvista soldati.

Desideriamo per debito amiCIZla far conoscere tale notizia, così come ci è pervenuta a codesto ·governo. Però nel comunicarla ,confidenzialmente a Lord Salisbury, V. E. dovrà ottenere la promessa assoluta del segreto in quanto concerne la provenienza della notizia stessa, acciocchè non venga trovarsi compromesso il nostro inviato presso Menelik.

(l) -Da qui alla fine il testo 8 un brano del tel. n. 99 inviato in pari data a Tornielli, non pubblicato. (2) -In LV: • all'infuori di esse •. (3) -Cfr. n. 342. (4) -Copia del rapporto fu trasmesso, per conoscenza, dal ministero a Tornielli e Salvago Raggi.
349

L'AMBASCIATORE A PIETROBURGO, MORRA DI LAVRIANO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 101. Pietroburgo, 15 gennaio 1898, ore 17,20 (per. ore 18,40). Rispetto propositi Governo imperiale circa Biserta mantienesi in questi circoli ufficiali il più assoluto riserbo e non mi fu, fino ad ora, possibile ottenere

a fonte attendibile ragguagli in proposito. Continuerò però ad indagare tenendo informata V. E. di quanto, a questo riguardo, giungesse a mia cognizione.

350

L'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, PANSA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA (Ed. in LV 97, p. 34)

T. 142. Pera, 19 gennaio 1898, ore 23,10. Sultano ha fatto rispondere alle aperture dell'ambasciatore di Russia, circa ,candidatura del Pr.i:ncipe Giorgio, che la questione doveva essere deferita al constglio dei ministri; il che v~ene .interpretato come una forma evasiva di ritfìuto. Ministro degli affari esteri, il quale ha fatto rapporto (l) nel senso della inopp01rtunità di quella proposta, dice, del resto, avere ambasciatore di Russia

di-chiarato che il suo governo non intendeva esercitare alcuna pressione, ma soltanto dare un consiglio.

351

L'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. CONFIDENZIALE 63/34. Berlino, 19 gennaio 1898. Nulla di nuovo saprei riferire a V. E. sulle due questioni più gravi ora all'ordine del giorno: l'occupazione di Kionschau per parte della Germania e la scelta del Governatore di Creta. 11. Segretario di Stato al Dipartimento degli Esteri signor de Biilow, esclusivamente occupato della prima, è diventato presso che invisibile e quasi ogni settimana si fa scusare di non poter ricevere il corpo

diplomatico al giorno fissato. Egli disse a me e a taluni altri Ambasciatori che ci avrebbe naturalmente sempre e in qualunque giorno ricevuti quando aves

simo ·Comunicazioni da fargli: ma ci asteniamo di far uso di quel cortese invito senza un motivo speciale, tanto più che S. M. l'Imperatore essendo tuttora a Potsdam, il signor de Biilow si reca colà quasi ogni giorno, e non -è quindi neppur esso sempre a Berlino.

Nelle recenti feste «degli Ordini» e dell'Aquila Nera ebbi occasione ogni volta di trovarmi a fianco di S. M. l'Impera,tore, ·e portai ripetutamente il discorso sulle due questioni sovraccennate. Sulla prima S. M. non mi nas,cose la sua soddisfazione di aver tradotto in atto, per sua esclusiva iniziativa un'impresa che da lungo tempo era studiata e 'che l'opinione pubblica reclamava. Senza entrare in alcun particolare, S. M. soggiunsemi esser le cose ottimamente avviate senza ferire gli interessi delle altre nazioni. Come si rileverà dagli accordi presi con la China, accordi che oramai possono dirsi g1unti alla loro piena conClusione e presto potranno venir pubblicati. S. M. •si espresse in termini di speciale compiacenza per l'arrendevolezza trovata nel Governo Chinese, sul quale sembra aver fatto molta impressione l'invio della squadra comandata dal Principe Enrico. Quello invio avrebbe avuto il vantaggio di far medere a Pechino ·che la Germania avesse pretese di gran lunga superiori a quelle che in realtà accampò, e reso queste ultime che tendono solo ad aprire e assicurare al commercio tedesco l'accesso nel Celeste Impero più facilmente accettabili.

Circa la quistione di Creta S. M., per quanto poco interesse sembri dedicarvi, non tralascia di occuparsene e comprende l'interesse che vi annettono i suoi alleati. Egli crede però che, dato il passeggero predominio assunto dal partito dell'Imperatrice Madre a Pietroburgo e che condusse il ·conte Murawiew a proporre la candidatura per la Germania assolutamente inaccettabile del principe Giorgio di Grecia, non siavi altro da fare che aver pazienza e aspettare che il Governo russo ritorni a migliori consigli; il che, nel pensiero di S. lVI., non può non verificarsi presto. S. M. non si espresse in termini molto lusinghieri sulla inconseguenza dell'attitudine del conte Murawiew, del carattere del quale, come in genere del carattere dei russi, egli non ha certo un'opinione molto favorevole.

(l) Iri LV aggiunto : • al Sultano •.

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IL MINISTRO AD ATENE, AVARNA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 55/34. Atene, 19 gennaio 1898. Il giornale Asti nel riferire la notiz.ia, che pretende esser sta;ta rapportata da alcuni periodici italiani, secondo cui 32 villaggi albanesi si sarebbero convertiti al cattolicismo, pubblka un !ungo articolo, che credo dover segnalare all'E. V. Nel commentare tale notizia, a cui annette grande importanza, l'Asti fa

conoscere che quella conversione viene attribuita alla noncuranza dimostrata per gli interessi ortodossi dal vescovo Dorotheo, ed osserva che coloro, a cui non è ignota l'azione dell'Italia nella bassa Albania, non presteranno fede a

ciò. Pur ammettendo che la condotta del clero ortodosso abbia avuta la sua parte nella conversione suddetta, il giornale constata che l'Italia ha da un pezzo delle

vedute conquistatrici nella bassa Albania e per attuarle protegge in ogni modo le popolazioni di quella regione. A questo proposito accenna « alle numerose scuole da essa colà fondate per istruire gratuitamente i giovani albanesi, alle importanti elairgizioni fatte dal Re Umberto ed ai moltissimi lavori di utilità pubblica eseguiti a spese dell'Italia». L'Italia quindi mirerebbe, secondo l'Asti, ad un solo scopo ad ottenere, cioè, « che gli albanesi chiedano la loro unione al Regno » ed i suoi sforzi sembrerebbero dare buoni risultati, giacchè gli albanesi si interessano più all'Italia che alla Grecia.

Il giornale lamenta poscia che il Governo non si adoperi, per mezzo del clero ortodosso e dei suoi Consoli, a mantenere vivo negli albanesi, che hanno costumi, carattere e tradizioni greche, il sentimento favorevole alla loro madre patria a fine di combattere la propaganda italiana e lo esorta a prender cura delle sorti della bassa Albania e a non perseverare negli errori commessi nel passato per impedire che quelle popolazioni si convertano tutte al cattolicismo.

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L'AMBASCIATORE A PIETROBURGO, MORRA DI LAVRIANO AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. RISERVATO CONFIDENZIALE 42/19 (1). Pietroburgo, 19 ge/l.nai.o 1893.

Come già ebbi a telegrafare all'E. V. in data del 15 corrente (2), non mi era stato finora possibile, ad onta delle più diligenti indagini di nulla venire a sapere, a fonte autorizzata, riguardo ai propositi del Governo Imperiale, ciil"ca l'impianto di una stazione navale russa, a Biserta, di cui tanto si è parlato in questi ultimi tempi nella stampa europea ed a cui riferivasi il pregiato dispaccio minilsteriale in margine ricordato (3). In questi circoli ufficiali mantienesi al proposito il più assoluto riserbo, ed i maggiori organi della stampa russa, obbedendo probabilmente a superiori istruzioni si sono finora astenuti da qualsiasi accenno alla questione che potesse servire di indizio dei veri intendimenti del Governo russo.

Devo ora alla compiacenza del mio Collega di Gmmania di poter fornire alla E. V. sull'importante argomento, una precisa indicazione. Il principe Radolin mi confidò ieri di fatti, essergli stato riferito dal suo Addetto navale, che ne aveva avuto a sua volta notizia da ufficiali addetti all'ammiragliato russo, che un progetto di impianto di una stazione navale russa a Biserta., era stato di recente sottopost·o all'esame del Consiglio superiore di marina dall'Imperatore medesimo. A quanto pare le deliberazioni dell'alto consesso predetto, non sarebbero però state !favorevoli al progetto in parola, di modo che havvi motivo di ritenere che esso sia, almeno per. ora abbandonato, tanto più non avendo lo Czar, dopo conosciute le conchiusioni del consiglio superiore di marina, ulteriormente insistito per la sua accettazione (4).

17 -Documeilli diplomatici -Serie III -Vol. II.

(l) -Il rapporto fu inviato per corriere fino a Berlino e da qui ritrasmesso per posta al ministero degli esteri. (2) -Cfr. n. 349. (3) -Cfr. n. 328. (4) -Il rapporto venne trasmesso, in data 1° febbraio, • per opportuna informazione •. dal ministero a Tornielli e Ferrera.
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L'AMBASCIATORE A LONDRA, FERRERO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 39/23. Londra, 20 gennaio 1898. Faccio seguito ai miei precedenti rapporti sul medesimo argomento e da ultimo a quello del 18 corrente n. 33/20 (1). Dai medesimi appariva abbastanza chiaro lo stato della opinione pubblica inglese ed il pensiero del Governo della Regina in presenza della nuova situazione sorta nell'Estremo Oriente. Era evidente nella Gran Brettagna il dispiacere di quanto era avvenuto, ma in pari tempo il desiderio vivissimo di conservare la pace, pur tutelando i grandi interessi commerciali del paese. A raggiungere tale intento questo Governo, spinto dalla opinione pubblica senza distinzione di partito, ha ·coltivato l'idea di accrescere la propria influenza nell'Impero Celeste mediante un pl'estito fatto al medesimo. Era parso da principio che i negoziati per il prestito sarebbero proceduti senza grandi difficoltà; ma invece l'influenza della Russia e della Francia si fece sentire presso il GoveJrno Chinese e questi è tuttora incerto rispetto alla decisione da prendere. Ma in ciò bisogna anche tenere conto della lentezza naturale con la qua~e procedono sempre i negoziati con i governi orientali. Checchè ne sia, questa nuova fase della questione ha impensierito questo Governo pl'ova ne sieno i recenti discorsi dei ministri Hieks-Beach e Chamberlain, nei quali si nota una intonazione più energica e si giunge perfino a dichiarare che per mantenere i proprii diritti la Gran Brettagna non rifuggirebbe persino dalla guerra. Questa dichiarazione non ha trovato indifferenti le potenze interessate. Infatti ieri gli Ambasciatori di Germania, di Russia e di Francia toccarono con Lord Salisbury tale questione delicata. Il Barone Courcel h~t conversato per più di un'ora col nobile Lord e non sembra che i due interlocutori si sieno trovati d'accordo nel modo di considerare la questione Chinese. È però evidente che le frasi energiche del Cancelliere dello Scacchiere Hicks-Beach potrebbero tendere a moderare le pretensioni avversarie, e per questo appunto, diminuire i pericoli di guerra. Ad ogni modo non si può dis·conoscere che mentre mercoledì 12 Lord Salisbury si era mostrato sicuro di una soluzione soddisfacente, ieri invece, ad una settimana di intervallo, egli si esprimeva con me in questi termini: «Sembra che sotto una superficie apparentemente calma si nascondano cose atte ad impensierire». Ma a parer mio lo stato d'animo del nobile Lord era in parte dovuto a stanchezza fisica e morale, cagionata da successivi e serii colloqui cogli ambasciatori di Francia, Germania e Russia. Evidentemente questo gran paese attraversa un periodo critico. Esso si vede osteggiato da tutte le grandi potenze, meno l'Italia, in tutte le sue imprese. L'ostilità delle potenze rivali si manifesta anche nel modo poco onorevole di

suscitare nemici nei popoli barbari, rispetto ai quali il prestigio della razza europea in generale e della stessa Inghilterra è scosso.

Una ra.gione di un ordine superiore concorre a diminuire il prestigio della bandiera britannka, dovuto soprattutto alle vittorie del principio di questo secolo. «Trafalgar ~ sintetizza la grandezza marittima britannica; ma tutta la somma di prestigio che si identifica in quell'avvenimento storico è attenuata dalla distanza di quasi un secolo, privo di grandi battaglie navali. Se realmente questo gran popolo è destinato a mantenere lungamente la sua supremazia non deve essere lontano il momento in cui esso sentirà il bisogno di suggellare questa supremazia, tanto minacciata, con un avvenimento come Trafalgar. Allora soltanto questa potenza potrà essere sicura di continuare ancora per un mezzo secolo la sua opera civilizzatrice in tutte le parti del mondo.

La sconfitta di una potenza marittima per opera dell'Inghilterra rialzerebbe il prestigio alquanto scosso di questa, anche di fronte alle razze barbare

o semibarbare.

Questo è capito da una gran pa~rte degli uomini di Stato. Ma l'amore della pace, la eccessiva ricchezza, il timore di vedere tale ricchezza compromessa, anche in parte, saranno causa che forse la presente generazione lascierà in eredità alla seguente ed in condizioni peggiori la necessità storica di un conflitto per l'esistenza.

Tali sono in sostanza le ragioni per cui questa Nazione continuerà a sopportare, da parte delle altre, offese che non sarebbero state impunite in altri tempi.

Ma ritornando alla questione presente, anche le conside.razioni da me or ora esposte, tendono a confermare la speranza da me ripetutamente espressa che i pericoli apparenti di un conflitto spariranno forse come nube passeggera.

(l) Non pubblicato.

355

L'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. P. 155 Parigi, 21 gennaio 1898, ore 2,05.

Il Presidente della Repubblica mi ha incadcato di far pervenire a V. E. l'espressione delle sue condoglianze. Alludendo alle voci qui trasmesse alla stampa, egli mi ha manirfestato la speranza che esse non siano fondate, e che il Re ed il nostro paese non abbiano a essere privati dei servigi eminenti che dall'alta autorità dell'E. V. loro sono assicurati (1).

356

L'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 160/57. Parigi, 24 gennaio 1898.

Durante un èolloquio da me avuto il 12 corrente con questo signor Ministro per gli Affari Esteri, fui interpellato circa il fondamento di ven-ità che ave

n. -167 a firma di Bonin Longare, nei seguenti termini : • Prego esprimere al Presidente della Repubblica viva riconoscenza del Ministro per le sue condoglianze. Il Ministro torna a Roma nei prossimi giorni. V. E. deve stare in guardia contro le voci di demissiorie, le quali non rappresentano che più o meno immaginarie supposizioni».

vano le noti;de qui pervenute alle agenzie telegrafiche secondo le quali il Go

verno nostro aveva fatto occupa>Te in modo permanente il territorio di Raheita

ordinando ad una sua nave da guerra di operarvi uno sbarco. Si sarebbe trat

tato, diceva il signor Hanotaux, della occupazione di fatto, manu militari, di

quella zona di territorio intorno alla quale i gabinetti di Parigi e di Roma

erano entrati in uno scambio di idee destinato a condurre ad una regolare deli

mitazione. Risposi ·che a me nulla era risultato recentemente di uno sbarco

nostro in quella località. Quando si era parlato di uno sbarco operato colà da

un bastimento da guerra russo, una nostra nave era stata spedita per l'accerta

mento dello stato di cose; ma erano trascorsi parecchi mesi dippoi e non mi

ricordavo esattamente a ·quali operazioni i nostri marinai andati allora colà,

erano stati impiegati.

Dalla affinità del soggetto di discorso fui a mia volta condotto a chiedere

al signor Hanotaux se alcuna cosa gli risultasse degli armamenti che il Negus

sta adunando nello Scioa e di cui la informazione è comparsa insistentemente

nei giornali francesi. Per un pezzo, mi rispose questo signor Ministro, tale notizia

non aveva avuto ufficiale conferma.

Però più recentemente si era saputo che l'armamento era parziale e desti

nato a ridurre alla obbedienza uno dei ras ribelli. Pareva si til'attasse di uno

dei principi meno importanti, di cui il nome non era citato, ed i territori si

estendevano verso il sud. Insistetti per avere più precise informazioni ed il

signor Hanotaux prese nota del desiderio mio per mettersi in proposito in comu

nicazione con il Ministero francese delle Colonie.

Con il telegramma del13 corrente (1), l'E. V. mi fece !Sél!Pere che nulla risultava al R. Governo circa uno sbarco nostro eseguito a Raheita. Contemporanewmente Ella mi ricordava che il Sultano di quella località era divenuto protetto nostro in forza del trattat.o 20 settembre 1880 a suo tempo stato !PUbblicato. Soggiungeva l'E. V. che l'Italia non ha ragione di modificare la sua posizione in quel Sultanato, eSrSendo ormai la medesima acquisita dal punto di vista internazionale. Feci uso di questo telegramma in un colloquio che ebbi il 19 corrente con questo Ministro degli Affari esteri. Quando dissi al signor Hanotaux che non risultavaci che uno sbarco fosse stato eseguito, egli mi fece l'osservazione che senza pretendere di sollevare un incidente, gli era mestieri ri-cordare che fra i Governi di Roma e Parigi la questione delle ragioni, ossia della priorità delle ragioni, sul territorio di Raheita era tutt'ora insoluta. Ed io, in replica, feci notare che, a nostro ·credere invece, la posizione dell'Italia nel Sultanato eil'a quella che risultava dal trattato 20 settembre 1880 ed era ormai a noi acquisita dal punto di vista internazionale. Non è mio proposito aprire la discussione, soggiunse a modo di conclusione, questo Ministro; ma è oppovtuno che anche in questa cir.costanza sia fatta una riserva. Sviai il discorso chiedendo se qualche più completa notizia fosse stata ricevuta circa gli armamenti di Menelik. Mi rispose che nulla se ne era saputo in più di ciò che era stato comunicato. Continuai a parlare di tali armamenti !facendone notare la coincidenza con la partenza prossima della missione russa di Leontieff e francese del principe

Enrico d'Orléans. Nelle gazzette si dkeva che questi due, con pochi altri euro

pei, avrebbero condotto seco un buon numero di soldati senegalesi. Se gli arma

menti attribuiti presentemente al Negus avevano per iscopo di fornire un con

tingente poderoso di forze al Leontieff e all'Orléans, vi era luogo per noi a

prendere in considerazione gli scopi di una impresa conquistatrke a nostro

danno verso i paesi somali.

Il signor Hanotaux non sfuggì la conversazione sovra questo soggetto. Il

principe orleanese aveva rotto ogni rapporto con le autorità coloniali francesi.

Non si conoscevano bene i suoi intenti e quelli del suo compagno russo. Pare

però che l'uno e l'altro vogliano entrare nel 'centro dei paesi Galla con la spe

ranza di pervenire a scoprire la regione dell'oro nativo. In tale ipotesi pareva

più fondato il supporre che i due esploratori porterebbero i loro passi verso il

centro del continente afrkano e non verso la costa del Benadir. Nulla si sapeva

dell'asso1damento di un certo numero di senegalesi. Tali arruolamenti erano un

fatto abituale per tutti i viaggi di esplorazione commerciale e se i preparativi

del Leontieff e del principe Enrico erano mantenuti nella solita misura, non

potevasi impedire ad essi ciò che a qualunque altro esploratore sarebbe con

sentito. Soggiunse poi in ultimo il signor Hanotaux che le voci che correvano

sulle condizioni del principe Enrico d'Orléans, ora costretto a .fare un soggiorno

nel dima moderato di Monaco, escluderebbero ·che ai progetti suoi egli sia

prossimamente in grado di dare esecuzione.

(l) -A questo telegramma veniva risposto in data 22 gennaio con telegramma personale

(l) Cfr. n. 345.

357

L'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. RISERVATO 201 bis. Parigi, 25 gennaio 1898, ore 15,20. I giornali pubblicano simultaneamente dichiarazione segretario di stato Btilow circa affare Dreytfus e la lista dei testimoni chiamati dal Zola, nella quale figurano addetto militare Panizzardi, Polacco e Paolucci de' Calboli. Sarei d'avviso che convenga anche a noi far seguire una dichiarazione del Governo davanti al parlamento; essa potrebbe mettere in sodo che il Governo del il"e, perfettamente informato della verità dei fatti, ha potuto accertare che questi ci toccano solamente per due punti; cioè, per la supposizione che il colonnello Panizzardi abbia potuto avere relazioni col Dreyfus e per la parte che il R.. addetto militare avrebbe avuto nel cosidetto documento segreto, in cui si troverebbero le parole: « cette canaille de D.». Sul primo punto il Governo del re può dichiarare formalmente che nessun rapporto, nè diretto, nè indiretto, nè da vicino, nè da lontano ha avuto con Dreyfus; sul secondo punto può dichiarare che non gli fu mai comunicato il cosidetto documento segreto di cui, conseguentemente, non è in grado di apprezzare l'autenticità. Però nella ipotesi ammessa che ,si tratti di una lettera privata dell'addetto militare tedesco al suo collega italiano, si può, con ogni osservan2la, affermare che questa lettera non fu mai ricevuta dal colonnello Panizzardi e che, se in essa si fosse indicato una

persona colla iniziale D., il Panizzardi non avrebbe potuto capire che si volesse indicare Dreyfus, poichè l'esistenza di questo ufficiale nell'esercito francese fu

rivelata al R. Addetto militare solo quando contro il Dreyfus si fece clamoroso processo che tutti conoscono. Se venisse il Governo interrogato circa risposta che si farà alla citazione degli ufficiali di questa ambasciata davanti alle assise, sarei d'avviso che convenga rispondere dovere, per rispetto al principio della extra territorialità, aspeUare che si proceda agli interrogatorii per lettera rogatoria: essersi di già proceduto in questa forma in una causa che offri qualche analogia, dibattuta nel 1893 davanti al tribunale civile e correzionale di Marsiglia.

In ogni ·caso non poter accogliere altre interrogazioni che quelle che portano sopra fatti conosciuti per scienza propria. Sarei inoltre d'avviso che convenga astenersi, nella dichiarazione del Governo, di nominare Esterhazzy.

358

IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, BONIN LONGARE, ALL'AMBASCIATORE A PIETROBURGO, MORRA DI LAVRIANO

D. 3083/21. Roma, 25 gennaio 1898. Il Governo di Massaua c'iniormò telegraficamente che il 22 novembre ultimo scorso due navi da guerra ruSISe avevano approdaJto a G1buti e che il colonnello Artamanoff ne era sbarcato con poco seguito per recarsi dal Sultano di Raheita. Il rapporto che qui unisco in copia (l) dà particolari del viaggio dei russi in quella località. Il sultano di Raheita è nostro protetto in forza del trattato 20 novembre 1880, pubblicato a suo tempo. Con l'art. 6 del trattato stesso egli si è obbligato «a non vendere nè alienare parte alcuna dei suoi domini e territori senza il consenso del R. Governo italiano :P. Anche trattandosi di una semplice visita è consuetudine oramai costante che prima di passare su territorio posto sotto il protettorato di una potenza si faccia domandare il permesso di quest'ultima.

Purtroppo, però, n presente incidente non è che la ripetizione di altri dovuti ad intr1ganti russi che poi lo stesso Governo Imperiale è .costretto a s.confessare.

V. E. può consultare a questo proposito la lunga corrispondenza scambiata da codesta Ambasciata con questo Ministero dal ,gennaio all'aprile dello scorso anno.

Comunico quanto precede all'E. V. a titolo di semplice informazione, riservandomi, occorrendo, di impartire speciali istruzioni al ri•guardo.

359 L'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA,

AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA (Ed. in LV 97, p. 38)

T. CONFIDENZIALE 212. Berlino, 26 gennaio 1898, ore 15,30. Anche dopo la dichiarazione fatta da Inghilterra al Sultano favorevole a

candidatura del principe Giorgio, questo Governo imperiale non muta suo punto di vista. Esso crede quella candidatura preparazione ad annessione Creta alla

Grecia e principio nuovi guai nei Balcani e non vuole assolutamente associare sua responsabilità tale politica; Governo imperiale non ritiene possibile un'azione * attiva* comune di Russia e Inghilterra per ottenere consenso Sultano e stima tuttora probabile una (l) del Governo russo.

*In via confidenzialissima mi fu ora comunicato ordine dell'Imperatore di ritiro immediato della nave « Oldenburg » da Creta, qualora candidatura principe Giorgio ottenesse approvazione tutte le altre potenze; prego V. E. tenere per sè solo questa ultima comunicazione. *

(l) Non pubblicato.

360

L'AMBASCIATORE A VIENNA, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA (Ed. in LV 97, p. 37)

T. 211. Vienna, 26 gennaio 1898, ore 15,30.

Avendo comunicato a Goluchowsky quella parte del telegramma di V. E. di ieri * sera * (2) che si riferisce all'Austria-Ungheria, il ministro degli affari esteri I. e R. mi informa che egli non ha detto mai che il Gabinetto di Vienna approverebbe la candidatura del prindpe Giorgio qualora questa fosse approvata dalle altre Potenze.

361

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, ALL'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI

T. CONFIDENZIALE 215. Roma, 26 gennaio 1898, ore 20.

La mia impressione è che una nostra spontanea dichiarazione per l'affare Dreyfus, quali che ne siano i termini, potrebbe essere costi considerata come un non giustificato intervento in questione delicatissima d'ordine interno. Mi sembra quindi che, almeno fintanto che le circostanze ce lo consentano, l'astensione assoluta sia il migliore dei partiti. Se poi si verificasse, con l'ipotesi fortunatamente poco probabile ormai di una interrogazione, la necessità assoluta, e quindi manifestamente giustificabile anche agli occhi della Francia di una nostra pubblica enunciazione, io mi limiterei alla prima parte della dichiarazione da lei sugge~rita che cioè il Governo del re ed i suoi agenH non hanno avuto rapporto alcuno con Drey:fus. La seconda parte della dichiarazione oltre che non necessaria e quindi meno giustifica,bile, non raggiungerebbe neppure lo scopo, imperocchè, ammessa l'ipotesi di una lettera privata dell'addetto militare tedesco al colonnello Panizzardi, non parrà mai credibile che il pdmo si sia servito della nota frase senza sapere che la persona indicata dall'iniziale era nota al suo collega. L'esistenza delle lettere, ancorchè messa in forma di ipotesi, sarebbe inoltre in contraddizione colle dichiarazioni del signor De Biilow. Mi sarebbe grato che V. E. apprezzasse queste mie considerazioni e convenisse nella conclusione a cui mi sembra cauto di attenermi.

(l) -In LV qui aggiunto: • isolata •· (2) -Si tratta del teL n. 204, non pubblicato.
362

L'AMBASCIATORE A LONDRA, FERRERO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 57/31. Londra, 27 gennaio 1898.

Mentre nella maggior parte degli organi della opinione pubblica si manifesta un senso di maggior calma rispetto alla quistione dell'Estremo Oriente, nelle sfere ufficiali invece non si sa nascondere una certa inquietudine e direi quasi impazienza per la lentezza con la quale a Pekino procedono i negoziati per il prestito.

Malgrado le energiche dichiarazioni di alcuni membri del Gabinetto, è evidente che la necessità di una guerra sarebbe considerata come cosa molto temibile. Perchè ciò? Forse che la Gran Brettagna non si considera in terra ed in mare abbastanza sicura della vittoria? Ad una domanda in proposito fatta da me improvvisamente, un personaggio eminente rispose che si poteva ritenere l'Inghilterra abbastanza preparata ad ogni evento, ma che però riteneva un bene ·Che l'opinione pubblica non fosse troppo ottimista su questo riguardo, perchè in caso diverso essa potrebbe spingere il Governo a decisioni meno che prudenti.

Le dichiarazioni del Ministro germanico Von Billow alla Camera prussiana ebbero una influenza favorevole presso questo Governo, perchè improntate sufficientemente al principio della libertà commereiale.

Insomma una certa miglioria nei rapporti della Germania e dell'Inghilterra si va sempre più accentuando, e qui tornano in acconcio alcune considerazioni contenute in uno dei miei ultimi rapporti.

È noto a V. E. che il Governo giapponese ha mandato un numero di navi abbastanza considerevole nelle acque della China. Mi consta che di ciò la Germania sia alquanto impesierita e che nell'odierno colloquio settimanale il mio collega germanico ne abbia lungamente intrattenuto Lord Salisbury. Evidentemente questo è un punto nero sull'orizzonte, che pure non indicando probabilità di turbamenti, non ne esclude però la lontana possibilità.

Queste sono le considerazioni che scaturiscono dal colloquio che ebbi ierl con lord Salisbury.

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IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, ALL'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI

T. 239. Roma, 29 gennaio 1898, ore 23,15.

Sono interrogato alla Camera in questi precisi termini:

«Sulla cessione del porto di Biserta che si afferma stipulata fra la repubblica francese e l'imperatore di Russia». Mi propongo di rispondere semplicemente che il fatto a cui allude l'interrogazione non ci consta avere alcun fondamento. La prego di telegrafarmi se V. E. avesse, circa il tenore di tale risposta, alcuna osservazione da fare (1).

• Già dall'anno passato i giornali rifErivano la voce che la Russia avesse ottenuto. dalla Francia di far svernare la sua flotta a Biserta e di servirsi di questo porto come stazione di

(l) Su tale questione !"ufficio affari politici del ministero aveva preparato il seguente appunto per il ministro in data 24 gennaio 1398:

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L'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 265. Parigi, 30 gennaio 1898, ore 16,20 (per. ore 18,45).

Vi è chi crede che fra i patti militari franco-russi vi sia quello che in caso di guerra Russia occuperebbe con la sua flotta Biserta dove Francia dovrebbe in tale previsione creare alcuni stabilimenti marittimi. La risposta di V. E. relativa alla voce di cessione alla Russia (1), mi pare conforme pienamente alla verità delle cose.

approvvigionamento per la squadra imperiale del Mediterraneo. In questi ultimi tempi, pol, si è aggiunto che il porto di Biserta stava per essere, od era stato, dal Governo della repubblica ceduto al Governo imperiale.

La Dépeche Tunisienne, giornale ufficioso della Reggenza, pubblicò, il 17 di dicembre, il seguente comunicato: "La Nationa! Zeitung a annoncé qu'il n'y aurait rien d'improbableà ce que la France cédàt Bizerte à la Russie, contre certaines compensations.

Ainsi présentée cette nouvelle est absolument inexacte "·

Tale smentita, come si vede, non toglieva, in modo assoluto, qualsiasi fondamento alle voci corse di accordi intesi a fare di Biserta il punto di riunione della squadra russa del Mediterraneo; ma, d'altra parte, la R. ambasciata in Parigi, in un rapporto del 20 di detto mese di dicembre assicurava '' le voci messe in giro avere soltanto il peso che la stampa si era affrettata a dare alle medesime " e, mentre osservava che il momento attuale non sarebbe opportuno per provocare uno scambio di idee sopra un tema tanto delicato, aggiungeva che, avendo avuto occasione di muovere col signor Hanotaux il discorso sugli intendimenti che i giornali attribuivano alla Francia, di far concessioni territoriali alla Russia nella baja di Tadjura, il ministro francese, come per fare intendere che a siffatte voci non era il caso di dare ascolto, disse " secondo tali voci saremmo anche in trattative per cedere Biserta ai russi; tenete per certo che non saremo noi i perturbatori dell'equilibrio dell'Europa"·

L'ambasciata a Pietroburgo ha poi riferito recentissimamente che in quei circoli ufficiali si mantiene il più assoluto riserbo circa gli intendimenti del Governo imperiale rispetto a Biserta, e che non è stato possible di sapere, in proposito, da fonte attendibile, nulla di positivo.

Sono queste le notizie che abbiamo intorno al grave argomento; le quali, se non escludono che delle trattative possano avere avuto luogo fra la Russia e la Francia rispetto a Biser'ta, danno ragione di credere che nulla di positivo sia fino ad oggi stato stipulato e che, per lo meno, delle concessioni che il Governo della repubblica fosse disposto a fare al suo alleato, non potrà questo approfittare se non dopo trascorso lo spazio di tempo necessario a mettere il porto di Biserta in condizione da poter utilmente servire come atazione per navi da guerra. Molti requisiti mancano ancora a Biserta per essere adibita a tale scopo, e fra questi, lo dice il R. agente a Tunisi in un rapporto del 22 di dicembre [cfr. n. 320]. un arsenale e gli indispensabili magazzini di deposito.

Ma, posto che l'eventualità di una cessione del porto di cui si tratta alla Russia avesse, in una forma, o nell'altra, a verificarsi, potrebbe l'Italia fare qualche cosa per impedirla?

L'Italia da sola non potrebbe far nulla, e dai suoi passi isolati non otterrebbe positivamente alcun frutto.. Nè potrebbe sperare di avere in ciò l'appoggio delle potenze che, se non quanto noi, hanno pure interessi grandissimi da tutelare nel Mediterraneo.

E qui giova ricordare quale atteggiamento prese l'Italia e quale contegno tennero le potenze allorché la Francia decise di fare e mise mano ai lavori per fare di Biserta un potente porto militare. Il Governo del re, a più riprese, nel 1890, per mezzo delle RR. ambasciate a Berlino, Vienna e Londra, ha procurato di indurre i tre gabinetti a fare, di comune accordo, uffici a Parigi per distogliere la Francia dal proposito, che fin d'allora era manifesto, di costituire a Biserta un porto. militare.

In seguito alle premure che le nostre ambasciate fecero nel senso delle istruzioni ministeriali, il Governo tedesco diede istruzioni al conte di Mtinster di intrattenere della cosa il ministro francese degli affari esteri ma non risulta dagli atti se l'ambasciatore germanico abbia eseguito le istruzioni del suo Go.verno e quale risposta siagli stata data dal

ministro francese.

Il conte Kalnoky parlò, a sua volta, della questione di Biserta all'ambasciatore di Francia a Vienna, il quale gli rispose che la Francia non aveva « allora • l'intenzione di fare di Biserta un porto militare, ma che non prendeva impegni per l'avvenire.

Il Gabinetto di San Giacomo, infine, parlò bensi anch'esso dei lavori che si erano incominciati a Biserta all'ambasciatore di Francia signor Waddington, il quale diede una risposta analoga a quella data a Vienna dal Decrais, ma non credette di aderire al desiderio manifestato dal Governo italiano di fare, cioè, passi direttamente a Parigi, opponendo alle insistenti richieste nostre un parere del Consiglio dell'Ammiragliato secondo il quale la Frar.cia, col dividere le sue forze navali fra Tolone e Biserta, avrebbe indebolito, più che rinvigorito, la sua potenza navale.

Questo intendimento del Governo britannico fu poi confermato dalla R. ambasciata a Londra in molti rapporti; nè risulta che abbia mai il Gabinetto di San Giacomo mutato

di parere».

(l) Cfr. n. 363.

365

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, AL MINISTRO AD ATENE, AVARNA

D. 3670/21. Roma, 30 gennaio 1898. Col rapporto in data 19 corrente n. 55/34 (1), la S. V. riassume un articolo del giornale Asty, nel quale si accenna alla nostra azione politica in Albania, alle numerose scuole che l'Italia vi manterrebbe, alle elargizioni importanti fatte, ed ai lavori di pubblica utilità colà sussidiati dal nostro Paese; e, finalmente, alle mire che l'Italia avrebbe su quella parte dell'Impero Ottomano. Nel ringraziare la S. V. di avermi comunicato il sunto di quell'articolo, non ho bisogno di aggiungere che come i fatti in esso accennati sono notoriamente

insussistenti, così sono prive di qualsiasi fondamento le deduzioni che se ne vorrebbero trarre.

366

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, FERRERO

T. CONFIDENZIALE 268. Roma, l febbraio 1898, ore 23,30. L'Ambasciatore d'Inghilterra mi ha fatto conoscere confidenzialmente il contenuto di un telegramma del suo collega di Parigi, secondo il quale il signor Hanotaux opinerebbe che l'azione delle quattro potenze assenzienti alla candidatura del principe Giorgio possa bastare a vincere la resistenza del Sultano. A noi sembra che un simile concetto debba accogliersi colla debita riserva, imperocchè mentre in quanto ci concerne noi non possiamo non essere favorevoli alla candidatura del principe Giorgio d'altra parte un'azione separata di alcune potenze per farla prevalere sarebbe in contrasto col concetto fondamentale della nostra politica nelle cose d'Oriente, doversi cioè mantenere fino all'ultimo l'azione concorde del concerto europeo, che non potrebbe rompersi senza gravi conseguenze anche d'ordine generale. La cosa riesce particolarmente evidente rispetto l'Austria-Ungheria, l'esclusione .della quale nelle cose orientali sarebbe impe

dimento all'azione pacificatrice dell'Europa. Quanto precede è per informazione confidenziale di V. E. e norma del suo linguaggio.

367

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, ALL'AMBASCIATORE A PIETROBURGO, MORRA DI LAVRIANO (Ed. in LV 97, p. 43)

T. CONFIDENZIALE 295. Ro-ma, 5 febbraio 1898, ore 20. Le notizie giuntemi da Vienna e da Berlino mostrano che la Russia per~

siste bensi nella candidatura del Principe Giorgio ma non intende spiegare, per farla prevalere, un'azione coercitiva e si propone Invece di aspettare cal

colando sull'opera del tempo. Noi non vogliamo certamente nulla fare che possa contrastare la candidatura del ptrincipe Gio11gio, ma non possiamo neppure dissimularci che un lungo periodo di inazdone, da parte dell'Europa, non sarebbe scevro di gravi pericoli, sia per la situazione dell'isola che potrebbe sempre più aggravarsi, sia per il contraccolpo ·che ne deriverebbe nella situaz.ione generale in Oriente dove l'agitazione non tarderebbe a propagarsi. In tale stato di cose ci domandiamo se non sarebbe opportuno di lasciare intanto impregiudicata la candidatura del principe Giorgio che rimarrebbe senz'altra competizione e di provvedere in pari tempo alle esigenze della situaztone con l'invio di un semplice Commissario, il quale come mandatario delle potenze, avrebbe incarico di ristabilire l'ordine, di procacciare i mezzi finanziari e di curare l'tstituzione di una gendarmeria locale, preparando così l'instaurazione del nuovo regime. Questo espediente, mentre risponderebbe alle necessità presenti, avrebbe anche il vantaggio di lasciar tempo a rendere più agevole l'accordo delle potenze in favore della candidatura del principe Giorgio. Questa che qui ho enunciato non è una proposta, è una semplice 1dea ed io desidero che V. E. ne intrattenga *confidenzialmente* ed ufficialmente (l) il conte Murawieff per sapere se essa non si troverebbe eventualmente in contrasto colle idee del Governo imperiale.

(l) Cfr. n. 352.

368

IL DIRETTORE GENERALE DELLA PUBBLICA SICUREZZA, ALFAZIO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. RISERVATO 11/3. Roma, 5 febbraio 1898. Per notizia mi plt'egio comunicare alla E. V. il seguente rapporto del Prefetto di Udine: «Riferisco a V. E. risultarmi da confidenziali informazioni che in Trieste e in tutta l'Istria furono largamente distribuiti manifesti affermanti la concordia del partito nazionale italiano, e assicurando ·che in casi estremi, quando .!.a condizione della lotta agitantesi ora tra le nazionalità dell'impero indicassero

giunto il momento opportuno, non mancherebbe il gene1·oso concorso della gioventù italiana.

Il Governo imperia,le fa del suo meglio per neutralizzare l'effetto delle frequenti manifestazioni d'indole nazionale, e la polizia in Trieste si compiace della discordia fra i liberali ed i socialisti, poichè questi ultimi coerenti alle loro teorie, si rifiutano di associarsi alla lotta per la nazionalità».

369

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, ALL'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, PANSA,

T. 303. Roma, 6 febbraio 1898, ore 23,120.

Se ambasciatore d'Austria Ungheria riceve autorizzazione di associarsi con l'ambasciatore di Russia per appoggiare i reclami della Bulgaria, V. E.

può del pari associarvisi nel senso di :fare comprendere alla Sublime Porta quanto importi, nelle presenti circostanze, di non aggiungere nuovi elementi di agitazione a quelli che già travagliano le regioni balcaniche.

(l) In LV • officiosamente •.

370

L'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. RISERVATO 305/117. Parigi, 7 febbraio 1898.

Con dispacci delli 26 dicembre (l) dell'anno passato, con altro del 1° feb

braio (2) corrente e con il telegramma del 29 gennaio ultimo (3), V. E. mi ha

intrattenuto delle voci corse relative alla cessione di Biserta alla Russia.

Nel primo dei <:itati dispacci (n. 47976/1217), Ella mi scriveva ·che, nulla essendoLe stato da me riferito al riguardo, Ella avea ritenuto tale notizia come inverosimile; ma una smentita, comparsa nel giornale ufficioso La Dépèche Tuntsienne, alla notizia stessa stata data dalla National Zeitung, era concepita in termini ·che sembravano dare qualche valore ai rumori corsi in passato, ,;;econdo i quali erano seguite fra Parigi e Pietroburgo trattative dirette a fare di Biserta il punto di riunione e di approvvigionamento dell.a squadra russa del Mediterraneo.

Forse quando il R. Ministro mi scriveva il 26 dicembre, non gli era ancora pervenuto il mio rapporto delli 20 dello stesso mese n. 3684/1203 (4), nel quale riferii testualmente le parole con le quali il signor Hanotaux di spontanea sua iniziativa volle meco smentire le voci che si erano fatte correre di trattative per la cessione di Biserta alla Russia.

Certamente non si tratterebbe di vera e propria cessione di territorio se, seguendo gli esempii dati dal nostro stesso Governo in altri tempi, la Francia consentisse alla Russia di avere nel lago di Biserta uno stabilimento analogo a quello che, per il rifornimento della flotta russa, noi avevamo conceduto aìl Governo dello Czar, dopo il 1856, di costrurre nel golfo di Villafranca. La smeP.tita spontanea del signor Hanotaux potrebbe dunque non aver compreso il caso di una eventuale simile concessione.

In questa materia comprenderà il R. Governo essere cosa molto diffici[e il poter affermare di conoscere la piena verità. In via indiretta e della quale non conosco l'origine prima, mi fu lasciato credere che fra i patti militari che costttuirebbero la duplice alleanza, vi sia quello per cui la Russia porterebbe in caso di guerra nel Mediterraneo un'importante forza marittima, ed in previsione della necessità di dare, in tale caso, un porto di rifornimento per la flotta russa, la Francia si sarebbe impegnata a far eseguire a Biserta certi lavori. Mi si adduceva a prova di ciò che sebbene fino a questi ultimi tempi i tecnici della marina francese ed in ispecie l'Ammiraglio Besnard, attuale Ministro, propendessero a credere che le forze marittime della Francia non fossero suffi

cienti per aver bisogno di un arsenale a Biserta, epperciò inclinassero a rite

nere, secondo la ,teoria dell'Ammiragliato inglese, che quell'arsenale sarebbe

stato causa più di debolezza che di forza per la Francia, tuttavia, dopo il viaggio

del Presidente Faure a Pietroburgo del quale faceva parte anche l'Ammiraglio

Gervais, qui si era acconsentito ad inscrivere la somma di non molti milioni

in bilancio per alcuni ~avori da esegUirsi a Biserta. La previsione della presenza

nel Mediterraneo, in caso di guerra, di una importante flotta russa, avrebbe

modificato, circa i lavori di Biserta, le idee dell'attuale Ministro della Marina

che in passato si era sempre dimostrato sfavorevole a spendere denaro in quelle

opere.

Cercai di risconfu"are la verità di queste informazioni chiedendone all'Ambasciata inglese la quale nulla avea saputo in 1proposito prima che io ne la informassi. Suppongo che, pur mantenendo a queste notizie il valore incerto che esse hanno, le medesime saranno state Tiferite di qui a Londra.

La somma stanziata finora per i lavori di Biserta non è di taile importanza

da indicare che vi si voglia costrurre una piazzad:orte di primo ordine.

Ho dato sommaria indicazione di ciò che precede a V. E. con il telegramma del 30 gennaio (l) in risposta a quello direttomi il di innanzi dal R. Ministero (2).

(l) -Cfr. n. 328. (2) -Cfr. la nota 4 a pr.g. 257. (3) -Cfr. n. 363. (4) -Cfr. n. 316.
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L'AMBASCIATORE A PIETROBURGO, MORRA DI LAVRIANO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA (Ed. in LV 97, pp. 43-44)

T. 342. Pietroburgo, 9 febbraio 1898, ore 17,20.

Continuando conte Mourawieff a non poter ricevere a cagione indisposizione, mi recai stamane dal conte Lamsdorf per indagare idee governo imperiale circa quanto V. E. mi telegrafava (3). Conte Lamsdorf mi ha detto Russi.a non avrebbe avuto certamente difficoltà aceettare nomina commissario, quando le potenze si fossero potute mettere d'accordo sopra una scelta; ma che, per conto suo, non aveva nessuno da proporre. Al tempo stesso, però, mi faceva osservare: l) che più che probabilmente accordo sopra di un commissario sarebbe stato altrettanto difficile che sopra un governatore; 2) che era anche da prevedere (4) che questo *nuovo* periodo transitorio fosse per portare nell'isola agitazione, anzichè sperata pacificazione. Conte Lamsdorf mi dichiarò ancora che il gabinetto di Pietroburgo conservava piena speranza nella riuscita finale candidatura principe Giorgio e, a dimostrarmi come non si trattava, per parte sua, di partito preso, aggiungeva che esso non si sarebbe opposto ad altra (5) candidatura che riunisse suffragi di tutte le potenze e della Sublime Porta, e fosse, nello stesso tempo, accetta alla popolazione cretese.

(l) -Cfr. n. 364. (2) -Cfr. n. 363. Il rapporto venne trasmesso dal ministero, in data 16 febbraio, a Ferrera e Morra di Lav~ano. (3) -In LV qui aggiunto: • fin dal 5 di questo mese •· cfr. n. 367. (4) -In LV: • da considerarsi se •· (5) -In LV qui aggiunto: «a qualsiasi altra •·
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L'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA (Ed. in LV 97, p. 44)

T. 343. Berlino, 9 febbraio, ore 17,40.

* -Stamane eravi un pò d'agitazione al dipartimento esteri per odierno * comunicato governo russo, pubblicato dal giornale ufficiale di Pietroburgo, e qui (l) inviato per sunto dal telegrafo. In un primo telegramma era tassativamente detto che Russia, Inghiltel'II'a, Francia, Italia avevano approvato e « sostenuto » quella candidatura cui si opposero solo Germania, Austria. Nel sunto telegrafico, ricevuto dall'agenzia Wolf-bureau, quella designazione di due grupPi di potenz.e non figurano [sic]. Aspettasi testo ufficiale. *Intanto barone Holstein, in assenza Bulow, ritenuto al Parlamento* (2), richiamò mia attenzione su quella comunicazione, non il'isultando dai rapporti dell'ambasciata germanica a Roma, nè da comunicazione mia che Italia abbia fatto passi in favore principe Giorgio. Risposi che, infatti, ciò non mi constava e quindi credo meno esatta l'asserzione * -russa *, mentre V. E. ha solo dichiarato che non spettava a noi di opporci a quella candidatura; * ,cosicchè * non l'avremmo rigettata ce11to, se le altre potenze tutte vi avessero dato loro gradimento.
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IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, ALL'AMBASCIATORE A VIENNA, NIGRA

T. 337. Roma, 11 febbraio 1898, ore 19,30.

Consento interame~te colle idee esposte nel dispaccio confidenziale di V. E. del 5 febbraio corrente (3). Ho avuto ripetute occasioni di esporre al barone Pasetti le ragi{)ni della nostra condotta e il nostro modo di vedere. N o i ci siamo dichiarati· disposti, per quanto ci concerneva, ad accettare la candidatura del principe Giorgio, ma abbiamo domandato che si esaurissero tutti i mezzi per mantenere l'accordo delle potenze poichè era questo il principio che aveva costantemente guidato la nostra politica negli affari d'Oriente. Tale considerazione e un riguardo pei nostri alleati spiegano l'attitudine di riserva da noi conservata a Costantinopoli. Non ho nascosto al barone Pasetti che a mio avviso la .candidatura del principe Giorgio una volta posta innanzi dalla Russia rendeva quasi impossibile ogni altra soluzione definitiva della questione cretese. Si poteva dunque considerare se non era ormai preferibile il prendere questa candidatura come base di una soluzione circondata da quelle guarentigie conservatrici ,che le potevano determinare, piuttosto che vedere la nomina del principe Giorgio compiersi come un fatto rivoluzionario ben più pericoloso per la pace nell'Oriente, ed innanzi al quale l'accordo dell'Europa si romperebbe e i Governi si troverebbero in una difficilissima condizione. Le potenze infatti non potrebbero essere disposte ad esercitare contro le popolazioni cretesi un'azione coattiva nè ad abbandonare

l'isola alla repressione ottomana. Dal linguaggio del barone Pasetti mi è parso poter presumere che l'opposizione del suo Governo non è assoluta, nè tale da chiudere la via all'esame delle possibili transazioni. A noi importa dunque tanto più il mantenere vivo lo scambio delle idee col Gabinetto di Vi·enna. I due Governi hanno eguali interessi. Nè all'Italia, nè all'Austria-Ungheria può convenire che le tre potenze alleate si separino nella questione di Oriente e tanto meno ·che per la soluzione della questione di Creta si formi un aggruppamento parziale di potenze a cui la triplice rimanga estranea. Sono eventualità che nè a Roma nè a Vienna si possono considerare colla stessa tranquillità con cui sembra considerarle il Governo germanico.

(l) -In LV: • giunto con due versioni successive •· (2) -In LV: • È stata richiamata la •. (3) -Si tratta del t el. n. 307, non pubblicato.
374

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, ALL'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA (Ed. in LV 97, p. 49)

T. 373. Roma, 17 (l) febbraio 1898, ore 18,35.

Dopo essermi (2) intrattenuto ancora una volta delle cose cretesi con questo ambasciatore di Austria-Ungheria ho cosi riassunto il mio concetto: «Noi avevamo creduto di far conoscere le nostre preoccupazioni per il pericolo che la candidatura del Principe Giorgio s'impegnasse, tosto o tardi, nelle vie rivoluzionarie, ma la nostra politica era innanzi tutto quella dell'accordo di tutte le potenze negli affari di Oriente. Per parte nostra eravamo adunque disposti ad accettare, in massima, il progetto dell'invio, nell'isola di Candia, di un commissario provvisorio delegato delle potenze, quando questo progetto fosse per ottenere l'adesione degli altri Governi.

375

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, ALL'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA (Ed. in LV 97, pp. 49-50)

T. 374. Roma, 17 (l) febbraio 1898, ore 18,45.

Qui riproduco, per notizia di lei, un mio telegramma al R. ambasciatore in Vienna: « Dopo essermi intrattenuto, ecc.... » (3). Le stesse cose avrei detto n Saurma se lo avessi veduto nel ricevimento di jeri (4). Gli avrei anche soggiunto che l'idea di incaricare due potenze di pacificare l'isola mi pareva incontrare molte difficoltà e che il conte Golouchowski aveva già dichiarato che l'AustriaUngheria non avrebbe partecipato a questo incarico, nè sola, nè in compagnia di altra potenza. In ogni modo noi abbiamo piena fiducia che il Governo germand.co non vorrà, senza prima consultarci, mettere innanzi od appoggiare alcun progetto che, al nostro punto di vista, possa non accordarsi cogli interessi e le legittime suscettibilità dell'Italia nelle questioni del Mediterraneo. Prego V. E. di esprimersi costì nello stesso senso.

(l) -In LV il telegramma reca la data del 16 febbraio 1898. (2) -In LV qui aggiunto: • oggi •· (3) -Cfr. n. 374. (4) -In LV: c di oggi •·
376

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, FERRERO (Ed. in LV 97, p. 50)

T. 375. Roma, 17 febbraio 1898, ore 20. Quando fu proposta dal Governo russo la candidatura del principe Giorgi<>, noi abbiamo dichiarato che il Governo italiano, per quanto lo concerneva, era disposto a considerarla favorevolmente, ma che desiderava che fossero prima esauriti tutti i mezzi per mantenere l'a,ccordo delle potenze nelle complicazioni d'Oriente. Non potendosi ora <>ttenere questo accordo intorno alla candidatura del principe Giorgio in seguit<> alla opposizione dei Gabinetti di Berlino e di Vienna, il segretario di stato per gli affacr:i esteri del Governo germanico, senza fare una formale proposta, ha fatto conoscere che, a ooo avviso, due erano le soluzioni possibili per uscire dalle presenti difficoltà. L'una consisterebbe nella nomina di un commissario delegato delle potenze incaricato di assumere provvisoriamente il govemo di Creta. L'altra nell'incaricare due delle grandi potenze di paciificare e ri<>rganizzare l'isola. Noi siamo disposti ad accettare, in massima, l'invio di un commissario delegato delle potenze, quando questa combinazione otterrà l'assenso anche degli altri Governi e salvo l'esaminare i termini del mandato da ,affidargli e le condizioni in cui potrà esercitarlo con probabiUtà di successo. Prego V. E. di farmi conos,cere l'opinione di Lord Salisbury in proposito. Quanto al progetto di incaricare due potenze della ri<>rganizzazione dell'isola

credo che esso potrà incontrare delle difficoltà pratiche e !forse anche dei pericoli e che quindi l'attenzione delle potenze debba PQrtarsi suH.a prima proposta.

377

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, ALL'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI

D. 6094/154. Roma, 17 febbraio 1898. Ho ricevuto il rapporto del 24 gennaio u. s., n. 160/57 {l), col quale mi riferisce il colloquio col Ministro :francese degli Affari Esteri circa Raheita. Il signor Hanotaux Le ha dichiarato che la questione della priorità delle ragioni sua territorio di quel Sultanato era tuttora insoluta fra i governi di Roma

e di Parigi. Ora, la verità è che rimane tuttora insoluta la sola questione dei limiti meridionali di quel territorio.

V. E. ha giustamente <>sservato che la posizione dell'Italia nel sultanato di Raheita è quella che risulta dal trattato del 20 settembre 1880 ed ha cautamente operato evitando ogni discussione quando il signor Hanotaux accennò a riserve dei diritti della Francia su quel territorio.

Mi preme di qui ricordare, in Unea di fatto, come nel negoziato con la Francia nel 1891 per la delimitazione verso Obock fu ammesso di comune accordo che il territorio del sultanato di Raheita rimanesse all'Italia fino a ras Dumeira;

e se quel negoziato non condusse ad una conclusione non lfu certo, come Ella ben sa, per divergenze sorte su questo punto.

Dallo scambio di idee che V. E. ebbe, nel febbraio dello scorso anno, coJ. .signor Hanotaux, allo 'scopo di riprendere il negozia,to del 1891, questo Ministero dovette dichiarare senz'altro inaccettabile (dispaccio 23 febbraio 1897,

n. 173) la :proposta del Ministro degli Affari Esteri della Repubblica di portare il confine dei possedimenti francesi fino a ras Sinltiar, appunto perchè, in tal modo, l'Italia avrebbe dovuto rinunziare a tutto il territorio del sultanato di Raheita.

Allo stato delle cose, non sarebbe opportuno riaprire noi stessi J.a questione; però, sulla base delle trattative del 1891, noi siamo sempre disposti a prestarci, con la Francia, ad un amichevole componimento.

(l) Cfr. n. 356.

378

L'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 425. Parigi, 18 febbraio 1898, ore 16,15. Jeri davanti la Corte d'Assise il generale Pellieux ha fatto uso di una piretesa lettera che sarebbe intervenuta fra gli addetti militari d'Italia e di Germania nella prima metà di novembre 1896, e dalla quale risulterebbe che i due uftkiali s'impegnavano a non ,svelare le relazioni da, essi avute con Dreifus. Il generale Pellieux, che lfu incaricato dopo il 16 novembre 1897 delle inchieste relative alla denunzia contro Hesterazi, ha dichiarato di nulla aver saputo circa l'affare Dreifus prima di aver ricevuto tale incarico. In seguito alle pubblicazioni dei giornali, il 10 novembre 1897, dichiarai ad Hanotaux la falsità delle lettere delle quali giornali avevano parlato. In quel colloquio Hanotaux mi disse non avere egli titolo a ricevere la mia dichiarazione, ma, nel successivo colloquio da lui meco avuto il 27 deHo stesso mese, questo ministro degli affari esteri mi dichiarò che, nonostante la risposta declinatoria che egli aveva creduto di dovermi dare, le mie dichiarazioni erano state comunicate al ministro della guerra; e soggiunse essere impossibile che una testimonianza così autorevole venisse negletta. V. E. ricorderà che io ho appoggiato allora la mia dichiarazione con la lettera particolare del 28 novembre al signor Hanotaux, allegata in copia al mio rapporto a V. K di quella stessa data (1). Dalle premesse cose risulta che, sebbene si conoscessero qui al ministeiro della guerra le mie dichiarazioni, si continuò dal ministero stesso a fare uso di una lettera da me dichiarata falsa e che falsa è indubbiamente, e ciò per influire sulla coscenza del generale Pellieux, incaricato dell'inchiesta Hesterazi, il quale ne ha fatto ieri pubblicamente uso davanti alle Assise della Senna. Il fatto è grave. V. E. conosce i termini espliciti della mia nota al signor Hanotaux del 15 gennaio (1). Dopo la dichiarazione del Governo alla Camera ogni mia nuova dichiarazione offenderebbe, insieme al decoro della rappresentanza del re, la stessa mia dignità personale. Mi sembra venuto il momento che V. E. faccia senza indugio

dire qui dall'Ambasciatore di Francia a Roma tutto ciò che vi è in 4.uesto modo di procedere.

18 - Documenti diplomatici • Serie III . Vol. Il.

(l) Non pubblicata.

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IL CONSOLE A JANINA, MILLELIRE, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. RISERVATO 46/15. Janina, 21 febbraio 1898. Da Valona mi vien riferito che il nuovo vice console austriaco ha cominciato un'attiva propaganda austriaca colà. Egli conversando cogli Albanesi di quel Paese, ,cerca con ogni mezzo di sviluppare in essi il sentimento di nazionalità e far vedere come il Governo ottomano abbia sempre avuto a riguardo di essi delle intenzioni matrigne, per aumentare così in essi il malcontento. Quando poco tempo fa la Russia aveva preso a patrocinare la candidatura del principe Giorgio, egli insinuò agli albanesi, che per impedire la riuscita di quella candidatura, dovevano subito ribellarsi, però in quell'epoca essendo qui di passaggio uno dei fratelli Vlora Suria bey, che sono i veri padroni di Valona per influenza, ed essendo venuto a vedermi io non ho mancato, in seguito agli ordini di V. E., di raccomandargli la calma, egli mi promise che nulla sarebbe accaduto e mantenne la parola. In confidenza poi mi ha detto che il viceconsole austriaco aveva cercato di intavolare con lui delle trattative segrete, facendogli balenairi delle speranze lusinghiere, ma i Vlora che come V. E. ben sa simpatizzano per noi, avendo categoricamente declinato ogni offerta, ora da Valona mi 1si informa che il viceconsole austriaco vedendo da quella parte fallire le sue speranze, tenta di formare colà un partito austriaco capitanato da Adem bey nemico personale dei suddetti. Se egli riuscirà nel suo intento o meno, io potrò senza dubbio saperlo, nè mancherò a suo tempo di segnalarlo a V. E. Comunque sia oramai non v'ha dubbio che l'Austria anche nella bassa Albania ha iniziato una campagna attiva di propaganda e che i suggerimenti dei suoi agenti tendono segretamente a provocare disordini, dei quali naturalmente il Governo austro.ungarico crede di poter approfittare, mettendo sul tappeto la questione albanese. So pure che il console generale austriaco di qui che ora trovasi in congedo, ha ricevuto ordine nel ritornare in sua residenza, di fermarsi qualche giorno a Valona per inten·dersi col viceconsole per affari di servizio. Ecco dunque spiegato il lusso di personale austriaco a Valona e perchè si è mandato colà il Petrovich, già viceconsole a Costantinopoli, il quale conosce benissimo l'albanese essendo di quell'origine. Non v'è dubbio alcuno che l'Austria cerca con ogni mezzo di acquistare la prevalenza in questi paesi, per prepararvi la sua egemonia. Essa già possiede in questi luoghi il maggior commercio vi esercita, o per meglio diire monopolizza, le poste, la protezione della Chiesa Cattolica, e tenta di accaparrarsi l'animo degli albanesi musulmani i quali qui costituiscono l'elemento dominante. Avuti questi in mano il paese sarà suo, perchè a nulla socvirà l'opposizione della Grecia coi suoi cristiani ellenizzati, i quali non hanno veruna voce in capitolo. Come già sottomisi non poche volte a V. E. gli albanesi musulmani di qui hanno avuto sempre per noi simpatia, simpatia che io per mezzo di influenti amicizie fra essi, ho potuto mantenere finora, senza promesse, senza lusinghe, e

neppur destare sospetti nella autorità locale, la quale invece ha sempre avuto in me piena fiducia. Però oramai la lotta diventa impari, e di fronte a questa

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campagna austriaca parmi sia necessario non rimanere inerti e neghittosi, se non vogliamo che l'Austria finisca per prendere interamente il sopravvento.

Già non poche volte ho sottomesso a V. E. le mie idee intorno all'importanza sia strategica che commerciale, che queste contrade hanno per noi, ·specialmente dopo l'occupazione di Tunisi, e dell'hinterland di Tripoli da parte della Francia. Ora permetta V. E. ad un modesto impiegato, ma che conosce a fondo il paese, di esprimere francamente la propria opinione.

Se noi andremo innanzi di questo passo, nonostante le naturali tendenze degli Albanesi verso di noi, essi finiranno per sfuggirei di mano, giacchè finora l'opera nostra è stata non solo negativa, ma anzi direi dannosa; infatti dopo aver create con tante spese le scuole, dopo di aver sostenuta una lotta immane per esse, alla vigilia del nostro trionfo, le abbiamo abolite, quando già contavamo nei nostri istituti non meno di .seicento alunni, fra i quali non pochi fanciulli e fanciulle musulmane. L'abolizione delle nostre scuole era parsa agli Albanesi ·che tanto le aveano sostenute, come un nostro tacito riHro, come una rinunzia a qualsiasi ingerenza nel paese. Nonostante però quel grave colpo, pure la simpatia per noi perdura ancora, ed ora entriamo nel vero periodo psicologico nel quale è giocoforza prendere una determinazione «C'est à prendre où à laisser ». È venuto il momento di fare ciò che fanno i nostri oppositori, sia austriaci che greci, di sviluppare in questi paesi a noi limitrofi e dove ancor palpita il nome di Venezia, il nostro commercio e la nostra legittima influenza, per non !asciarci sfuggire di mano, l'occasione così propizia, che senza nostro merito, la sorte ci presenta.

E qui uno spontaneo e naturale dilemma si presenta alla mente:

O il R. Governo non approva affatto le mie idee.

Ovvero il R. Governo le condivide.

Da queste due premesse ne sgorgano logicamente altrettante conseguenze.

Ammesso il primo caso, perchè mantenere in Epiro un Console di canriera, e delle Agenzie a VaHona e P.revesa? Le nostre colonie in questi paesi, non sono tali che per numero ed interessi, possano autorizzar una simile spesa; allora un console di 2• categoria a Janina e Vallona sarebbe più che sufficiente: naturale conseguenza dunque, la soppressione del Consolato di Janina, per erogare quei fondi nei luoghi nei quali crediamo di aver interessi più vitali da sostenere.

Ma se invece prevale la seconda ipotesi, allora sarebbe oramai giunto il momento di sortire dal nostro letargo, per non assistere al crudele spettacolo di vederci rapire un'influenza, che per tanto tempo ha battuto alle nostre porte. Io non sollecito da V. E. nulla di straordinario, nulla di compromettente, poichè la prudenza è sempre stata la mia guida: soltanto quello che ciascuno ha diritto di fare, quello che fanno infatti i nostri oppositori, senza tanti riguardi; in queste cose « Chacun pour so i et Dieu pour tous ».

Chi ci potrà accusare se in paese di nostra frontiera, noi cercheremo con mezzi leciti svilupparvi la nostra influenza ed i nostri scambi, mentre lo fanno altri di noi più lontani?

A mo' d'esempio chi potrà accusarci se noi stabiliremo in Epiro le linee di navigazione, da me da tanto tempo vagheggiate, mentre altri ne hanno almeno il doppio?

Chi potrà bandirei una crociata, se noi in cambio delle scuole, oramai sfatate, stabiliremo qui un'Agenzia commerciale, mentre altri hanno quasi il monopolio del commercio? Chi farà un'alzata di scudi contro di noi ·se una società italiana intraprendesse la costruzione della meschina ferrovia di Epiro, quando tutte le nazioni europee ne possiedono in Turchia? Quale sarebbe la ragione che ci potrebbe vietare di elevatre i no.stri Consolati allo stesso livello dei nostri concorrenti?

Tutte queste cose nel mentre non lederebbero il diritto di alcuno, sarebbero invece un tacito incoraggiamento a coloro che hanno per noi simpatia!

Come V. E. ben vede io non patrocino affatto una politica di avventure, ma bensì quella di esplicare la nostra attività come ogni popolo eivile ha il diritto, anzi il dovere di fare, e come infatti tutti lo fanno.

È sempre vero l'antico proverbio che «chi dorme non piglia pesci». Concludo dunque, che senza por tempo di mezzo si dovrebbero attuare le seguenti misure:

l) Stabilire le linee di navigazione, già da me indicate con apposito rapporto; tenendo bene in mente di non tralasciare il porto di Santi Quaranta, il quale se non ha una somma importanza commerciale, ne ha invece una grandissima postale, nonchè politica. Lasciando in quel porto le Valigie all'autorità ottomane, come più volte ne fui richiesto, si libererebbe il paese da un'odioso monopolio, con evidente vantaggio di tutto il mondo civile.

2) Invece di riattivare le scuole oramai sfatate, il cui ristabilimento potrebbe suscitar sospetti, e i di cui frutti sarebbero a lunga scadenza, troverei più naturale instituire l'Agenzia commerciale da me suggerita ·con speciale rapporto; e se non vi sono fondi come mi fu risposto, abolirne piuttosto qualcheduna in pa.ese per noi non tanto interessante; oppure trovare i fondi in qualche mode, nel prossimo bilancio, poichè alla fin dei conti non si tratterà di somma molto elevata.

3) Possibilmente incoraggiare qualche industria privata ad assumere la costruzione della ferrovia progettata in Epiro. I vantaggi di quest'impresa sarebbero immensi, il discuterli mi pare opera soverchia.

4) Mettere i nostri Consolati in Albania al livello dei nostri oppositori, che sono Consolati Generali; una posizione inferiore è sempre ditrimpetto alle masse ed all'autorità locale dannosa in qualsiasi occasione: dippiù autorizzare i titolari a fare almeno due viaggi all'anno nel distretto, per potersi mettere in comunicazione ·cogli altri centri, come fanno .gli altri Consoli, persin quello di Russia e Francia che non hanno qui verun interesse.

Terminerò questo mio rapporto colla considerazione, che se noi ci siamo finora astenuti dal fare qualunque cosa qui per timore di essere sospettati, cionullameno ad onta della nostra riserva ed azione negativa, pure si è sempre parlato delle tendenze italiane in Albania, basta leggere i libri del Berard « La Turquie et l'Ellénisme Contemporain » « La Macédoine » ove a torto fummo accusati, per convincersene; quindi abbiamo avuto le voci senza le noci. Giacchè le cose sono così, cerchiamo almeno di avere anche le noci.

Io spero che V. E. mi concederà venia delle considerazioni sottomesse, anche se ave.ssero la disgrazia di non incontrar favore, poichè sono figlie del mio sincero amor di patria.

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L'AMBASCIATORE A VIENNA, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

(AVV)

L. P. Budapest, 21 febbraio 1898.

Approfitto della partenza di Cusani per Roma, dove egli va a far parte degli esaminatori per la carriera diplomatica e la consolare, per darvi le ultime notizie circa le intenzioni di questo Gabinetto sugli affari di Creta. Ho comunicato al conte Goluchowski quanto mi avete telegrafato il 18 a sera (1). Egli continua a mostrarsi contrario alla candidatura del principe Giorgio, almeno finchè questa non sia accettata da :tutte le Potenze, e finchè non sia in un modo qualunque rassicurato che per essa non sorgano complicazioni nei Balcani. È disposto ad accettare la proposta germanica, già !fatta prima d'ora dall'Inghilterra, d'affidare a due Potenze il mandato d'applicare il progetto elaborato dagli Ambasciatori sull'autonomia dell'isola, purchè ben inteso l'Austria-Ungheria non sia una delle due. Per la scelta eventuale di queste due Potenze, il conte Goluchowski non ha proposta da fare. Preferirebbe che fossero l'Italia e la Francia. Ma accetterebbe ogni altra combinazione, e quindi anche quella preferita dalla Germania, doè la delegazione del mandato europeo alla Russia e all'Inghilterra. Tuttavia il conte Goluchowski pensa che sia più pratica l'idea di nominare un Commissario europeo, il quale eserdterebbe questo mandato, pacificando l'isola e applicandovi il regime dell'autonomia. Ma anche per questo secondo progetto il conte Goluchowski non ha da dare speciali suggerimenti. Non ha candidati da proporre. La sua preferenza sarebbe per l'ammiraglio Canevaro. Ma accetterà qualunque altro che riunisca i suffragi delle potenze.

Come vedete, non sarà dunque da Vienna nè da Pest che verranno le risoluzioni determinanti. E in verità non so donde verranno. Il Gabinetto russo, dopo aver gettato, forse inconsciamente, il pomo di discordia nel consesso europeo, ed aver creato in Grecia e a Creta un'eccitazione che difficilmente potrà calmarsi, si ritira, dopo questo bel trionfo, sotto le sue tende e aspetta. La Germania, che non ha mandato un solo uomo a Creta, vorrebbe far fare l'opera ingrata alle altre Potenze, conservandosi dei vantaggi che la sua attitudine le ha procurato e le procura a Costantinopoli. L'Austria-Ungheria non bada in fondo che ad evitare complicazioni nei Balcani, dove intende che sia mantenuto lo status quo, poichè vede bene, che nello stato deplorevole in cui si trovano le varie parti della Monarchia, ogni complicazione estera può essere nociva ai suoi interessi. Chi patisce di più d'un tale stato di cose sono le potenze veramente mediterranee, cioè l'Italia e la Francia. Ma questa è paralizzata dai suoi legami colla Russia. E l'Italia sola rimane impotente. Dico sola, poichè l'Inghilterra, che anch'essa ha gravi interessi nel Mediterraneo, distratta dagli affari dell'Estremo Oriente, che essa considera anche più gravi, sembra aver rinunziato finora ad ogni ardita iniziativa per la Creta.

Intanto la Turchia è ancora in Tessaglìa, e il Sultano, forte dell'indecisione dell'Europa, non si mostra punto disposto a richiamare Djevat pascià, nè ad

accettare la candidatura del principe Giorgio. Al suo punto di vista chi può dargliene torto? Nedim bey, ambasciatore di Turchia a Vienna, tiene in proposito un lingua.ggio che merita di essere notato. Egli dice: il Sultano non può ac·cettare il principe Giorgio come Governatore di Creta, poichè una tale nomina non sarebbe che un'ignobile mistificazione, che apparisce tale agli occhi di tutti, e quindi anche a quelli dei musulmani dell'Impea:o. È un gioco indegno dell'Europa. Questa candidatura equivale all'annessione. Ma ha molto maggiori inconvenienti ed è assai peggiore dell'annessione. Il Governo del principe Giorgio nor~ darebbe alcuna guarentigia ai mussulmani dell'isola, e il Governo turco non avrebbe alcun'azione su di esso, poichè lo si impedirebbe dal mandar truppe turche in Creta. Per contro l'annessione di Creta alla Grecia sarebbe almeno una soluzione non meru:ognera, e il Sultano, per tutelare i mussulmani dell'isola, avrebbe la risorsa, nel caso dell'annessione, di potersi rivolgere al Governo ellenico, e di farsi ascoltare, poichè da quel lato non troverebbe l'ostacolo delle navi europee. Questo lin.guaggio dell'Ambasciatore turco può essere la espressione d'una convinzione personale, ma può anehe essere inspirato da Costantinopoli. Questo io non Io so. Ma se veramente fosse suggerito dal.la Porta, la questione potrebbe cambiar carattere con benefizio di tutti. Voi avrete forse modo di chiarire la cosa. L'annessione avrebbe il vantaggio di risolvere la questione radicalmente, e •giacchè si prevede da tutti che ·si finirà ·Così, non si vede perchè non la si faccia fin d'ora, se si riesce a impedirne le conseguenze che si temono sui Balcani. A vero dire l'Europa, cosi facendo, si contraddirebbe patentemente. Ma si è contraddetta tante volte, che nessuno si meraviglierebbe se si contraddice una volta di più. La difficoltà più grave sarebbe nel pericolo di conflagrazioni in Serbia e in Bulgaria. E anche a questa difficoltà si potrebbe portar rimedio, quando lo status quo territoriale dei Balcani fosse guarentito dall'Europa, e vigilato da accordi sinceri e positivi presi tra l'Austria-Ungheria e la Russia, accordi già stabiliti, ma soltanto in massima, tra queste due Potenze.

Io desidererei potere fare nei primi di marzo prossimo una corsa a Roma, per portare al Re, per la prima volta in mia vita, i miei voti personali all'occasione della sua festa di nascita; per parlarvi della questione di Creta e prendere anche personalmente le Vostre istruzioni; e anche per intrattenervi d'un altro affare. Vi sarò grato se potrete accordarmi il permesso di fare una tale corsa. Farei conto di essere a Roma il 7 o 8 marzo, e ne ripartirei dopo il 15. Mandatemi, vi prego, questa autorizzazione per telegrafo. Riparto domani per Vienna.

Qui a Pest hanno festeggiato il Corpo diplomatico. La presenza dell'Ambasciata italiana al completo nella capitale ungherese fu vista con molto favore e me l'hanno fatto sentire.

(l) Si tratta del telegramma n. 392, non pubblicato.

381

!L MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, ALL'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA

T. 413. Roma, 22 febbraio 1898, ore 20. Sono grato al signor Biilow della dichiarazione sua che nell'eventuale svolgimento del progetto per Creta terrà conto delle considerazioni enunciate nei

nostri ·colloqui da Roma. Desidero, però, per norma del suo linguaggio, che V. E. conosca esattamente il mio pensiero, la situazione essendo notevolmente mutata dal tempo in cui quelle considerazioni riferivansi essenzialmente alla eventualità di un'azione rivo1ta a domare l'insurrezione e cacciare dall'isola le truppe elleniche. Nella situazione presente il compito delle due potenze a cui fosse dato l'incarico di pacificare l'isola avrebbe ·certo un carattere diverso. Ciò premesso, osservo ·che, se una simile combinazione avrebbe per noi inconvenienti gravi, non solo d'indole finanziaria, ma anche d'indole politica, nella ipotesi in cui una delle due potenze fosse l'Italia, gli inconvenienti sarebbero forse ancor più gravi, nella ipotesi in cui l'Italia, dopo avere avuto notevole parte nelle fasi anteriori, si trovasse esclusa, nella fase conclusiva, dal partecipare all'assetto di una questione strettamente attinente all'equilibrio nel Mediterraneo. Il corollario pratico è questo: che noi dobbiamo bensì adoperarci quanto più efficacemente si possa, acciocchè la proposta di cui trattasi non abbia seguito, ma astenerci scrupolosamente dal pregiudicare le nostre risoluzioni per il caso in cui, malgrado le nostre obiezioni, prevalesse il concetto di affidare a due potenze il compito della pacificazione e l'Italia fosse ·Chiamata ad essere una delle due. Dico questo a V. E. perchè conoscendo H no.stro intimo pensiero ella può eventualmente trame norma pel suo linguaggio.

382

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, FERRERO

T. 414. Roma, 22 febbraio 1898, ore 20. Desidero che, per norma del suo linguaggio, Ella conosca esattamente il mio pensiero circa le due ·Combinazioni messe innanzi dal Gabinetto di Berlino. Per quanto concerne la nomina di un commissario delegato delle Potenze, noi siamo disposti a consentire purchè il mandato del commissail'io sia tale da escludere il pericolo di un insuccesso presso le popolazioni cretesi. Per quanto concerne l'idea di affidare a due potenze l'incarico di pacificare l'isola, noi dobbiamo desiderare che non abbia seguito, ed in questo senso dobbiamo adoperarci. È irufatti evidente che nella ipotesi in cui l'Italia dovesse essere una. delJe due Potenze, gravi sarebbero gli inconvenienti non solo d'ordine finanziario ma anche d'ordine politico, e che più gravi ancora .sarebbero .gli inconvenienti d'ordine politico se l'Italia si trovasse nella fase decisiva, esclusa dall'azione tendente a regolare una questione essenzialmente mediterranea. Senza entrare in questi particolari dell'intimo nostro concetto, V. E. avrà modo di confermare

Lord Salisbury nei dubbi manifestati, di guisa che la divisata combinazione non abbia a trovare favore presso codesto Gabinetto.

383

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, FERRERO

D. 6686/59. Roma, 23 febbraio 1898. Col rapporto del 10 corrente, n. 99/50 {1), ho ricevuto il testo del trattato

anglo-etiopico del 14 maggio 1897 testè presentato ai due rami del Parlamento britannico.

Nei riguardi dell'Etiopia, il trattato e lo scambio di note Rodd-Maconnen per la frontiera del protettorato della costa Somali ,contengono, in sostanza, concessioni ~commerciali e territoriali al Negus di Abissinia, il quale, in compenso, si è impegnato a riconoscere i Madisti come nemici del suo Impero.

Nei riguardi della Francia, il trattato elimina le difficoltà, che finora hanno impedito allo scalo di Zeila di fare vittoriosa concorrenza a queLlo di Gibuti pel commercio dell'Etiopia meridionale. L'accordo anglo-etiopico infatti, toglie il divieto al transito delle armi, dà la franchigia a « tout matériel destiné au service de l'état éthiopien », e toglie in gran parte, le ~cause di possibiili conflitti per la incursione degli Amara nei territori del protettorato britannico.

Nei riguardi dell'Italia, in fine, la nuova delimitazione anglo-etiopica non reca pregiudizio ai nostri interessi, poichè l'Inghilterra ha ~effettivamente rinunciato, a favore dell'Etiopia, a territori che, in virtù del protocollo anglo-italiano del 5 maggio 1894, aveva riservati alla sua Slfera d'influenza.

Ciò conferma quanto ebbi a scrivere a codesta Ambasciata col dispaccio del 7 ottobre, n. 37677/251 (1), ed è in armonia con le dichiarazioni recentemente fatte alla Camera dei Comuni dal sottosegretario di Stato per gli Affari Esteri della Regina.

È però degno di nota che nulla sia stato pubblicato circa gli accordi che diconsi conchiusi dall'Inghilterra coll'Etiopia anche per quanto si riferisce alle regioni niliache.

(l) Non pubblicato.

384

L'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, PANSA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. RISERVATO 114/54. Costantinopoli, 25 febbraio 1898. Da alcuni giorni, è cocsa qui voce che l'Ambasciata di Russia avesse fatto pratiche presso la Sublime Porta allo scopo di ottenere che uno o due legni da guerra provenienti da Sebastopoli fossero autorizzati a traversare iil Bosforo ed i Dardanelli, con truppe ed armi destinate all'Estremo Oriente. Il R. Ministero conosce le c~ircostanze nelle quali fu negli scorsi anni sostenuto dal Governo di Pietroburgo il proprio intento di far passare per gli stretti i legni della flotta volontaria a destinazione di Vladivostok, questione che, malgrado la sua contestabilità in via di diritto, fu praticamente risolta a favore delle domande russe. Ma ora si sarebbe trattato di proprie navi da guerra, in aperta violazione degli esistenti impegni internazionali. Come si sia passata esattamente la cosa, nessuno l'ha finora saputo. Ciò che lascia supporre avere il fatto qualche consistenza, è che la notizia delle domande russe fu riprodotta giorni sono da due giornali turchi soggetti a rigorosa censura. Mi risulta inoltre che rm membro dell'Ambasciata di Russia rilevava, non ha guarì, in una privata conversazione, il vitale interesse che presenta in questi tempi per il suo paese la questione del poter

spedire rinforzi di truppe nell'Estremo Oriente direttamente dal Mar Nero. Ma questi non sono che indizi e, in un argomento così delicato, nè io nè alcuno, credo,

dei miei colleghi abbiamo reputato opportuno di azzardare positive interrogazioni, quali non avrebbero probabilmente ottenuto risposte veritiere. Rimanendo pertanto nel campo delle congetture, posso soltanto registrare una versione secondo la quale, in seguito alle istanze del signor Zinovieff, il Sultano avrebbe emanato ordini segreti che permisero di fatto ad una cannoniera russa di passare pel Bosforo di notte tempo senza che altri se ne avvedesse. Quale che sia la attendibilità di questa notizia che non mi trovo in grado di controllare, mi sembra degno di nota il contegno mantenuto dall'Ambasciatore britannico, il quale, dopo di essersi sul principio alquanto preoccupato dell'incidente, finì col dirmi ch'egli non riteneva doversene altrimenti inquietare. Se si fosse trattato, osservò sir Philip Currie, di un permesso formalmente accordato dalla Sublime Porta al passaggio di navi da guerra russe, vi sarebbe stato luogo a protestare contro una simile infrazione; ma se la cosa si riduceva ad un contrabbando nottumo autorizzato, per una volta, da un ordine privato del Sultano, egli non riteneva che valesse la pena di approfondire se ed in quali ·circostanze ciò potesse essere avvenuto, giacchè anche in tal caso non ne riuscirebbe vulnerata la questione di principio. Il ragionamento è giudizioso: ma l'indifferenza che lo

inspira non è perciò meno caratteristica dei mutamenti che ha subito sul Bosforo la tlfadizionale politica inglese, dai tempi di lord Stratford de Redcliffe.

(l) Non pubblicato.

385

IL CONSOLE A SCUTARI, LEONI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 50/27. Scutari, l marzo 1898. Facendo seguito al mio rapporto del 16 novembre 1897, n. 301/141, (1) con cui riferivo circa al lavorio messo in opera dall'Austria perchè la fusione degli Ordini dei Francescani r~uscisse, per quanto riguarda il'Albania, in modo da servire allo scopo principale di quel Governo, ·che è quello di avere a totale sua dipendenza tutti gli ecclesiastici del territorio albanese a qualunque categoria appartengano, sono ad informare che il favorevole esito delle insistenti pratiche fatte a Roma ha superato le previsioni. Infatti, come col detto rapporto mi facevo dovere d'informare, ila questione verteva sulla nomina del Superiore o Provinciale, e sulla costituzione del Consiglio che lo deve assis.tere nella amministrazione, Consiglio tassativamente imposto dagli Statuti dell'ordine. La nomina del Superiore fu fatta in persona del Padre Zubac, austriaco, e fin qui niente di straordinario pe.rchè era già preveduta e la previdi, ma quello ·che è degÌ:w di essere rilevato si è che il detto Superiore fu nominato senza l'assistenza di alcun Consiglio contrariamente agli stessi .statuti dell'ordine, dimodochè a lui solo è affidata la .somma del potere, e la piena superiorità su tutte le missioni francescane d'Albania e perfino del Montenegro. Le difficoltà da superare per arrivare a questo risultato non dovettero essere poche perchè si trattava di

ottenere ciò che le leggi fondamentali di un ordine non consentivano di concedere, ma l'imbarazzo che avrebbe creato il prescritto Consiglio che non poteva

risultare composto in maggioranza .che da Frati Italiani, spinse chi aveva interesse a insistere perchè iJ Consiglio non fosse nominato, e l'intento fu ottenuto, dimodochè attualmente nessuno più dei Frati Missionari sfugge alla superiorità del nuovo Provinciale che, essendo austriaco, alla sua volta non sfugge a quella del suo Governo, ·che in fondo è quello che amministra e dirige. N oti:si che colla nomina del Padre Zubac a Superiore si preferì una persona che trova,si appena da poco più di un anno in Albania a diversi Missionari Italiani che da 30 e 40 anni esercitano nel territorio albanese il loro apostolato.

Da ciò ne .conseguirà: l) il progressivo allontanamento dei missionari italiani, mediante la sostituzione di tfrati albanesi, per i quali si sta preparando l'apertura detlla nuova casa di noviziato in Rubigo, onde evitare che i novizi siano inviati in Italia come prima si faceva; 2) un maggiore sviluppo della scuola dei Francescani tenuta fin'ora dai Riformati, ·cui il nuovo superiore con più lauti sussidi non mancherà di volgere le sue cure più assidue; 3) la completa e assoluta dipendenza dall'Austria di tutti i componenti il Clero Cattolico, alla quale fin'ora, stante la divisione delle Famiglie, stfuggivano in parte i missionari francescani.

La promessa di più larghe sovvenzioni e di maggiori aiuti, promessa che non tarderà a essere mantenuta, ha fatto seguito al favore ottenuto di un ordinamento corrispondente agli scopi che l'Austria si prefigge, il che indica chiaramente che quel governo, il quale, per quanto riguarda questa regione, ha oramai la S. Sede favorevole ad ogni suo volere, sempre più insiste nel servirsi del clero come mezzo precipuo di influenza sulle popolazioni, profittando della protezione del culto che gli è affidata.

L'avvenire solo potrà dimostrare quanto e come un tale mezzo risponderà ai possibili scopi.

Io, senza metterne in dubbio la efficacia e Ja potenza, conoscendo :l'ambiente, mi permetto di dubitare che possa dare tutti i risultati che, pure è probabile, si sperino fin d'ora (1).

(l) Non pubblicato.

386

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DELL'INTERNO, RUDINI', AL COMMISSARIO CIVILE DELL'ERITREA, MARTINI (ACS, Carte Martini)

L. Roma, 4 marzo 1898. Le pveoccupazioni non cessano mai. E il lavorio dei pa·rtiti sovversivi, che potrebbero ·chiamarsi anti-nazionali, cerca di sfruttare tutte le occasioni. A ogni modo fra un mese ·circa saranno finite le preoccupazioni annonarie e sarà gran mercè se non vi saranno altri guai oltre quelli che si verificarono fino a questo giorno. Grazie della sua !lettera del 13 p.p. Il cambiamento di governo avvenuto costì pacificamente se attesta le buone qualità del generale Caneva attesta.

pure dell'ottima scelta che fece il Governo centrale chiamando Lei a reggere le sorti della Colonia.

Il ·buon pubblico (Luzzatti incluso) che mormora per le cose di Africa non si accorge del gran mutamento avvenuto. Mutamento che risparmierà alla Patria molti dolori e molti quattrini.

Intendo ·Che bisogna passare per un periodo di provvisorietà durante il quale si venga mutando il piede di casa. Approvo perciò tutte le risoluzioni e i tagll.i fatti e quelli che ci propone di fare. Spero io pure che; le previsioni per il 1898-99 possono essere a,ccettate dal tremendo Luzzatti. Quanto all'Ufficio di Africa pare sia stato sistemato con un decreto Ministeriale. Così mi affermò il Visconti Venosta. Il Cavaliere Agnesa, come Ella desidera, dirige l'Ufficio. Speriamo che le cose vadano bene. Se non andranno come Ella desidera mi ponga tosto sull'avviso e provvederò. Quanto Ella mi dice delle spese fatte a mano aperta e occhi chiusi mi accora, ma mi persuade, n~Uo stesso tempo, 'che ,si è fatto bene a mutare indirizzo.

L'assetto definitivo della Colonia sarà difficile e difficile soprattutto la sistemazione della difesa. Ma i Militari debbono persuadersi che non .si può tornare all'antico e che in 'caso di guerra l'Italia non può chiamare le dassi per spedirle in Africa. Questa follia si !fece una volta e non si può ripetere. La colonia deve bastare a se stessa. Da qui il pensiero dei Block hous che non è mio e che mi fu suggerito dal Bronchi nel 1891.

Per le miniere d'oro, se uomini competenti ne assicurano l'esistenza, converrà bene esplorarle giovandosi, ben'inteso, dell'iniziativa privata e assogettando le concessioni a una tassa che venga in aumento ai proventi della Colon~a.

Ho fatto fare un estratto (che unisco) (l) delle varie 'legislazioni minerarie. E pare a me che sia da imitare quanto si è fatto e si fa al Transwal. Voglia Iddio che l'oro esista! Voglia Iddio che se ne possa ottenere qualche provento!

I Materiali Inglesi destinati a Cassala debbono a mio avviso ammettersi in transito con le opportune guarentigie. Si potrebbe negare la franchigia non si può negare il transito. Conviene dunque studiare un regime doganale che ammetta il transito.

Anch'io aspetto con 'ansietà le notizti.e di Ciccodicola. La sistemazione definitiva del confine Sud è cosa necessaria e urgente senza di che non vi sarà vera sicurezza di pace.

Il telegrafo per Addis-Abeba è cosa davvero utile e conviene sia studiato senza indugio. Quanto alla ferrovia per Ghinda è molto desiderabile la dimostrazione che riesca a scaricare il Bilancio.

Le stringo la mano e vado in Campidoglio per assistere alla Cerimonia Commemorativa della promulgazione dello Statuto. Socialisti e Clericali protestano ma le loro proteste non riesciranno, spero, a provocare disordini.

È strano però che alcuni Monarchici come Farini e Giolitti non sieno contenti di vedere il Re in Campidoglio. Essi dimenticano che la pagina più gloriosa di Casa Savoia è la conquista di Roma, e che il Oampidog1io riassume tutta la gloria e ll.a grandezza di Roma.

Se fossimo meno pezzenti e di migliore umore avrei proposta l'incoronazione del Re e della Regina nella Chiesa di Ara Coeli in Campidoglio!

(l) Il rapporto venne comunicato anche a Pansa.

(l) Non riprodotto.

387

IL REGGENTE IL CONSOLATO GENERALE A BUDAPEST, TATTARA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. CONFIDENZIALE 386/28. Budapest, 5 marzo 1898.

V. E. sarà ora già al corrente, pel mezzo del telegrafo, del voto col quale la Camera ungherese, nella seduta di jeri, respingeva la proposta avanzata dal deputato Kossuth di mandare in occasione del 50° anniversario dello Statuto Italiano alla Camera nostra un saluto.

Delle cause che motivano tale spiacevole incidente e dell'impressione generale qui prodottasi, ritengo mio dovere informare sollecitamente l'E. V.

Ancora mercoledì sera venni informato, che nella seduta tenutasi dall'estrema sinistra (frazione Kossuth) il deputato Kossuth Francesco aveva proposto che il partito inviasse alla Camera italiana il proprio saluto e che il deputato Iust, uno dei corifei della frazione, approvando la proposta l'aveva ampliata ottenendo che il Kossuth ne facesse una analoga alla Camera, onde eguale saluto venisse mandato da tutta la Camera ungherese, senza distinzione di partiti.

Nel giorno susseguente 3 corrente H Kossuth depose la sua proposta alla Camera chiedendo gli fosse concesso espome la motivazione d'urgenza; il che venne accordato per la seduta antimeridiana di jeri.

I discorsi del Kossuth e del Presidente del Consiglio V. E. li troverà qui (l) per intero nel testo tedesco, del quale posso garantire l'esattezza, avendolo fatto controllare col testo ungherese sul resoconto ufficiale della Camera.

n barone Bànffy lesse gran parte della sua prima risposta, il che conferma la giusta supposizione che essa fosse già dapprima letteralmente stabilita.

I giornali tutti di jeri sera e di stamane, come gli uomini politici tutti, di cui ebbi l'occasione d'udir l'opinione, sono e si mostrano sinceramente desolati dell'avvenuto, prodigando espressioni di affetto e stima pel nostro paese ed esprimendo la speranza che non si vorrà interpretare in Italia per un atto di disistima

o di antipatia politica il voto di jeri, che reso necessario dalla pratica parlamentare fin qui seguita, non sarebbe stato prudente il provocare.

L'articolo dell'ufficioso Pester Lloyd che pure allego (1), e che è il riassunto di quanto intesi dire dappertutto può dare all'E. V. un'idea esatta del linguaggio di tutta la stampa ungherese.

Quello naturalmente che la stampa non palesa, ma che ho potuto da fonti ineccepibili sapere è che il signor Kossuth ebbe avant'jeri un colloquio col barone Banffy il quale, avendo avuta cognizione della proposta di lui ed avendone lungamente conferito con S. iM., lo avvertì in modo categorico che la sua proposta non sarebbe stata dal Governo e dal partito governativo accettata, e lo consigliò quindi a ritirarla per evitare le spiacevoli conseguenze di una contraria votazione.

Il Kossuth ne riferì al partito in seduta tenutasi la sera stessa e propose di ritirare la mozione, ma il signor Iust si oppose e se ne votò H mantenimento. Moventi principali dell'agire del signor Iust mi si assicurano, furono non solo (che si comprenderebbe) il creare una atmosfera ostile al Governo attuale nel

paese, che per l'Italia ha sincere simpatie, ma anche il porre, collo scacco preveduto, il Kossuth in una posizione difficile nel seno del partito, la cui direzione il Iust aspira ad assumere.

Apprezzare le complesse ragioni le quali hanno deciso la M. S. ed il Governo a respingere la proposta Kossuth non è certo la cosa la più facile. Influì ben più che la pratica parlamentare, non in tutto giustamente invocata, il ritenersi qui che meglio che il 50° anniversario delle nostre istituzioni liberali, si festeggi da noi (mi servo delle espressioni degli organi governativi) « il.'inizio della riscossa ·che costò all'Austria le sue antiche provincie e la vita di migliaia di combattenti ».

Poi fu di nocumento l'essere l'iniziativa della invocata cortesia partita dal parttto sovversivo, che avrebbe anche col suo telegramma diretto a S. E. Bian.cheri, ,antivenuta ogni azione collettiva.

S. E. il barone Banffy, il quale mi onora di speciale deferenza, mi fece oggi in via tutt'affatto confidenziale comunicare dal Vice Presidente della Camera, S. E. il signor Berzeviczy, che egli era dolentissimo di quanto era acoaduto e che data l'imposs1bilità in cui il Governo si trovava di accettare la proposta, nulla egli aveva lasciato d'intentato perchè essa venisse ritirata e che non era « colpa del Governo ,se certi parlamentari anche l'interesse dei cortesi procedimenti coi paesi amici ed alleati posponevano agli interessi del loro partito».

(l) Non riprodotti.

388

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, ALL'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA

T. CONFIDENZIALE 520. Roma, 7 marzo 1898, ore 22. Ho rassegnato a S. M. il suo rapporto 26 dlebbraio n. 121 (1). S. M. approva pienamente la risposta da lei data e la autorizza a confermarla se le accade di tornare sull'argomento. L'annunzio datole dall'imperatore sembra escludere che si proponga di venire in Italia in epoca più prossima come ne era corsa

la voce. La prego di telegrafarmi ciò che ella pensa a tale riguardo in base alle parole dettele dall'imperatore non che ad altre eventuali sue informazioni.

389

IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, BONIN LONGARE, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, FERRERO

D. 8483177. Roma, 9 mm·zo 1898. Mi pregio accusarle ricevimento del rapporto del 27 febbraio n. 134/71,

Delle due questioni di delimitazione (verso il Nilo e verso il golfo di Aden) che doveano essere regolate dalla missione Rennell Rodd, risulta dai documenti resi finora di pubblica ragione che è stata regolata solamente quella che si riferisce alle regioni del protettorato britannico del golfo di Aden.

(l) col quale l'E. V. svolge alcune ·considerazioni sul trattato anglo-etiopico.

(l) Non pubblicato.

390

L'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. RISERVATO 564/218. Parigi, 10 marzo 1898. Il signor Hanotaux al quale, nel corso di una conversazione avuta con lui il 2 di questo mese, feci cenno dei timori di un conflitto armato sulla frontiera tripolo-tunisina, mi disse che a lui pure era stata segnalata l'esistenza del pericolo di un conflitto ed, in conseguenza di ciò, egli avea ordinato che ISi assrmmessero precise informazioni. N e era risultato che si trattava sempre delle solite risse alle quali prendono parte poche decine di uomini dalle due parti e che

sono cagionate, in questa stagione, dalle seminaggioni di terre di contestata proprietà.

391

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, ALL'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA

T. 559. Roma, 12 marzo 1898, ore 15,30.

V. E. conosce quale è il nostro modo di vedere intorno ai due progetti messi innanzi per provvedere alla situazione di Creta e che consistono l'uno nell'invio di un commissario temporaneo delegato delle potenze, -l'altro nell'affidare a due potenze l'incarico di pacificare l'isola.

Ho saputo dallo stesso ambasciatore di Russia a Roma, e da altre fonti che il Gabinetto di Pietroburgo, nell'esprimere la sua opinione intorno alla seconda di queste proposte, fece conoscere ·che esso avrebbe piuttosto compreso che l'incarico di pacificare e riorganizzare l'isola di Creta fosse dato, con un mandato europeo, alle tre grandi potenze protettr~ci della Grecia. Questa designazione, nel giudizio del Gabinetto di Russia, avrebbe avuto una base nello stato attuale delle stipulazioni internazionali.

Benchè questa idea non sia stata enunciata a Pietroburgo che nel corso di semplici conversazioni e non •abbia ancora, da quanto ci consta, presa la consistenza di una proposta, essa d .suggerisce però delle considerazioni di cui credo, ad ogni buon fine, opportuno che ella intrattenga confidenzialmente S. E. il signor di Billow, col quale desideriamo di mantenere un intimo scambio di idee rispondente ai legami che esistono tra i due Governi.

È difficile vedere quale titolo speciale appartenga alle tre potenze protettrici della Grecia considera.te come tali per l'adempimento di un mandato da esplicarsi nell'isola di Creta. Durante tutto il corso delle ultime difficoltà orientali le potenze furono unanimi nel riconoscere che la questione greca doveva tenersi distinta dalla questione cretese. Questo principio fu ultimamente fatto valere di fronte alla Turchia per respingere ogni connessione tra l'occupazione della Tessaglia e gli affari di Creta. Di più le potenze furono anche unanimi nell'ammettere che Creta pure essendo sottratta all'amministrazione diretta della Turchia doveva però continuare a far parte dell'Impero ottomano. Le tre potenze protettrici hanno una situazione speciale derivante dagli antichi trat

tati nelle sole questioni che riguardano la Grecia. L'ammettere che questa loro qualità possa indicarle di preferenza e in base a un precedente di diritto europeo per regolare gli affari di Creta sarebbe ammettere implicitamente il principio che la questione cretese appartiene all'orbita di esistenza del regno ellenico. Ciò sarebbe contrario allo spirito e ai precedenti dei negoziati che ebbero luogo finora tra le potenze per ristabilire la pace in Oriente.

Ma a queste considerazioni se ne aggiungerebbero delle altre in [sic] ·cui dovremmo eventualmente richiamare l'attenzione dei nostri alleati. Il progetto di cui pal"llo avrebbe per effetto di separare le Potenze in due gruppi di cui quello delle potenze ·Che fanno parte della triplice alleanza rimarrebbe escluso dalla questione cretese. Ne rimarrebbe quindi esclusa quella delle potenze della triplice alleanza che è direttamente interessata a mantenere la sua parte dL infiuenz,a e di legittima azione nell'equilibrio del Mediterraneo. Questo fatto avrebbe il grave inconveniente di lasciar supporre <ehe la triplice alleanza è una combinazione politica la cui efficacia non si estende alle questioni del Mediterraneo.

Io propendo a credere che il suggerimento enunciato a Pietroburgo non avrà seguito. Ad ogni modo non vedo inutile che, ispirandosi opportunamente alle considerazioni svolte nel presente telegramma, V. E. faccia conoscere a

S. E. Biilow che, se il caso .s·i presentass·e, il Governo italiano non sarebbe disposto ad entrare in quest'ordine di idee e a darvi la sua adesione.

392

IL CONSOLE GENERALE NERAZZINI AL COMMISSARIO CIVILE DELL'ERITREA, MARTINI (ACS, Carte Martini)

L. RISERVATISSIMA. Roma, 12 marzo 1898. La Sua ultima lettera del 14 febbraio (l) che ho 1ricevuta per le mani di Suo figlio, mi è sembrato abbastanza grave, ma sommamente ·giusta. Lei non deve tacciarmi d'indiscretezza, se io mi sono permesso di comunicare quella lettera tanto al Presidente del Consiglio quanto al Ministro degli Esteri. Noi miriamo ad uno scopo identico: e se conviene che in Italia si debba parlare di Affrica il meno possibile, l'unico modo per pa:rlarne poco è che il Governo faccia bene e sia stimolato a far bene. E fino a tanto che le assennate sue previsioni mi rimanevano in pectore erano cose morte: comunicate e commentate a chi dirige la cosa pubblica, avranno un rimedio ed io non avrò lo scrupolo di coscienza di averle taciute. Quanto alla prima parte della lettera, quella che riguarda il corrispondente della Nazione, ammesso che a Lei si è fatto dire una cosa grave e non vera, cioè ·che durante il Suo Governo non si cederà un chilometro di frontiera, e di

quelLa frontiera che attualmente occupiamo, i due Ministri sono d'acx:ordo nel ritenere, che non vale la pena di rparlarne giacchè nelle di Lei funzioni di Gover

natore è insito il diritto di fare respirare migliori aure a chi cerca di porre il Governatore della Colonia in una posizione imbarazzante.

Quanto all'altra parte della lettera, quella veramente grave e che esige un pronto rimedio, è stato soggetto di conversazione tanto col Presidente del Consiglio quanto col Ministro degli Esteri. Il Presidente del Consiglio questa volta non è stato con me troppo esplicito, ma può essere che lo sia con Lei, avendomi detto che Le rispondeva di proprio pugno e perciò si è tenuto la lettera due giorni. Mi ha ripetuto la formula solita, che Lei solo è il giudice per stabilire se dobbiamo o non dobbiamo tenere l'altipiano, e tenendolo, con quali mezzi debba esser tenuto.

Tutto sta benissimo, ma non è questa la risposta che io bramavo, perchè Lei ha il diritto di avere dal Governo un atto d'indole materiale per far credere che noi teniamo l'altipiano, altrimenti succederanno quei tali inconvenienti di cui Lei enumera già qualche prodl'omo.

·Mi auguro che quello che il Presidente del Consiglio Le scrive risponda al quesito chiarissimo che Lei espone, ma fino ad oggi non ne ho la prova.

Il Ministro Visconti invece e il Sottosegretario Bonin, hanno espresso nettamente la loro opinione sull'opportunità di trovare un modo per affermare che noi teniamo l'altipiano. Ho avuto ool Ministro Visconti due lunghe conferenze, ed oggi con la di Lei lettera alla mano, sono rimasto soddisfattissimo. Egli comprende che se 5 milioni non .basteranno se ne spenderanno 6 o 'l o 8; ma si deve fare una politica retta definita, a base di tenere l'altipiano. E vuole che Lei abbia il modo di pronunziare questa affermazione o lo dimanderà in Consiglio dei Ministri. Questo si chiama padar bene e chiaro. Lei dunque ha nel Visconti un forte sostenitore delile Sue idee: ma quanto Egli è fermo nel convincimento di tenere l'altipiano, altrettanto è fermo nel concetto di definire per sempre la questione di frontiera con Menelic, senza procrastinare le incertezze, i dissensi, che per 20 chilometri più o per 20 'chHometri meno possono mantenere ancora inopportunamente aperti i nostri dissidi coll'Etiopia. Il Visconti si propone di presentare così la questione in consiglio: ed io ne sono lietissimo, perchè e in tal modo la di Lei lettera non cade sul vuoto, e Lei non ha sprecato il tempo a scrivermi.

Ora a me pare, 'Che, se perdurassero le incertezze, Lei dovrebbe senza indugio esporre al Governo la gravezza della situazione, dicendo francamente a quali patti è andato e a quali condizioni intende di rimanere a fare il Governatore dell'Eritrea. E se mi permette un amichevole consiglio, nello stesso modo che scrive qualche lettera confidenziale al Presidente del Consiglio, La scriva anche al Ministro degli Esteri: l'assicuro che sarà graditissima e opportuna.

Io furò questo: se dentro 15 giorni vedo che si danno a Lei i modi per

affermarsi con qualche atto tangibile nell'Altipiano, starò al mio posto: aUri

menti farò un rapporto in scritto sui pericoli che vedo nel procrastinarsi di un

periodo d'incertezze e d'indecisioni, senza che le popolazioni dell'Eritrea abbiano

una prova materiale atta a persuaderle ~che noi vogliamo restare sull'A,ltipiano.

Il Generale Dal Verme divide completamente le mie idee e sente con pia

cere da me quali sono le sue, per quanto ritengo che le sentirebbe più volenr

tieri se scritte direttamente a Lui.

Se valgo a qualche cosa, mi adoperi perchè lo faccio co!l ·cuore: e lo :liaccio

anche per forza di ragionamento, giacchè comprendo benissimo, 'che se le cose

costà andassero male ne avrebbe un contraccolpo anche l'opera mia passata.

La prova del Governo civile, da me tanto propugnata, deve riuscire e riuscire bene, altrimenti governo e paese ne risentiranno gravi conseguenze. Le stringo la mano, e L'·esorto a valersi dei mezzi che Le offre la Sua alHssima personalità. Il Generale Dal Verme ha ricevuto ora la Sua lettera, La ringrazia e Le risponderà al più presto.

(l) Non pubblicata.

393

IL COMANDANTE LA SQUADRA NAVALE NELL'EGEO, CANEVARO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA (Ed. in LV 97, p. 53)

T. 643. Suda, 13 marzo 1898.

Improvvisamente ·comandante germanko ricevuto ordine di ammainare mercoledì prossimo alla Canea, ritirare marinari partire Messina pecr ordini. Attribuisco fatto divergenza vedute Germania sulla questione di Creta.

* Ieri sera decesso sulla «Sacrdegna » fuochista Brassesco Ignazio di Genova (l)*.

394

L'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA (Ed. in LV 97, pp. 53-54)

T. 650. Berlino, 14 marzo 1898, ore 20,25.

Appena ricevuto (2) il telegramma odierno di V. E. (3) mi sono recato da Billow, 'sebbene egli non esca ancora dalla camera. *Colla sua pladdità * mi confermò ordine partenza nave germanica da Creta da tutti .fino ad oggi ignorata, scusandosi sua malatha che gli impedì vedermi in questi giorni di avvisarmi confidenzialmente. Btilow soggiunse ordine ·essere stato dato da imperatme, avendo nave germanica bisogno riparazioni per essere poi impiegata altrove per mancanza altre navi dispon~bili *. Soltanto a stento potei fargli ammettere quello che è evidente, che, cioè, crichiamo nave germanica è dovuto dispetto Germania vedere questione ·Cretese trascinarsi senza risoluzione e non essere state ammesse nè l'una nè l'altra sue ultime proposte. In ultimo* Biilow mi disse che, •con o 1senza nave a Creta, Germania non si disinteresserà certamente affari Oriente e non dimenticherà interessi suoi alleati. Circa proposta mandato pacificazione Creta (4) a tre potenze protettrici Grecia, Biilow assicura non essersene fino ad ora parlato ufficialmente da alcuno. Billow * pcrese nota coillsiderazioni svolte in proposito da V. E. nel telegramma in data 12 corrente e* si riservò riparlarmene dopo di averle sottomesse a S. M.

Ig -Documenti diplomatici ·Serie III • Vol. II.

(l) -Il telegramma, comunicato dal ministero della marina al ministero degli esteri, venne da questo ritrasmesso anche a Lanza, Ferrero, Tornielli, Morra di Lavriano e Nigra. (2) -In LV qui aggiunto: • stamane •· (3) -Cfr. n. 393. (4) -In LV qui aggiunto: «da affidarsi •·
395

L'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 657. BerLino, 15 marzo 1898, ore 18,10.

S. M. l'imperatore mi ha fatto l'onore oggi di una lunga visita, la quale, succedendo al colloquio avuto ieri con Biilow, per il richiamo nave germanica da Creta, non poteva avere altro scopo che spiegarmi egli stesso il motivo di questo richiamo. Dopo alcune frasi molto cordiali sul genetliaco di S. M. il re, sul modo brillante (è parola di S. M.) con cui si svolsero le feste del cinquantesimo anniversario dello Statuto, sul discorso della corona in Campidoglio di cui S. M. mi ripeteva a memoria encomiandole le frasi più importanti, l'augusto mio ospite mi parlò infatti quasi unicamente di Creta. Le di lui parole possono riassumersi come segue: Germania ha fatto tutto ciò che umanamente era possibile per fare desistere Russia da candidatura principe Giorgio, di cui pvevede disastrose conseguenze, ma questa candidatura è tuttora sostenuta accanitamente da Russia ed appoggiata da altre potenze, non esclusa Italia. Germania ha fatto due proposte da sostituirsi a quelle della Russia, ma, salvo l'Italia, le altre potenze non le hanno nemmeno prese in considerazione. Una saliente insistenza non sarebbe decorosa per Germania, alla quale, volenqo d'altra parte non avere oggi dissensi con la Russia, con cui le preme di procedere d'accordo in China, non rimaneva che ·ritirarsi. Imperatore non si nasconde che ora sarà più facile la realizzazione della candidatura del principe Giorgio, ma non avrà rimorso se le conseguenze da lui prevedute si verificheranno. Non mancai esprimere a S. M. nostro vivo dispiacere dr vedere cosL... [manca] concerto europeo per Creta: aggiuiJJsi che mi permettevo non credere ·che la Germania volesse disinteressarsi affatto questione per riguardo suoi alleati; al che S. M. l'imperatore rispose assicurandomi che, con o senza navi, Germania mai muterebbe istintivo sentimento per l'Italia e per S. M. H re; non sapere però proprio cosa fare nello stato attuale delle cose dopo che fu da tutti respinto tutto ciò che egli propose prima e dopo la recente .guerra. Creta ormai, soggiunse S. M., è una questione di denaro, e siccome l'Inghilterra è la sola che sia disposta a spendere, essa finirà per raggiungere lo scopo suo, quello d'installarsi nella baia di Suda; il che sarebbe ancora il meglio che possa succedere per l'Italia. Colla sua solita eloquenza cavalleresca mi dipingeva il principe Giorgio installato a Creta, le difficoltà con eui avrebbe a lottare verso i musulmani, i bisogni che avrebbe di truppe, in conclusione di denaro, denaro che nessun altro si mostrò disposto a fornire, salvo Inghilterra contro le desiderate concessioni. Tutto ciò astrazione

fatta dalle agitazioni specie della Bulgaria che nè Russia nè Austria potranno impedire. S. M. l'imperatore si mostrò anche molto preoccupato delle cose interne dell'Austria-Ungheria. Egli diffida molto del ministero Thun e teme che agitazione si propaghi nelle provincie polacche della Prussia. Egli accennò anche al conflitto della Spagna con l'America, dimostrandosi però fermamente disposto a non immischiarsene, avendo anzi consigliato la regina di Spagna sottoporre questione arbitrato del Papa.

396

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, ALL'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI

D. 9193/220. Roma, 15 marzo 1898. Mi sono giunti i ·suoi rapporti dell'll e 21 ,febbraio u. s., n. 356/139, 432/164 e 433/165 (1). La ringrazio. Circa le cose dette dal signor Deloncle alla Camera francese, mi occorre rilevare che se il trattato di Addis Abeba, abrogando quel,lo di Uccialli, ha distrutto il titolo (art. XVII) sul quale l'Italia fondava la sua influenza sull'Etiopia, non per questo vengono a mancare i titoli vari della nostra influenza sulle regioni che contornano il massic<eio etiopico. I protocolli anglo-italiani del 24 e 15 aprile 1891 e 5 maggio 1894 hanno la loro base nella posizione acquisita all'Italia anteriormente a quelle date, nel mar Rosso, con l'occupazione di Massaua e dell'altipiano, e con l'occupazione, l'acquisto o i1 protettorato della costa fino al limite meridionale del .sultanato di Raheita; e nell'Oceano indiano, da Bender Ziada alla foce del Giuba, col trattato col Sultano di Alula, col protettorato sul sultanato di Obbia e sui territori di Garars e dell'Dadi Nogal, con la occupazione d'Itala col protettorato dei tratti intermedi alle stazioni del Benadir, e con l'amministrazione di quegli scali in virtù di convenzione col Sultano di Zanzibar. Anche recentemente, del resto, il protocollo del 15 aprile 1891 ha servito di base all'intesa con ,l'Inghilterra per la retrocessione di Cassala, e quello deiJ. 24 marzo 1891 segna il confine tra l'Italia e l'Inghilterra dei rispettivi possedimenti dell'Oceano indiano. Ignoro a quali accordi si sia precisamente riferito H signor Deloncle quando accennò ai protocolli nostri con l'Inghilterra del 1890 e del 1893. Ad ogni modo, se egli ha voluto parlare dell'accordo del 15 maggio 1893 tra l'Italia e lo Zanzibar, firmato per quest'ultimo Stato dal rappresentante della potenza protettrice, è bene ricordare che esso accordo non ha nulla a che fare con l'Etiopia, riferendosi all'esercizio trimestm,le provvisorio sulla gestione del Benadir, ed è, del resto, scaduto di pieno diritto il 15 luglio 1896, essendo a quella data entrata in pieno vigore ,la convenzione del 12 agosto 1892 con la quale lo stesso Sultano cedette all'Italia l'amministrazione degli scali del Benadir mediante il pagamento di un annuo .canone. Anche la convenzione del 1892 è firmata, per lo Zanzibar, dal rappresentante dell'Inghilterra. Le notizie date dal signor Deloncle su un accordo anglo-etiopico per le regioni del Nilo non sembrano prive di fondamento, e in quanto si riferiscono al confine meridionale dei paesi sui quali si sarebbe affermato, consenziente l'Inghilterra, il dominio dell'Etiopia, anche il maggiore Nerazzini, durante l'ultima sua missione presso il Ne.gus, ebbe occasione di apprendere che quel confine doveva essere portato al 2° para.lle·lo.

Sui pericoli, poi, che potrebbero derivare, per l'Italia, in Somalia, per l'annunciata impresa del principe Enrico di Orléans e del signor L·eontieff nelle cos,ì

dette provincie equatoriali, 'abbiamo avuto recentissime dirette assicurazioni da Menelich sul nessun :fondamento delle notizie divulgate da quei signori e apparse sui giornali di possibile invasione delle :vegioni contigue al Benadir.

Infine, per la ferrovia Gibuti-Harar, cui si riferisce uno dei suoi rapporti, ci giungono concordi informazioni che i lavori oltre ad essere ancora all'inizio, trovano seri ostacoli nelle ostilità delle popolazioni.

Le comunico quanto precede per sua partico'La1re informazione.

(l) Non pubblicati.

397

L'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. CONFIDENZIALE 662. BerLino, 16 marzo 1898, ore 14,35. Norddeutsche AUgemeine Zeitung dà notizia richiamo « Oldembur • colle seguenti parole: « Oldembur » si .reca in un porto siciliano ed entrerà ivi per qualche settimana in bacino. Non essendo stato ancora stabilito ultimo impiego di quella nave essa lascia Creta con tutto suo equipaggio. Miei colleghi Russi·a, Austria-Ungheria .che furono solamente jeri informati partenza « Oldembur », ne sono allarmatissimi, specie secondo, il lquale trova tanto più strana quella disposizione senza preventivo avviso, che suo Governo era in perfetto accordo con Germania per rifiuto candidatura principe Giorgio e imperatore non si recò nemmeno da lui per spiegarne motivo, come venne da me, mentre nod, in fondo, eravamo a quella 'candidatura favorevoli. Biilow si dimostra con tutti molto parco di parole sul fatto avvenuto ed ho impressione che egli dovè subire volere suo Sovrano, senza approvarlo interamente. Sia .con Bi.io1ow sia con S. lVL imperatore vado e andrò molto cauto, se non ricevo ordini speciali dall'E. V., a discutere attitudine Germania, che, del resto, non possiamo mutare, non essendo quell'attitudine in opposizione alla lettera del trattato della triplice, e sia Btilow, sia imperatore avendomi ripetutamente esternato costanza loro buone disposizioni verso noi, nonostante che le nostre speciali condizioni

non ci abbiano consentito, e non ci consentano sempre, di entrare nell'ordine idee pur buone in teoria, ma a volte troppo assolute, radicali della Germania.

398

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, ALL'AMBASCIATORE A PIETROBURGO, MORRA DI LAVRIANO (Ed. in LV 97, pp. 54-55)

T. 603. Roma, 18 marzo 1898, ore 23.

V. E. conosce che il Governo germanico mentre si opponeva alla candidatura del principe Giorgio, aveva messo innanzi due progetti consistenti, l'uno nell'invio a Creta di un delegato temporaneo delle potenze, l'altro nell'incarico dato a due potenze di pacificare e riorganizzare l'Lsola.

Ho saputo da varie fonti che, a propos.Lto del se,condo di questi progett~ fu enunciata a Pietroburgo l'idea che, * in ogni caso, le potenze * designate, per

gli antecedenti del diritto europeo, a qtliesto incarico, sarebbero state piuttosto le tre grandi potenze protettrici della Grecia.

Benchè questa idea sia stata accennata in semplici conversazioni, e non sia diventata oggetto di alcuna proposta ufficiale credo però opportuno di far ·conoscere a V. E. l'opinione che ho espressa in proposito confidenzialmente all'ambasciatore di Russia.

Noi non sappiamo vedere quale titolo speciale possa indicare di preferenza le tre potenze protettrici della Grecia considerate in questa loro qualità per l'adempimento di un mandato .che deve essere eseguito nell'isola di Creta

* la quale non appartiene al regno di Grecia ma all'impero ottomano. * In tutti i negoziati che ebbero luogo nel corso delle ultime difficoltà orientali, le potenze furono unanimi nel considerare la questione greca e la questione cretese come due questioni .separate. Quest'argomento fu fatto valere anche ultimamente di fronte alla Turchia per respingere qualunque velleità di stabilire una concessione tra l'occupazione della Tessaglia e la quistione di Creta. Inoltre le potenze furono, sinora, almeno, unanimi nel principio che l'isola di Greta pur essendo dotata di una larga ed effettiva autonomia dovesse rimanere sotto l'alta sovranità del Sultano. * Ora*, negli affari che riguardano esclusivamente la Grecia le tre grandi potenze protettrici hanno la situazione ·che loro deriva dagli antichi trattati. Ma le quistioni che riguardano l'impero ottomano appartengono alla competenza di tutte le potenze garanti consegnatarie dei trattati che regolano l'esistenza dì questo impero, tra le quali potenze è l'Italia. Quando anche alcune di queste potenze credessero di ritirare la loro cooperazione agli affari di Creta, ciò non altererebbe in nulla la situazione di diritto di quelle altre potenze che, come l'Italia, sono disposte a dare sino alla fine il loro concorso nell'opera del concerto europeo e alla soluzione della questione cretese.

La prego di esprimersi con S. E. il conte Murawieff nel senso indicato nel presente telegramma, manifestandogli nel tempo stesso il nostro desiderio di continuare lo scambio delle idee col Governo imperiale intorno agli affari eli Creta (1).

399

IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, BONIN LONGARE, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, FERRERO

D. RISERVAT0°9669/85. Roma, 18 marzo 1898.

Ho ricevuto il suo rapporto del1'8 corrente n. 149/81, (2) col quale V. E. mi comunica alcune informazioni sulla recente missione Rennell Rodd in Abissinia.

Come ho avuto occasione di scrivere altra volta, si ha fondata ragione dì credere che sia effettivamente intervenuto qualche accordo tra l'Inghilterra e l'Etiopia anche per le regioni niliache. Ci confermano in questa opinione le notizie fornite dal maggiore Nerazzin:i, le cui informazoni sulla confinazione

anglo-etiopica verso il golfo di Aden risultarono esattissime, e il discorso fatto alla Camera francese 11 7 febbraio dal signor Deloncle, il quale ha, senz'altro, affermato che la missione Rennell Rodid oltre i due .a.ccordi già pubblicati (trattato di commercio e scambio di note per la frontiera verso il Golfo di Aden), ha conchiuso un terzo accordo mediante il quale la Gran Bretagna avrebbe riconosciuto che la zona d'influenza abissina si estenderebbe fra il 14° ed il 2° grado di latitudine nord.

Queste notizie date dal signor Deloncle non possono che essere state attinte alla fonte degli agenti francesi allo Scioa i quali sono notoriamente in relazione col gruppo coloniale della Camera francese.

(l) -Il telegramma fu comunicato anche a Lanza, Tornielli e Nigra. (2) -Non pubblicato.
400

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, FERRERO (Ed. in LV 97, p. 55)

T. 614. Roma, 20 marzo 1898, ore 18,45.

In una mia conversazione coll'ambasciatore d'Inghilterra gli dissi schiettamente il mio pensiero circa l'idea di affidare alle sole tre potenze protettrici il mandato di pacificare Creta (1). Dopo avere svolto le considerazioni che a tale riguardo già enunciai nel mio telegramma del 12 (2) di questo mese a lei comunicato, dissi che, se alcuna delle potenze credesse di non continuare la sua cooperazione agli affari speciali di Creta, ciò non altereTebbe in nulla la situazione di diritto delle aJ·tre. *Per quanto ci ·concerne, l'Italia, direttamente interessart:a nelle questioni del Mediterraneo, non rpuò lasciarsi escludere dalla questione cretese alla quale ha, in forza dei trattati di cui è segnataria, diritto di partecipare. * Se, quindi, per il ritiro di alcuna, non tutte le potenze fossero disposte a cooperare per la pacificazione dell'isola, l'Italia sarebbe sempre tra quelle pronte ad intendersi collettivamente per tale scopo, e noi abbiamo fiducia che questa nostra risoluzione sia veduta con favore dal Gabinetto britannico, * poichè l'Inghilterra e l'Italia sono le due potenze che nelle questioni del Mediterraneo, si trovano in completa uniformità di interessi e di vedute. * V. E. vorrà tenere eventualmente analogo linguaggio.

401

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, ALL'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA (Ed. in LV 97, pp. 56-57)

T. 618. Roma, 20 marzo 1898, ore 20.

II ritiro della Germania da Creta è, agli occhi nootri rincrescevole soprattutto perchè noi abbiamo sempre pensato e pensiamo che l'opera unanime del concerto europeo sia il procedimento più sicuro e più efficace nella trattazione delle questioni d'Oriente. Maggiore sarebbe il nostro rincrescimento se l'esempio

fosse seguito dall'Austria-Ungheria e l'Italia si trovasse ad essere la sola, tra le potenze della triplice alleanza a cooperare per la pacificazione di Creta. Per quanto ci concerne il Governo del re ha l'intenzione di mantenere a Creta le sue navi e le sue truppe finchè dura nell'isola una occupazione internazionale. L'Italia, che è direttamente interessata nella questione del Mediterraneo, non può lasciarsi escludere dalla questione cretese nè rinunciare ad un diritto che indubbiamente le spetta in forza dei trattati di cui è segnataria (1).

Se quindi per il ritiro di alcuna, non tutte le potenze fossero disposte a cooperare per la pacificazione dell'Isola, l'Italia dovrà necessariamente essere sempre tra quelle pronte ·ad intendel'ISi collettivamente per tale scopo. Confido (2) che saranno costi apprezzate queste considerazioni che ispirano la nostra condotta *e che la Germania, pur astenendosi, vedrà con occhio benevolo* (3) l'opera nostra rivolta esclusivamente ad uno scopo d'equilibrio e di pace.* La permanenza dell'Italia nel gruppo delle potenze partecipanti alla questione cretese, ha, a nostro avviso, anche questo vantaggio che sarà costi indubbiamente inteso: dimostrare cioè, che i vincoli nostri verso gli aUeati non sono punto impedimento a che da noi si perseveri per una questione essenzialmente mediterranea, nella linea di condotta che ci è tracciata dai nostri particolari interessi. Tutto ciò le dico confidenzialmente pel caso in cui venga per l'occasione di dare qualche spiegazione* (4).

(l) -In LV qui aggiunto: • aggiungendo che, se il caso si presentasse, il Governo italiano non sarebbe disposto a dare la sua adesione •. (2) -Si tratta del tel. conf. n. 562, non pubblicato.
402

L'AMBASCIATORE A LONDRA, FERRERO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. RISERVATO 179/95. Londra, 21 marzo 1898.

L'alleanza della Francia, che ebbe per risultato di fornire alla Russia i capitali di cui abbisognava, e di porre al servizio di essa la più potente marina dopo quella dell'Inghilterra ed il più potente esercito dopo quello della Germania, è stata la vera cagione per cui l'Impero colossale del nord è diventato irresistibile nelle sue pretese, specialmente di fronte all'Inghilterra. La moderazione di questa, le adulazioni della Germania, il fanatismo dei francesi hanno persuaso la Russia di essere di gran lunga più potente di quello che essa sia in realtà. Ecco perchè essa è audace nell'Estremo Oriente, il che non sarebbe il peggiore dei mali. Ma, quel che più importa per l'avvenire di Europa, essa sta assumendo a poco a poco nel vicino Oriente una misteriosa attitudine pericolosa per tutti.

Infatti la prima prospettiva che ci 1si presenta di fronte alla voluta paralisi deHa questione cretese è quella di vedere ad un dato momento la Russia risolvere, forse con fatti compiuti, la questione del passaggio delle sue navi da guerra per il Bosforo. Si tratta di una questione di teiiliPO e brevissimo.

Le condizioni in cui furono stipulati i trattati che limitarono la libertà marittima della Russia sono ora profondamente modificate. A prescindere da altre e molte ragioni, la sola alleanza francese converte in aiuto della Russia forze considerevoli che un tempo furono ad essa ostili.

Del resto si tratta di un fatto così naturale, prodotto imprescindibile dello sviluppo di un enorme Impero e delle favorevoli condizioni ,geografiche di esso; insomma si tratta di una vera e propria necessi1à storica contro la quale o~gni resistenza sarebbe vana.

Mentre alcuni fatti recenti mi suggerivano queste riflessioni, mi venne sott'occhio il rapporto del nostro Ambasciatore a Costantinopoli (l) in cui si rendeva conto del passaggio notturno per il Bosforo di una cannoniera russa. Il nostro Ambasciatore ha accennato alla indifferenza vera o simulata di sir Philip Currie rispetto alla notizia di quel !Passaggio. Questa semplice circostanza non meriterebbe forse per se stessa molta attenzione se non fosse un sintomo del modo di vedere del Governo britannico. Que·sto, per amore della [pace, ignorerà volontieri tutto ciò che potrebbe suscitare difficoltà internazionali.

Di questo ho potuto convincermi tutte le volte che nelle conversazioni con lord Salisbury e con sir Thomas Sanderson ho parlato dell'inevitabile questione dei Dardanelli.

La mia opinione è che la Gran Brettagna non si lascierà trascinare ad una guerra per opporsi ad un fa.tto per se stesso inevitabile e diciamo pure legittimo.

Resta però a vedere se essa non occuperà in tempo debito qualche isola deJ. mare Egeo, atta a servire di base di operazione per una flotta destinata a sorvegliare lo sbocco dei Dardanelli, per tal modo l'Inghilterra verrebbe ad avere le tre chiavi del Medrterraneo, Gibilterra, Suez e quel punto X del mare Egeo a cui ho fatto allusione. Questo punto strategi:co metterebbe anche in grado le squadre britanniche di impedire in caso di guerra J.a congiunzione delle flotte russe con le francesi e di batterle separatamente. Questa maniera di considerare la questione potrebbe avere per risultato di rendere meno temibile per ['Inghilterra e per l'equilibrio attuale del Mediterraneo il pa,ssaggio delle navi da guerra russe per il Bosforo.

Senza dubbio la questione di Creta, malgrado le sue apparenze umanitarie, per alcune potenze è stata «in pectore » una questione strategica, senza di che la sua soluzione avrebbe potuto essere più facHe.

(l) -In LV qui aggiunto: • autorizzando precedenti che potrebbero riuscir, più tardi, dannosi agli interessi della sua politica •. (2) -In LV qui aggiunto: «che il Gabinetto di Berlino vorrà apprezzare la situazione speciale dell'Italia e le ragioni •. (3) -In LV: • considerando in modo favorevole •· (4) -Il telegramma fu comunicato anche a Nigra.
403

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DELL'INTERNO, RUDINÌ, AL COMMISSARIO CIVILE DELL'ERITREA, MARTINI (ACS, Carte Martini)

L. P. Roma, 21 marzo 1898.

Ho conferito or ora con Nerazzini il quale mi fece leggere, alcuni giorni or sono, una lettera sua relativa alla nostra situazione in Africa (2). Egli, Nerazzini, .mi ha pure parlato del recente rapporto da Lei indirizzato al Mintstero degli Esteri (3) del quale non ebbi ancora comunicazione.

Fare un atto che affermi 'la nostra intenzione di conservare l'altopiano, questo è il desiderio di Lei. Questo è pure il consiglio di Nerazzini.

Ma con l'ambiente parlamentare bisogna andar piano.

Le spese eccessive fatte dai Ministri vanno a creare serie complicazioni. Pare che la guerra ·abbia spese grosse somme per l'esercito in Italia per fade poi gravare sui crediti aperti per l'Africa. Quindi occorre ora una legge che autorizzi le maggiori spese di sette milioni da imputarsi sui diciassette milioni non ancora emessi.

La presentazione di questa legge soHeverà una vera tempesta.

L'ambiente ,parlamentare non è dunque favorevole per introdurre proposte di costruzioni ferroviarie e qualsiasi atto che affermi il volere di permanere sull'Altopiano si presterebbe a commenti sfavorevoli. Su questo stato di cose io ho detto a Nerazzini, che approvo, e propongo a Lei di dare la più sollecita esecuzione alla delimitazione .della nostra frontiera Sud. Così dando esecuzione ai patti convenuti e pur dimostrando di voLer fare una politica di raccoglimento si rassicureranno le popolazioni stabilite e quelle che vorranno stabilirsi a Nord della linea di confine.

Xon veggo, per ora, altra migliore· soluzione. A ogni modo se EHa ha altre proposte da fare le metta innanzi senza indugio. Quando avrò letto la relazione sua al Ministero degli Esteri le scriverò nuovamente. Domani si discuterà alla Camera la quistione Crispi. Vi è chi prevede il

finimondo.

Io credo che la Camera accetterà la prima scappatoia che le verrà innanzi.

Vi è chi crede che il Ministero possa cadere in questa circostanza ma io

credo il Ministero inattaccabile. Tutto del resto può accadere. A Camera aperta tutti i Ministeri sono in pericolo di vita. Fra 48 ore tutto sarà finito e se Dio vuole andremo in vacanza.

(l) -Cfr. n. 384. (2) -Non pubblicata; ma cfr. n. 392. (3) -Non pubblicato.
404

L'INCARICATO D'AFFARI A VIENNA, COBIANCHI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA (Ed. in LV 97, p. 57)

T. 733. Vienna, 24 marzo 1898, ore 21 ,35.

* Ambasciatore di Francia mi disse questa notte avere confidenzialmente da conte Golouchowski * (l) che il richiamo di tutte le forze austro-ungariche da Creta è deciso e che sarà ultimato per il 15 aprile.

405

L'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. RISERVATO 672/270. Parigi, 24 marzo 1898. In un colloquio che ebbi ieri con il signor Hanotaux il discorso si portò

sovra le preoccupazioni che in questi giorni si rivelarono con persistente intensità nello spirito pubblico e sovra le varie cause delle medesime. La questione

cmese non poteva eSISere omessa in una conversazione sovra questo tema. Ad una mia discreta indicazione relativa alle domande fatte dalla Francia alla Cina, il signor Hanotaux, senza dire quali siano precisamente queste domande, replicò dicendomi che io avea potuto essere testimonio di tutta la riluttanza sua ad impegnare la Francia in una poJLtica che egli considera come fatale per le nazioni europee. Egli si soffermò alquanto a descrivere le funeste conseguenze che deriveranno da una politica che si urterà contro le resistenze d'ogni sorta di un immenso popolo. Egli citava l'esempio di ciò che la Francia ha subìto nei suoi possessi ·confinanti con l'ImpeTo cinese. Bisognava ancora sperare che si avrebbe da ·tutti la saviezza di limitare l'azione in cui si era entrati, alla designazione teorica di zone d'influenza. Egli perciò avea resistito alla spinta che anche in Francia si era prodotta quando si videro altri grandi stati volersi fare la parte larga nell'Impero cinese. Egli non avea mobilizzato un uomo, si era mosso l'ultimo ed a rilento, sempre nella speranza che le cose non prenderebbero uno sviluppo maggiore.

Già qualche giorno prima alludendo alla tensione che nelle relazioni internazionali sembrava manifestarsi, il signor Hanotaux mi avea detto che, a parer suo, nessuno degli stati che sembravano maggiormente impegnati, avrebbe voluto fare condizione sine qua non delle sue pretese e che conseguentemente gli sembravano esagerate le inquietudini che da varie parti si manifestavano.

Con gli affari dello estremo Oriente si collega più particolarmente lo stato dei rapporti fra la Francia e la Gran Bretagna e sovra di esso influiscono di necessità le difficoltà che finocra sembrano inestriea!bili nelle quistioni .terTitoriali relative ai possessi dei due paesi nell'Africa occidentale. Ma, se io non erro, in ciascuna di queste contestazioni anglo-francesi si cerchecrebbe inutilmente ·la causa sufficiente della tensione prodottasi fra le due grandi nazioni. La ragione di uno stato di cose che mantiene gJri animi in grande incertezza si trova piuttosto nel concetto che è penetrato assai profondamente in questo paese e secondo il quale l'Inghilterra, oggi strapotente in mare, potrebbe essere tentata di servirsi di questa sua superiorità prima che gli sforzi riuniti di altri stati la raggiungano o fors'anche l'oltrepassino nella potenza marittima. Potrebbe non essere senza legame con questo stato d'animo esistente in Francia, la determinazione presa negli ultimi giorni da questo Governo di ordinare la mobilitazione delle sue forze marittime e costiere nei porti che dominano la Manica. Sembra che lo scopo fosse di far intendere agli Inglesi che, durante l'a·ssenza della loro flotta presentemente nel•le acque di G1bilterra, la mobilitazione francese si opererebbe con tale rapidità da rendere possiJbile alle navi della Repubblica di recare i più gravi danni durante parecchi giorni alla marineria commerciale britannica prima che equivalenti forze inglesi arrivino ad arrestarle. Il Daily Graphic ha pubblicato in questo senso un artic<Ylo che la stampa francese ha con compiacenza riprodotto. Quando al linguaggio sospettoso sempre e talvolta accrimonioso, si aggiungano anche le dimostrazioni di fatto, si può ragionevolmente temere che le relazioni abbiano ad essere troppo facilmente compromesse. Le apprensioni che generalmente si hanno contrastano tuttavia con il linguaggio che mi tiene il signor Hanotaux e se mi è doveroso di questo riferire esattamente, stimo pur necessario che al R. Governo le inquietudini delle quali gli animi sono compresi, siano espressamente da me segnalate.

(l) In L.V.: • Ho appreso in questo momento».

406

L'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

(AVV)

L. P. Parigi, 24 marzo 1898. Sebbene io abbia presenti alla memoria le buone parole sue per persuadermi a non chiedere con maggiore insistenza di ritornare a Londra, non posso tuttavia reststere al desiderio di esporLe brevissimamente ile ragioni che ho di persistere in quella mia domanda. La mia posizione qui non è scossa., la credo anzi buona. Non ho difficoltà nè politiche, nè sociali. I Ministri mi si dimostrano premUll"osi e cortesi. Eppure ho il sentimento che tutto ciò è alla superficie e mi permette di ricavarne qua e là qualche piccolo vantaggio per il nostro Paese senza che possa mai derivarne un vero e saldo profitto per il medesimo. In due aff,ari recenti il mio sentimento intimo subì offesa che risento vivamente pur essendo costretto a dissimulare il mio pensiero. Li accenno soltanto perchè V. E. già ne conosce i particolari. La nomina di Barvère che si sapeva non essere nelle mie idee e che fu fatta derrière mon dos e l'abuso che si è fatto nel processo Zola delle false lettere Schwartzkoppen Panizzardi dopo che da me erano state dichiarate apocrife e dopo che Hanotaux mi avea detto che la mia testimonianza comunioata a chi di dov·ere era troppo autorevole perchè non se ne dovesse tener conto. Dopo due fatti di questa natura si mostra qui ogni buon volere a mio riguardo. Elccole oggi la spedizione di un corriere ·Che Le porta La feLice conclusione di tre affari in una volta: il protocollo monetario; la convenzione postale per Tunisi; l'affare dei dazi per i salumi. Senza il buon volere dei Ministri neppure una di queste faccende sarebbe stata ultimata a favor nostro. Ma senza aver l'animo portato a rancori, non ho la facoltà di facilmente dimenticare ed ecco perchè mi pea.-

metto di insistere per un trasloco che si spiegherebbe da sè o forse mi darebbe campo di mettere questi ultimi anni miei a migliore servizio del Re e del Paese.

407

L'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 747. Berlino, 25 marzo 1898, ore 11,35.

S. M. l'imperatore pranzò e passò serata jeri alla R. ambasciata. Egli parlò poco politica, abbastanza, però, da togliermi dubii [sic] che avevo circa motivi che indussero Germania ritirarsi da Creta, senza preavviso alcuno o concertal'si almeno ·con alleati. Dalle parole S. M. ho potuto corwin·cermi non ess;ere in ciò secondo fine, ma solo desiderio evitare discussioni o preghiera desistere da decisione irrevocabilmente presa e che, però, fu annunziata a fatto compiuto. S. M. pretende che quella decisione abbia incontrato favore Pietroburgo. Ciò non concorda con linguaggio mio collega russo, che è tuttavia vivamente irritato e accusa, non senza ragione, Germania politica egoistica ritirandosi dopo di avere ottenuto quanto voleva per i suoi creditori verso Grecia. Tanto S. M. ·che Btilo;v,r ritenevano Austria-Ungheria non sarebbesi ritirata Creta, mentre ieri invece conte Goluchowsky fece dare avviso qui ufficiale ritiro, colle spiegazioni che Fremdemblatt ha pubblicato. Dinnanzi quesrte determinazioni Austria-Ungheria parmi torni meno gradita qui nostra decisione rimanere. Iersera spiegandone io motivi a S. M., presente Biilow, entrambi si limitarono dirmi che comprendevano nostro atteggiamento, non aggiunsero altra parola.

408

L'AMBASCIATORE A MADRID, DE RENZIS, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. RISERVATO CONFIDENZIALE 231/61. Madrid, 26 marzo 1898. Faccio seguito a:l mio rapporto odierno (l) per dare conoscenza all'E. V. di quanto segue: La Regina reggente ha chiamato ieri e iell'i l'altro successivamente tutti i miei colleghi, accettuato me e Incaricato d'Affari inglese. A tutti ha fatto vive premure perchè un accordo avvenga tra i rispettivi Governi per intromett-ersi mediatori fra la Spagna e gli Stati Uniti. L'Ambasciatore di Russia ha telegrafato ieri stesso allo Czar la cui adesione pareva incerta. Il Governo francese si mostra il più benevolo do:po !'·austro-ungarico. L'Imperatore di Germania dopo aver molto promesso segue gli a1tri senza molto entusiasmarsi. La risposta della Regina d'Inghilterra non è ancoi!'a venuta. È opinione di alcuni colleghi che l'Italia voglia fare bande à part con la

Inghilterra. Il contegno della Regina reggente con me lo proverebbe.

409

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, AGLI AMBASCIATORI A PARIGI, TORNIELLI, A LONDRA, FERRERO, A VIENNA, NIGRA, A BERLINO, LANZA, A PIETROBURGO, MORRA DI LAVRIANO, E A WASHINGTON, FAVA

T. 668. Roma, 27 marzo 1898, ore 16,30. L'ambasciatore di Spagna mi ha letto un telegramma col quale il suo Governo, in vista della intimazione fattagli dal Governo degli Stati Uniti di tosto provvedere alla pacificazione di Cuba, senza di che sarebbero portate al Consiglio la questione del Maine e quella dei rapporti fra i due Stati, invoca i buoni uffici dell'Italia presso il Governo federale, aggiungendo che sarebbe anche disposto a sottomettere la questione all'arbitrato delle grandi potenze. Ho risposto all'ambasciatore che il Governo della regina reggente poteva fare, ora e per sempre assegnamento sulle amichevoli disposizioni del R. Governo

e che, la presente domanda della Spagna essendo manifestamente rivolta a tutte le grandi potenze, mi sarei tosto messo in comunicazione con queste per vedere

quel che possa utilmente farsi nel senso del desiderio espresso dal Gabinetto di

Madrid.

(Meno Washington). Prego informarmi e tosto telegrafarmi accoglienza costà

fatta alla comunicazione spagnola.

(Per Washington). Quanto precede è solo per informazione di lei.

(l) Non pubblicato.

410

L'AMBASCIATORE A VIENNA, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA (Ed. in LV 97, p. 58)

T. s. N. Vienna, 28 marzo 1898. Il conte Goluchowski mi prega di portare a notizia di V. E. che il Governo austro-ungarico, in seguito alla nuova direzione ormai impressa alla questione

di Creta, de11e cui conseguenze non ·intende assumere responsabilità, ha preso la risoluzione di ritirare le sue truppe dall'isola.

411

L'AMBASCIATORE A VIENNA, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

L. P. Vienna, 30 marzo 1898. Eccovi le notizie datemi dal conte Goluchowski circa la controversia ispanoamericana. La Regina reggente si rivolse direttamente all'Imperatore Francesco Giuseppe e alla Regina Vittoria, invocando il loro intervento per una mediazione europea. La risposta della Regina Vittmia non era ancora conosciuta ieri a Vienna. L'Imperatore Francesco Giuseppe, per mezzo del conte Goluchow.ski e il principe Liechtenstein, aveva fatto fare passi a Pietroburgo per interessare L'Imperator·e Nicolò a favore della Spagna. Ma anche da Pietroburgo non si avevano ancora notizie fino a ieri. Il conte Goluchowski è disposto a far passi per proporre una mediazione, quando ne sia pregato dal Governo di Madrid, e s-ia certo della cooperazione delle grandi Potenze, o di alcune di esse (non mi ha detto quali). Ma egli pensa che l'intromissione la più efficace sarebbe, per quanto riguarda gli Stati Uniti, quella della Russia e dell'Inghilterra. Il conte Goluchowski ha dato, credo, il consiglio a Madrid di distinguere le due questioni, abilmente, o perfìdamente congiunte dal Governo di Washington, quella cioè della pacifìcazione di Cuba, e quella del Maine. Secondo il suo avviso, e secondo la ragione, quest'ultima soltanto potrebbe fare oggetto d'un arbitraggio propriamente detto, poichè si suppone che vi sia divergenza tra le affermazioni delle due parti circa le cagioni della catastrofe. Dico, si suppone, giacchè fino a ieri i rispettivi rapporti ufficiali erano ignoti. Quanto alla questione della pacifìcazione dell'isola di Cuba, è chiaro che non vi può essere alcuna base giuridica per un arbitraggio. Per questa questione adunque, invece di

arbitraggio, potrebbe soltanto esservi luogo a buoni uffici fatti presso una sola delle parti, cioè presso il Governo americano. Ora, per questo lato, la questione

cambierebbe di carattere e diventerebbe assai più difficile e delicata. Poichè,

se i buoni uffici dovessero essere efficaci, converrebbe che fossero presentati con

autorità; e questa autorità non potrebbero averla se non lasciand<! prevedere

una sanzione. Ora è da prevedersi che le Potenze Europee, divise come sono,

distratte da altre preoccupazioni, e prive oramai di ogni coscienza di solidarietà

comune, non vorranno accettare questo incarico d'intromissione.

L'argomento che sarà il più persuasivo a Washington, avrà da essere la

p["evisione dei gravi danni immediati che la Confederazione dovrà patire per il

fatto d'una guerra colla Spagna. A questo argomento si può aggiungere quello

della prospettiva dell'avvenire più o meno prossimo circa i destini di Cuba,

potendo oramai prevedersi che questo avvenire prepara la separazione dell'isola

dalla Spagna. Ma agli Stati Uniti i criterii che valgono altrove, sovente non

hanno corso; e certi interessi immediati possono prevalere sul buon senso, e pur

troppo anche sulla giustizia.

Circa la questione di Creta, il conte Goluchowski non mi disse molto di più di quanto scrisse nella circolare che vi è nota. Egli mi ripetè, che ritirando le sue forze da Creta, l'Austria-Ungheria non intendeva disinteressarsi della questione, e che il suo concorso non mancherebbe semprechè esso fosse creduto utile, e fosse conciliabile colle convinzioni del Governo lmperial,e. Da me interrogato, se per esempio il Governo austro-ungarico prenderebbe parte ad un atto che regolasse l'installazione del Principe Giorgio in Creta, mi rispose di no, poichè quella nomina fu sempre, fin da principio, ed è ora ancora considerata dal Gabinetto di Vienna come pericolosa per le ragioni ben note. Naturalmente, dopo H richiamo delle forze austro-ungariche dell'isola, il conte Go•luchowski non ha da esprimere alcun avviso circa l'ultima proposta russa, secondo la quale ,gli Ammiragli, col conco~so dei Consoli, dovrebbe["'O instituire una specie di Consiglio direttivo.

P. S. Aggiungo qualche considerazione confidenziale sulla questione cretese, nel foglio unito.

ALLEGATO

NIGRA A VISCONTI VENOSTA

CoNFIDENZIALE. Vienna, 30 marzo 1898.

Il ritiro dei bastimenti germanici e austro-ungarici da Creta solleva, fra le altre, una questione diplomatico-legale su cui chiamo la vostra attenzione, e sulla quale non posso avere finora sufficienti schiarimenti da questo Ministro degli Affari Esteri.

Dopo il fatto ora accennato la situazione riesce abbastanza singolare. Noi dobbiamo domandarvi: in qual titolo rimarranno e agiranno le quattro Potenze a Creta? Il conte Goluchowski ha detto e ripetuto che il Governo austro-ungarico era disposto a confidare il mandato di regolare l'applicazione dell'autonomia nell'isola sia a due, sia a tre, sia a quattro Potenze. Sarebbe perciò naturale il supporre che l'Austria-Ungheria approverà quanto verrà fatto in proposito da queste Potenze. Ma per contro questo Ministro dichiara che tuttavia non darebbe la sua approvazione all'installazione del Principe Giorgio se venisse fatta da quelle Potenze. Il che equivale a dire che o non ci sarebbe mandato internazionale, o che questo sarebbe limitato e condizionato. Le potenze rimaste a Creta si trovano perciò in una situazione non bene chiara. Esse agirebbero cioè senza mandato; ovvero accetterebbero un mandato condizionato? E quali, in questo caso, sarebbero le condi

zioni e i limiti del mandato? E se le quattro Potenze agiscono senza mandato,

quale sarebbe il loro titolo?

Il conte Goluchowski ci dice: noi non possiamo assumere la responsabilità

della nomina del Principe Giorgio. Non l'approviamo. Ma non ci opporemmo in

altra guisa salvo quella di non esprimere la nostra approvazione. Ma intanto il

Governo ottomano sa che le Potenze non sono tutte d'accordo, e potrà giustamente

chiedere alle quattro potenze con qual diritto esse pretendono di agire da sole,

contro le disposizioni dei trattati in vigore, i quali presumono sempre la coope

razione di tutte le Potenze firmatarie.

Come vedete, la questione, dal lato del diritto internazionale, non è senza impor

tanza, e sarebbe bene che per parte vostra tentaste di chiarirla non solo a Berlino,

ma a Pietroburgo, a Parigi e a Londra.

412

L'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 805. BerLino, 31 marzo 1898, ore 11,26.

Ritornando su questione Creta, Biilow mi ripeté iei'Ii ,che egli comprende perfettamente motivi che ci indussero rimanere colà con nostre truppe e navi, e procurò spiegarli anche chiaramente a S. M., il quale certamente avrebbe desirato esempio Germania fosse se,guito da tutte due altre potenze alleate e lamenta nostra permanenza in Creta solo, però, perchè teme colà difficoltà future per noi in mezzo a rivalità russo-inglesi. Risposi a Biilow compiacendomi che egli sappia apprezzare nostra attitudine, soggiunsi, però, che, se imperatore e suo Governo opinavano cosi vantaggiosa attitudine comune delle tre potenze alleate, un preliminare scambio di idee in proposito sarebbe stato utile, mentre ritiro Germania ci fu annunziato a fatto compiuto, pur sapendo che per Italia era ben difficile fare lo stesso.

413

IL CONSOLE GENERALE NERAZZINI AL COMMISSARIO CIVILE DELL'ERITREA, MARTINI (ACS, Carte Martini)

L. P. Roma, 2 aprile 1898.

I:l signor Errera in una dichiarazione scritta da Aden e diretta alla Nazione di Firenze, conferma in tutto e per tutto l'intervista avuta cOIIl Lei a Massaua e pubblicata nella Nazione medesima. Credo che il signor Sandrino Le avrà mandato il numero di quel giornale: in ogni modo qui a Roma nessuno ha rilevato tale affermazione dell'Errera.

Si minaccia un grosso risveglio della questione africana, prendendo occasione dalla legge per la convenzione dei Benadir, che deve essere presentata alla Camera, e della quale legge è relatore l'onorevole Curioni. Tutte le forze antiafricaniste si riuniranno sotto la bandiera dell'on. Giolitti, il quale è l'apostolo dell'abbandono. Risponderà, se non v'interviene direttamente anche l'onorevole Presidente del Consiglio, il marchese Visconti.

Ho veduto i telegrammi di Ciccodicola, dei quali Lei ha conoscenza, giacchè pervengono a Roma via Massaua. Per ora non sono troppo chiari ma a

me sembra di leggere fra le linee che Menelic è inquieto che si continui ancora

il dibattito per la frontiera, dibattito che non mi sembra opportuno di prolun

gare ulteriormente. Bisogna farla finita almeno con la fvontiera del Tigrè.

Si persuada, ,caro signor Martini, che tutto quanto si poteva ottenere ami

chevolmente da Menelic, e coH'assentimento dell'opinione pubblica in Etiopia,

è stato ottenuto; dubito che, insistendo si possa ottenere di più. Sono persuaso

invece che coll'insistere troppo si pel'petuerà in Menelic quello stato latente

di continuo sospetto a danno dei nostri rapporti e con imba·razzi per l'assesta

mento definitivo della Colonia. Credo che il Governo ne ·sia persuaso, e che

voglia chiudere H periodo di pericolose discussioni sulla frontiera. Occorre una

gran prudenza, visti gli umori della Camera, per non volere troppo oggi: vi è

il ,caso di qualche brutta sorpresa. L'essenziale è di stabilire che noi restiamo

sull'Altipiano: chilometro più, chilometro meno la situazione, rimanendo sul

l'altipiano, resta del tutto impregiudicata per l'avvenire. Spero che d:i. ciò vorrà

Lei pure, persuadersene, e quindi coo·rdinare la di Lei azione a questo scopo.

Nei giorni decorsi, in un articolo firmato Sandor (Lupinacci) la Tribuna

mi ha tirato una deHe solite frecciate assai velenose. Eppure mi parrebbe che

oramai fosse tempo di ,finirla! E poi chi scrive!!! Ci vuole un bel COii'aggio.!

Aspetto oggi i1 Felter, che deve partire per Massaua col piroscafo del

6 aprile. Così anche questa ifaceenda è accomodata.

Si vocifel'ano dei dissidi fra il Ministro della Guerra e quello del Tesoro a proposito di bilancio. Sono lieto che Lei abbia potuto toccare con mano le ragioni più impellenti perchè il bilancio dell'Eritrea nelle proposte militari, o meglio, di governi militari, abbia sempre raggiunto cifre elevate. Vorrei sapere quanto dei milioni assegnati alle spese d'Africa e votati per 'l'Africa sono andati a vero destino. Ecco perchè Lei oggi si trova impossibilitato a dedicare 3 o 4 milioni alle spese di strade e di ferrovia.

Il generale Dal Verme è partito per Novara, e sarà qui il 14 per la riapertura della Camera; prima di partire, Le ha scritto, e Le ha mandato un plico assai voluminoso.

Mi piace che Lei ·sia all'Asmara: e se potrà visitare i paesi di frontiera, mi auguro che ne porti un notevole vantaggio morale per la situazione interna.

414

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, ALL'AMBASCIATORE A MADRID, DE RENZIS

T. 722. Roma, 3 aprile 1898, ore 11,30. L'ambasciatore di Spagna mi ha fatto conoscere le proposte comunicate dal suo Govemo al Governo degli Stati Uniti circa la questione di Cuba. Qui le riassumo: l) La Spagna è disposta a sottoporre ad arbitrato le divergenze nell'affare del «Maine »; 2) È revocato il bando relativo al concentramento degli abitanti delle provincie insorte, ai quali la Spagna accorda un sussidio di tre milioni di pesete e lascia ,che al'rivino' soecorsi dagli Stati Uniti; 3) Sarà lasciata

al parlamento cubano la cura di preparare la pace; 4) Sarà accordata la tregua tosto che questa sia chiesta da,gli insorti. Avenclomi l'ambasciatore rinnovato

in questa circostanza la richiesta dei nostri buoni uffici per il mantenimento della pace, ho risposto che ci eravamo messi in comunicazione cogli altri Gabinetti, e che la cooperazione amichevole dell'Italia non sarebbe certo mancata se le potenze si trovassero tutte concordi nel prestare i loro buoni uffici presso il Governo federale.

415

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, AL CAPITANO CICCODICOLA

T. 727. Roma, 3 aprile 1898, ore 19.

Ricevuti i suoi telegrammi l, 2, 3 (1).

Adicaiè. Se ella continua trovare grave resistenza per Adicaiè preferiamo non prolungare negoziato per frontiera tigrina ormai •concordata.. Vorremmo anzi sistemazione definitiva ·frontiera avvenisse subito dopo stagione pioggie.

Lug. Preoccupati voce spedizione Amhara Lug. Alterazione statu-quo mentre pendono trattative, contraria consuetudini europee, potrebbe dar luogo gravi incidenti. Fac·cia presente Menelik necessità comune interesse sia impedito soldati abissini avvicinarsi Lug.

Le comermo intanto pvecedente istruzione ottenere Lug compresa entro nostro confine, confidando nostra arrendevolezza sistemazione definitiva frontiera Tigrè, persuada Menelik assecondare nostro desiderio. Se trovasse insormontabili ostacoli, proponga che, riservata sovranità Etiopia su Lug rimanga questa occupata e ammini1strata esclusivamente da Italia, salvo Sipe·ciale modalità da concordarsi con Governo e con società commerciale (2).

416

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, ALL'AMBASCIATORE A WASHINGTON, FAVA

T. 734. Roma, 4 aprile 1898, ore 13,45.

Codesto ministro d'Austria-Ungheria ha dal suo Governo ricevuto le istruzioni di cui qui riproduco la sostanza: « Si metta d'accordo coi colleghi di Germania, Francia, Italia, Inghilterra e Russia e se sono muniti di analoghe istruzioni faccia di concerto con essi un passo premuroso presso il Governo federale, facendo appello ai sentimenti di umanità e moderazione che distinguono il presidente e raccomandando al suo benevolo esame le ultime proposte spagnole. Ci sembra che queste tengano conto nella misura del possibile, dei desideri formulati dagli Stati Uniti e potrebbero servire di base per una definitiva intesa per regolare le attuali divergenze. Per evitare le calamità di una guerra noi siamo pronti, nell'interesse dell'umanità a mettere i nostri buoni uffici a disposizione dei due Governi interessati. Questi essendo entrambi animati da uno spirito di moderazione, noi speriamo che sarà possibile di giungere ad un accordo

20 --Docummti diplomatici -Serie III -Vol. IT.

che, pur preservando gli interessi della pace, offrirebbe nel tempo stesso le guarentigie necessarie per ristabilimento dell'ordine a Cuba». Nella istruzione telegrafata a codesto ministro d'Austria-Ungheria, si soggiunge confidenzialmente che egli deve dare al passo un carattere puramente umanitario e disinteressato, evitando tutto ciò che possa essere interpretato come indizio di parzialità per la Spagna. L'ambasciatore avendomi chiesto in nome del Governo I. e R. se ero disposto a munire il R. rappresentante a Washington di analoghe istruzioni, non ho esitato a rispondere affermativamente. La S. V. vorrà quindi considerarsi come munita di istruzioni pienamente identiche a quelle del collega austroungarico, segnatamente nel .senso che ella dovrà associarsi al proposto passo nel caso soltanto in cui questo sia fatto da tutti i rappresentanti delle grandi potenzE>, e che questo passo chiaramente apparisca fatto per uno scopo esclusivamente umanitario. Importa che l'atteggiamento e il linguaggio di Lei siano tali da escludere, su quest'ultimo punto, assolutamente ogni :dubbiezza.

(l) -Si tratta dei tell..nn. 666 del 17 marzo, 740 del 24 marzo e 813 del 31 marzo, non pubblicati. (2) -Il telegramma fu inviato al consolato generale ad Aden, che lo trasmise al capitanoCiccodicola ad Addis Abeba.
417

L'INCARICATO D'AFFARI A TANGERI, GIANATELLI GENTILE, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 133/30. Tangeri, 5 aprile 1898. Questo Ministro di Francia, accompagnato daJ. secondo Segretario e dal primo Interprete della sua legazione, è partito nel pomeriggio di ieri, a bordo di un vapore mercantile, per Mogador, donde dovrà recarsi alla città di Marocco presso S. M. Sceriffiana, che testè vi .giunge reduce da1la spedizione militare nel sud dell'Impero. Si ha motivo di ritenere probabile che la nuova missione del signor di Monbel alla coll"te Sceriffiana abbia per is.copo precipuo di condurre a termine le trattative già iniziate a Parigi nel 1897 ed indi interrotte per il malore onde fu colto l'Ambasciatore marocchino che colà era stato inviato. Intorno a tali negoziati, riferì distesamente, a suo tempo, il R. Ministro ·comm. Malmusi, e par:rni non senza un qualche significa•to che l'inviato della Repubblica si disponga a riprendere gl.i interrotti negoziati proprio quando sta per arrivare a Tangeri il Plenipotenziario della Russia che fino ad ora non ebbe qui rappresentanza diplomatica.

Il signor di Monbel reca da parte del proprio Governo !I"icchi doni tanto al Sultano che agli alti dignitari della corte.

418

L'AMBASCIATORE A PIETROBURGO, MORRA DI LAVRIANO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA (Ed. in LV 97, pp. 59-60)

T. 917. Pietroburgo, 10 aprile 1898, ore 18,40.

Conte Mourawieff, riferendosi conversazione con me avuta 30 marzo e da me comunicata a V. E. (1), mi disse testè che essendosi oramai accordato col

Governo francese, tanto ambasciatori di Russia come quelli di Francia avrebbero fatto quanto prima comunicazioni idenUche al Governo italiano ed all'Inghilterra circa modo con cui ammiragli dovrebbero esplicare la loro azione allo scopo di preparare isola di Creta insediamento futuro governatore. Conte Mourawieff non dubita pieno accordo quattro potenze, le cui flotte sono rimaste davanti Creta circa a tale azione degli ammiragli.

(l) Con te!. n. 798 del 30 marzo, non pubblicato.

419

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, FERRERO

T. 816. Roma, 11 aprile 1898, ore 14,30.

R. ambasciatore in Pietroburgo telegrafa quanto segue: «Conte Mourawieff mi disse che, essendosi oramai accordato... (v. tel. n. 917 da Pietroburgo fino alla fine) (2) ». I Gabinetti di Roma e di Londra si trov·eranno dunque tra breve in presenza di una proposta preventivamente concordata tra i Gabinetti di Pietroburgo e di Parigi. Non dubitiamo che essa sarà tale da tenere egualmente conto degli interessi e delle legittime esigenze delle singole quattro potenze.

V. E. ha già avuto l'occasione di notare costì assai opportunamente la speciale identità di situazione che l'Italia e l'Inghilterra hanno nella presente questione. Movendo da questo concetto ella dovrebbe fin d'ora manifestare confidenzialmente al Foreign Office quanto sarebbe desiderabile, a nostro avviso, che, prima di dare definitiva risposta alla eventuale proposizione franco-russa, i due Gabinetti abbiano tra loro uno scambio di idee che escluda tra loro la possibilità di un diverso atteggiamento.

420

IL VICE CONSOLE REGGENTE A TRIESTE, MELI LUPI DI SORAGNA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. RISERVATO 1039/127. Trieste, 14 aprile 1898. Leva qui rumore il conflitto sorto tra il Municipio e il Vescovo Monsignoil" Sterk. Ne fu cagione !'·ordine dato dal Vescovo di fare prediche in lingua slava nella chiesa di S. Giacomo di Trieste. Il Consiglio Comunale dele,gò il Podestà perchè s'adoperasse per ottenere la revoca di siffatta dLsposizione, ma le pratiche fatte rimase,ro senza risultato. Il Consigl:io Comunale allora per rappresaglia, tolse, alla Cattedrale il concerto musicale, da lui sus,sidiato, ed il Podestà quest'anno contrall"iamente al vieto uso, non seguì la processione del giorno di Pasqua, ed anzi per meglio accentuare la sua astens;~one si recò invece ad assistel'e alle funzioni religiose nella chiesa di S. Giacomo ove fu accolto da numerosa folla plaudente.

La vertenza in sè non avrebbe importanza se non fosse il carattere che ha tosto assunto di lotta fra il partito nazionale e lo slavo.

L'innovazione del Vescovo è affatto inopportuna poichè nella Parrocchia di S. Giacomo pochi sono gli slavi e anche questi intendono e parlano l'italiano. E malgrado che il Vescovo abbia dichiarato che il Consiglio unanime dei suoi canonici lo conrfortava a persistere nella deliberazione presa, consta che alcuni di essi furono assolutamente di parere contrario.

L'agire quindi di monsignor Sterk contro il sentimento i;taliano di Trieste, non sembra nè equo, nè richiesto dal bene spirituale di una parte della popolazione.

Il Municipio poi, mettendosi in aperta lotta con l'autorità religiosa compiè atto poco avveduto, giacchè offre il fianco ad un'arma molto tagliente, cioè l'accusa ·che nel suo operare subisca l'influenza di elementi acattolici.

Allo scopo di far cessare il conflitto uno dei deputati di Trieste visitò il Nunzio pontificio in Vienna ed invocò l'intervento del Vaticano. Il Nunzio pa.rve prendere la cosa in buon aspetto e promise di riferirne a Roma onde siano presi provvedimenti atti a il'iconciliare il Municipio con la Curia.

Il Consiglio Munidpale è intenzionato d'inviare il Podestà a Roma per insistere presso la Corte Pontificia per il trasloco ad altra sede vescovile di monsignor Sterk.

(l) Cfr. n. 418.

421

L'AMBASCIATORE A VIENNA, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 982. Vienna, 16 aprile 1898, ore 18,55. Se tutte le grandi potenze si accordano ;per la comunicazione da farsi ai rappresentanti degli Stati Uniti, naturalmente l'ItaHa dovrà associarsi; ma è da considerarsi la possibilità di una risposta non soddisfacente che l'Europa

dovrebbe subire. Certi ·pa;ssi, a mio avv1so, non dovrebbero farsi quando non si è disposti a sostenerli colle armi.

422

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, FERRERO

T. CONFIDENZIALE 889. Roma, 19 apriLe 1898, o1·e 15. Prego far ringraziare Salisbury per amichevole sua comunicazione circa il programma franco-russo per Creta. Meco discorrendone gli ambasciatori di Russia e di Francia si limitarono ad alcuni cenni generali per cui non ebbi opportunità di enunciare una formale risposta. I miei concetti possono così riassumersi: l) Non ho obiezioni a che gli ammiragli si costituiscano in consiglio superiore amministrativo, purchè nel funzionamento di tale consiglio si osservino i principi di disinteresse e di reciproca parità che hanno finora presieduto alle azioni delle potenze intervenienti in Creta; 2) Comprendiamo, rispetto all'opera degli ammiragli, le preoccupazioni di lord Salisbury e siamo

disposti ad accogliere quel sistema in cui si troveranno concordi le quattro potenze; 3) I due ambasciatori, alludendo all'urgenza di mezzi pecuniari accennavano che un prestito poteva ottenersi dalla banca di Parigi e dei Paesi Bassi mediante assegnazione di determinati cespiti che dovrebbero essere amministrati direttamente dalla banca stessa. A me sembra che attribuire ad una banca francese una notevole parte dell'amministrazione finanziaria di Creta, possa dar luogo a quegli stessi inconvenienti sperimentati in altre analoghe situazioni che tutti ben ricordiamo. Noi non potremmo accettare una simile combinazione, mentre invece lo scopo facilmente si può raggiungere col metodo che lo stesso signor Hanotaux aveva accolto nelle sue proposte dello scorso anno, nel senso che le potenze esercitino mediante i loro delegati il controllo sui cespiti assegnati e garantiscano verso la banca mutuante la puntuale osservanza della assegnazione; 4) Circa l'allontanamento o la concentrazione delle truppe ottomane 'converrà attendere che .gli ammiragli stessi formulino proposte pratiche sulle quali possa formarsi un accordo tra le potenze e crediamo necessario che a questo riguardo si proceda con molta cautela. 5) Rispetto all'aumento eventuale dei contingenti, mia opinione è ·che a tale provvedimento debba ricorrersi solo in caso di estrema ed assoluta necessità; 6) Gli ammiragli potrebbero prefiggersi come primo compito l'ordinamento di una gendarmeria. Prego V. E. di comunicare quanto precede a lord Salisbury. Sarebbe desiderabile che questo scambio di idee conducesse, tra i due Gabinetti, a conclusioni conformi che servirebbero di norma alla nostra risposta alla comunicazione franco-russa.

423

L'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 1023. Berlino, 19 aprile 1898, ore 11,56. Biilow mi informa, dopo di avere preso ordini di S. M. l'imperatore: « Go

verno imperiale non può associarsi nuovi passi proposti da ambasciatori grandi potenze a Washington di cui è cenno telegramma circolare di V. E. 16 corrente (1).

S. M., animato desiderio pace, si adoperò presso il Governo spagnuolo per ottenere tutte le concessioni possibili e si associò passo collettivo già fatto presso presidente Stati Uniti del Nord; questo essendo rimasto infruttuoso e neppure accennato nei documenti ufficiali pubblicati, S. M. non crede potere unirsi a nuovi passi, che probabilmente avranno stessa sorte, senza che potenze si siano neppure in precedenza accordate su attitudine da prendere eventualmente.

424

IL REGGENTE IL CONSOLATO GENERALE ALL'AVANA, TORRIELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 125/27. Avana, 26 aprile 1898. Sono circa quindici giorni che non si riceve nessuna corrispondenza per via degli Stati Uniti. Attualmente poi non si riceve né si può spedire corrispondenza,

avendo la squadra Americana bloccato il porto dell'Avana e non permette l'entrata di nessun bastimento straniero ed essendo spagnuoli li sequestrano.

In questi giorni correva la voce insistente che sarebbe stata bombardata

questa città nella settimana, detto anche oficialmente.

Però il Console Inglese che si è fatto carico anche del Consolato Americano

ha ricevuto un telegramma da Washington che assicurava non sarebbe per ora

bombardata la città, ciò che ha tranquillizzato in parte gli animi, con tutto che

nessuno si fa illusioni, e domani potrebbero gli americani cambiare modo di

pensare.

In vista della guerra sono stati sospesi tutti i lavori e le fabbriche hanno

licenziato tutti gli operai. La miseria è molta ed i viveri incominciano già ad

avere dei prezzi esorbitanti per i poveri.

Tutti i Consoli in generale hanno domandato qualche nave per la prote

zione dei sudditi. La R. nave « Bausan » ebbe ordine di partire per Curaçao ed

approfitto della partenza per spedire queste due dghe.

Credo assolutamente necessaria la presenza di una nave da guerra italiana

in porto per ciò che può succedere, calcolando un 500 il numero degli italiani

in questa città.

Prego il R. Ministero a volermi dare ampie istruzioni ,su ciò ,che debbo fare in modo speciale per i nostri connazionali.

Oggi sul « Bausan » partono 11 italiani più qualche famiglia cubana per Giammaica, il comandante scriverà dando parte a ,codesto Ministero non avendone io più il tempo.

(l) Allude al tel. n. 852 che reca in realtà la data del 15 aprile, non pubblicato.

425

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DELL'INTERNO, RUDINI' AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 1128. Roma, 27 aprile 1898, ore 12,45 (per. ore 13,15). Avverto V. E. che vi sono serie preoccupazioni per la dichiarazione della Spagna che considera zolfo come contrabbando di guerra. Spero che Spagna per le insistenze di V. E. revochi dichiarazione fatta; ma le fo vivissima preghiera

di prendere a cuore questo affare. Se Spagna persiste si possono prevedere guai molto gravi per la Sicilia e grande pericolo per mantenimento ordine pubblico.

426

L'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. CONFIDENZIALISSIMO 1151. Berlino, 28 aprile 1898, ore 16. Qui si è molto preoccupati delle conseguenze che possono avere le rivelazioni Casella sopra discorsi fatti da Panizzardi e da Schwarzkoppen. Si considera quest'ultimo al dipartimento imperiale degli affari esteri come un ingenuo che avrebbe nell'ultimo suo colloquio avuto con Casella consegnato a quest'ultimo una lettera per Panizzardi nella quale egli parlerebbe della innocenza di Dreyfus. Tale lettera secondo rapporti qui arrivati sarebbe stata aperta e fotografata e fotografia sarebbe ne:Ne mani del sindacato Dreyfus per essere presentata alle prossime udienze processo Zola. Nei rapporti ·suddetti Polacco, Cahen e anche Paolucci della nostra ambasciata a Parigi sono indicati come facenti attiva propaganda }n favore Dreyfus. Credo mio dovere portare ciò che precede al'la conoscenza dell'E. V. per quanto dubiti della veradtà dei fatti qui riferiti.

427

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DELL'INTERNO, RUDINÌ

(AVV)

L. P. Roma, 28 aprile 1898. La Camera ha preso le sue vacanze sino al 12 maggio e questa data risolve ogni questione intorno alla legge sulle elezioni amministrative. Ho sempre creduto che Ella, come Presidente del Consiglio, dovesse rimanere il solo giudice della situazione politica che Le è affidata. Ma ho dovuto aggiungere, e non poteva essere altrimenti, che della situazione personale, che poteva derivare per me dalle sue risoluzioni, avrei riservato il giudizio a me stesso. io mi considero dunque da oggi come un Ministro dimissionario. Sono però disposto, se Ella non ha nulla in contrario, a non rendere nota questa mia risoluzione durante le solennità di Torino e sino al ritorno del Governo aHa Capitale. Sono dolente di dovere separarmi da Lei; mi conforta almeno il pensiero che possiamo separarci come due amid. Le sono sinceramente grato delle molte prove di fiducia e di amicizia che Ella mi diede e terrò sempre come un onore

nella mia vita l'aver potuto collaborare con Lei, per qualche tempo, nel Governo del paese.

428

L'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, PANSA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. RISERVATO 260/122. CostantinopoLi, 28 atprile 1898. Dopo il mio telegramma del 12 corrente (l) col quale avvisavo V. E. dell'intenzione del Sultano di destinare un proprio rappresentante pr.esso la S. Sede, ho indugiato finora a darlene conferma, nel desiderio di procurarmi qualche più preciso ragguaglio circa le origini e la natura di quell'affare. Esso merita infatti qualche schiarimento. Verso la metà di questo mese, facendosi più insistenti le voci che già da qualche tempo correvano circa l'invio di un ministro ottomano presso il Papa, mi risolsi ad interrogare su ciò il Ministro degli Affari Esteri. E Tewfìk pascià confermò che la creazione di quella legazione era in massima decisa; il titolare non era ancora nominato, spettando al Sultano di designarlo, ma era pronta una

lista di candidati, fra i quali un cattolico; il rappresentante in questione porterebbe il titolo di ministro; e quanto alle origini di tutto questo, S. E. accennava

che il .suggerimento ne era venuto da Roma, per intermedia.rio del Vescovo latino Monsignor Bonetti, del quale anzi si riteneva negli uffici della Sublime Porta •che egli stesso sarebbe forse destinato dal Papa come suo rappresentante presso il Sultano, colla qualità di legato o internunzio.

Codeste informazioni, in base alle quali spedii il mio telegramma del 12 m'ispirav.ano però qualche dubbio, rispetto a certi punti >che non quadravano perfettamente con altre ·Cwcostanze a me note, mentre poi non era sicuro che la Sublime Porta e lo stesso Tewfik pascià fossero bene edotti dei particolari di una trattativa condotta, come questa, dire1:tamente dal Palazzo. Mi adoperai quindi in qualche ricerca, il cui risultato, sebbene non rischiari ancora interamente tutti i lati della questione, credo rappresenti abbastanza davvicino la verità.

I negoziati per lo stabilimento di rapporti diplomatici diretti fra la Sublime Porta e il Vaticano datano già da una diecina di anni. Nel 1888, dietro proposta di Gevad pascià (allora Ministro a Cettigne e poi Gran Visir), avvenne uno scambio di idee fra Costantinopoli e Roma per la conclusione di un concordato analogo a quello stipulato colla S. Sede dal Montenegro, del quale atto Gevad aveva segnalato ll'importanza, come quello che procurava al principato un mezzp d'influenza sui cattolici dell'Albania. Il Vaticano si mostrò favorevole in massima alla proposta, ma dichiarò doverne subordinare la trattazione al previo assenso del Governo austro-ungarico cui spetta, come è noto, la protezione dei cattolici in quella regione. La quistione fu quindi portata da Roma a Vienna e di là deferita all'esame dell'Ambasciatore I. e R. austriaco in Costantinopoli, il quale se ne occupò durante alcuni mesi; ma le trattative vennero poi abbandonate, per la naturale riluttanza dell'Austria-Ungheria a pregiudicare a vantaggio della Sublime Porta la situazione a se stessa acquisita verso il clero albanese. Sembra che in quell'occasione il barone di Calice abbia anche stimato dover far intervenire nella questione il suo collega di Francia, e l'azione di quest'ultimo si sarà certamente esercitata in senso negativo, ben nota essendo l'intransigenza del Governo francese in tale materia.

Nel 1891, Gevad pascià divenuto Gran Visir riprese la sua idea favorita, incaricando un prelato qui residente di riannodare col Vaticano le trattative del 1888: ma a Roma si mantennero le precedenti dichiarazioni, non p o tersi cioè procedere più oltre mentre mancava l'assenso del Gabinetto di Vienna.

Indipendentemente da questo, si era del resto verificato nel frattempo un nuovo caso che, se conosciuto e debitamente apprezzato dal Gran Visir, gli avrebbe anticipatamente dimostrata l'inutilità del suo progetto. Alludo al tentativo fatto, poco prima di quell'epoca, dalla S. Sede per stabilire una propria rappresentanza in Cina. La violenza dell'opposizione della Francia, con minaccia di denunciare il Concordato e la susseguente rassegnazione del S. Padre a revocare la nomina ,già annuncia.ta di monsignoi!' Agliardi ·come Nunzio a Pechino, avevano messo in chiara luce le risoluzioni imperiose del Governo della Repubblica in tale materia e .l'impossibilità per la S. Sede di resistevgli. E l'opposizione della Francia doveva prodursi in modo ben più categorico quando, invece della Cma, si fosse trattato della Turchia, dove le sue pretese al protettorato cattolico costituiscono per essa un dogma indiscutibile, essendo quivi sussidiate anche da una certa qual parvenza legale.

Dopo il 1891, cessarono ad ogni modo i negoziati !Per un concordato e per la creazione di una reciproca rappresentanza diplomatica fra la Sublime Porta e la S. Sede. Se però la Francia non avrebbe [si.c] toHernto la presenza di un Legato pontificio in Costantinopoli, le sue obiezioni avrebbero più difficilmente potuto elevarsi contro la semplice nomina unilaterale di un inviato del Sultano presso il Papa; e su codesta base limitata venne ripreso, negli anni 1893-94, uno scambio di idee fra le due parti, sebbene non mi risulti da quale di esse ne fosse allora assunta l'iniziativa. Le trattative, per le quali il Sultano si giovò qui di monsignor Bonetti e forse anche di qualche altro intermediario, sembrano però aver proceduto piuttosto languidamente, e rimasero, dopo alcuni mesi, sospese; non è inverosimile che a quella sospensione abbiano fra altro contribuito i cruenti fatti di Samsum, forieri dei più estesi massacri che insanguinarono, l'anno seguente l'Anatolia. Quando questi sostarono nella primavera del 1896, il Sultano fece pervenire un messaggio molto cortese a Leone XIII, per mezzo di monsignor Bonetti, al quale egli espresse l'intenzione di mandare qualche dono a Sua Santità, chiedendo ·che cosa potrebbe riuscirle più gradito. A codesta comunicazione rispose il Papa con una lettera concepita, mi fu detto, in termini molto energici, e che determinò una replica del Sultano nella quale S. M. cercava giustificare la propria condotta. Poco dopo, i massacri si riprodussero nella capitale e non era da attendersi in quei momenti un progresso delle trattative rimaste sospese nel 1894. Queste però si riannodarono l'anno scorso e mi risulta da buona fonte che, nell'ottobre ultimo, il Papa si era mostrato assai propenso ad accogliere un inviato ottomano, tanto che il Sultano considerò fin da allora la cosa come convenuta: il candidato doveva essere un musulmano. Per qualche motivo che mi sfugge, si verificò tuttavia, qualche tempo dopo, un cambiamento nelle disposizioni del VaUcano. Nell'occasione di un'udienza ac•cordata tre mesi or sono dal Sultano al Vescovo armeno cattolko monsi.gnor Azarian, avendogli S. M. fatto l'elogio delle «qualità di mente e di cuore che distinguono il Pontefice» e accennato all'intenzione di mandare a Roma un proprio funzionario incaricato dei suoi complimenti tPer Sua Santità, monsignore, ritenendo si trattasse di una missione di pura cortesia, diede di ciò avviso a mon:signor Rampolla, ma questi avrebbe risposto incaricando in via confidenziale il .suo corrispondente di adoperarsi affinchè quel progetto venisse rimandato. Il Sultano però, se pure egli ebbe sentore di codesta opposizione, non si lasciò da essa fermare, come non si lasciò fermare da una certa malavoglia dimostratagli nello stesso senso dai propri Ministri. Il pil'o,getto per ·la nomina di un inviato presso il Vaticano essendo infatti stato deferito, sui primi di marzo, al Cons.iglio dei Ministri, questo mandò al palazzo un rapporto nel quale si obiettava, fra altro, che la •spesa pel suo mantenimento, nelle attuali condizioni dell'Erario, non sembrava giustificata da un effettivo bisogno. Ma il Sultano rinviò sul principio di questo mese il progetto stesso alla Sublime Porta, ·con istruzioni tali che ai Ministri non rimase altro a fail'e che di approvarlo. E fu allora ·che la notizia se ne sparse al Ministero, ove, per non essere i precedenti di quell'affare passati per 'la trafila ordinaria, esso diede luogo ai commenti non del tutto esatti riferiti dallo stesso Tewfik pascià. La relativa proposta fu quindi comunicata formalmente a monsignor Bonetti, il quale ebbe a trasmetterla a Roma. Ma fino a ieri non era giunto ancora riscontro dal Vaticano e credo sapere ·Che il Sultano l'ha solle

citata, mostrando una certa sorpresa per l'indugio al quale egli forse non si attendeva a proposito di un accordo çhe l'anterioll'e contegno del Pontefice gli aveva fatto considerare come ,già stabilito in massima.

Da taluno si suppone che le attuali esitanze della S. Sede siano dovute ad opposizione francese; tutto sembra però indicare che quando esse cominciarono a manifestarsi, fin da tre o quattro mesi or sono, il Gabinetto di Parigi non fosse ancora informato di quanto si preparava. Si può anche congetturare che prevalgano ora nei consigli Vaticani le obiezioni di alcuni prelati contro il progetto stesso: un Ministro ottomano a Roma, essi osservano, diverrebbe il naturale strumento di continue pratiche ordinate dal Sultano, ora per l'una ora per l'altra cosa, sia a scopo d'intralciare nel suo interesse l'azione degli ecclesiastici in Tur. chia, sia per rappresentare al S. Padre il lato di ogni eventuale questione come meglio giovi alla Sublime Porta; e non essendo quella azione controbilanciata da alcun agente papale in Costantinopoli munito di veste diplomatica e della autorità legale necessaria per far valere le opposte ragioni, non si vede quale vantaggio ricaverebbe la Chiesa da una simile combinazione. Checchè sia di ciò, è abbastanza curioso il fatto che in tutto ii corso di questo negoziato, la sua riuscita sembra esse·re stata voluta personalmente tanto dal Sultano come dal Papa malgrado una certa opposizione da essi incontrata nei rispettivi consigli.

In attesa della soluzione di questo affare, mi rimane soltanto ad aggiungere che l'ambasciata di Francia, colta di sorpresa dalla recente decisione del Sultane, sospettò immediatamente che essa fosse dovuta a suggestioni della Germania. Il barone Marschall dice non esservi entrato per nulla, e, per quanto non sia da escludersi che qualche consiglio abbia potuto esser chiesto e dato in quest'occasione, i precedenti esposti nel presente rapporto dimostrano abbastanza che non si tratta, se non altro, di cosa nuova.

(l) Si tratta del tel. n. 936, non pubblicato.

429

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, AL CAPITANO CICCODICOLA

T. 978. Roma, 29 aprile 1898, ore 12,15.

Prego prendere notizia e consegnare subito telegramma Nerazzini a Menelik :

« -S. M. Menelik -Roma, 29 aprile 1898. La prego caldamente sorvegliare contegno ras Mangascià diventato a noi ostile, perchè nostro Governo fedele al trattato con V. M. intende non avere con lui rapporti diretti. È bene sollecitare delimitazione frontiera onde si sappia quali sono capi tigrini riconosciuti da V. -M. per nostri confinanti. È necessario che in Italia termini presto ogni preoccupazione per tranquillità nel confine altrimenti opinione pubblica può agitarsi e far premura al Governo perchè ceda Eritrea ad altra potenza. Tutto invece andrà bene se V. M. farà .sollecitamente sentire sua autorità sopra quei capi tUJrbolenti che cercano guastare nostra ami'Cizia giacchè solo V. M. deve garantiire e mantenere all'Italia perfetta qu~ete nella linea di confine concordata» (1).

(l) n telegramma fu inviato al consolato generale ad Aden che lo trasmise al capitano Ciccodicola ad Addis Abeba.

430

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, AL COMMISSARIO CIVILE DELL'ERITREA, MARTINI

T. 979. Roma, 29 aprile 1898, ore 13.

Prego prendere notizia e far proseguire Ciccodicola presente telegramma:

« Mang.ascià ha annunciato bando solenne 26 marzo rimozione Adua

Embajé nostro amico e nomina governatore Tigrè Scium Agamè Tesfai co

stante nemico Italia. Trattasi probabilmente rappresaglia Ras deluso speranza

avere aiuti italiani contro imperatore dopo esito negativo missione di cui dispac

cio 30 marzo (1). Si dice anche ord~ne sia venuto da Menelik. Non lo crediamo.

È necessario urgente azione Menelik che non deve permettere nostra leale osser

vanza trattato Addis Abeba dia occasione nuocerei e turbare pa·ce. Informi Me

nelik maneggi Mangascià, ,gli fa.ccia comprendere gravi pericoli situazione che

si va creando Tigrè e lo inviti agire energicamente render possibile sistemazione

frontiera con -terie guarentie sicurezza.

Continuano giungere notizie minaccia razzia Amara Lugh, Bardera. Confermo istruzioni. Prego curare trasporto Addis Abeba salme Bottego e Sacchi. Idea spedizione ricerca ormai abbandonata ».

431

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DELL'INTERNO, RUDINÌ, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

(AVV)

L. P. Roma, 29 aprile 1898.

Grazie della sua lettera (2). Vale a dire che siamo entrambi dimissionari e che passeremo l'estate in un clima migliore di quello di Roma. Concordo pienamente con Lei che non convenga parlarne durante le solennità di Torino. Potremo, del resto, riflettere in questi giorni sulla procedura che dovremo tenere. Spero poter passare da Lei dopo le 2 p.m.

432

L'AGENTE DIPLOMATICO E CONSOLE GENERALE A TUNISI, MACHIAVELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 1383/271. Tunisi, 3 maggio 1898.

Facendo seguito al mio rapporto dei 30 aprile u. s. n. 1356/262 (l), ho l'onore di trasmettere copia d'uno direttomi dal R. Agente Consolare a Gabes per confermare le sue precedenti informazioni sopra un incidente di frontiera, allargandosi a parlare dei progetti che si attribuiscono alla Francia in Africa di

cadere sotto la propria influenza L'hinterland del Marocco e della Tripolitania per modo di diminuire l'importanza di queste vaste regioni, qualora dovessero passare sotto il dominio d'una potenza europea.

ALLEGATO.

LUMBROSO A MACHIAVELLI

Gabes, 29 aprile 1898.

Mi pregio confermarle il mio telegramma cifrato di ieri del quale darò comunicazione al cav. Motta col postale di domani.

La voce pubblica corrobora anche oggi pienamente tutte le informazioni che ho potuto avere ieri. Mi è però difficilissimo e, dopo tutto il chiasso recente suscitato intorno al caso Dreyfus, oserei dire impossibile ottenere particolareggiate notizie per quelle ragioni che la S. V. può apprezzare senza che io le ripeta.

Nullameno io continuo a stare in guardia e quando sia opportuno telegraferò di nuovo a V. S. e in caso d'urgenza anche a Tripoli. Come per l'addietro pregoLa comunicare al R. Governo ch'egli può contare sulla massima mia devozione e solerzia.

Mi è stato comunicato qualche giorno fa da fonte che debbo ritenere sicura che il Governo francese persegue in Africa uno scopo di altissima importanza. Esso consisterebbe nell'unire le proprie colonie del Nord africano a quelle dell'Occidente in modo da far cadere sotto la propria influenza tutto l'hinterland del Marocco e della Tripolitania. In tal guisa se queste due regioni dovessero un dì per circostanze impreviste cadere sotto il dominio di potenza europea che non fosse la Francia, perderebbero la propria importanza nella possibilità di rapido e cospicuo sviluppo commerciale.

Mi si aggiunse anche che per questo scopo non ancora raggiunto, unito ad altre considerazioni amministrative, la Tunisia rimane legata al Ministero degli Affari Esteri e che tutto il lavorio di questo comando militare tende infatti a tagliar fuori il vilajetto di Tripoli circonscrivendolo per quanto possibile a pochi chilometri di estensione dalla spiaggia col sottrarre alla dominazione ottomana Gadames e Gatt.

(l) -Non pubblicato. (2) -Cfr. n. 427.
433

L'AGENTE DIPLOMATICO E CONSOLE GENERALE A TUNISI, MACHIAVELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 1231. Tunisi, 5 maggio 1898, ore 23,05 (per. ore 6 ciel 6).

Sono informato che zuavi guarnigione Goletta hanno avuto ordine par

tenza per Biserta, dove si assicura essere giunta ultimamente grande quantità

di munizioni da guerra, e fatti preparativi difesa, come si prevedesse attacco

improvviso.

Corre voce trovarsi in prossimità di Biserta forte squadra inglese.

434

IL CONSOLE GENERALE NERAZZINI AL COMMISSARIO CIVILE DELL'ERITREA, MARTINI (ACS, Carte Martini)

L. P. Chianciano, 5 maggio 1898.

Rispondo alle sue lettere del 15 e 16 aprile (1), scusandomi se sono rimasto vario tempo senza scriverLe perchè mi trovavo, come mi trovo ancor oggi, in

campagna:. Fui chiamato telegra,fi:cacrnente a Roma, quando venne il di Lei ralpporto (l) !Sull'attitudine che p11endeva Mangascià <;on quel bando che d'ece in Adua; e il Presidente del Consiglio, volendo secondare il di Lei avviso di mettere a Menelik una pulce in un orecchio colla minaccia di cedere agl'inglesi la colonia se Menelik non si affrettava a porre nella :frontiera uno stato di cose, che ci garanHsse meglio tranquillità e sicurezza, nè potendo il Governo fare !Simile dichiall"azione, volle che facessi io un telegramma al Negus (2), e ilo feci con. ;p1ena convinzione che fosse ben fatto. Il generale Dal Verme per il primo mi fece vedere sulle bozze di stampa la relazione dell'on. Rubini, e mi dette l'allarme. Io non perdei tempo, e .feci subito una relazione al Presidente del Consiglio e al Ministro degli Esteri nella quale sostenni che il più pericoloso paradosso politico era di pensare ancora all'abbandono dell'altipiano, ma,gari volendone anche conservare con qualche formula diplomatica l'alta sovranità, ;per II"itirarsi a Massaua. Trattai la questione vivacemente sia dal punto di vista intrinseco sia dal punto di vista internazionale. Spero che Le manderanno questa mia relazione, che ha abbastanza scosso i ·lettori, e che feci leggere in parte ossia nelle 'conclusioni anche al di Lei figlio Sandrino. Rudinì mi ripetè arlora il suo concetto di tenere effettivamente l'altipiano con la frontiera concordata con Menelik e di stabilire in un punto qualunque (da studiarsi e decide11si) dell'altipiano un forte campo trincerato, dove per qualsiasi ebollizione extra frontiera, guarnigione e coloni potessero sicuramente dparal"si. E sta bene ..... ma come logica conseguenza, viene H collegamento di questa specie di piazz1a forte con Massaua, e qutndi la necessità di una strada a rapida comunicazione, ciò che non si può raggiungere se non con una ferrovia a ,scartamento ridotto. Le ragioni d'indole economica che Lei ha svolte sono esattissime, e l'economia è tutt'altro che esagerata. Un colonnello del genio nella Gazzetta di Artiglieria e Genio pubblicò nel 1895 (se non sbaglio) uno studio di quel genere, facendo rilevare l'economia che farebbe la colonia affidando H trasporto che si fa oggi a camello e a mulo a una strada ferrata con scartamento ridotto. Il generale Dai Verme, che mi pose sott'occhio questo scritto, divide completamente le sue idee, e credo che Le abbia scritto in proposito.

Ma è certo che la relazione Rubini porta una doccia fredda suU'iniziativa di qualsiasi società che intenda assumersi taLe impresa. Ed anche di questo parlai col Presidente del Consiglio, ed E.gH mi rispose che le citazioni fatte del suo discorso pronunziato alla Camera si riferivano ail'Eritrea di allora, cioè con Cassala, coll'organamento e govell"no miliitare, col presuntivo di bilancio :liatto ;dal Baldissera etc. etc. ma oggi le condizioni sono cambiate, quindi egli stesso non può mettersi in contradiz1ione se dirà, che date le nuove condizioni di fatto, l'altipiano può essere tenuto.

Questo è il risultato del mio ultimo colloquio. Quanto alla frontiera, le mie idee non sono perfettamente conformi alle sue: io ritengo che il dibattito sulla frontiera debba essere chiuso, che il procrastinarlo sia pericoloso, e se Menelik fa quello che promette e che riferisce Ciccodkdla nell'ultimo suo telegramma, conviene definire la questione e prepararsi al passaggio nei !limiti della nostra

frontiera. Ho la convinzione che manchi a Ras Mangascià la forza e la ragione

per promuovere nel Tigrè un'infrazione seria a quello che è ,stato stabilito con

Menelik. Però non ho mancato di telegrafare a Menelik che deve essere più sol

lecito a togliere di mezzo queHa congrega di malfattori e di nemici nostri che

spadroneggiano oggi nel Tigrè : e Menelik spero che lo farà.

Non so più presagire quello che possa succedere alla Camera, se tornasse di nuovo in ballo la questione africana. In questi giorni le nostre condizioni interne si sono seriamente aggravate: soffia un vento di ribellione che si estende e si Ifa minaccioso. Si richiamano classi, e si stabilisce il governo mi'litare in varie provincie: non so proprio dirle dove andremo a finire. L'atmosfera è torbida, e potrebbe influire anche sulle decisioni da prendersi per l'Africa.

Ho avuto piacere di ricevere lettere da Mercatelli: ero un poco sorpreso del di lui silenzio. Quanto alla nomina di Mercatelli a ufficiale coloniale di la classe, Le faccio riflettere che •fino ad. oggi nessuno ha potuto arrivare a quel grado, neppure il Cecchi che morì con quel desiderio insoddisfatto. Di primo acchito mi pare difficile, e se Lei riflette agli articoli della legge, che espongono le motivazioni per tali nomine, si persuaderà, ·credo, e converrà che per una prima classe la cosa è alquanto difficile. Almeno tale è l'opinione che sii iha al Ministero Esteri. Bisognerebbe come prima nomina sembrasse sufficiente almeno la seconda classe. Lei sa se io stimo Mercatelli, e se apprezzo i servigi che egli è in grado di render alla colonia, come pure Lei ricorda come io mi sono adoperato per rompere gl'indugi e le tevgiversazioni che ostacolavano la di lui partenza per Massaua: ma creda che quando si tratta di entrare in un organico, e quando vi sono in giuoco gl'interessi' dei terzi, la misura nel proporre non è mai dannosa.

La massima soddisfazione morale che può avere Mercatelli nel ruolo degli ufficiali coloniali, è di tenere il primo posto nelle funzioni devolute a tali impiegati, ed il primo posto è indubbiamente quello di Capo di Gabinetto, e di Capo dell'ufficio politico.

Resterò in campagna forse tutto il mese ma ciò non esclude, che, come è successo la scorsa settimana, mi ·chiamino a Roma da un momento all'altro. Quanto alle lettere, La prego di dirigerle ·sempre a Roma. Mi ·Conservi la Sua pregiata amicizia, e si ricordi che nessuno è più interessato di me nell'esito dell'opera difficile alla quale Ella dedica tutte le sue forze e tutta la sua energia.

(l) Non pubblicate.

(l) -Non pubblicato. (2) -Cfr. n. 429.
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L'AMBASCIATORE A LONDRA, FERRERO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 319/152. Londra, 6 magfl,io 1898 (per. iL 14). Lord Salisbury, nella prima ·conversazione avuta .con me dopo il suo ritorno dalla riviera, ha abilmente toccato delle questioni che potranno nascere dalla prossima e decisiva campagna del Sudan nei rapporti con Menelik. Gli ho fatto però osservare che le preoccupazioni al riguardo sarebbero tanto minori quanto

maggiore e decisivo il successo delle armi anglo-egiziane. Ed invero il prestigio delle armi è tutto agli occhi dei barbari, per non dire dei popoli civili.

Mi interessa di notare, di passaggio, che la preoccupazione più o meno giustificab1le di Lord Salisbury rispetto all'Abissinia, è una prova che i negoziati anglo-etiopici dell'anno scorso non sono stati così esaurienti come si potrebbe credere e che i'1 preteso trattato segreto non deve essere una realtà, ed è recisamente negato da Lord Salisbury.

Il nobile Lord ha mostrato di aver bisogno di essere costantemente in accordo con noi nelle questioni ·con l'Abissinia, dichiarando da·l canto suo .che nè per il passato nulla è intervenuto nè per l'avvenire nulb interverrebbe nei rapporti anglo-etiopLci che potesse essere rsgradito all'Italia.

La vittoria della civiltà, suggellata tra pochi mesi ad Onduraman, potrà essere il principio di un'era di maggior prestigio europeo. Forse potremo da parte nostra trarre vantaggio dai successi britannici e dal~la solidarietà desiderata da questo Governo.

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IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DELL'INTERNO, RUDINÌ, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 1263/16815. Roma, 7 maggio 1898, ore 21.

Per le occorrenti ·comunicaztoni, partedpo V. E. 1che con R. Decreto in data d'oggi è stato proclamato lo stato d'assedio nella provincia di Milano e nominato

R. commissario straordinario il .generale Bava Beccaris, comandante del 3o Corpo d'Armata.

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L'AMBASCIATORE A MADRID, DE RENZIS, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

L. P. Madrid, 7 maggio 1898. Nel pregarLa di voler portare la sua attenzione sul mio rapporto ufficiale in data di oggi (l) è necessario ·ch'io aggiunga alcune osservazioni di carattere confidenziale, .che mal figurerebbero in un documento ufficiale, ove meglio stanno i fatti che le considerazioni. Dico nel mio r-apporto delle paure destate dal linguaggio di Lord Salisbury nel suo discorso alla P~Time.rose League, che fa vedere come .possibile, e quasi giustifica, un più grande smembramento della Spagna, che non sarebbe l'aspettata indipendenza di Cuba. Non si deve prestar gran fede agli humbug dei giornali americani che già d'ogni colonia spagnola fanno distribuzione a loro bell'agio. Ma alcune parole che ben più impensieriscono, mi sono state dette da Sir Drummond Wolff qui ritornato dopo lunga assenza. Questi, che trovasi in gran dimestichezza con me, e sovente parla a cuore aperto, mi ha assicurato aver gli americani offerto al'l'Inghilterra naturaLmente nulla aver risposto in proposito [sic]. Lo stesso Drummond Wolff che ha visto a Parigi al suo passaggio il generale Woodford già Ministro d'America a Madrid, mi ha soggiunto aver egli certezza che altre ·offerte sieno

state fatte alla Francia, alla Germania ed alla Russia per ottenere il tacito consenso d'uno smembramento delle posrsessioni spagnuole. Il mio collega, che come

ogni buon inglese tTova naturale ogni conquista del suo paese e scandalosa quella di altri, è impensierito dell'idea che la Russia miri alla possessione di Ceuta. A questo proposHo, egli mi ha fatto leggere un suo rapporto di antica data, nel quale parlando della nomina di un Ministro russo al Marocco, dimostrava quali erano i disegni della Russia nel Mediterraneo.

Io non posso dire, se questa del Drummond Wolff, sia una idea americana davvero, o non sia invece un prodotto del suo fervido ·cervello, sovente vittima d'un miraggio polittco; ma più che ie confidenze del mio collega, che potrebbero avere un secondo fine, mi ha dato pensiero la loro coincidenza col di1scorso, permetta ch'io dica, brutale del suo Ministro. A Ceuta, da vicino e da ·lontano siamo interessati anche noi.

Prima di chiudere questa mia già lunga lettera, debbo soggiungere altro.

Ella ricorderà che in un mio rapporto (26 marzo) (l) dissi brevemente delle ingiustificate diffidenze ch'io vedevo a Corte verso l'Italia. Oggi il Drummond Wolff mi ha detto che nella conversazione avuta nel giungere a Madrid col signor Gullon, aver il Ministro di Stato fatto cenno della poca benevolenza dell'Italia verso la Spagna, di cui si son viste prove nella mancata vendita delle navi e nella attitudine generale ,in questi ultimi tempi! Il mio fiair non m'ingannava adunque, quando a traverso le cortesie d'ogni specie scambiate, io intravedevo un sottostrato di sospetto! Strano caso per verità. Che la Spagna confidi in altri paesi pronti a spogliarla ed abbia diffidenza di noi, soli che del possibile partage nulla vogliamo guadagnare.

Un'ultima informazione. Il Silvela ora a capo del partito consenratore, nel:le cui mani cadrà tra non molto il potere, ha detto ieri e ripetuto alla Camera, che il suo programma non è l'isolamento, ma quello di un'alleanza. Ha soggiunto che un'alleanza deve necessariamente farsi offrendo compensi in cambio di aiuto. Nessuno dubita ·ch'egli parli dell'alleanza francese, e dell'offerta di compensi nel Mediterraneo.

Perdoni onorevole Marchese questo lungo mio scriHo, necessario d'alt['onde a bene spiegarLe la situazione delle cose.

(l) Non pubblicato.

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L'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 1269. Berlino, 9 maggio 1898, ore 10,45.

Ringrazio l'E. V. del telegramma di questa notte, (2) tanto più che non sfugge qui e corrispondenti da buona fonte Italia non mancano rilevare carattere politico repubblicano moti Milano. Impressione dolorosa: e tutti mi chiedono notizie.

(l) -Non pubblicato, ma cfr n. 408. (2) -Si tratta del tel. n. 1091 deJ.l'B maggio, inviato a tutte le rappresentanze diplomaticheall'estero, del seguente tenore. « Ultime resistenze Milano completamente domate. Ordine pubblico ristabilito. Bonin ».
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IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DELL'INTERNO, RUDINÌ, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 1278. Roma, 10 maggio 1898, ore 1,40.

Per le occorrenti comunicazioni partecipo a V. E. che con R. Decreto 9 maggio è stato proclamato lo stato di assedio nella provincia Idi Napoli e nominato

R. commissario straordinario il tenente generale Nestore Malacria comandante interinale del X Corpo d'Armata.

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IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DELL'INTERNO, RUDINÌ, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 1280/17257. Roma, 10 maggio 1898, ore 10,55. Per le occorrenti comunicazioni:, partecipo alla E. V. che, con R. Decreto in data 9 maggio fu proclamato lo stato d'assedio delle provincie di Firenze

e di Livorno e nominato R. commissario straordinario il tenente generale comm. Nicola Heusch comandante l'VIII Corpo d'Armata.

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IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DELL'INTERNO, RUDINÌ, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 1290/17613. Roma, 10 maggio 1898, ore 10,55. Voglia telegrafare ambasciatori Berlino Parigi perchè mi siano segnalate

quali agenzie pubblicano dispacci con la data di Lugano 'recanti notizie esagerate d'Italia.

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L'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 1299. Parigi, 10 maggio 1898, ore 19,05.

Mentre i tristi fatti del nostro paese trovano scarso eco nei giornali francesi,

arrivano qui dall'officina svizzera di Berna all'agenzia Havas le più fedeli notizie circa continuazione e la gravità dei di,sordini. È ;segnalata la partenza di numerosi operai italiani dalla Svizzera, particolarmente da Losanna con il motto d'ordine alla frontiera. Informatore privato mi annunzia prossima partenza di Cipriani ed una ventina di compagni suoi.

at - Documenti diplomatici -Serie III -Vol. II.

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IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DELL'INTERNO, RUDINÌ, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 1302/17410. Roma, 10 maggio 1898, ore 22,20. In relazione telegramma ministro a Berna (1), che V. E. mi ha comunicato,

crederei opportuno che V. E. ordini a quel ministro di fare passi presso il Governo elvetico acciocchè voglia impedire aggressione armata contro Italia.

444

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DELL'INTERNO, RUDINÌ, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 1303/17420. Roma, 10 maggio 1898, ore 22,25. Telegramma in transito dice: «Berna operai italiani molto eccitati tutta Svizzera partono Italia partecipare rivoluzione ben provvisti denaro; videsi movimento concordato, comunicavano persino, per eccitare partire, telegramma

annunziante rivoluzione Torino. Queste notizie confermano quelle già comunicate:..

445

IL MINISTRO A BERNA, RIVA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 1306. Berna, 10 maggio 1898, ore 21,50. Avendo il console generale in Ginevra segnalata partenza socialisti anarchici da queila città e da Losanna pel Canton Ticino e il console in Bellinzona l'arrivo a Chiasso ed altri luoghi del sotto Ceneri di settarii fu.ggiti da Milano, ho ·creduto di mettere presidente confederale in avviso circa pericolo che potrebbe venire da siffatta agglomerazione al nostro confine. Il presidente mi ha detto consiglio federale stato vigilante e confidare che il Canton Ticino saprà compiere il suo dovere, impedendo eventuale passaggio bande armate sul nostro

territorio. Egli attendeva appunto informazioni da quel consiglio cantonale sulla situazione della frontiera e me le comunicherà domattina.

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L'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 1324. Parigi, 11 maggio 1898, ore 20,30. Le notizie che qui pervengono dalla Svizzera accertano la formazione a Ginevra, Losanna e Lugano di grosse bande armate, forti di seicento o settecento uomini, composte di anarchici di vari paesi e di operai italiani che tenteranno

invadere nostra frontiera. Furono fatte collette di denaro e, pare, anche acquisto di armi e munizioni. Sulle frontiere francesi non vi è sintomo di movimenti,

sui quali, d'altronde, il Govemo ha disposto sia esercitata la massima sorveglianza. Mi è anche segnalato da fonte governativa, il pericolo che qualche cosa scoppi fra i feiTovieri italiani. La polizia vigilerà anche su Cipriani e suoi amici.

(l) Si tratta del tel. n. 1288 del 10 maggio, non pubblicato.

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L'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 1326. Parigi, 11 maggio 1898, Oll"e 20,30. Ho indicato ad Hanotaux le esagerazioni date telegrammi pubblicati dalla agenzia Havas. Egli mi disse che non solo telegrammi provenienti dalla Svizzera ma anche alcuni partiti da Roma e da Napoli, colla firma Stefani, portavano l'impronta di evidenti esagerazioni, soprattutto in quanto contenevano non solo

notizie di fatti, ma anche apprezzamenti circa gravità dei medesimi. Di quest'ultima circostanza egli rimase sorpreso.

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L'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. RISERVATO 13,27. Parigi, 11 maggio 1898, Me 22,35. Stimo opportuno riferire che Hanotaux, il quale non vuole essere nominato, mi parve attribuire una seria importanza al movimento delle bande armate che si organizzano in Svizzera. Stando alle notizie che si pubblicano qui, ci dovremmo premunire contro una possibile entrata di esse tanto dal Sempione, che dal Ticino. Dallo stesso signor ministro degli esteri e sempre sotto la stessa riserva di assoluto segreto, ho saputo che in alcune provincie russe esiste la più terribile carestia, sulla quale si mantiene il segreto, e che le previsioni del futuro

raccolto sono pessime in quell'impero. Sarà bene tener conto di ciò per le necessità dei nostri approvvigionamenti (1).

449

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DELL'INTERNO, RUDINÌ, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 1313/17544. Roma, 11 maggio 1898. Bisogna insistere con Govemo svizzero. Giornali svizzeri e stranieri parlano della aggressione di anarchici che si sta preparando sul territorio elvetico. Noi

siamo pronti a riceverli come meritano; ma uno stato amico precedentemente avvertito non può a meno di intervenire.

(l) Comunicato privatamente dal Comm. Malvano a S. E. di Rudinl [Nota del documento].

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L'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 1329. Parigi, 12 maggio 1898, ore 0,25. Notizie Havas mercoledì sera. Oggi riunione a Chexbre 900 italiani, a Ginevra 600, a Zurigo numerosa. Da Chexbre partenza per Friiburgo di circa 400; dovevano arrivarvi stasera alle 8. A Ginevra e Zurigo si parlò di partire ma malgrado collette fatte manca iJ danaro: a Ginevra padroni rifiutarono paga ai partenti;

a Zurigo funziona ·comitato in permanenza. Entusiasmo scal:'so regna una certa irresoluzione.

451

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DELL'INTERNO, RUDINÌ, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. URGENTE 1331/17629. Roma, 12 maggio 1898, ore 10. Addetto militare Panizzardi conferma notizie invasione ordita contro di noi

sul territorio elvetico. Vegga V. E. se non possa far sentire al Governo elvetico un linguaggio alto e .fermo.

452

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DELL'INTERNO, RUDINÌ, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 1334. Roma., 12 maggio 1898, ore 10,35. Generale Bava segnala concentramento socialisti Chiasso coll'intendimento penetrare Italia. Altro nucleo, secondo le informazioni avute da Bava, pare muova verso Sempione. Se tutto ciò assume carattere di guerra sarà difficile impedire che le nostre truppe rispettino territorio Svizzero. Prego V. E. di dirmi

quali istruzioni debbono darsi a1 generale Bava pel caso di conflitto sulla frontiera.

453

L'AMBASCIATORE A LONDRA, FERRERO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 1350. Londra, 12 maggio 1898, ore 21. Questo Governo mostra continuamente sua simpatia per l'Italia nella crisi dolorosa che sta attraversando; mi domanda se questa Ambasciata ha Ticevuto notizie dal suo Governo; anche distinti personaggi che avrebbero intenzione andare in Italia vengono chiedere informazioni; infine, io stesso mi trovo in

preda a legittima ansietà che mi induce a pregare V. E. favorirmi notizie indicandomi in quale misura le posso partecipare ad altri.

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IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DELL'INTERNO, RUDINÌ, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 1349. Roma, 13 maggio 1898, ore 7,45.

Ulteriori notizie da me ricevute dalla Svizzera e quelle che l'E. V. mi ha comunicato dimostrano che l'organizzazione e la partenza di bande contro l'Italia è continuata e continua senza che si sia tentato da parte del Governo svizzero di mettervi impedimento. Non posso tacere che l'invasione di bande anarchiche e socialiste potrebbe avere serie conseguenze.

455

L'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 1375. Parigi, 13 maggio 1898, ore 8.

Telegramma da Roma pubblicato oggi dalla agenzia nazionale reca che in Lombardia ed in Toscana scorazzano bande armate nelle campagne. Il corrispondente della suddetta agenzia si palesa malevolo. Prego dirmi se la notizia possa essere recisamente smentita.

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IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, AL COMMISSARIO CIVILE DELL'ERITREA, MARTINI

T. 1197. Roma, 14 maggio 1898, ore 13.

Se, come sembra risultare dal telegramma di V. E. del 10 corrente, (l) negozio Parsons riguarda definizione questione confine per solo tratto da mar Rosso al Barca, in <base accordo 1895 autorizzo V. E. trattare ad referendum. In •caso contrario, prego telegrafare. Le .confermo precedenti istruzioni per questione pascoli.

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IL COMMISSARIO CIVILE DELL'ERITREA, MARTINI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 1393. Roma, 15 (2) maggio 1898, ore 9,2Q.

Parsons partito. Ho .spedito rapporto riferendo ·COlloquio avuto con lui limitato da un semplice scambio d'idee. Negoziato riguarda solo tratto da mar Rosso al Barca *secondo accordo 1895 * (3).

14 maggio.

fra asterischi.

(l) -Non pubblicato. (2) -Il testo conservato all'Archivio Centrale dello Stato, carte Martini, reca la data del

(3) Nel testo conservato all'Archivio Centrale dello Stato, carte Martini, manca il brano

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IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, AGLI AMBASCIATORI

A LONDRA, FERRERO, A PARIGI, TORNIELLI, A PIETROBURGO,

MORRA DI LAVRIANO, A VIENNA, NIGRA, A BERLINO, LANZA, A

COSTANTINOPOLI, PANSA, E AL COMANDANTE LA SQUADRA NA

VALE NELL'EGEO, CANEVARO

(Ed. in LV 97, pp. !60-61)

T. CONFIDENZIALE 1212. Roma, 16 maggio 1898, ore 13,15.

Gli ambasciatori di Francia e di Russia mi hanno consegnato, circa la questione cretese, due note verbali identiche, contenenti sostanzialmente le proposizioni seguenti: l) un comitato amministrativo ristretto, i componenti del quale sarebbero scelti dagli ammiragli tra i membri dell'assemblea cretese; e dagli ammiragli potrebbero (l) revocati, amministrerebbero, sotto Ia sorveglianza degli ammiragli stessi, sulla base dell'autonomia, le parti dell'isola occupate dagli europei e dai turchi; 2) un sindacato di banchieri dei quattro paesi antidperebbe al •Comitato i fondi necessari e terrebbe in guarentigia, in tutto od in parte, la sopratassa del tre per ·cento sulle importazioni; 3) gli ammiragli giudicheranno se ·Convenga mettere a disposizione del comitato la gendarmeria europea di cui dispongono come nuJcleo delle forze di polizia da reclutarsi nell'isola e da completarsi, occorrendo, con gendarmi reclutati in Europa; 4) con. tingenti europei sarebbero per ora mantenuti nella cifra attuale; 5) gli amm~ragli presenteranno alle quattro :potenze un .progetto di .concentrazione delle truppe ottenute in certi punti dell'isola; le potenze si concerterebbero per indurre la Porta a ridurre e concentrare le sue truppe richiamando la sua attenzione sulle •conseguenze che le deriverebbero da un suo rifiuto di seguire il loro invito.

Ho ringraziato i due ambasciatori per la importante loro comunicazione Ho soggiunto che lo schema da essi presentatomi •corrispondeva nelle sue linee generali, ai concetti ·che ·avevano costantemente ispirato, nella questione cretese, la politica del R. Governo, e che mi riservavo di dare una risposta definitiva dopo averne conferito col presidente del consiglio ed in quanto concerne la parte finanziaria col ministro del Tesoro.

* (Per Berlino, Vienna, Costantinopoli). Quanto precede è per informazione di V. E. * (2).

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L'INCARICATO D'AFFARI A PIETROBURGO, MELEGARI AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 289/118. Pietroburgo, 16 maggio 1898.

L'accordo testè conchiuso a Tokio tra la Russia ed il Giappone relativamente alla Corea già da me comunicato aiJJ'E. V. con rapporto in data 13 corrente n. 274/114 (3) -e ·Che si può riassumere nei tre punti seguenti: solenne

proclamazione dell'indipendenza dell'Impero coreano; astensione da ogni intervento diretto negli affari della penisola per parte di ognuno dei due stati contraenti; impegno preso da•lla Russia di non ostacolare l'incremento del commercio giapponese in Corea, -vien qui generalmente considerato come un'abile manovra diplomatica del Gabinetto di Pietroburgo destinata a rendere più salda e sicura l'attuale situazione della Russia nell'estremo Oriente. Premeva per ora anzitutto a quest'Impero che rivolge ,presentemente le maggiori sue cure a consolidare le recenti sue occupazioni sulle coste del mar Giallo ed a cercare di ostacolare in ogni modo i maneggi dell'Inghìlterra il di ·cui recente acquisto di Wei-Hai-Wei consentito dal Governo di Tokio, non tralasciava di coS'tituire ai suoi occhi un sintomo allarmante, il dare al Giappone una soddisfazione morale nella questione coreana onde evitare ·che questi, dando ascolto ai suggerimenti della diplomazia britannica, si •lasciasse trascinare ad un'azione comune contro la Russia, e questo intento può ritenersi ora raggiunto.

Ma a parer mio .si ingannerebbe a partito chi credesse che nella mente di questi governanti, il protocollo di Tokio dovesse significare una de.finitiva rinunzia ad una futura occupazione della Corea. Anche se ciò lfosse nei loro intendimenti, essi non potrebbero alla lunga andar contro alla potente corrente d'opinione pubblica che già si manifesta in Russia e che più vivacemente ancora si manifesterà senza dubbio in avvenire a favore di una annessione di queUa penisola asiatica. Dopo il compimento della rete ferroviaria siber.iana che verrà a racchiudere l'Impero coreano in una tale cerchia d'interessi da Lrenderla fin d'allora politicamente economicamente dipendente dal vidno Stato, tale annessione s'imporrà da sè medesima ed il Giappone vi potrà tanto più difficilmente porre ostacolo che, grazie alle sue ferrovie, la Russia si troverà in grado di mobilizzare sulle coste del grande oceano quante iorz·e armate le occorreranno per la sua occupazione.

(l) -In LV qui aggiunto: « essere •. (2) -In LV qui aggiunto: • Osservato, soltanto, che l'azione del comitato, anziché nei territori occupati dalle truppe europee e dalle turche, dovrebbe esercitarsi nella parte dell'isola occupata dagli insorti •. (3) -Non pubblicato.
460

L'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 1432. Berlino, 18 maggio 1898, ore 17,35.

Ieri Biilow mi fece confidenzialmente parte di varie notizie avute da Saurma e dai consoli tedeschi in Italia sui recenti moti. Essi non aggiungono nulla di nuovo a quanto riferis.cono giornali. Tutti ascrivono moti Milano a lunga preparazione partiti sovversivi, quei delle provincie a miseria e mala amministrazione. Tutti fanno voti per.chè vigore dimostrato da commissari militari non rallenti, e hanno una parola sola di encomio all'esercito. Biilow mi ripetè, a nome Governo imperiale sua viva compiacenza per ristabilita tranquillità, ammirazione per disciplina, abnegazione, fermezza dimostrat·a dalle truppe e dai loro capi. Le corrispondenze che ora vengono a giornali tedeschi esprimono tutte grandi lodi autorità militari Milano.

461

L'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 1433. Berlino, 18 maggio 1898, ore 17,35 (per. ore 20,25). Discorrendo del recente discorso Chamberlain col signor Biilow, questi mi disse che realmente esso oltrepassa tutto ciò che mai si udì dalla bocca di un ministro. Chamberlain non ha certo parlato senza accordi con Salisbury. Questi attenuerà forse in seguito, e conseguenze immediate saranno evitate. Parole Chamberlain e in ciò sta la loro gravità, sono però, espressione grande maggioranza opinione, e dimostrano impossibilità appianare numerosi conflitti russoinglesi che si estendono ogni parte mondo, e una minaccia a Francia. Germania,

qualunque cosa avvenga, manterrà condotta politica sino ad ora seguita, diretta esclusivamente mantenimento pace fino a che è possibile sviluppo suo commercio.

462

L'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 1434. BerLino, 18 maggio 1898, ore 17,35 (per. ore 20,25).

V. E. avrà già sotto gli occhi testo telegrafico articolo Gazzetta di Francoforte relativo a supposto trattato formale russo-austriaco circa pen~sola balcanica di cui ho trasmesso testo proposto ieri sera. Si riteneva notizia senza fondamento, ma, se anche Governo imperiale la riteneva tale, dovetti convincermi che esso ne era molto inquieto, e non escludeva la poss~ilità ·che qualche fondo di verità vi fosse. Questa mia convinzione è basata su discorsi fatti dal signor Biilow, specialmente ostentati verso l'Austria, discorsi che indussero certamente più che altro, il conte Goluchowski a dichiarare ieri nelle delegazioni la notizia della Frankfurter Zeitung una invenzione grossolana, e ad eliminare così la diffidenza che la Germania dimostra verso l'Austria-Ungheria, diffidenza giustificata in parte dalla politica seguita dal conte Badeni in Austria-Ungheria. Si ignora finora origine della notizia data. Dicesi sia venuta da Costantinopoli.

463

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, FERRERO (Ed. in LV 97, p. 61)

T. CONFIDENZIALE 1262. Roma, 21 maggio 1898, ore 17,35. Il tenore della comunicazione fattami circa Creta dagli ambasciatori di Francia e di Russia mi aveva lasciato supporre che l'Inghilterra già potesse considerarsi in massima assenziente. Ora soltanto l'ambasciatore di Francia mi fa

conoscere che l'Inghilterra obbietta al proposto modo di elezione del comitato amministrativo, stimando che questo debba direttamente eleggersi dall'assero

blea cretese. V. E. dal canto suo, mi telegrafa che lord Salisbury mantiene le sue precedenti obiezioni. Desidererei sapere in che queste obiezioni precisamente consistano ed essere tenuto informato del seguito che queste s>aranno per avere pre,sso i due Gabinetti proponenti.

464

L'AGENTE DIPLOMATICO E CONSOLE GENERALE A TUNISI, MACHIAVELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 1741/314. Tunisi, 21 maggio 1898. A complemento del cenno telegrafico dato alla E. V. addl 5 corrente (l) dì armamenti a Biserta e del trasferimento ·colà di due compagnie di zuavi già di gua:rnigione a Goletta, informo la E. V., dietro notizie da buona ionte, che sarebbero arrivati, in questi ultimi mesi, a Biserta da Ma11siglia 858 obici carichi alla melinite, taluno di essi dell'altezza di un metro, altri di cinquanta centimetri circa. La loro forma cilindrica fin verso i due terzi dell'altezza, termina poi in ovoidale. Sono internamente cavi e si aprono alla estremità superiore con un foro di tre centrimetri circa di diame.tro; questo foro si chiude a vite. Il diametro della base di questi proiettili è, sempre secondo le informazioni datemi, di ·circa 25 ·centimetri, tanto per i grandi che per i piccoli. I lavO!l'i dell'arsenale sono spinti alacremente; le draghe scavano il fondo dei bacini di carenaggio in una località detta Sidi Abdellah, a sinistra dell'imboccatura dell'Oned Tingia. Attualmente vi sono in Biserta sei torpediniere con duecento marinai. Il genio ha fatto costruire due ·condutture d'acqua speciale a ognuna delle due batterie fortificate Djebel Roumadia e Dar-el-Coudia. Sono pure stato informato di provviste di carbone, di esercitazioni continue delle torpediniere di stazione e del guardacoste corazzato «Tempete », simu['taneamente ad esercizi di telegrafia ottica dalle alture cil'convicine e daile batterie fortificate; di acquisti di grande quantità di legname da parte del genio e di alacre spinta nei lavori di fortificazioni. La truppa ha ricevuto, a parecchie riprese, l'ordine di tenersi in completo assetto di guerra e tutti i più ampi caseggiati, specialmente quelli avvicinanti il cana·le di accesso al lago, come l'opificio della compagnia del porto e ie ba

racche della succursale d'E·ssvick sono stati visitati dall'autorità militlllre per sapere di quaii locali e di quanto spazio possa disporsi per alloggiarvi truppe.

465

IL MINISTRO RESIDENTE A BOGOTA, PIRRONE, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 269/66. Bogotd, 23 maggio 1898.

Or fa due giorni giunse in questa capitale Monsignor Vico, Delegato ApostoUco presso il Governo di questa Repubblica.

A quanto mi è stato riferito, il nuovo rappresentante della S. Sede, sin da quando pose piede nel territorio ·colombiano, nel suo via~gio da Barranquilla a Bogotà, è stato fatto segno a tali dimostrazioni di onore e di simpatia, quali non furono mai usate a verun rappresentante di altri Stati, nè agli stes~i predecessori di Monsignor Vico. Ciò è spiegabile non ·solo tenuto riguardo al sentimento di profonda venerazione che la generalità del popolo colombiano nutre verso la S. Sede, ma, inoltre, e prindpalmente, all'appoggio che nelle ultime vicende politiche il signor Caro ha sempre trovato presso il rappresentante pontificio, nonostante il clero colombiano siasi mostrato, in qualche occasione, poco proclive a seguirne le indicazioni.

Checchè ne sia, noi abbiamo ragione di esser contenti del'l'arrivo del nuovo Delegato Apostolico, sia perchè vediamo allontanarsi Monsignor Sibilia, la cui int:r~ansigenza e mancanza di tatto ci hanno recato non pochi fastidi, sia ,perchè ci .giova ~erare che Monsignor Vico .si mantenga in quell'attitudine di moderazione, e posso anche dire di ·conciliazione, che vesero tanto rispettabile agli italiani il suo predecessore Monsignor Sabatucci.

(l) Cfr. n. 433.

466

L'AMBASCIATORE A LONDRA, FERRERO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA (Ed. in LV 97, p. !62)

T. 1512. Londra, 25 maggio 1898, ore 12,30. A lord Salisbury sembra accettabile l'ultima (l) proposta del conte Mourawieff «che l'amministrazione nell'interno di Creta sia affidata ad un comitato provvisorio scelto dalla assemblea » e soggetto a diritto di veto per parte degli ammiragli, poichè essa esonera gli ammiragli da qualsiasi responsabilità diretta nell'amministrazione nell'interno dell'isola. Per quanto concerne il lato finanziario, Salisbury stima che il comitato quando sarà nominato avrà agio di pronunziarsi sulla entità della somma occorrente, sul miglior modo di procurarla.

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IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, AGLI AMBASCIATORI A PARIGI, TORNIELLI, A LONDRA, FERRERO, A VIENNA, NIGRA, A BERLINO, LANZA, A PIETROBURGO, MORRA DI LAVRIANO, A COSTANTINOPOLI, PANSA, E AL COMANDANTE LA SQUADRA NAVALE NELL'EGEO, CANEVARO (Ed. in LV 97, pp. 62-63)

T. 1302. Roma, 28 maggio 1898, ore 14,55. L'Ambasciatore di Francia mi rimette una nota verbale dalla quale risulta che tenendo conto delle osservazioni di lord Salisbury circa il modo di nomina del comitato amministrativo provvisorio per Creta, e delle mie circa il territorio su cui il comitato eserciterebbe la sua azione, i Governi di Francia c di Russia propongono:

l) Che il comitato sia designato dall'assemblea cretese, si tenga in permanente contatto cogli ammiragli e possa essere da questi immediatamente revocato se esorbitasse dai limiti del suo mandato.

2) Che il comitato sia incaricato di amministrare i territori che attualmente obbediscono all'assemblea cretese, mentre gli ammiragli eserciterebbero direttamente la loro autorità nelle regioni occupate dalle truppe europ,ee.

I due Governi propongono inoltre che per giungere al più presto ad una soluzione i rappresentanti della Francia, dell'Italia e del'la Russia a Londra siano incaricati di definire col Foreign Office le attribuzioni del comitato sulle basi suindicate. Ho risposto che, per parte nostra, eravamo disposti ad accettare il modus procedendi proposto dai due Governi per rendere più facile e più pronta un'intesa fra le potenze e che il R. ambasciatore a Londra riceverebbe tosto istruzione di associarsi ai suoi colleghi per \gli accordi da prendersi col Foreign Office.

(Per Londra). Il presente telegramma le ne porge l'autorizzazione.

* (Per gli altri). Il presente telegramma è per notizia confidenziale di lei. *

(l) In LV: • un'ulteriore •·

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IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, FERRERO

D. 19788/159. Roma, 28 magglio .1898.

Ho letto il suo rapporto del 6 corrente, n. 319/152 (1).

Le preoccupazioni di Lord Salisbury drca l'Etiopia sembrano potersi ragionevolmente attribuire all'avanzarsi degli abi,ssini verso l'alto Nllo e al p~ricolo quindi che essi spinti anche da influenze avverse agli interessi britannici si caccino in mezzo :fra Cartum e le provincie equatoriali. La conquista del ricco paese dei Beni Sciangul, recentemente fatta in una forte spedizione comandata da ras Maconen, spedizione cui si riferisce il mio dis;paccio del 18 maggio corrente (2), giustificherebbe tali preoccupazioni. Tutto ciò potrebbe lasciar supporre che, come Ella crede, non sia intervenuto tra l'Inghillterra e l'Etti.opia un accordo per la delimitazione delle reciproche ,sfere di influenza verso l'ovest e il sud dell'impero abissino.

Le informazioni portate in Italia dal maggiore Nerazzini non concorderebbero, è vero, nell'ammettere che questo accordo non sia intervenuto, pokhè il nostro inviato ha riferito di averne avuto,, in via confidenziale, assicurazione; ma potrebbe darsi che l'accordo stesso non contempli la questione dei confini verso ovest, ma solamente quello verso sud, lasciando, ,come ebbi già occasione di scrivere all'E. V., mano libero all'Etiopia fino al secondo parallelo. Se cosi non fosse, non si spiegherebbe che l'Inghilterra non abbia protestato contro le razzie amara nei Boran che trovansi a sud del sesto paraillelo.

Comunque sia, noi prendiamo nota con particolare compiacimento delle spontane€ ed amichevoli dichiru.-azioni di Lord Salisbury. La solidarietà ·ricordata da Lord Salisbury, ben lo sa V. E., è pur la hase della politica dell'Italia in Africa, essendo sempre stato nostro desiderio di procedere d'accordo con la nazione amica, di cui seguiamo con grande interesse la mal'cia vittoriosa verso l'alto Nilo.

Di questi nostri sentimenti desidero sia conscio il !ll""imo ministro della Regina al quale V. E. vorrà esprimere la nostra soddisfazione per le sue cortesi amichevoli dichiarazioni.

(l) -Cfr. n. 435. (2) -Non pubblicato.
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IL VICE CONSOLE A TUNISI, CARLETTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. RISERVATO 1899/337. Tunisi, 28 maggio 1898. Il R. Agente Consolare a Gabes m'informa privatamente «che il generale Servières, al comando di quella guarnigione, avrebbe fatto d'urgenza richiesta al suo governo d'un forte contingente di truppe da sbarcare a Gabes e di qualche nave da guerra che andrebbe a stazionare per qualche tempo a Tripoli per sorveglianza, mentre un corpo di spedizione varcherebbe la frontiera diretto a Gadames ». Tale notizia sarebbe stata data da un soldato addetto ai « Bwreaux de renseignements » ad un tale ·che l'ha II'iferita al R. Agente, il quale aggiunge che, intanto, il generale Servières è partito per l'interno, non si sa precisamente con quale scopo, e che a Gabes si fanno ripetuti esercizi di tiro al cannone, cosa fatta mai, a quanto assicura il R. Agente, per lo passato. La notizia, che ·sarebbe d'un'eccezionale gravità, sembrami doversi accog'liere con una buona dose di scetticismo. Anzitutto, non molto autorevole è la fonte da ·cui deriva: si •tratta di chiacchiere tra soldati e il miles gloriosus !credo vi abbia la sua parte. In secondo 'luogo è da escludere la possibilità d'una marcia su Gadames in questa stagione. I forti caldi sono già sopravvenuti, e non sembra ammissibile che nei mesi più brucianti dell'anno si pensi seriamente a inviare una spedizione militare attraverso l'erg, o mare di sabbia, circa 400 chilometri da fare in paese arido, desolato, intersecato quà e là da piccoli corsi d'acqua, di cui il principale è l'ued el Djenneyyen, che in astate sogliono essere completamente disseccati. Se una spedizione si dovesse fare rsu Gadames, ciò non potrebbe essere che a novembre, e per quell'epoca non d sarebbe bisogno di chiedere, ora, un forte nerbo di milizie, tanto più che il corpo d'occupazione della Tunisia potrebbe, a ogni momento, fornire un migliaio d'uomini, forza più che sufficiente a tenere a dovere le randagie tribù dei Tuareg e ad oc·cupare Gadames, difesa da debolissima guarnigione turca. A parte ·queste conJsiderazioni, è certo che, prima o poi, i francesi tenteranno qualche colpo di mano su Gadames. Diritti non ne hanno da invocare poichè Gadames e Ghat (alla quale anche aspirano) fanno indubbiamente parte del territorio tripolino, -la prima da'l 1840, dal 1874 la seconda. Ma i frances:i

coonestano le loro pretese con due strane teorie; l'una, che per determinare l'hinterland tunisino s'abbia a prolungare il meridiano di Tarzis fin dove loro

piacerà, includendovi così tutto il territorio :tripolino che si trova ad ovest di questo meridiano, quindi anche Gadames e Ghat; l'altra, che la convenzione anglo-francese del 5 agosto 1890, segnando come limite aUa sfera d'influenza delle due nazioni la linea che va da Say sul Niger a Barrua !SUl Tciad, abbia lasciato libera la Francia di ;fare il piacer suo in tutto il territorio a nord di questa linea: teorie tutte e due che non reggono a martello della più elementare critica. Più valida ragione per pigHarsi Gadames può invocar la Francia, ·ed è il «quia nominor leo».

Ritenendo quindi poco attendibile per ora la notizia data dal R. Agente Consolare, c'è purtroppo da temere, in un giorno non lontano, qualche sorpresa dal lato di Gadames.

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IL COMMISSARIO CIVILE DELL'ERITREA, MARTINI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 1567. Massaua, 1 giugno 1898, ore 15,15. Ciccodicola telegrarfa quanto segue: «n. 10. Addis Abeba 8 maggio. Lagarde che comincia a vedere alquanto scossa sua posizione, ora lavora attivamente recandosi ogni giorno da Menelik. Dai giornali ha conosciuto nostre intenzioni su Lugh; egli parmi se ne valga per fare pressioni a Menelik resista mie richieste a solo scopo mantenere viva diffidenza Negus verso mia azione. Da qualche accenno di Ilg ho motivo di credere che anche l'Inghilterra ha sue mire per Lugh. Menelik, suo naturale carattere vedendo tanto interesse di tutti per Lugh, suppone che quella località abbia maggior valore di quanto a lui può essere noto; perciò non posso lasciare scorgere mia premura senza accrescere sua diffidenza. Tale situazione mi impone procedere con grande cautela. Non sono ancora obbligato a fare ultime proposte accennatemi da V. E. cioè riconoscere sovranità Menelik su Lugh; mi ridurrò a questo quando vedrò esauriti tutti gli altri argomenti che prima cerco di far valere. Menelik comincia essere sconcertato attitudine Wlasoff non sapendo ancora sue mire, nè interesse che può avere Russia in Etiopia. Intanto ha ridotto escursione di Dimitrieff !imitandola non oltre Vol

Iamo. Sono riuscito vedere documento accennato da Leontieff circa pretesa concessione provincie equatoriali; l'equivoco basato su erronea traduzione, causale

o premeditata della lettera originale di Menelik. Ora si dovrà venire a spiegazioni che demoliranno fantastico proposito di Leontieff. Solamente Menelik si preoccupa della attitudine che prenderà Wlasoff a tale riguardo. Lagarde mi incarica rivolgere preghiere S. E. governatore Eritrea perchè permetta passaggio per colonia missionari francesi che si recano Tigrè. Con questo corriere invio lettera a tale riguardo a S. E..governatore. Accuso ricevuta dispaccio 118, 30 marzo di V. E. (l); lettera Nerazzini per Menelik (l); trattato inglese. Addis Abeba è in comunicazione con Harrar ».

Aggiungo che permesso missionari francesi concesso.

(l) Non pubblicati.

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L'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, PANSA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. RISERVATO 367/160. Therapia, l giugno 1898. Alcuni giorni dopo di aver spedito il mio rapporto del 28 aprile (1), concernente la progettata nomina di un Ministro Ottomano presso la S. Sede, vidi questo Ambasciatore di Francia, il quale mi disse, con evidente soddisfazione. avere il Papa risposto con un non expedit a quella proposta del Sultano. Ho alquanto indugiato a dare di ciò avviso a V. E., col proposito di procurarmi da monsignor Bonetti qualche maggiore ragguaglio sul tenore di quel rifiuto; ma un'indisposizione di Monsignore avendomi impedito di vedea-lo, ho direttamente interpellato al riguardo il Ministro degli Affari Esteri. S. E. Tewfik pascià mi confermò, in sostanza quanto mi aveva detto il signor Cambon, nel senso, cioè, che il Papa non aveva opposto un positivo diniego -il che, soggiunse il Ministro, sarebbe riuscito difficile a Sua Santità, dopo le disposizioni da esso manifestate alcuni mesi or sono, -ma aveva espresso il desiderio che l'esecuzione del progetto venisse rinviata a tempo più opportuno: a ,giustificare codesto rinvio, si era accennato dal Vaticano alle obiezioni sollevate contro il progetto stesso da qualche Gabinetto. Non è quindi dubbio che, almeno in quest'ultima fase del negoziato, deve essere intervenuta un'opposizione della Francia, se non pure dell'Austria-Ungheria. Ma per quanto riguarda il Gabinetto di Vienna, non è questa che una mia congettura, tratta dai precedenti menzionati nel mio primo rapporto e dalla soddisfazione manifestata dal barone di Calice per la presente soluzione dell'affare. Egli mi osservava a tale proposito che, in code.sta questione, gli interessi particolari della Monail'chia (a cagione dei suoi rapporti col clero albanese) erano più conformi a quelli della Francia che non alle tendenze dell'alleata Germania. Come ebbi già a notarlo, non risulta però da alcuna prova che il Governo tedesco sia intervenuto ora attivamente per la creazione di una rappresentanza ottomana presso la S. Sede. I precedenti conosciuti fanno ritenere del resto, che la linea adottata fin qui dal Gabinetto di Berlino consista, non già nell'aggredire di fronte, in tesi generale, le pretensioni francesi al protettorato dei cattolici, ma nel far prevalere unilateralmente, caso per caso, ogni qual volta se ne offra l'opportunità, il proprio diritto di proteggere direttamente e ovunque, qualsiasi missione cattolica di nazionalità tedesca che ne faccia espressa domanda. Come già ebbi ad accennarlo, questo Ministro degli Affari Esteri e in genere la Sublime Porta non dimostrano molto calore per la nomina di un Ministro presso i'l Vaticano, da essi considerata come un'inutile spesa. Il Sultano però sembra tenere personalmente a quel progetto, per l'effettuazione del quale egli av·eva già designato il suo futuro plenipotenziario nella persona di Assim bey, già Ministro in Atene. La pubblicazione di que.sta, nomina rimane per ora in sospeso; ma essendo il Sultano generalmente assai tenace nei suoi propositi, è

d'attendersi che egli non rinunci ad insistere più tardi presso il Papa, delle cui favorevoli disposizioni personali egli è tuttora persuaso.

(l) Cfr. n. 428.

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IL MINISTRO DEGLI ESTERI, CAPPELLI, ALL'AMBASCIATORE A WASHINGTON, FAVA, A TUTTI I MINISTRI E AGENTI DIPLOMATICI ALL'ESTERO, E AL COMMISSARIO CIVILE DELL'ERITREA, MARTINI

T. 1335. Roma, 2 giugno 1898, ore 19. Assumo oggi ministero esteri.

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IL MINISTRO DEGLI ESTERI, CAPPELLI, AGLI AMBASCIATORI A PARIGI, TORNIELLI, A LONDRA, FERRERO, A VIENNA, NIGRA, A BERLINO, LANZA, A COSTANTINOPOLI, PANSA, A MADRID, DE RENZIS, E A PIETROBURGO, MORRA DI LAVRIANO

T. 1336. Roma, 2 giugno 1898, ore 19. Nel Gabinetto ricostituito sotto presidenza Rudinì assumo oggi ministero

esteri. Mio fermo proposito fedelmente continuare opera del mio illustre prede. cessore faccio sicuro assegnamento sulla collaborazione di V. E.

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L'AMBASCIATORE A LONDRA, FERRERO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CAPPELLI

R. 378/175. Londra, 2 giugno 1898. Benchè la presente guerra navale non abbia ancora dato luogo a battaglie importanti ed a speciali insegnamenti tattici, tuttavia lo svolgimento strategico di essa ha posto in rilievo le difficoltà inerenti alla questione del combustibile. Era certamente nota agli uomini -di mare la necessità di avere basi di approvvigionamento non troppo lontane e sufficientemente numerose, ma la guerra presente ha messo la cosa in maggiore evidenza. Di questa osservazione bisogna fare tesoro. Già altra volta ho avuto l'onore di esporre all'E. V. quanto fosse necessaria all'Inghilterra la possibilità di avere nel Mediterraneo altri punti di appoggio e di rifornimento di combustibile oltre Gibilterra e Malta. Ma l'importanza di questa considerazione è dimostrata maggiormente dall'insegnamento della guerra attuale. La neutralità, e peggio la ostilità dell'Italia, porterebbe l'Inghilterra nella impossibilità di valersi de•i nostri porti. Quindi per essa è di grande importanza di assicurarsi non soltanto de']la nostra neutralttà, ma bensì della nostra alleanza, anche per il vantaggio di aver l'aiuto della nostra flotta. La maggiore o minore forza di questa, aumenterà o diminuirà il pregio della nostra alleanza, ma ciò che renderà questa alleanza più desiderabile all'Iaghilterra sarà la possibilità per lei di valersi di numerosi posti di rifornimento. Ciò ile darebbe una incalcolabile libertà di movimenti strategici in tutte ·le direzioni. Un'altra deduzione della premessa di questo rapporto è che, per un paese come il nostro privo di carbon fossile, la questione di un largo approvigionamento, fin dal tempo di pace, di combustibile nei vari porti della penisola e

delle isole si impone più che per altre nazioni. All'avvicinarsi di una guerra la cosa potrebbe diventare impossibile.

Una recente pubblicazione di questo Governo sulla forza delle principali marine del globo tenderebbe a far credere che l'Italia occupa un posto relativamente modesto, certo inferiore all'opinione degli italiani. Credo utile di man~ dare a V. E. due esemplari di tale documento.

Se l'accuratezza di questa statistica fosse incontestabile la conseguenza sarebbe quella di diminuire la nostra importanza marittima ed indirettamente il nostro valore come avversario o come a.Ueato. Ma qui è opportuno di ripetere che la nostra importanza, come alleati di una potenza marittima qualsiasi, è specialmente dovuta alla possibilità di offrire con la nostra penisola e con le nostre isole una base inestimabile di operazione.

Di ciò è tanto persuaso questo Governo che, in qualsiasi ipotesi esso si terrà intimamente legato all'Italia. Reciprocamente la nostra inferiorità marittima ci farà una legge di tenerci solidali con l'Inghilterra nelle questioni che interessano il Mediterraneo.

Per queste considerazioni Lord Salisbury si attende da noi la ·continuazione della nostra politica di benevolo appoggio nella questione egiziana, quando, con la caduta di Kartourn, le potenze rivali dell'Inghilterra tentassero eventualmente di riaprire la questione stessa.

In tal caso ci auguriamo che, malgrado qualche divergenza verificatasi nel modo di considerare le questioni del vicino Oriente e malgrado le momentanee difficoltà esistenti tra l'Inghilterra e la Germania, questa, e con essa l'Austria, continuino a mostrare per noi e per la Gran Brettagna l'attitudine benevola di altra volta.

A que.sto riguardo però Lord Salisbury non sembra preoccupato. Egli ritiene che riaprendosi ed in epoca forse non prossima la questione egiziana, la Germania e l'Austria sarebbero nuovamente con noi dalla parte dell'Inghilterra (1).

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IL MINISTRO DEGLI ESTERI, CAPPELLI, AL MINISTRO AD ATENE, AVARNA

T. 1346. Roma, 4 giugno 1898, ore 13.

L'ambasciatore di Turchia mi ha fatto la seguente comunicazione. La Sublime Porta ha ragione di credere che il Governo ellenico voglia rivolgersi alle potenze per ottenere che siano modificati in suo favore alcuni punti della nuova frontiera stabiliti a maggioranza dalla commissione internazionale. Essa confida Che le potenze non vorranno prestarsi a cosa che sarebbe contraria ai preliminari di pace. La Sublime Porta dichiara inoltre che ogni tentativo eventuale di occupazione in quei punti sarebbe considerato da essa come lesivo della sua sovranità territoriale. La Sublime Porta ha costì fatto analoga comunicazione. Avendone l'opportunità, ella dovrebbe consigliare codesto Governo a non scostand dalle stipulazioni dei rpreliminari di pace (2).

(l) -Un estratto di questo rapporto fu inviato, per opportuna conoscenza, al ministro della marina Canevaro, il 15 giugno 1898. (2) -Il documento venne comunicato, per opportuna conoscenza, con tel n. 1347 in paridata, anche agli ambasciatori Tornielli, Ferrero, Nigra, Lanza, Morra di Lavriano e Pansa.
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IL MINISTRO DEGLI ESTERI, CAPPELLI, AL COMMISSARIO CIVILE DELL'ERITREA, MARTINI

T. 1349. Roma, 4 giugno 1898, ore 14,40.

Autorizzo trattare e conchiudere simultaneamente due questioni pascoli e e ·confin.e convenzione 1895 su seguenti basi indtcate rapporto 13 corrente 343 (1). Altipiani Agar e acque Aanbacta rimangono in territorio eritreo, governo egiziano si obbliga pagare ·Canone per tassa pascoli.

Di compensi sarà opportuno parlare se e quando si tratterà per res•tante

frontiera da Barca all'Atbara. A ciò riferìvasi dispaccio 17 febbraio (2).

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IL MINISTRO DEGLI ESTERI, CAPPELLI, ALL'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, PANSA

T. 1353. Roma, 4 giugno 1898, ore 19.

La situazione non essendo mutata, noi persistiamo nel pensiero, già più volte espresso, che l'invio di nuove truppe ottomane a Creta, quale che sia la ragione, darebbe luogo a gravi perturbazioni e non può in conseguenza essere consentita dalle potenze sollecite di provvedere alla pacifìcazione dell'isola. Se, per considerazioni di disciplina o di umanità, la Sublime Porta crede di dover rinviare i militari che da troppo tempo hanno finito il loro servizio, il provvedimento può perfettamente attuarsi senza che occorra surrogarli con altre truppe, la presenza delle quali è dagli ammiragli dichiarata inutile, ed anzi dannosa. In questo senso

V. E., previo concerto coi colleghi vorrà esprimersi colla Porta.

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L'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CAPPELLI

T. 1600. Berlino, 5 giugno 1898, ore 15.

Stampa tedesca in generale finora molto riservata nel giudicare soluzione crisi ministeriale; essa si lwita a cenni e .corrispondenze di .crona.ca; fa sol01 eccezione il noto per solito equanime corrispondente della molto diffusa vecchia Nationar Zeitung, il quale invia da Montecitorio ·critica severa e giudica nuovo ministero non vitale. Governo imperiale accolse con viva soddisfazione intenzione di V. E. da me comunicatagli di seguire tradizioni suo predecessore del che del resto non dubitavasi, essendo noti i di lei precedenti.

aa -Doc".menti diplomatici -Serie III -Vol. II.

(l) -Del 13 maggio: non pubblicato. (2) -Non pubblicato.
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L'AMBASCIATORE A VIENNA, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CAPPELLI

R. CONFIDENZIALE 184l5/407. Vienna, 5 giugno 1898. Al momento in cui l'E. V. assume il portafoglio del Ministero degli Affari Esteri, credo utile riassumere, in un rapporto confidenziale, lo stato della politica estera dell'Impero austro-ungarico, se.gnatamente in quanto riguarda le sue relazioni con certe potenze, e coll'Italia. Con altro rapporto le scriverò più tardi sulle condizioni interne della monarchia. Le relazioni dell'Austria-Ungheria colle potenze alleate, cioè coll'Italia e colla Germania, restano invariate. Il conte Goluchowski lo ha dichiarato recentemente dinanzi alle delegazioni a Pest, e non ho alcun motivo di mettere in dubbio o di attenuare il significato delle sue solenni dichiarazioni. Fu detto da qualche giornale, che nell'ultimo incontro, a Dresda, dei due Imperatori di Germania e d'Austria-Ungheria, .si fossero scambiate fra i due Sovrani osservazioni di un carattere meno amichevole. A me ciò non risulta. La direzione generale della politica estera dei due Sovrani e dei rispettivi Governi mi pare che continui a correre parallela, almeno nei punti più importanti. I due Gabinetti, oltre ai legami comuni della triplice alleanza, dichiarano di voler mantenere i più amichevoli rapporti colla Russia. Che il Gabinetto di Berlino si adoperi per suo conto in questo senso, è cosa nota da un pezzo. Si può anzi dire che sia questa una delle basi della politica tradizionale della Prussia. E si capisce che, minacciata di continuo dalle aspirazioni di rivincita della Francia, la Germania faccia il possibile per non esporsi ad aver la Russia ostile a tergo. Il Gabinetto di Berlino contrasse l'alleanza coll'Austria-Ungheria prima, poi coll'Italia, soltanto quando fu persuaso dalla condotta del fu Imperatore Alessandro III che non poteva più contare sull'amicizia della Russia. Il Gabinetto di Vienna stette, durante tutto il regno dello stesso Imperatore Alessandro III, in molta inquietudine per i continui maneggi della Russia nei Balcani, specialmente in Bulgaria. Anche esso si studiò di non inimicarsi la Russia, pur mantenendo ferma la sua politica balcanica che fu ripetutamente formulata dal fu conte Kàlnoky a questo modo: astensione, per parte delle Potenze finitime, di esercitaa-e sull'uno o sull'altro degli Stati balcanici un'azione politica esclusiva, o anche solo preponderante; permettere a questi Stati il libero e legittimo sviluppo della loro rispettiva autonomia; non chiedere ad essi che di adempiere verso le grandi Potenze vicine i doveri internazionalli e di 'buon vicinato. Succeduto ad Alessandro Hl il giovane Czar Nicolò II, questo programma finì per essere ammesso anche dal Gabinetto di Pietroburgo, e fu confermato durante la visita dell'Imperatoo:-e Francesco Giuseppe in Russia. In questa visita i due Imperatori, per quanto io so, sarebbero convenuti di unire i loro sforzi per evitare complicazioni nei Balcani, e per mantenervi, colla tranquillità, Io status quo territoriale, facendo su quest'ultimo punto espressa dichiarazione di assoluto reciproco disinteresse. E qui l'ordine delle idee mi conduce a toccare dell'Albania.

Esiste in Italia, e segnatamente nello spirito dei nostri Consoli in quelle regioni, il sospetto che il Gabinetto di Vienna faccia maneggi in Albania, valen

dosi del clero cattolico locale, nello scopo, sia di prepararvi un'annessione, sia di esercitarvi un'influenza esclusiva. Uno scambio di idee ebbe luogo su quest'argomento a Monza e a Milano tra il marchese Visconti Venosta e il conte Goluchowski, durante la visita da questi fatta a S. M. il Re. Il conte Goluchowski diede in quest'occasione al Ministro del Re le assicurazioni le più categoriche. Negò recisamente che il Governo austro-ungarico si valesse del clero per combattere l'Italia in Albania, e respinse nel modo più assoluto ogni idea di annessione. Egli disse al marchese Visconti Venosta ciò che già più volte aveva detto a me, cioè che l'Austria-Ungheria non ambisce nè vuole annessioni in Albania, ma pretende che lo stesso disinteresse sia mostrato dall'Italia e da qualsiasi altra potenza. Egli aggiunse che del resto gli erano ben presenti le clausole dell'alleanza, clausole che non stimo conveniente di ricordare in modo più preciso nel presente rapporto.

Si era creduto .generalmente che nel convegno di Pietroburgo tra gli Imperatori d'Austria-Ungheria e di Russia si fosse conchiuso, almeno verbalmente, un accordo su tutte le questioni non solo dei Balcani ma di tutto l'Oriente. Ora accadde che trattandosi appunto di una di queste questioni, cioè quella di Creta, il Gabinetto di Pietroburgo senza darne il menomo avviso a quello di Vienna (nè, del resto ad alcun altro), propose all'impensata la candidatura del principe Giorgio di Grecia come Governatore dell'isola, sotto la sovranità del Sultano. Il Gabinetto di Vienna, d'accordo con quello di Berlino, si rifiutò d'approvare una tale candidatura, e ritirò anzi i suoi soldati e le sue navi dalle sponde cretesi. Questo fatto, che il conte Goluchowski dichiarò davanti alle delegazioni non esser tale da nuocere al buon accordo tra l'Austria-Ungheria e la Russia, nelle cose d'Oriente, prova tuttavia che le intelligenze prese a Pietroburgo furono di natura piuttosto generale e negativa e nel senso spiegato qui sopra.

Le ragioni che spinsero H Gabinetto di Vienna a richiamare da Creta il suo contingente furono spiegate dal conte Goluchowski col mezzo d'una circolare che dall'Ambasciatore austriaco a Roma fu letta al marchese Visconti Venosta e non occorre che siano qui ripetute.

Sarà più importante di constatare ora che l'opposizione dell'Austria-Ungheria, e suppongo quella anche della Germania, a quella candidatura non sembra più così recisa come al primo momento. Ed è da prevedersi che quando la Russia abbia saputo ottenere il consenso del Sultano, quell'opposizione cesserà. Intanto il conte Goluchowski continua a dichiarare, che la non approvazione della candidatura del princi-pe Giorgio per parte drul'Austria-Ungheria, e il ritiro del contingente austro-ungarico da Creta non significano punto che il Gabinetto di Vienna intenda disinteressarsi della questione cretese, la quale anzi continuerà a richiamare la sua attenzione e la sua partecipazione nelle fasi ulteriori. Cionondimeno è chiaro, e mi è .S'tato d'altronde dichiarato che il Governo austro-unga;rico non prenderà alcuna iniziativa nell'ulteriore sviluppo della questione cretese. Il pericolo d'una conflagrazione balcanica essendo cessato, cessò pure nel Gabinetto di Vienna lo stimolo che lo spingeva, negli esordi del conflitto turcogreco a prendere, nell'azione diplomatica europea, diretta a impedire più estese conflagrazioni, una parte attiva ed importante e talora anche una vera iniziativa. In questa questione, del resto, come nella politica generale, il Governo austroungarico ama agire d'accordo col Governo germanico, e seguirlo anzichè prevenirlo. Le gravi preoccupazioni che gli danno le condizioni non certo buone della politica interna, spiegano abbastanza questa tendenza piuttosto passiva della politica estera austro-ungarica.

La guerra tra la Spagna e l'America del nord non tocca l'Austria-Ungheria in modo particolare, per quanto spetta agli interessi politici ed economici. Ma sul trono di Spagna esercita la Reggenza un'Arciduchessa d'Austria, e la Spagna è un Paese cattolico e monarchico. Le simpatie delle popolazioni austroungariche sono in grande maggioranza per la Spagna. Ciò spiega l'interessamento pre.so dall'Imperatore Francesco Giuseppe e dal suo Governo nello scopo di evitare il conflitto armato. I passi fatti a Washington per iniziativa dell'AustriaUngheria in favore della pace, furono come V. E. sa, e come era da prevedersi, completamente inutili. Non è impossibile però che appena si pr·esenti l'occasione favorevole, il Governo Austro-Ungarico prenda nuovamente l'iniziativa di altri tentativi della stessa natura.

Non terminerò questo rapporto senza notare che le relazioni particolari tra i Sovrani e Governi d'Italia e d'Austria-Ungheria hanno un carattere di vera reciproca fiducia. Queste buone relazioni si ripetono anche negli scambi commerciali; ed è un fatto degno di nota la continua e grande immigrazione temporanea in Austria-Ungheria di operai italiani, i quali respinti da altri paesi trovano qui lavoro e rimunerazione. La sola stazione di Pontebba accusa un passaggio annuo di oltre centomila operai italiani e quest'anno la cifra predetta sarà probabilmente oltrepassata.

Ma nel tempo stesso è mio debito il riferire come l'autorità militare austriaca prenda alla frontiera italiana ogni possibile cautela premunendo i passi con difese e fortilizi, che lo Stato Mag;giore del nostro esercito non ignora. A chi ne fa l'osservazione si risponde che in Italia una parte della stampa è ostile alla triplke alleanza, ·che l'irredentismo ha nella Camera ·capi riconosciuti e tollerati o temuti, e fuori della Camera seguaci numerosi e violenti, di cui si tollerano le bandiere e le provocazioni, e infine che i ministeri in Italia sono troppo mobili perchè da un istante all'altro non ·si 1possano trovare sorprese.

Naturalmente a me non si dicono queste cose. Ma si dicono. E che in mezzo alle esagerazioni vi siano purtroppo delle verità si vorrebbe o potrebbe negare!

480

IL COMMISSARIO CIVILE DELL'ERITREA, MARTINI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CAPPELLI

T. 1606. Massaua, 6 giugno 1898, ore 16,10. Economie furono forse troppe per quest'anno. Ogni provvedimento ulteriore sarebbe pericoloso. Non mi rifiuterei ad altri sforzi, ma non posso assumere altra responsabilità. Ho dovuto in questi ultimi giorni fermarmi nella riduzione delle bande per timore di tumulti. Riduzione in tutti i servizii confortando voci nostro abbandono, diserzioni, brigantaggio sono incominciate e ho dovuto convocare tribunale di guerra. Se Ministro del Tesoro crede possibile esecuzione suo concetto, deve conoscere chi è capace di effettuarlo, io non sono. Parla [sic] con

Rudini. Nessun riguardo personale vi è. Trattando da amico vi dico: guardate a ciò che fate, io sono interamente, sinceramente vostra disposizione.

481

IL MINISTRO AD ATENE, AVARNA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CAPPELLI

T. 1607. Atene, 6 giugno 1898, ore 17 (per. ore 18).

Ho parlato oggi presidente del consiglio senso telegramma di V. E. (1). Mi ha risposto non avere affatto intenzione scostarsi stipulazione preliminari di pace, essere però cessione località presso Malhasi, Grimbovo lesiva interessi ellenici. Eviterebbe sottoporre questione grandi potenze se ciò dovesse indisporre e se cessione fosse stata già approvata ambasciatori Costantinopoli. Si riserva prendere una deliberazione dopo esame protocollo commissione. Ministro di Turchia non fecegli finora alcuna comunicazione in proposito.

482

IL COMMISSARIO CIVILE DELL'ERITREA, MARTINI, AL GOVERNATORE DI SUAKIN, PARSONS PASCIÀ (ACS, Carte Martini)

L. P. Asmara, 7 giugno 1898.

Ho ricevuto la sua lettera Ida Suez 20 maggio (2).

Il Governo del Re mi ha conferito i poteri necessari per trattare e risolvere sulle basi da me proposte le due questioni l'una relativa al confine da Ras Kasar al Barca, l'altra alle tribù arabe che' conducono i loro armenti a pascolare in territorio Eritreo.

Bisognerà tuttavia rimandare ogni stipulazione all'ottobre, perchè Ella, se ben ricordo, al ritorno dal temporaneo congedo, si propone raggiungere il quartiere generale del Sirdar; ed io verso la metà di luglio dovrò assai probabilmente partire per l'Itailia. Si potrà bensl continuare nelle trattative, se V. S. si compiacerà scrivermi in proposito dirigendomi la lettera a Roma presso ii Ministero degli Affari Esteri.

Non vi è alcuna difficoltà a praticare, in via di esperimento, il metodo ch'Ella propone circa il pagamento delle tasse dei pascoli. Ho impartito le necessarie istruzioni.

La ringrazio delle notizie ch'E~la mi da intorno alla prossima istituzione dell'Ufficio postale in Cassala.

483

L'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CAPPELLI,

R. 769/329. BerUno, 8 giugno 1898.

Nella consueta rassegna settimanale, la Gazzetta deLla Croce, la qua'le in politica estera esprime sempre abbastanza esattamente il pensiero del Governo imperiale, scrive quanto .segue sul nuovo Ministero italiano: « ..... A questo riguardo è stato in Francia ricordato che quando Rudinì assunse la Presidenza del

Consiglio al posto del Crispi, egli si dichiarò bensì fautore convinto della tri• plice alleanza, ma di fatto si adoperò per rendere Ile relazioni colla Francia molto più favorevoli che noi fossero sotto il suo predecessore. Ora sperasi a Parigi che il marchese Cappelli andrà ancora più oltre su questa via. Noi però ci ricordiamo del marchese Cappelli fin dal tempo in cui era addetto all'Ambasciata di Berlino e non è probabile ·Che un Ministro italiano degli Affa.ri Esteri possa pensare a render meno solida un'alleanza sulla qua·le essenzialmente Tiposa la situazione internazionale dell'Italia. In breve noi non ci aspettiamo ad alcun mutamento a questo riguardo ed auguriamo al nuovo Gabinetto ogni bene e prima di tutto che gli riesca di vincere le difficoltà interne: un m~glioramento radicale però non si otterrà se 'l'Italia non si risolve a surrogare il regime parlamenta.re in regime costituzionale e render così possibile un pò più di stabilità nella sua politica interna».

(l) -Cfr. n. 475. (2) -Non pubblicata.
484

L'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CAPPELLI,

R. RISERVATO 1430/544. Parigi, 8 giugno 1898. Trovai oggi, in occasione della visita ·settimanale, il signor Hanotaux vivamente impressionato di un colloquio che egli avea avuto pochi momenti prima circa le difficoltà interne che crea all'Austria-Ungheria la posizione reciproca che vi hanno assunto i gruppi nazionali. Se nella conversazione quasi familiare che, sovra questa situaz.ione, il signor Hanotaux ebbe con me, il suo pensiero non si fosse manifestato forse con quella libertà di linguaggio che l'indole stessa del suo discorso permetteva, dovrei segnalare a V. E. una parola assai grave sfuggita al labbro di questo Ministll'o per gli Affari Esteri. Nelle previsioni relative agli interessi in Europa, egli mi disse, 'la questione che apparisce ormai come la più grave è quella dell'Austvia. Lasciai naturalmente passar oltre il discorso senza avere neppure fatto cenno di aver compreso tutta la gravità che poteva esservi in tale ,giudizio. Ma il pensiero mio ricorse ad un discorso pronunziato, or fa circa un anno, dal signor Deschanel, in occasione di, non ricordo qual<! banchetto, nel quale iJl vivace ingegno del facondo oratore !lasciava intravvedere che la possibilità di UI:J.'intesa amichevole fra la Francia e la Germania si presenterebbe il giorno in cui fatalmente la. questione austriaca si porrebbe innanzi all'Europa. Dovendo io spedire questa sera il corriere di Gabinetto, non ho tempo di ritrovare quel discorso dell'attuale Presidente della Camera dei Depu

tati; ma ne rammento perfettamente il senso generale al quale si dovrebbero riferire le parole dettemi oggi da questo signor Ministro per gli Affari Esteri.

485

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, CAPPELLI, AL COMMISSARIO CIVILE DELL'ERITREA, MARTINI

T. 1381. Roma, 10 giugno 1898, ore 20,10. Prego prender conoscenza far proseguire Ciccodicola seguente telegramma:

«Confine. Preso possesso Ministero esteri sotto presidenza Rudinì. Nel darne notizia all'imperatore voglia far.gli noto essere mia ferma intenzione procedasi sollecitamente delimitazione frontiera secondo linea accettata. Ciò rassicurerà, tranquillerà tutti. Voglia sollecitare vivamente nomina delegato Governo etiopico e appena possa, voglia preannunciarcelo come noi preannucieremo Menelik nome nostro !delegato. Allo scopo assicurare tranqutllità frontiera e salvaguardare impegni verso ·capi già da noi dipendenti, sarebbe necessario che Imperatore conservasse al Governo loro territorii quattro capi, cioè: Chidane Mariam di Arresa, degiac Fanta, degiac Tesfumarian, degiac Abrahea. Per rimanenti territorii ·costituiti parte maggiore zona, delegati due parti possono intendersi onde avere persone bene accette due Governi. Per Adicajè e per Lugh sta bene quanto ella telegrafato n. 6, 9 e 11 (1).

Telegrafo. Approviamo in massima convenzione postale telegrafica salvo esame progetto. Per modo esecuzione ella è autorizzata corrispondere direttamente commissario Eritrea. Nell'ossequiare mio nome Imperatore voglia assicurarlo essere io lieto cooperare con altri ministri consolidare sempre più nostra buona amicizia».

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L'AMBASCIATORE A VIENNA, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CAPPELLI

R. CONFIDENZIALE 1923/424. Vienna, 1 O giugno 1898.

Approfitto della partenza del corriere ausiliario per mandare all'E. v. il presente rapporto suUle condizioni interne dell'Austria-Ungheria.

La politica interna della monarchia austro-ungarica, e la condizione di cose che ne risulta, sono dominate da due gravi questioni, tanto gravi da impensie, rire sui futuri destini dell'Impero. Ess·e sono: la questione delle lingue nella Cisleitania, e la tendenza separatista nella Transleitania.

La questione delile lingue nacque nel regno di Boemia e in Moravia; ma naturalmente si riflette anche sulle altre parti della Cisleitania, dove si trovano popolazioni tedesche. Fino a questi ultimi tempi in Boemia e in Moravia la lingua tedesca era la sola usata in tutti i pubblici servizi, eccettuate le materie ecclesiastiche, per le quali era ed è ancora in uso il latino, quando si tratti di atti dello stato civile. Il sentimento di nazionalità, svegliatosi dovunque in questa seconda metà dei morente secolo, esercitò naturalmente la sua forte azione anche in Boemia, dove l'elemento ceco-slavo è in maggioranza numerica sul tedesco. Uno dei primi effetti apparenti, nel campo politico, di quest'azione de[ sentimento nazionale in Boemia fu la pretesa dei boemi di far risuscitare l'autonomia dell'antico regno di Boemia, d'ottenere dall'Imperatore il suo incoronamento come Re di Boemia, e il trattamento della Boemia, in fatto di Governo e d'amministrazione, ,pari a quello dell'Ungheria.

Naturalmente una tale pretesa si urtò contiro la necessità di Stato, poichè ·la cosUtuzione d'un regno autonomo in Boemia avrebbe provocato esigenze di ugual natura in tutte le altre parti della Monarchia, e avrebbe avuto

per effetto di ·smuovere dalle basi l'antico edifizio dell'impero, cimentato [sic] colla fusione delle popolazioni diverse di lingua e di origine, delle quali si compone. La pretesa dei boemi fu respinta, e anche la sola formalità dell'incoronamento a Praga fu declinata dall'Imperatore. L'agitazione non si quietò per questo, ma prese una direzione speciale, quella dell'uso della lingua nazionale ceca in Boemia e Moravia. Il Presidente del passato Ministero austriaco, conte Badeni, nell'intento di dare quallche soddisfazione al sentimento nazionale boemo, e non rendendosi ben conto della eccezionale gravità della questione, xispetto alla popolazione tedesca di tutto l'impero, fece pubblicare la famosa oxdinanza sulle lingue, in Boemia e Moravia, emanata senza partecipazione del Parlamento, colla quale egli tentò di far la parte eguale alle due lingue, ·Ceca e tedesca, in quelle parti della monarchia, sia nell'insegnamento sia nei tribunali, e in genexale in tutti gli affari governativi. Questo atto mise il fuoco alle polveri nel campo tedesco. La ripercussione nella Camera dei deputati austriaca fu immediata e terribile. Quella Camera che fino allora aveva conservato una esemplare tranquillità, divenne il campo di lotte continue ed accanite, durante le quali si venne alle vie di fatto, ad eccessi deplorevoli e infine all'invasione della polizia ne[l'aula e all'aa:res.to di deputati ai piedi della tribuna. Sono cose note ed è su

perfluo l'insistervt.

Il risultato fu la dimissione del Ministero Badeni, la nomina di un Gabinetto d'impiegati, sotto la presidenza del barone Gautsch, e ·finalmente la sostituzione a questo Gabinetto d'un Ministero presieduto dal ·conte Francesco Thun, gran proprietario di Boemia, e già governatore di Praga.

II gabinetto Gautsch, alla vilgilia della sua dimissione aveva sospeso l'ordinanza del Badeni sulle lingue, sostituendolla con provvedimenti provvisori, che avrebbero vigore soltanto finchè non si fosse regolata la materia, con legge approvata dal Parlamento. Il conte Thun, appena ebbe assunto la direzione del governo in Austria, si occupò de'Ha questione, e propose la nomina di una commissione, cosidetta delle lingue, ·composta di membri scelti dal Parlamento, la quale avesse a proporre le basi delle misure legislative da sottoporsi al Parlamento nello scopo di risolvere la questione delle lingue, in modo equo ed imparziale per tutti. Questa proposta, di cui non si può negare l'equità, parve calmare in sulle prime lo stato d'eccitazione dei partiti nella Camera dei deputati e nel paese. Ma i partiti tedeschi i più intransigenti •chiesero e chiedono, come prima ·condizione, l'abolizione immediata e definitiva dell'ordinanza del conte Badeni e delle altre misure provvisorie, e il ritorno puro e semplice allo stato delle cose qual'era prima dell'ordinanza. E ora appunto nella Camera dt!i deputati da molti giorni •Si sta discutendo con tale acrimonia e con un tal partito preso d'ostruzione, da rendere imposs1bile il funzionare del governo rappresentativo. Come andrà a finire questa agitazione? I più corrivi preannunziano la sospensione del regime parlamentare.

La questione, a dir vero è di quelle che si ;possono chiamare inestricabili,

o quasi. La popolazione ceca in Boemia e Moravia è superiore di numero, forse d'un quinto o anche più allia tedesca. Ma questa è superiore per coltura, rper industria, per la grande proprietà territoriale, e per secolare tradizione di dominio. Inoltre bisogna contare sui tedeschi delle altri parti della monarchia, che più o meno fanno causa comune con quelli di Boemia e Moravia. La questione è poi complicata dal fatto che in queste parti dell'impero le nazionalità non sono confinate in territori separati, gli uni abitati dai tedeschi, gli altri da cechi; ma si confondono il più spesso nello stesso luogo e nella &tessa città, e anche a Praga e a Brilnn, in proporzioni varie, cosicchè la loro separazione riesce materialmente impossibile, almeno nella grande maggioranza dei casi.

Nella parte transleitana delila monarchia, la questione è meno complicata, ma forse anche più grave. In Ungheria d'anno in anno va aumentandosi la tendenza ad una separazione economica, poliUca e militare del regno ungarico dall'impero. Il progresso di quest'idea lè continuo e fatale. Ora le pretese del partito ,separatista che si può chiamare moderato, e fino ad un certo punto governativo, si limitano alla questione economica. La separazione doganale foll'ma, per ora almeno, il minimum dei loro desideri. Ed è ,curioso ,l'osservare che anche in Austria vi è un partito, quello· degli agricoltori in specie, che non è punto contrario a quest'idea. E ciò si comprende fino ad un certo punto, pensando che l'Ungheria è un paese eminentemente agricolo, che vorrebbe diventare anche industriale, mentre la Cisleitania è essenzialmente, benchè non escLusivamente industriale. È però da prevedersi che il partito separatista ungherese, che va sempre più estendendosi e rinforzandosi, non si contenterà della ·Separazione economica quando l'avrà ottenuta, ma passerà a ·Chiedere più tardi e con eguale pertinacia, la separazione in tutto H resto, salvo restando solamente il legame personale del Sovrano.

Come e quando l'Ungheria perverrà ad ottenere l'adempimento di questo desiderio, che sembra diviso dalla maggioranza della popolazione? E se l'ottiene, quale uso ne farà? E 1sarà per essa e per il a"esto dell'impero un bene o un male? Sono questioni .che è prematuro l'esaminare in questo momento, e dr,ca le qual'i una risposta non potrebbe essere che congetturale. Espongo qui la condizione di cose. Mi astengo da previsiont.

Un'altra questione che preoccupa gli uomini di Stato delle due parti della monarchia è quella della quota contributiva alle spese generali e comuni, spettante rispettivamente all'Austria e all'Ungheria. Anche su questo terreno la divergenza fra i due governi è seria e apparentemente inconciliabile. Ma in sostanza l'oggetto della disputa è una questione di denaro, e di una somma non eccessiva. Nell'ultimo momento si suppone che interverrà la parola imperiale per sciogliere o troncare iJ. nodo.

L'Imperatore, o per me,glio dire il Re, è amato e rispettato in Ungheria, al pari che in Austria. Finchè egli rimane in vita è da credersi che la questione separatista non potrà agevolmente trionfare.

È però una preoccupazione grave per tutti i circoli dirigenti dell'impero il fatto, che l'erede presuntivo del trono, non educato nella previsione d'una possibile successione all'impero, fu finora tenuto, o volle tenersi lontano da ogni pubblico affare, e fuori di contatto con gli uomini politici dell'una o dell'altra parte della monarchia. L'arciduca Francesco Ferdinando, che ha ormai trentasei anni che non è ammogliato, e fu minacciato recentemente dal pericolo di tisi pOlmonare, in seguito al suo genere di vita fuori della vista del pubblico, è considerato come un enigma, di cui non si conosce la soluzione.

In tale stato di cose, l'Imperatore Francesco Giuseppe, o per meglio dLre le popolazioni della monarchia austro-ungarica, si preparano a celebrare ii 50° anniversario di regno. Prevale la speranza, malgrado le minacciose apparenze, che i partiti :politici in lotta vorranno almeno far tregua in quest'occasione e non funestare con agitazioni pericolose la ricorrenza di quella data, che ha luogo il 2 del prossimo dicembre. La venerazione universale, che si ha qui, e dovunque, per l'Imperatore, il cui lungo r~no è memorabile per tanti eventi fausti ed infausti, e che, in età non più fresca, dà a tutti l'esempio d'un'attività robusta e d'uno scrupoloso adempimento del suo dovere di Sovil'ano, imporrà questa tregua all'impazienza degli animi anche i più eccitati.

In mezzo ai tristi colori del quadro che qui si è tentato di delineare, vi è però agli occhi della grande maggioranza della popolazione di questo vasto impero una nota di vivo bagliore, quella che si riferisce all'esercito. Infatti !',esercito costituisce la più potente guarentigia dell'impero e della sua coesione. Di tutte le istituzioni vigenti nella monarchia austro~ungarica, questa è la più solida e la più resistente. L'esercito è fedele, istrutto, agguerrito e conscio della sua forza. L'Imperatore se ne occupò e se ne occupa costantemente colla massima cura, non risparmiando la sua persona. È uno dei suoi grandi meriti l'aver lavorato assiduamente a marutenere e rinforzare in esso la disciplina, lo spirito di sacrifizio, il sentimento del dovere. È sua gloria !''esserci riuscito.

(l) Si tratta dei tell. nn. 1204 de'l 3 maggio, 1469 del 21 maggio e 1566 del 1• giugno, non pubblicati.

487

IL COMMISSARIO CIVILE DELL'ERITREA, MARTINI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CAPPELLI

T. 1650/40. Massaua, 11 giugno 1898, ore 5,35.

Ricevo telegramma da trasmettere Ciccodicorla (1).

Prima di trasmetterlo credo ~Sarebbe opportuno V. E. prendesse conoscenza di due lettere di Ciccodicola giurute oggi stesso (2) e che recano notizie assai gravi circa intenzione di Menelik per una prossima azione contro Mangascià e possibili ostilità contro Inghilterra nel Ghedaref. Indugio qualche settimana non nuoce convegno delegati non potendo aver luogo che dopo la stagione dehle piogge. Attendo istruzioni.

488

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, CAPPELLI, AGLI AMBASCIATORI A MADRID, DE RENZIS, A WASHINGTON, FAVA, A PARIGI, TORNIELLI, A LONDRA, FERRERO, A VIENNA, NIGRA, A BERLINO, LANZA, E A PIETROBURGO, MORRA DI LAVRIANO

T. 1392. Roma, 11 giugno 1898, ore 20. L'ambasciatore di Spagna mi ha fatto conoscere la sostanza di una comunicazione che il Gabinetto di Madrid rivolge alle potenze europee in vista della eventualità da esso dichiarata improbabile ma possibile, che Manilla possa cadere

in potere degli insorti; i quali, gente selvaggia, si abbandonerebbero certo ad ogni sorta di eccessi. Per evitare una simile catastrofe converrebbe che la occupazione fosse eventualmente fatta dalle truppe degli Stati Uniti e che alle truppe spagnuole fosse consentito, quando dovessero uscire dalla piazza, di trasferirsi colle loro armi in alcune delle provincie rimaste fedeli. Il Gabinetto spagnuolo fa appello alle Potenze acciocchè nell'interesse della umanità e degli stessi loro connazionali facciano in tal senso officii presso il gabinetto di Washington.

(Per Madrid e Washington). Ho risposto all'ambasciatore che mi sarei tosto messo, a questo riguardo, in comunicazione coi gabinetti amici. (Per gli altri). Prego tele,grafarmi se e quale risposta siasi costà fatta alla analoga comunicazione spagnuola.

(l) -Cfr. n. 485. (2) -Non pubblicate.
489

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, CAPPELLI, AL COMMISSARIO CIVILE DELL'ERITREA, MARTINI (ACS, Carte Martini)

L. P. RISERVATA. Roma, 11 giugno 1898. Quando, te lo rammepti? in piazza Borghese ti strinsi la mano, augurandoti un buon viaggio per l'Eritrea ed un pieno guccesso, non avrei certo immaginato che dopo pochi mesi avrei sottoposto il collo al tuo medesimo giogo e portato [a stessa responsabilità. Nes9Una paura, e soprattutto buon umore, perchè senza questo si fa sempre una cattiva politica! Com'è naturale, in questa prima settimana di Ministero ho molto lavorato per mettermi a giorno delle questioni principali. Per quel che riguarda l'Eritrea, ciò che mi è sembrato evidente è che noi dobbiamo al più presto venire alla delimitazione della frontiera. Giacchè questa è accettata, il temporeggiare per delimitarla mi pare perniciosissimo: è il tornare all'antico errore di lasciarsi sempre la porta aperta pel meglio; e questo è invece e sarà sempre il peggio! Fin da quando qut al Ministero nell'85/ 87 vidi e toccai sempre con mano che Menelik, per ìeiò ·che è H mantenere la propria parola, è quel che gli Inglesi chiamano a perfect gentleman. Mai ch'io sappia, in tanti anni ha mancato ad una promessa: e quando una promessa gli è fatta non si spiega le a:rti di coloro i quali, con argomenti da paglietti o mozzorecchi, vogliono alla parola sottrarsi. Pe1 resto, e soprattutto per i dettagli è molto corrente e largo. Questo mio convincimento ti darà ragione del mio telegramma di ieri sera a Ciccodicola (1), e che spero ti sia piaciuto. Per i quattro capi che tu indichi come tali da doversene esigere ~ conservazione, Nerazzini è stato d'accordo con me che, per ora, bisognava telegrafare, come ho fatto, in termini blandi, non mostrando neppure il dubbio che il Negus non li accetti. Il delimitare 'la frontiera ci farà uscire anche in Italia da molti fastidii; perchè spero che allora tutte [e Cassandre, profetizzanti sventure e disastri anche ma·ggiori dei passalti, spero si taceranno per qualche tempo. Di queste

Cassandre se ne ·contano moltissime anche in Parlamento; e, lo si capisce, moltissime tra i militari.

Ed ora veniamo alle vertenze minori, benchè più noiose.

Bilancio. Dopo molte conversazioni e lettere a Luzzatti ho ottenuto, aiutando a ciò molto il Rudinì, che per l'esercizio provvisorio non si facciano modificazioni; e per l'assestamento si farà L'aggiunta. Semmai, il ·che non credo, il bilancio si discutesse, io dichiarerei che ila somma di 5 milioni non sarà sufficiente; ·che il Governatore prevede quelila di 8.130, che questa non sarà certo superata, e che, se il Governatore potrà, la diminuirà anche di qualche piccola somma. Venire peraltro a questa conclusione è stato più difficile che di fare il trattato della triplice.

Tesoreria. Ti scrivo ufficialmente che iJ. Ministero del Tesoro ha accettato molte modificazioni, quelle ·che Agnesa mi dice che tu principalmente desideravi. Ora ti pregherei di non farmi in questo, almeno pel momento, delle difficoltà. Il dover ritornare a ridiscutere con un uomo cosi eloquente come Luzzatti mi sarebbe cosa utile ma non piacevole!

Questioni di Personale. Modificando il regolamento, come indipendentemente da queste questioni dovevi fare, risolvi le questioni stesse. Bada, però, di non dare mai il passo a viaggiatori dilettanti •su viaggiatori provetti, mettendo

p. e. Casati in un posto inferiore a quello di altri. Basta col tuo tatto capirai e farai quel che si deve senza offendere giuste suscettibilità.

Ed ora tu vorrai avere notizie del Ministero. Vivrà o no? Io· non IIle so proprio nulla, e credimi, non me ne importa niente perchè, lo .sai, in certe cose non v1 e che un vantaggio... I'avoir été. Mi ldtcono di grandi preparativi di battaglia. Staremo a vedere!

(l) Cfr. n. 485.

490

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, CAPPELLI, AL COMMISSARIO CIVILE DELL'ERITREA, MARTINI

T. 1396. Roma, 12 giugno 1898, ore 12,50.

Mi riferisco mia lettera particolare ieri (1). Assumendo responsabilità mini·· stero tenevo a ben stabilire che è mia intenzione rispettare sino scrupolo parola e impegni Governo, senza ·cavilli e tergiversazioni che sin da principio

guastavano impresa africana e furono prima ragione tutti disastri. Notizie date ora da Ciccodicola riassunte da V. E. (2) confermano utilità tale dichiarazione contenuta telegramma (3) cui prego quindi dar corso. Che delimitazione debba oramai avvenire dopo stagione pioggia poco importa, basta sia ben noto esser noi pronti farla sempre, poichè nella nostra politica non vi sono restrizioni mentali. Se V. E. crede utile affinchè Ciccodicola capisca meglio, telegrafargli domanda da lei direttami jeri e questo telegramma, faccia pure.

(l) -Cfr. n. 489. (2) -Cfr. n. 487. (3) -Cfr. n. 485.
491

L'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CAPPELLI

T. 1658. Parigi, 12 giugno 1898, ore 13,05 (per. ore 14,45). Comunicazione spagnuola relativa Manilla (l) fu fatta qui soltanto questa mattina; essa include in termini poco precisi anche un appello all'intervento dei rappresentanti europei per la tutela degli interessi della civiltà. Hanotaux ha risposto con parole di simpatia che la Francia farebbe quello che le è possibile compatibilmente colla osservanza della neutralità; ma che gli era impossibile di dire oggi ciò che potrebbe farsi poichè gli conveniva prima mettersi in rapporto con gli altri Gabinetti. Hanotaux si propone di telegrafare al console ed al comandante della nave francese ad Honolulu, per sapere· se hanno qualche cosa di pratico da suggerire. Il punto che qui sembrò assai oscuro è quello relativo al ritiro della guarnigione spagnuola da Manilla; non si comprende chi

dovrebbe trasportarla aHrove, intanto si metterà in comunicazione con i varii Gabinetti.

492

L'AMBASCIATORE A VIENNA, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CAPPELLI

T. 1661. Vienna, 12 giugno 1898, ore 22,16 (per. ore 23). Conte Goluchowski mi ha fatto ·Conoscere che la comunicazione verbalmente fattagli dall'incaricato d'affari di Spagna non coincide esattamente con quella telegrafatami ieri dall'E. V. (1). Incaricato d'affari premise possibilità caduta Manilla in potere insorti ed espose il ·concetto del suo governo che ile potenze europee .si mettessero d'accordo prendere Manilla sotto la loro protezione, ma non

chiese si facdano passi a Washington. Goluchowski rispose che l'idea non gli pareva praticamente attuabile.

493

L'AMBASCIATORE A LONDRA, FERRERO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CAPPELLI

T. 1672. Londra, 13 giugno 1898, ore 6,20 (per. ore 20,30). Alla comunicazione fattagli da questo ambasciatore di Spagna, Salisbury, sentito il parere dei giureconsulti della corona, ha risposto che, pure simpatizzando vivamente con la proposta spagnuola, gli sarebbe impossibile prendere

l'azione in essa .suggerita, per·chè questa sarebbe di fatto, convertita in belligerante.

(l) Cfr. n. 488.

494

L'INCARICATO D'AFFARI A PIETROBURGO, MELEGARI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CAPPELLI

T. 1674. Pietroburgo, 13 giugno 1898, ore 5,35 (per. ore 21). Anche questo ambasciatore di Spagna ha fatto ieri verbalmente al conte Muravieff alcune entrature relative a Manilla. Solamente, a quanto mi disse testè Lamsdorff, il ministro ha creduto comprendere che la domanda della Spagna mirasse ad ottenere azione diretta delle potenze presso gli insorti e non presso gli Stati Uniti. Conte Murawieff promise di esaminare la cosa, ma dichiarò all'ambasciatore di Spagna che non scorgeva bene, come in tale condizione, intervento delle potenze avrebbe potuto verificarsi. Ritomerò mercoledì sull'argomento con quesJo ministro degli affari esteri, avendo detto Lamsdorff che,

difficilmente, prima di quel giwno sarebbe possibile dare risposta alle entrature Spagna.

495

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, CAPPELLI, AL MINISTRO A BUENOS AIRES, MALASPINA

T. 1406. Roma, 13 giugno 1898, ore 14,15. Giornali chileni annunciano formazione costì legione volontari italiani provocando grave agitazione contro quella nostra colonia. Se progetto esiste ella

deve energicamente sconsigliarlo, diffidando per gravi responsabilità e conseguenza a carico promotori e cooperatori.

496

IL CONSOLE A CANEA, MEDANA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CAPPELLI

T. 1669. Canea, 13 giugno 1898, ore 16,30. Aumenta nell'intemo irritazione per ritardata soluzione questione cretese. Cristiani minacciano volere assumere attitudine ostile, rompendo comunicazioni

col:le città occupate. Presidenza assemblea nazionale preoccupata, adoperasi, in quanto può, calmare spiriti.

497

L'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CAPPELLI

T. 1677. Berlino, 13 giugno 1898, ore 21,06 (rper. ore 23,20). Mio collega spagnuolo ha fatto confidenzialmente conoscere testualmente comunicazione suo Governo circa Manilla. Essa non parla di eventuale occupazione Manilla da truppe americane, come V. E. mi ha telegrafato (1), bensì da truppe potenze europee, e non parla di ufficii da fare a Washington, ma ordina

solo a mio collega spagnuolo di indagare con tatto accoglienza che avrà qui idea del Governo spagnuolo.

(l) Cfr. n. 488.

498

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, CAPPELLI, AGLI AMBASCIATORI A MADRID, DE RENZIS, A WASHINGTON, FAVA, A PARIGI, TORNIELLI, A LONDRA, FERRERO, A VIENNA, NIGRA, A BERLINO, LANZA, E A PIETROBURGO, MORRA DI LAVRIANO

T. 1414. Roma, 13 giugno 1898, ore 23,30.

Ambasciatore di Spagna è venuto a rettificare la domanda verbale fattami avantieri, e che io aveva chiesto ed ottenuto che egli mi lasciasse anche per iscritto. La rettifica che il signor Del Mazo ha fatto oggi per ordine del suo Governo consiste in ciò che la Spagna non chiede che le truppe degli Stati Uniti entrino a Mand1la piuttosto che 'gli insorti; ma che invece le potenze prendano possesso di Manilla se per caso gli insorti fossero vicini ad impadronirsene. Ho fatto notare all'ambasciatore spagnuolo che ciò non mi pareva conciliabile con i doveri della neutralità nè in pratica facile ad· attuarsi.

499

IL COMMISSARIO CIVILE DELL'ERITREA, MARTINI, AL CONSOLE AD ADEN, BIENENFELD

(ACS, Carte Martini)

T. 40/5. Asmara, 13 giugno 1898.

Trasmetta a Ciccodicola telegramma seguente. Ministro Esteri telegrafa quanto segue (1).

Da aggiungere dopo la firma di S. ;E. Cappelli.

Debbo avvertire poichè S. E. il ministro degli affari esteri lo permette avere io domandato di sospendere l'invio di questo telegramma a lei diretto; domanda che non fu accolta. Aggiungo confi,den:zli.almente che credendo io funesta alla pace della colonia la sollecita rettificazione del confine dovrò uniformare la mia condotta ai miei convincimenti.

500

IL COMMISSARIO CIVILE DELL'ERITREA, MARTINI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CAPPELLI

T. 1666/43. Massaua (2), 13 giugno 1898.

Spedisco telegramma (l) secondo gli ordini di V. E.; lettera Ciccodicola (3) .già partita per costì con mia relazione (3). Rinnovo vivamente preghiera (4) domandata per lettera con passato corriere.

(l) -Cfr. n. 485. (2) -Nell'originale, conservato nell'Archivio Centrale dello Stato, Carte Martini, il telegramma risulta spedito dall'Asmara. (3) -Non pubblicata. (4) -Nell'originale qui aggiunto: c mia licenza •·
501

L'AGENTE DIPLOMATICO E CONSOLE GENERALE AL CAIRO, TUGINI, AL COMMISSARIO CIVILE DELL'ERITREA, MARTINI (ACS, Carte Martini)

R. 344. Cairo, 13 giugno 1898.

Lord Cromer mi ha oggi trasmesso la lettera che il Slirdar, Sir H. Kitchener, attualmente in Cairo, gli ha indirizzato circa la quilstione della frontiera fra la colonia Eritrea ed il territorio di Suakim, che formò oggetto di colloqui fra la

S. V. Ill.ma ed il colonnello Parsons Pascià.

Come Ella scorgerà dalla lettera 'che qui unisco in copia, il Sirdar si dichiara pronto a riconoscere i nostri diritti territoriali sull'Ragar Nisch ed accettare la linea di delimitazione da noi proposta, purchè sia mantenuta l'esenzione dal pagamento della tassa a favore degti arabi limitrofi per la facoltà di !Pascolo su quei territorH. Il Sirdar è di parere che sarà possibile più tardi, quando si procederà ai lavori di delimitazione, che il Governo egiziano possa fare una concessione di territorio al Governo italiano che fosse da questo giudicato equivalente all'Hagar Nisch, e che 'laddove un simile scambio si effettuasse, questa questione che si riduce ad una semplice quistione di tassa di pascolo per gli araibi egiziani, sarebbe a tal modo risoluta con soddisfazione da ambo le parti.

Lord Cromer pensa che questa concessione da parte nostra non dovrebbe esserci gravosa, in quanto che il totale della tassa a cui rinunzieremo, non deve essere considerevole.

Le sarò grato se vorrà al più presto farmi conoscere la decisione che la

S. V. Ill.ma ·crederà di dover pvendere in proposito, perchè io possa comunicarla a Lord Cromer.

ALLEGATO

KITCHENER A LORD CROMER

Cairo, 13 giugno 1898.

In relazione alla conversazione che Parson Pasha ebbe col Governatore della Eritrea nell'intento di venire ad una definizione dei punti rimasti insoluti circa la delimitazione della frontiera fra quella Colonia ed il distretto di Suakim mi onoro rappresentare a V. S. che il Generale Baratieri, già Governatore dell'Eritrea, nella lettera direttami il 10 novembre 1895, riconosceva che gli arabi del territorio Egiziano vicino al confine avevano abbastanza provato i loro diritti, da tempo immemorabile, di usufruire dell'altipiano di Hagar Nish, e si era perciò convenuto di lasciar: sospesa la questione fino a che, in occasione di una ulteriore determinazione della frontiera, non si fosse deciso se il Governo egiziano avesse potuto far qualche concessione equivalente ai 50 km. quadrati reclamati dal Governo Italiano; ed intanto non si sarebbe dovuto richiedere pagamento di tasse di pascolo agli arabi del nostro territorio che avessero mandato le loro mandrie ad Hagar Nish.

Se tale esenzione di tasse può essere mantenuta, io sono pronto a riconoscere senz'altro il diritto degli Italiani sull'altipiano di Hagar Nish e ad accettare il proposto confine. Quando la delimitazione della frontiera sarà concordata sarà possibilmente trovato un territorio da cedersi al Governo Italiano da quello Egiziano in sostituzione di Hagar Nish, e fatto tale scambio, questa questione che si riferisce esclusivamente alla protezione dei diritti delle nostre tribù sarà con soddisfazione risolta.

502

IL COMMISSARIO CIVILE DELL'ERITREA, MARTINI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CAPPELLI

(A

L. P. Asmara, 13 giugno 1898.

Il tuo telegramma (1), ricevuto poche ore fa, è raide e più :nella forma che nella sostanza. Se si fosse trattato di altri avrei risposto (in cifra, s'intende) « andate a farvi benedire » : ma avendo a ·Che !fare con un vecchio e carissimo amico ho replicato molto correttamente. Eseguisco gli ordtni di V. E. Potremo dissentire, anzi già dissentiamo sopm alcuni argomenti importantissimi; ma non per questo ci guasteremo. Venendo in 1Jilcenza lio 1111i pr~pongo anzi, di riconquistare quella colazione di cui i preparativi frettolosi del viaggio mi privarono nel dicembre passato. Ma poichè tu in un dispaccio ufficiale qualifichi caviHi e tergiversazioni obiezioni mie -che supponi ma non •conosci, permetti a me di usare la stessa schiettezza di linguaggio in uria lettera confidenziale come se invece di scriversi da Commissario a Ministro e viceversa, noi pM"lassimo insieme durante una di quelle passeggiate a Villa Borg~ese, che erano una delle poche ricrea2li!oni della nostra vita parlamentare.

I cavilli e le tergiversazioni furono, come tu giustamente osservi, una delle cagioni dei nostri guai passati; ma ce ne lfu un'altra: la poca conoscenza che a Roma si ebbe delle particolari condizioni della colonia. Lasciamelo dire, quest::1 conoscenza neppur oggi l'avete: e facendo del'la politica aprioristica, preparate un dtsastro, nella quale opera Ciccodicola mirabilmente vi aiuta. Tu intendi che non ho alcuna ragione dii Jla,rvi credere una cosa per un'altra: il disastro lo prevedo e lo predico, ma non vi assisterò: perchè sebbene vi sia affezionato amico pe!èsonale, non mi graverò le spalle òi responsabilità enormi facendo per ordine vostro l'opposto di quanto credo debba esser fatto. Abbi la cortesia di leggere la relazione (2) con la quale ho spedito le due lettere (2) del Ciccodicola. Quella è la verità vera: .giudica poi se sapendola tale io [Possa essere l'esecutore dei vostri disegni. E per tornare al tuo telegramma, io non ci ho riconosciuto, scusa, nè la prudenza nè la pacatezza 'che ti so consuete. Che cosa chiedevo io? che tu, prima di impartire recise istruzioni, conoscessi i fatti che stanno per avvenire nell'Abissinia, le proposte del Ciccodicola, le osservazioni mie. Quale danno dall'indugio di quindici giorni? Nessuno. Tu vuoi che Menelik sappia che noi siam pronti alla rettificazione '<iel confine. Lo sa. CiccodLcola non ha fatto altro che incitarlo a risolvere la questione: e scrive egli stesso che il ritardo non è imputabile a lui, ma alle lentezze scioane. E allora? Potrebbe pure darsi che la nozione dei fatti quali io li espongo, e gli argomenti .che adduco ti persuadessero; sarebbe tardi perchè tu col tuo telegramma hai, mi pare, irrevocabilmente compromessa la questione.

Ma io ho già scritto una relazione lunghissima e non voglio tediarti con l'appendice di una lettera a.Urettanto lunga. Ciò che importa è che tu mi dia

23 -Docmnenti diplomatici -Serie III -Vol. II.

licenza di venire a Roma. O parlando ci intenderemo o vi pregherò di mandarmi a casa. Tu intendi, caro Cappelli, che dopo aver accettato un ufficio come questo, non è piacevole il renunziarlo dopo sei o sette mesi: la gente che non saprà e non dovrà sapere le ·cagioni di una tale rinunzia, darà mano alle accus·e ed io sarò tacciato di leggero, di irrequieto e chi più ne ha !Più ne metta. Non importa. Tutte queste complicazioni ti dicono quale e quanta sia ·la profondità dei miei convincimenti. Al disastro io non voglio 'assistere.

(l) -Cfr. n. 490. (2) -Non pubblicata.
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L'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CAPPELLI

T. 1670. BerLino, 14 giugno 1898, ore 17,12 (per. ore 18,25).

Fino ad ora gabinetto imperiale non ha ricevuto comunicazione spagnuola, di cui ultimo telegramma di V. E. (l). Btilow suppone ,gli sarà comunicata domani all'udienza ebdomadaria. Intanto sul testo da me notifi.catogli egli os·serva essere difficile poter entrare nelle idee del Governo spagnuolo, senza discutere la successiva posizione in cui verrebbero reciprocamente a trovarsi truppe americane a Manilla e truppe spagnuole in altre provincie dell'isola, senza entrare, cioè, in una vera intromissione e operazione guerresca. Io credo che scopo proposta spagnuola sia appunto quella di iniziare indirettamente intervento potenze per la pace. :su questa via Governo imperiale sembra ben deciso non lasciarsi trascinare se non di fronte a domanda formale di una delle parti e dopo avere preso cognizione delle condizioni in cui pace sarebbe accettata, e ciò tanto più che pace prematura può avere gravi conseguenze per sorti dinastia spagnuola. Domani spero avere più precise informazioni da comunicare a V. E.

504

IL COMMISSARIO CIVILE DELL'ERITREA, MARTINI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CAPPELLI

T. 1685. Massaua, 14 giugno 1898, ore 18,45.

Ciccodicola telegrafa quanto segue:

« Addis Abeba, 25 maggio. Ho ricevuto ora. telegvamma di V. E. 29 aprile (2) e telegvamma Nerazzini Menelik. (3). Lettere telegrammi miei ora pervenuti costi, potranno far riJevare a V. E. ·che tutto venne eseguito conforme ordini. Scium Agamè Tesfà è giunto qui ieri, dicendo che Mangascià non può venire per affari interni Tigrè. Menelik ha dato te!lllpo presentarsi fino al 15 giugno. Intanto ras Micael, ras Oliè hanno ordine di tenersi pronti.

Data 15 giugno è certamente sbagliata, perchè mancherebbe a Mangascià tempo di recarsi allo Scioa. Sembra certo ·che egli non vi andrà. Se Menelik considera questo come atto ribellione, guerra è !Probabil-e; non può però avvenire che in ottobre dopo piogge, che si afferma .già nel Tigrè incominciate.

(l) -Cfr. n. 488. (2) -Cfr. n. 430. (3) -Cfr. n. 429.
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L'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, PANSA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CAPPELLI

R. RISERVATO 386/170. Therapia, 14 giugno 1898. Ho ricevuto ieri una vistta del mio ·collega di Austrta-Ungheria, il quale, come risultò dal corso della conversazdone, era venuto espressamente per intrattenermi della pretesa rivelazione recentemente fatta dalla Frankfu1·ter Zeitung di un trattato conchiuso fra i governi di Vienna e di Pietroburgo, in :vista di un eventuale riparto delle rispettive sfere d'azione sui territori della penisola balcanica. Confermando categoricamente le smentite che già furono date all'esilistenza di quel supposto accordo, il barone di Calice mi disse ch'egli era stato tratto a occuparsi di una ricerca sulle origini dell'articolò in questJ~one, che diversi indizi provavano essere provenuto da una corrispondenza di Costantinopoli. Essendogli infatti 11tsultato che suo autore era un giornalista il quale riceve talvolta qualche informazione da questa Ambasciata di Germania, egli ne aveva fatto cenno privatamente al barone Marshall. Questi gli aveva assicurato nulla saperne, alludendo alla probabilità che l'ispirazione di quell'articolo fosse piuttosto di origine russa. Senonchè il mio interlocutore aveva constatato che il giornalista in questione non frequentava affatto l'Ambasciata di Russia: egli era quindi indotto a dubitare, malgrado queHa denegazione, che, se la pubblicaz~one di simili notizie significava qualcosa di più che il parto dell'immaginazione di un articolista, doveva scorgersi in essa un ballon d'essai, originato da una certa diffidenza che pur sempre si nutre a Berlino drca La possibilità di qualche accordo •separato fra l'alleato di ·Vienna e la corte di Pietroburgo·. Os,servai, a questo punto, in forma generica, che le esistenti aneanze difensive non parevano menomare, nel concetto dello stesso Gabinetto di Berlino, il diritto di ciascuno Stato di assicurarsi in modo speciale il mantenimento di buoni rapporti con altre Potenze confinanti come lo aveva provato la rivelazione retrospettiva, avvenuta l'anno scorso, dell'accordo stabilito colla Russia dal principe di Bismark, poco dopo la conclusione del trattato del 1879 coll'Austria Ungheria. Al che replicò, in tuono di scherzo, il barone di Calice che il principe di Bismark invocava per se quel diritto ma non lo ammetteva per gli altri. Quanto allo ,scambio di dichiarazioni avvenuto nell'occasione della ultima visita dell'Imperatore Francesco Giuseppe a Pietroburgo, il mio colle,ga disse potermi affermare nel modo il più categorico che nulla vi era di scritto e che tutto si riduceva alla constatazione del reciproco intendimento di adoperarsi per la .conservazione dello status quo nella penisola dei Balcani. Dell'oggetto dii quell'intesa era stato informato il Governo 1italiano e, senza dubbio, anche quello di Berlino, nè altro esisteva al di là di quanto si era ,ad essi comunicato. Un riparto anticipato di sfere d'influenza non sarebbe, del resto, mai stato accettato dalla Russia, la quale, mirando al tutto, non potrebbe rinunciare a una parte qualunque delle sue pretese riguardo a paesi slavi. Quanto all'Austria-Ungheria, essa altro non desiderava che la tranquillità dei propri confini e non ·era nel

momento in cui la Monarchia già si trovava esposta a tante difficoltà interiori per fatto dei suoi sudditi slavi, che si poteva attribuirle il pensiero di preparare

nuov:e combinaZJioni tendenti ad accrescerne il numero. Avendo io qui ricordato che tale obiezione già esisteva nel 1878, quando le esigenze della tranquillità de'l confine vennero appunto invocate per giustificare la presa di possesso della Bosnia ed Erzegovina, ·il mio interlocutore contestò che la situazJione del 1878 potesse nuovamente riprodursi rispetto all'Austria-Ungheria. Si trattava allora d'impedire la formazione alla sua frontiera di un vasto Stato slavo, destinato a grav:itare nell'orbita della Russia e formato da popolazioni congeneri a queHe delle finitime provincie della MonaJrchia. Lo scopo si era raggiunto col precludere da quel lato un'estensione della Serbia, le cui aspirazioni territoriali. ora forzatamente deviate verso H Sud, si trovavano ivi !limitate dalla rivalità preponderante dei Bulgari e dei Greci; nè altro si voleva a Vienna. Il «Drang nach Osten » e le mire su Salonicco, di cui tanto si era parlato dopo il 1878, non erano concetti propri d eU' Austria Ungheria, ma messi innanzi piuttosto da Berlino e sempre respinti dal conte Andrassy come dagli altri Ministri della Monarchia. Ora più che mai, ogni •simile vel:leità era assolutamente esclusa, malgrado le false intevpretazioni all!e quali poteva prestarsi qua e là qualche atto isolato, per parte forse di certi Consoli troppo zelanti. Il barone di Calke mi citò ad esempio quello di Uskub, aggiungendo avere appunto in questi giorni promosso, per tale motivo, il suo trasferimento. Ad un'aHuslione da me fattagli alla si·tuazione dell'Albania, rispose il mio collega affermando che le disposizioni astensioniste del suo Governo rispetto alla Macedonia si applicavano tanto più a quella regione, abitata da popolazioni di razza estranea, irrequieta e fra loro divise, per modo da rendervi !impraticabile una qualsiasi amministrazione normale. L'azione dell'Austria-Ungheria si limitava colà all'esercizio della protezione sul dero cattolico, non potendo essa mostrarsi verso di questo da meno della Francia; ne derivava, naturalmente, una serie di questioni locali, per l'esercizio del cuUo, possesso di chiese, campane, e ,simi:li, tutti affari che, pur rendendo inevitabili un frequente intervento dell'Ambasciata e dei Consoli, non offrivano per se stesse alcuna iÌIInportanza e avevano, del resto, esistito in ogni tempo. Egli non tralasciava di consigliare alla Sublime Porta, in ogni circo

stanza, di fare uno sforzo per introdurre in quella provincia metodi di governo più intelligenti, tali da non imporre ai suoi abitanti un perenne, pericoloso confronto colla miglior sorte dei ,popoli vicini: ma nulla poteva rimediare all'impotenza del Governo Ott.omano e tutto ·ciò che 'rimaneva ad augurarsi era di veder ritardata e graduata la inevitabile liquidazione dei possessi turchi in Europa. Da me interrogato sulla sua opinione personale circa il possibile destino dell'Albania, nel giorno in cui giungesse il suo turno, il barone di Calice mi disse che, a prescindere da imprevedibili eventi, nulla permetteva di far calcolo sul futuro costituirsi di quella regione in uno Stato autonomo; le divisioni stesse esistenti nel paese facevano ritenere come soluzione più probabile il suo spartimento fra ì quattro stati vicini: i distretti del nord divisi fra la Serbia ed il Montenegro, quelli del sud, coll'Epiro, alla Grecia, e la parte rimanente verso l'est alla Bulgaria.

Le cose dettemi dal barone di Calice non sono novità, ma piuttosto la ripe-tizione di quanto fu sempre affermato, riguardo a tali questioni, dai circoli ufficiosi austro-ungarici. Ho creduto tuttavia dover riferire a V. E. codesta conversazione, tenendo conto dell'evidente intenzione che indusse questo mio collega a provocarla. Egli stesso, nell'accomiatarsi, conchiuse col dire che certe dichiarazioni guadagnano dall'essere talvolta riconfermate, giovando a dissipare le diffidenze che false notizie possono far nascere anche fra stati amici.

506

L'AMBASCIATORE A LONDRA, FERRERO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CAPPELLI

T. 1697. Londra, 15 giugno 1898, ore 13,12 (per. ore 15,30).

Anche qui ambasciatore di Spagna :fece verbalmente la comunicazione del proprio Governo per ottenere l'intervento delle potenze nelle faccende delle Filippine, ma non è occorso l'equivoco accennato nel telegramma di V. E. di jeri (1).

La comunicazione non ha avuto bisogno di essere corretta come quella di codesto ambasciatore di Spagna, confermo dunque quanto ho telegrafato antecedentemente (2) intorno alla risposta data da questo governo.

507

IL COMMISSARIO CIVILE DELL'ERITREA, MARTINI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CAPPELLI

T. 1700/49. Massaua, 15 giugno 1898, ore 15,45.

Ciccodicola manda da Addis Abeba 31 maggio telegramma seguente, cui farò seguire telegramma mio (3):

« È evitato conflitto immediato con Mangascià per non turbare tranquillità colonia; è definito accordo per la delimitazione frontiera Tigrè: territorio è dato a ras Maconnen che invia subito suo rappresentante procedere delimitazione locale e ricevere consegna. Questi andrà a Massaua. per via Zeila, non volendosi ora far conoscere a Mangascià risoluzione presa togliergli possesso quel territorio; volendolo, tutti i nostri capi coi loro soldati resteranno a governare loro paesi. Adi Cajè resta presidiata da noi. Arrivando costì dopo le pioggie ras Maconnen, si verrà ad accordo per definire questione Adi Cajè. Menelik prega non distruggere linee telegrafiche desidera che i nostri uffici continuino servizio. Menelik informa aver notizia di probabile passaggio per Zula o Assab munizioni inglesi dirette a Mangascià; raccomanda impedirlo. Ho motivo di credere che tale informazione è stata fornita da Lagard per rappresaglia, dopo passaggio effettivo armi da Tagiura per Mangascià. Segue mio rapporto pari data. Finita questa questione riprenderò lavoro per Lugh. Per ora Lugh è nostra, e viene rispettato statu quo tempo indeterminato. Con calma spero riuscire appianare anche questa questione. È importante rilevare accordo completo con ras Maconnen. Con lui ho definito questione confini; le spiegazioni con lui avute mi fanno sperare che riuscirò distaccarlo dai legami con Lagard. Conviene coltivare amicizia con ras Maconnen, anche per ,garantirsi avvenire. Menelik farà qui trasportare salme valorosi Sacchi, Bottego. Io darò solo persona per riconoscimento salme».

(l) -Cfr. n. 498. (2) -Cfr. n. 493. (3) -Cfr. n. 509.
508

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, CAPPELLI, AGLI AMBASCIATORI A PARIGI, TORNIELLI, A PIETROBURGO, MORRA DI LAVRIANO, A VIENNA, NIGRA, A BERLINO, LANZA, E A COSTANTINOPOLI, PANSA (Ed. in LV 97, p. 65)

T. 1431. Roma, 15 giugno 1898, ore 14,25.

I tre ambasciatori e Salisbury hanno concordato, per Creta, uno schema di istruzione per gli ammira,gli, di cui qui riproduco la sostanza: Premessa la convenienza di tosto applioare nell'isola i principii elaborati lo scorso anno dagli ambasciatori a Costantinopoli, si dichiara che il problema abbia a risolversi con la creazione di un comitato esecutivo, nominato dall'assemblea cretese, con carattere provvisorio, che si tenga in contatto permanente con gli ambasciatori e revocabile da questi se esorbitasse dal suo mandato. Il comitato amministrerebbe le parti dell'isola che attualmente obbediscono all'assemblea cretese, mentre gli ammiragli continuerebbero ad esercitare la loro autorità nelle regioni occupate dalle truppe europee od ottomane. Per i particolari, e segnatamente per la fissazione del numero dei componenti il comitato e del modo di nomina, gli ammiragli dovrebbero mettersi per mezzo dei consoli, in comunicazrione con l'assemblea. Circa la questione finanziaria, i quattro governi studiano la formazione di un sindacato di banchieri dei quattro paesi, che ,farebbe le necessarie antidpazioni, e come guarentigia riscuoterebbe in tutto od in parte, la sopratassa doganale del tre per cento. I contingenti attuali di truppe europee non sarebbero (Per il momento aumentati. Gli ammiragli vedranno se convenga mettere a disposizione del comitato l'attuale gendarmeria ·europea, la quale, ·con l'aggiunta di gendarmi reclutati nell'isola ed in Europa, potrebbe divenire una forza di polizia sufficiente per il mantenimento della quiete e dell'ordine. I·nfine gli ammira,gli debbono concOtl'dare ed esporre ai quattro Governi le loro vedute circa la concentrazione delle truppe ottomane su ,alcuni punti dell'isola ».

Il R. Governo accetta questo schema d'istruzione, e questa sarà impartita al nostro ammiraglio tostochè i quattro Governi stimino giunto il momento opportuno.

(Per Parigi e Pietroburgo). Attendo su quest'ultimo punto un cenno (l) di codesto governo.

509

IL COMMISSARIO CIVILE DELL'ERITREA, MARTINI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CAPPELLI

T. 1709. Massaua, 16 giugno 1898, ore 14.

Notizie contenute telegramma Ciccodicola oggi trasmesso a V. E. (2) sono di molta gravità. Come accennai implicitamente mio telegramma 15 corrente (3) ed ho fatto osservare nella relazione mandata (4), la sollecita rettifica del confine non

può non turbare la pace della colonia e turbarla profondamente quando avvenga contemporaneamente all'aprirsi ostilità fra Scioia e Tigrè ossia di poco anteriore. Ora è evidente che questa guerra di cui dicesi evitato il pericolo, non è se non protratta fino al dicembre tutt'al più. Per quanto si cerchi tenere celato a Mangascià la risoluzione presa di togliergli territorio in questione, non è sicuro che egli la ignori per lungo tempo. Tutto si sa in Abissinia e la presenza di un capo scioano a Massaua venuto senza passare dal Tigrè destando sospetto nel Ras, lo potrebbe condurre sulla via della verità. In questo caso, sebbene non credo probabile, è possibile che egli prendendo risoluto atteggiamento ribelle invada il nostro territorio dove l'odio contro lo Scioa gli fornirebbe numerosi alleati. Lo stesso provvedimento di lasciare capi presenti al Governo di una parte del paese, espediente buono in altra condizione, e se preparato, giungendo improvviso in questo stato di cose, avrà effetti opposti a quelli che si potevano sperare; e non può essere senza danno nostro presidiare Adi Cajè quando nostra occupazione dovesse essere guardia al capo mandato da Maconnen fra popolazione ostile.

Molti dubbi sorgono sUilla venuta di Maconnen. Questi non potrà preilldere possesso dei territori con piccola scorta d'onore. Se verrà con molti armati dal Tigrè, incontrerà l'urto di Mangascià, se, da Zeila, dovrà passare per il nostro territorio ~ troverà Mangascià pronto alla battaglia per non essere preso da Nord e da Sud nello stesso tempo. Nell'uno e nell'altro caso guerra in autunno forse entro nostro confine. Molte ipotesi possibili, nessuna favorevole. È sicuro che tutto ciò cagionerà compld.cazioni e inquietudini e fatti d'armi e qui un primo colpo di fucile, non si sa dove possa rcondurre. Sarà così riaperta questione Africa nel momento per l'Italia più inopportuno. Venni nella colonia con questo programma approvato dal Governo, economia e pace; feci economie, confidavo mantenere pace. Non posso assumere responsabHità di risoluzioni affrettate che minacciano quelle e questa. Perciò, prego V. E. di darmi, senza ritardo, un successore che vedendo forse le cose in modo diverso, migliore, possa essere esecutore abile

o audace di quelle risoluzioni. Inoltre prego V. E. di autorizzarmi a telegrafare a Ciccodicola che sia sospeso invio di capo scioano, il quale non troverebbe nella colonia con chi trattare (1).

(l) -In LV qui aggiunto: «sulle intenzioni». (2) -Cfr. n. 507. (3) -Nell'originale, conservate. nell'Archivio Centrale dello Stato, carte Martini, è indicata la data dell'H giugno, da ritenersi esatta se si confrontano i telegrammi pubblicati ai nn. 487 e 499. (4) -Non pubblicata.
510

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, CAPPELLI, AL COMMISSARIO CIVILE DELL'ERITREA, MARTINI

T. 1454. Roma, 17 giugno 1898, ore 13,45.

Governo non ha mutato programma seguito ultimi tempi e bene riassunto da V. E. con parole pace economia. Quindi nessuno meglio di lei può svolgere questo programma che ella ha comune con Governo. Ringrazio giuste osservazioni intorno effetto pratico che sarebbe prodotto dall'arrivo costà di un inviato di Maconnen. Prego quindi telegrafare mio nome Ciccodicola: «Disegni impera

tore che ella espone telegramma 31 maggio (l) sarebbero tali da soddisfarei pienamente se non vi fosse un pericolo grave nell'inviare sottocapo Maconnen a Massaua. Ciò farebbe comprendere immediatamente Mangascià disegno di togliergli territorio e potrebbe spingerlo ribellione attacco contro colonia. Per evitare questo gravissimo inconveniente delimitazione non può farsi se non quando Mangascià, chiamato dal Negus, non fosse presente nel Tigre o 1quando Maconnen si presentasse sul luogo con forze sufficienti per affermare suo dominio nella regione. Voglia subito comunicare Imperatore e Maconnen e prendere accordi onde evitare gravissimo pericolo indicato e intanto trattenere invio ~sotto capo. Ringrazii però Imperatore buone disposizioni per risoluzioni amichevoli questioni pendenti. Per tutto resto suo telegramma sta bene. Risponda subito».

Spero che ciò tranquillerà V. E.

(l) Il testo del documento fu spedito, il giorno 16 giugno, sotto forma di lettera senza numero, dall'Asmara a Massaua, e da qui venne ritrasmesso al Ministero degli Esteri pertelegrafo, come è pubblicato.

511

L'AMBASCIATORE A WASHINGTON, FAVA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CAPPELLI

T. 1726. Washington, 18 giugno 1898 (per. ore l 0,55).

In un colloquio, di natura strettamente privata, avuto questa sera col presidente confederazione, gli ho accennato alle notizie dei giornali americani di oggi, secondo le quali Ja Spagna sarebbe desi:derosa di. pace, precisandogli che questo mio accenno non aveva alcun carattere ufficiale ma puramente personale. Il presidente mi ha risposto testualmente: «N o i non sappiamo proprio che cosa fare, fino a che Spagna tace, e, so pure per esperienza, che molti gravi affari possono essere meglio accomodati a mezzo di pe1;sona amica ». È mia impressione personale che se Spagna facesse fare a Washington, per mezzo di persona amica e non uffi.ciale delle aperture dirette di pace sopra basi ragionevoli e naturalmente favorevoli agli Stati Uniti, esse non verrebbero probabilmente respinte; in caso contrario si rischia che, dopo essersi impadroniti delle Fili.ppine e di Porto Rico, gli Stati Uniti attaccheranno porti spagnuoli per forzare la Spagna a domandare una pace disastrosa. D'altra parte sono convinto che ogni mediazione amichevole delle potenze per la pace, alle di cui basi gli Stati Uniti non abbiano previamente aderito in principio, sarebbe destinata insuccesso.

512

IL COMMISSARIO CIVILE DELL'ERITREA, MARTINI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CAPPELLI

T. 1739. Asmara, 19 giugno 1898, ore 18,10.

Ho spedito Ciccodicola telegramma di V. E. (2). Ringrazio V. E. di avere accolto mie osservazioni; ringrazio licenza accordata. Per ~mpo mia assenza, provvederò in modo da non confondere nuovamente attribuzione che fu così difficile separare e terrò informata V. E.

(l) -Cfr. n. 507. (2) -Cfr. n. 510.
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L'INCARICATO D'AFFARI A PIETROBURGO, MELEGARI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CAPPELLI

R. PER CORRIERE 316/140. Pietroburgo, 20 giugno 1898.

Come già ho avuto a telegrafare in data 13 corrente (l) fra la prima comunicazione fatta all'E. V. dal signor Del Mazo sulla situazione a Manilla e sul reclamato intervento delle potenze, e quella contemporaneamente qui svolta sullo stesso ar.gomento da questo Ambasciatore di Spagna correva un certo divario. Da ulteriori informazioni che mi fu dato raccogliere mi è constato ora come anche la rettifica presentata successivamente dal rappresentante spagnuolo a Roma -e da V. E. telegrafatami (2) -non corrispondesse interamente cl senso della notifi·cazione fatta dal conte di Villagonzalo.

Seppi difatti dalla bocca stessa di questo Ministro degli Affari Esteri che i passi che l'Ambasciatore di Spagna era stato incadcato di fare a Piet.roburgo non mirassero ad invocare l'intervento simultaneo e collettivo di tutte le potenze allo scopo di impedire che la città di Manilla cadesse nelle mani degli insorti ma avessero per obiettivo di scrutare confidenzialmente il terreno onde venire a conoscere se all'occorrenza l'una o l'altra potenza sarebbe stata disposta in un interesse umanitario e per la protezione dei rispettivi sudditi residenti a Manilla, ad inviare in quelle acque forze navali e di valersi del prestigio della sua bandiera ·per indurre gli insorti a risparmiare la città. A questa comunicazione del rappresentante spagnuolo H conte Muraview avrebbe risposto che per quanto il Gabinetto imperiale fosse disposto in massima a prestare l'opera sua in un interesse di umanità conciliabile coi doveri di neutralità non riteneva però che nelle presenti condizioni l'invocata misura avrebbe potuto riescire di pratico effetto, non essendo guarì presumibile che il solo rispetto alla bandiera di una estera potenza fosse bastato a trattenere lle orde indisciplinate e selvagge dall'insurrezione.

Seppi di poi da questo incaricato d'affari di Germania che entrature nello stesso senso sarebbero pure state fatte dalla Spagna a Berlino, e la coincidenza dell'invio nelle acque di Manilla di alcune navi tedesche potrebbe dar adito alla supposizione che le istanze del Gabinetto di Madrid non siano rimaste colà inascoltate. QJest'ultima ipotesi troverebbesi però in disaccordo coll'assicurazione datami dal conte Muraview-e che mi affrettai digià a telegrafare a V. E. (3) che in seguito aH'attitudine declinatoria dei Gabinetti la Spagna avrebbe definitivamente rinunziato ad un intervento estero a Manilla.

(l) -Cfr. n. 494. (2) -Cfr. n. 498. (3) -Si tratta del tel. n. 1706 del 16 giugno. non pubblicato.
514

L'AMBASCIATORE A WASHINGTON, FAVA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CAPPELLI

R. RISERVATO CONFIDENZIALE 524/191. Washington, 20 giugno 1898. I più autorevoli giornali americani si dettero nella scorsa settimana a commentare la notizia, secondo la quale la Spagna si adoperava a procurarsi i buoni uffici di qualche Potenza, per indwrre gli S.tati Uniti a trattative di pace. Senza negare in massima il loro assentimento ad eventuali trattative di pace, quei giornali erano però unanimi a consigliare alla Spagna, con un linguaggio alquanto duro per le Potenze, di rinunziare a qualunque intermediario, e di trattare invece direttamente col Gabinetto di Washington. Trovandomi la sera del 17 corrente in visita affatto intima dal presidente degli Stati Uniti, gli chiesi in via tutta amichevole qual fondamento avessero le notizie dei giornali in dtscorso, ed avendone, quale accoglienza il Governo di Washington riserverebbe alle aperture dirette consigliate dalla stampa americana. Gli aggiunsi subito che questa mia dimanda non aveva nessun carattere ufficiale: essa proveniva semplicemente 'da un suo antico amico che, pe~r 'la lunga sua residenza fatta agli Stati Uniti doveva naturalmente prendere un interesse più speciale alle cose di questo Paese. «Noi non sappiamo proprio che cosa fare, (we do not know really what to do), risposemi testualmente il signor Mc Kinley, finchè la Spagna tace. Eppure nessuno sa meglio di me, per esperienza, come molte gravi controversie, che sembrano difficili ad essere composte, lo potrebbero essere più facilmente per mezzo di persone amiche». N o n insistetti per ragioni facili a comprendersi, ma, nella notte dal l 7 al 18 mi affrettai a dare all'E. V. un cenno telegrafico di questo mio colloquio (1). Dalle parole del Presidente, che non contradicono i commenti di questi giornali, mi rimase però l'impressione che se, senza attendere l'imminente investimento di Porto Rico e l'arrivo al 4 luglio prossimo dei rinforzi di truppe spedite alle Filippine, la Spagna aprisse ufficiosamente, non ufficialmente, a Washington delle trattative dirette per la pace sopra base ragionevole e tale da tener conto dei successi della marina americana, queste trattative non verrebbero probabilmente respinte nelle contingenze attuali. Qualora a Madrid si fosse disposti ad entrare in queste vedute, bisognerebbe però affrettarsi e non lasciarsi sfuggire questo momento relativamente favorevole. Diversamente sarà troppo tardi, e la Spagna rischia che, dopo essersi impadroniti di Santia,go, di Cuba, delle Filippine e di Porto Rico, gli Stati Uniti attaccheranno i porti spagnoli per forzare il Governo della Reggente ad accettare condizioni di pace ancora più disastrose. In quanto poi ad una mediazione eventuale amichevole di una o più potenze europee per la pace, alle cui basi gli Stati Uniti non avessero previamente aderito in massima, debbo ripetere che più le operazioni militari americane

incalzano e si moltiplicano, e più essa sarebbe destinata ad un altro insuccesso che è meglio evitare.

(l) Cfr. n. 511.

515

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, CAPPELLI, AGLI AMBASCIATORI A COSTANTINOPOLI, PANSA, A LONDRA, FERRERO, A PARIGI, TORNIELLI, E A PIETROBURGO, MORRA DI LAVRIANO (Ed. in LV 97, p. 67)

T. 1503. Roma, 23 giugno 1898, ore 14,45. L'ambasciatore di Turchia è venuto a darmi lettura di un telegramma del suo governo, nel quale dopo essersi fatto accenno a notizie sparse nei giornali circa un accomodamento per l'amministrazione di Creta, osserva che porterebbe offesa ai diritti sovrani della Sublime Porta se questo accomodamento non :fosse consentito dal governo ottomano. Ho risposto che nel pensiero delle quattro potenze, nessuna offesa volerva farsi ai diritti di sovranità del Sultano; ma trattavasì di stabilire un modus vivendi provvisorio, anche tenuto presente il concetto dell'autonomia dell'isola. Ho soggiunto che senza prendere alcun impegno, essendo indispensabile procedere d'accordo con altre potenze, non avevo per mio conto difficoltà che la Porta sia informata dell'accomodamento prima che esso entri in esecuzione. Ho avuto cura di far ben comprendere all'ambasciatore che si tratterebbe,

eventualmente dì semplice comunicazione e non mai di consenso da attenersi dalla Porta.

<
APPENDICI

APPENDICE I

AMBASCIATE E LEGAZIONI DEL REGNO D'ITALIA ALL'ESTERO

(Situazione al maggio 1897)

ARGENTINA

Buenos Ayres -ANTONELLI conte Pietro, inviato straordinario e ministro plenipotenzi<lll'io (l); CucCHI BoAsso Fausto, primo segretario (2); BRuNo Luigi, primo segretario.

AUSTRIA-UNGHERIA

Vienna -NIGRA S. E. conte Costantino, senatore, amba.sciatore; CusANI CoNFALONIERI marchese Luigi Gerolamo, primo segretario; CoBIANCHI Vittore, secondo segretario; CARAVADOSSI DI THOET DELLA SCARENA D'ASPROMONTE conte Giulio, terzo segretario; ALIOTTI (dei baroni) nob. Carlo, addetto (3); FASCIOTTI Cado, addetto; NAVA Luigi, colonnello di stato maggiore, addetto militare.

BAVIERA

Monaco -DE FoRESTA (dei conti) nob. Alberto, inviato straordinario e ministro plenipotenziario ( 4).

BELGIO

Buxenes -CANTAGALLI Romeo, inviato straordinario e ministro plenipotenzario; IMPERIALI DI FRANCAVILLA marchese Guglielmo, primo segretario; DELLA TORRE DI LAVAGNA conte Giulio, secondo segretario (5); PANIZZARDI Alessandro, colonnello di stato maggiore, addetto militare (residente a Parigi).

BOLIVIA

CASTELLI Pietro, ministro residente (residente a Lima).

BRASILE

Rio de Janeiro -DE MARTINO nob. Renato, inviato straordinario e ministro plenipotenziario (6); Rossi ToESCA Vincenzo, segretario.

(l) -Fino al 21 novembre 1897; dal 28 febbraio al 23 marzo 1898 FRrozzr marchese Lorenzo, principe di Cariati, incaricato d'affari; dal 23 marzo 1898 MALASPINA DI CARBONARA marchese Obizzo, inviato straordinario e ministro plenipitenziario. (2) -Fino al 4 luglio 1897. (3) -~'ino al 21 marzo 1898, poi TOMASI DELLA TORRETTA Pietro, addetto. (4) -Dal 18 novembre 1897 ANCILOTTo conte Giuseppe, segretario. (5) -Dal 1° aprile 1898 CAPRARA conte Enrico., addetto. (6) -Fino al 21 novembre 1897, poi ANTONELLI conte Pietro, inviato straordinario e ministro plenipotenziario.

CILE

Santiago -GREPPI conte Antonio, ministro residente.

CINA

Pechino -N. N. inviato straordinario e ministro plenipotenziario (l); SALVAGO RAGGI marchese Giuseppe, primo segretario; VITALE DI PoNTAGGIO Guido, interprete.

COLOMBIA

Bogotà -PIRRONE Giuseppe, ministro residente.

COREA

N. N. inviato staordinario e ministro plenipotenziario (1).

COSTARICA

BRUNI GRIMALDI Francesco, ministro residente (residente a Guatemala) (2)..

DANIMARCA

Copenaghen -GALVAGNA barone Francesco, inviato straordina,rio e mini,stro plenipotenziario.

FRANCIA

Parigi -ToRNIELLI BRUSATI DI VERGANO S. E. conte Giuseppe, senatore, ambasciatore; POLACCO Giorgio, primo segretario; PAULUCCI DE' CALBOLI (dei marchesi) conte Raniero, secondo segretario; RoMANo Camillo terzo segretario (3); CAHEN Teofilo Rodolfo, marchese di Torre Alfina, terzo segretario; SFORZA Carlo, addetto; GABUTTI Pasquale Pietro, archivista capo; LUCCHESI PALLI F. (dei principi Lucchesi Palli), cancelliere; PANIZZARDI Alessandro, colonnello di stato maggiore, addetto militare.

GERMANIA

Berlino -LANZA S. E. conte Carlo, tenente generale, ambasciatore, accreditato pure in qualità di inviato straordinario e ministro plenipotenziario presso i regni di Sassonia e di Wurtemberg; presso i granducati di Assia, Baden, Mecklemburgo-Schwerin, Mecklemburgo-Strelitz, Oldenburgo e Sassonia, Weimar-Eissenach; e presso i ducati di Brunswich, Sassonia Altenburgo, Sassonia Coburgo e Gotha, Sassonia-Meiningen; CALVI DI BERGOLO conte Giocgio Carlo, consigliere; SoMMI PICENARDI Girolamo, marchese di Calva

(l) -Dal 6 marzo 1898 DE MARTINO nob. Renato, inviato straordinario e ministro plenipotenziario. (2) -Fino al 13 ottobre 1897, poi RAYBAunr MAssrGLIA Annibale, ministro residente. (3) -Fino al 25 luglio 1897.

tone, primo segretario (l); ORSINI BARONI Luca, addetto; CrcERO Carlo, cancelliere; PRUDENTE Giuseppe, colonnello di stato maggiore, addetto militare.

GIAPPONE

Tokio -ORFINI conte Ercole, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; CASATI Luigi, interprete; GAsco Alfonso, inteprete.

GRAN BRETAGNA

Londra-FERRERO S. E. Annibale, tenente generale, ambasciatore; BoTTARo-CosTA conte Francesco, primo segretario (2.); QuARTo DI BELGIOIOSO Antonio, conte del Vaglio, secondo segretario; DE BosDARI conte Alessandro, terzo segretario (3); RusPOLI (dei principi) Mario, addetto; Dr MoNTAGLIARI marchese Paolo, addetto (4); BIANCO A., capitano di fregata, addetto navale.

GRECIA

Atene -AVARNA duca Giuseppe, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; NoBILI Aldo, primo segretario; LEVI Giorgio, secondo segretario (5).

GUATEMALA

Guatemala -BRUNI GRIMALDI Francesco, ministro residente (6).

HAITI

N. N., ministro residente (7).

HONDURAS

Tegucigatpa -BRUNI GRIMALDI Francesco, ministro residente (residente a Guatemala (6).

LUSSEMBURGO

ZANNINI conte Alessandro, inviato straordinario e ministro plenipotenziario (residente all'Aja).

MAROCCO

Tangeri -MALMUSI Giulio, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; GIANATELLI GENTILE Agesilao, interprete.

(l) -Fino al 5 agosto 1897, dal 18 aprile 1898 DE BosoARI conte Alessandro., pl'imo segretario. (2) -Poi consigliere

(3: Fino al 18 aprile 1898.

(4) -Fino al 2 novembre 1897. (5) -Dal 2 novembre 1897 Dr MoNTAGLIARI marchese Paolo, addetto. (6) -Fino al 13 ottobre 1897, poi RAYBAuor MAssrGLIA Annibale, ministro residente. (7) -Dal 24 febbraio 1898 CHicco Enrico, ministro residente.

24 -Documenti diplomatici • Serie III . Vol. II.

MESSICO

Messico -N. N. inviato straordinario e ministro plenipotenziario (1).

MONTENEGRO

Cettigne -BrANCHI DI CAsTELBIANCo marchese Francesco, inviato straordinario e ministro plenipotenziario.

NICARAGUA BRUNI GRIMALDI Francesco, ministro residente (residente a Guatemala) (2).

PAESI BASSI

Aja -ZANNINI conte Alessandro, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; DE GREGORIO marchese Paolo, segretario.

PARAGUAY

Assunzione -ANTONELLI conte Pietro, inviato straordinario e ministro plenipotenziario (residente a Buenos Ayres) (3).

PERSIA Teheran -MAISSA Felice, ministro residente.

PERU'

Lima -CAsTELLI Pietro, ministro residente.

PORTOGALLO

Lisbona -GERBAIX DE SoNNAZ conte Carlo Alberto, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; FRIOZZI marchese Lorenzo, principe di Cariati, primo segretario (4).

ROMANIA

Bucarest -BEccARIA INCISA (dei marchesi) nob. Emanuele, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; BAROLI nob. Carlo, primo segretario; CAP~ARA Enrico, addetto (5); 0LIVOTTo Teodoro, interprete.

(l) -Dal 23 agosto 1897 HIERSCHEL DE MINERBI conte Oscarre, inviato straordinario e ministro plenipotenziario. (2) -Vedi nota 6 a pag. 369. (3) -Vedi nota 6 a pag. 367. (4) -Fino al 28 febbraio 1898, dal 23 marzo 1898 SALLIER DE LA TouR (dei conti) nob. Giuseppe, duca di Calviello, primo segretario. (5) -Fino al 1° aprile 1898, poi MEDICI DI MARIGNANO Giulio Luigi, addetto.

RUSSIA

Piet1·oburgo -MAFFEI DI BOGLIO marchese Carlo Alberto, ambasciatore (l); MELEGARI Giulio, consigliere; CoRSINI (dei principi) Andrea Carlo, primo segretario (2); Dr MAYO Pio, colonnello di stato maggiore, addetto militare.

S.ALVADOR

BRUNI GRIMALDI Francesco, ministro residente (residente a Guatemala) (3).

SAN DOMINGO

N. N., ministro residente (4).

SERBIA

N. N., inviato ·straordinario e ministro plentpotenziari01; BoLLATI Riccardo, primo segretario (5); NAVA Luigi, colonnello di stato maggiore, addetto militare (residente a Vienna).

SIAM

N. N., inviato straordinario e ministro plenipotenziario (residente a Pechino) (6).

SPAGNA

Madrid -DE RENZIS DI MoNTANARo S. E. Francesco, barone di S. Bartolomeo, ambasciatore; MALASPINA DI CARBONARA marchese Obizzo (consigliere (7); CARIGNANI (dei duchi di Novoli) nob. Francesco, primo segretario; SACERDOTI (dei conti di Carrobio) nob. Vittorio, addetto (8).

STATI UNITI

Washington -FAVA S. E. barone S.averio, ambasciatore; VINCI conte Giulio Cesare, primo segretario (9).

SVEZIA E NORVEGIA

Stoccolma -N. N., inviato straordinario e ministro plenipotenzario (lO); FERRARA DENTICE Enrico, primo segretario.

(l) -Dal 21 novembre 1897 MoRRA DI LAVRIANO E DELLA MoNTÀ (dei conti) nob. Roberto, ambasciatore. (2) -Dall'8 aprile 1898 ALIOTTI (dei baroni) nob. Carlo, addetto.. (3) -Vedi nota 6 a pag. 369. (4) -Dal 24 febbraio 1898 CHicco Enrico, ministro residente. (5) -Fino al 20 marzo 1898, dal 18 aprile 1898 BERTI Emanuele, primo segretario. (6) -Dal 6 marzo 1898 DE MARTINO nob. Renato, inviato straordinario e ministro. plenipotenziario (residente a Pechino). (7) -Fino al 23 marzo 1898; dai 15 aprile 1898 FRrozzr marchese Lorenzo, principe di

Cariati, primo segretario.

(8) -Dall'8 aprile 1898 SERRA Attilio, addetto. (9) -Dal 25 luglio 1897 RoMANO Camillo, secondo segretario. (10) -Dal 23 agosto 1897 GuAsco DI Brsro (dei mal"Ches!) nob. Alessandro, inviato straordinario e ministro plenipotenziario.

SVIZZERA

Berna -RIVA Alessandro, inviato straordinario e ministro plenipotenz.iario; MAYOR DES PLANCHES nob. Edmondo, consigliere; RANUZZI SEGNI conte Cesare, pr.imo segretario; SALLIER DE LA TouR nob. Giuseppe, duca di Calvello, secondo segretario (l); DA VELLA Oreste addetto; KRAUTH Federico, cancelliere; PANIZZARDI Alessandro, colonnello di stato maggiore addetto militare (residente a Parigi).

TURCHIA

Costantinopoli -PANSA S. E. Alberto, ambasciatore; GALLINA conte Giovanni, primo segretario; CARLOTTI marchese Andrea, secondo segretario; ANCILOTTO conte Giuseppe, addetto (2); PoDESTÀ Giuseppe, interprete; CANGIÀ Alfredo, interprete; CHABERT Alfredo, interprete; BERNABEI Vincenzo, interprete; TROMBI conte Vittorio, teneute colonnello di stato maggiore, addetto militare.

URUGUAY

Montevideo -ANTONELLI conte Pietro, inviato straordinario e ministro plenipotenziario (3).

VENEZUELA

Caracas -RrvA nob. Giovanni Paolo, ministro residente.

(l) -Fino al 23 marzo 1898: dall'8 aprile 1898 NEGROTTO CAMBIASO Lazzaro, addetto. (2) -Fino al 18 novembre 1897. dal 18 ottobre 1897 MANZONr Gaetano, addetto. (3) -Vedi nota l a pag. 367.

APPENDICE II

UFFICI DEL MINISTERO pEGLI AFFARI ESTERI CONSIGLIO DEL CONTENZIOSO DIPLOMATICO

(Situazione al giugno 1897)

MINISTRO

VIscoNTI VENOSTA S. E. Emilio, senatore (fino al 2 giugno 1898). CAPPELLI marchese Raffaele (dal 2 giugno 18,98).

SOTTOSEGRETARIO DI STATO

BoNIN LONGARE S. E. conte Lelio, deputato.

SEGRETARIO GENERALE

MALVANO Giacomo, consigliere di stato, senatore del Regno.

DIVISIONE I

Affari poLitici

Direttore capo divisione: BIA:-<CHINI Domenico.

SEZIONE I

Europa e colonie, Asia, Africa ed Oceania

Apertura della corrispondenza -Carteggio in materia politica -Stipuìazione e interpretazione dei trattati politici -PubbLicazione di documenti diplomatici -Reclami di carattere politico verso governi stranieri -Espulsioni di ootura politica -Rettificazioni ed accertamenti di frontiera -Rassegna della stampa politica oozionale ed estera Cij1·ari coi regi uffici alL'estero -Telegrafo e cifra -Tipografia del Ministero

Capo sezione: FASSATI DI BALZOLA (dei marchesi) nob. Ferdinando.

Segretari: KocH Ernesto; VaL T ATTORNI Gabriele; DECIANI Vittorio; MAccHI DI CELLERE (dei conti) nob. Vincenzo (segretario particolare di S. E. il sottosegretario di stato).

Archivista: NEGRI Rodolfo.

Ufficiali d'ordine: GALLINGANI Augusto; MoNDINO Pietro; FERRERO tCamillo; BoNGIOVANNI Emilio; ZuccHETTI Pietro.

Addetto all'ufficio: BAJNOTTI Paolo, ·console di ;Prima classe (segll'etario di

S. E. il Ministro).

SEZIONE II

America

(Come nella Sezione I, nei rapporti con gli Stati d'America)

Capo sezione: CUGNONI Guglielmo.

Segretario: CELESIA DI VEGLIASCO barone Alessandro (l).

Addetto all'ufficio: PRINETTI conte Emanuele, segretario di legazione di seconda classe.

SEZIONE III

Eritrea e protettorati

Carteggio politico ed amministrativo in materia coloniale -Possedimenti, occupazioni, protettorati, determinazioni di confini e di sfere d'influenza in Africa -Misure sancite dagli Atti generali di Berlino e di Bruxelles -Tratta degli schiavi -Pubblicazione di documenti diplomatici relativi a questioni coloniali -Spedizioni geogmfiche ed esplorazioni in Africa -Amministrazione delll'Eritrea e dei protettorati -Colonizzazione -Personale coloniale -PTeparazione delle leggi e dei decreti sull'ordinamento della colonia Eritrea -Bilancio e contabilità coloniali -Protocollo ed archivio dell'ufficio.

Capo sezione: N. N.

Segretari: AGNESA Giacomo; RANDACCIO Ignazio.

Vice segretario: CoNTARINI Salvatore.

Ufficiale d'ordine: SoRMANI Gilberto.

DIVISIONE II

Affari commerciali, emigrazione e scuole

Direttore capo divisione: PucciONI Emilio.

SEZIONE I

Affari commerciali

Carteggio relativo alla stipulazione e interpretazione de!Jli atti internazionali di natura commerciale, industriale, ferroviaria, telegrafica Studi di potittca commerCiate -.Pubbttcazwni d'tnctole economtea

Esposizioni -Sconfinamenti doganali -Sanità pubblica.

(l) Dal 22 luglio 1897 LEVI Giorgio, volontario, col titolo di segretario di legazione.

Capo sezione: PASSERA Oscarre.

Segretari: ANDREOZZI conte Pietro; ANIELLI Lorenzo.

Addetto all'ùfficio: FRANCISCI conte Edoardo, console di seconda classe.

SEZIONE II

Emigrazione

Emigrazione e colonie -Associazioni ed istituti all'estero, escluse le scuole -Indagini statistiche relative all'emigrazione -Bollettino del Ministe1·o degli Affari Esteri

Capo ·S·ezione: PELUCCHI Carlo. Segretario: CANONICO Edoardo. Ufficiale d'ordine: FILIPPINI Garibaldo.

SEZIONE III

Scuole

Istituti scolastici governativi all'estero, lo1·o ordinamento e direzione didattico disciplinare -Istituzione e sopp·ressione di scuole -Locali scolastici -Materiale didattico e scientifico -Personale inseqnante Deputazioni scolastiche -Concorsi -Ispezioni -Posti gratuiti e semigratuiti dall'estero per l'interno -Amministrazione, contabilità, bilanci delle scuole.

Istituti sussid~ati all'estero -Sussidi ordinari e straordinari a scuole coloniali, private e confessionali -Vigilanza sulle medesime, ispezione di esse.

Palestre ginnastiche -Biblioteche all'este1·o -Regio istituto orientale di Napoli -Regio istituto internazionale di Torino

Annuario delle scuole alL'estero -Statisti.ohe -Relazioni al Ministro ed al Parlamento -Protocollo ed arc1uivio dell'ufficio. Ispettore generale delle scuole all'estero: SCALABRINI Prof. Angelo. Segretario: BoccoNI Luigi. Ufficiali d'ordine: BARBERI Francesco; VIGNOLO Edoardo.

Addetti all'ufficio: FIORETTI Vittorio, vice segretario di ragioneria di prima classe; SuGLIANI Augusto, vice segretario di ragioneria di seconda classe; FRANZETTI Attilio, volontario di ragioneria.

DIVISIONE III

Affari privati

Direttore capo divisione: VACCAJ Giulio.

SEZIONE I

Europa, Africa, Asia ed Oceania Questioni ed affari di nazionalità, di estradizione, di protezione con solare, di successioni, di stato civile e d'ogni aUro ordine Mn politico nè commerciale -Rogatorie -Pensionati all'estero -Atti giudiziari Atti di stato civile -Stipulazione ed interpretazione di trattati relativi a dette materie.

Capo sezione: DE GAETANI Davide.

Segretari: MIRTI DELLA VALLE nob. Achille; Ricci Arturo.

Vice segretario: GALLIAN Massimo (1).

Ufficiali d'ordine: SANDRUCCI Lorenzo; BENFENATI Evaristo; CAMETTI Alberto;

FIOCCARDI Cesare.

SEZIONE II

America

(Come nella Sezione I, nei rapporti con gli Stati d'America)

Capo sezione: N. N.

Segretario: LANDI-VrTTORJ Vittorio (2).

Vice segretario: DuRAND DE LA PENNE, marchese Enrico.

DIVISIONE IV

Personale

Direttore capo divisione: BARILARI Federico.

SEZIONE I

Personale

Personale d'ogni categoria dipendente dal Ministero degli Affari Esteri (escluso il personale delle scuole ed il personale coloniale) -Esami -Annuario del Ministero e bollettino del personale -Istituzione e soppressione di posti diplomatici e consolari -Servizio d'ispezione dei regi uJjiCi aLL'estero -UJjici amtomattci consolari esteri in ltatia

Registrazione degli atti pubblici -Protocollo ed archivio dell'ufficio Capo sezione: BERTOLLA Cesare. Seg,retario: SERRA (dei conti) nob. Carlo (3). Archivista: ZAVEL DE LouviGNY Filippo Antonio. Ufficiali d'ordine: PEROTTI Felice; CLAUS Giuseppe.

(l) -Dal 21 novembre 1897, segretario (2) -Dal 21 novembre 1897, capo sezione. (3) -Dal 15 settembre 1897 SANorccHr Pasquale, volontario.

SEZIONE II

Cerimoniale

Cerimoniale -Lettere reali -Redazione di pieni poteri, credenziali, lettere di richiamo ecc. -Deco1-azioni italiane e stmniere -Privilegi ed immunità degli agenti diplomatici e consolari -Franchigie in materia doganale ai regi agenti all'estero ed agli agenti stranieri in Italia -Visite e passaggi di sovrani, principi, capi di Stato e grandi personaggi -Richieste per viaggi in strada ferrata e per viaggi 1narittimi degli impiegati.

Capo sezione: MINA BoLZESI Giuseppe (l).

Segretario : VALENTINI Claudio.

Archivista capo: ALINARI Enrico.

Archivista: CERQUETTI Claudio.

SEZIONE III

Legalizzazioni

Legalizzazione di atti di stato civile provenienti sia dall'estero che dall'interno -Atti di stato civile di stranieri in Italia -Pubblicazioni di 1natrimonio -Registri di stato civHe -Liste di cittadini morti all'estero -Passaporti di serJizio, riconoscimenti di firma.

Capo s·ezione: BROFFERIO Tullio.

Ufficiali d'ordine: DE GREGORIO Francesco; MoRONE Vittorio.

DIVISIONE V

Ragioneria

Direttore capo divisione: BELLISOMI Ludovico.

SEZIONE I

Bilancio dell'entrata -Riscossioni e versamenti proventi consolari Cassa ed oggetti di valore -Accettazione ed incasso cambiali -Conti correnti coi regi agenti all'estero -Revisione delle contabilità degli uffici diplo1natici aLl'estero -Palazzi all'estero -Tariffa consolare Conto corrente con ta tesoreria centra~e -conti con le soCietà dt navigaztone -credHi su casse t>anc.ane estere -conti gtudtziati Stipendi ed assegni al personale consolare, interpreti ed ufficiali d'o1"dine all'estero -Proventi dell'ufficio di riconoscimento di firma Decreti, mandati di pagamento -Corrispondenza e relativa copia.

(l) Dal 21 novembre 1897 BROFFERIO Tu!lio, capo sezione.

Capo sezione: BoNAMico Cesare.

Segretario: CASADIO Carlo.

Vice segretari: VINARDI Giuseppe (cassie~~:e); MARCONI Alfredo; BoRRONI Ago· stino.

Volontari: SANDICCHI Pasquale; CRIVELLAR! Quirino (1).

SEZIONE II

Bilancio della spesa -Pensioni -Inventari -Contabilità, viaggi, stabilimenti, missioni, stipendi al personale del Ministero, stipendi ed assegni al personale delle legazioni -Copia mandati -Conto articoli -Situazione decadale dei fondi -Sussidi diversi -Decreti, mandati di pagamento, scuole all'estero, economato, biblioteca -Protocollo ed archivio -Raccolta e copia dei decreti -Corrispondenza e Telativa copia.

Capo sezione: CALVARI Ludovico.

Segretari: D'AVANZO Carlo; FANO Alberto.

Volontari: CASONI Enrico; DE SANTIS Paolo (2).

Archivio

Distribuzione della corrispondenza m·dinaria -Regist1·azione e sunto delle carte in arrivo e in partenza -Ricerca dei precedenti -Rubriche pe1· ragione di luogo, di materia e di persone -Trasmissioni -Spedizione -Conservazione ed incremento delle collezioni manoscritte del Ministero ·e degli uffici alL'estero -Ricerche storiche -Sunti, memorie, compilazioni archivistiche -Ricupero di atti e carte di Stato -Copie, ctupttcatt e autenttcazione -conservaZione ctegt.i originati ctegli atti internazionali conclusi dal Regno d'Italia e dagli antichi Stati Italiani -Raccolta delle circolari ministeriali e delle disposizioni di massima Archivi degli uffici .all'estero ed inventari (esclusi i libri ed il mobilio) -Conservazione dei regist1·i di stato civile dei nazionali all'estero Provvista di stampati agli uffici diplomatici e consolari all'estero per la formazione di detti registri -Statistiche della corrispondenza e degli atti d'ufficio.

Direttore: GoRRINI prof. Giacomo (con grado di capo divisione di seconda classe).

Capo sezione: BARILARI Pompeo.

Archivisti: BoNGIOVANNI Marco Federico; BENETTI Carlo; PREYER Giovanni.

Ufficiali d'ordine: PASANISI prof. Francesco; SILVANI LoRENI Demetlfio; CIACI Romolo; DE SANGRO Alberto; OsTINI Alessandro; GRAZIOSI Luigi; PANVINI RosATI Mario.

(l) -Dal 15 settembre 1897 SANDICCHr Pasquale, alla divisione IV, sezione I; dal lo giugno 1897, CRIVELLAR! Quirino. vice segretario, dal 1° marzo 1898 VERDESI Ettore volontario. (2) -Dal lo giugno 1897 vice segretari; dal 1° marzo 1897 RrNVERSI R~molo, volontario.

Biblioteca

Conservazione ed incremento della biblioteca del Ministero e di quelle dei regi u:fjìci all'estero -Inventari, cataloghi, schedari -Associazioni a giornali e riviste -Provvista di libri e pubblicazioni agli u:fjìci diplomatici, consoLari -Scambi di pubblicazioni con altri Ministeri ed istituti del Regno e di Stati esteri -Conservazione delle pubblicazioni del Ministero.

Bibliotecario: PASQUALUCCI Loreto (con grado di capo sezione di seconda classe). Ufficiale d'ordine: RENucci Umberto.

Economato

Inventari degli oggetti esistenti al Ministero -Contratti -Acquisto di mobiLi -Manutenzione dei locali -Magaz:~ino -Direzione e disciplina del personale di servizio.

Economo: DE ANGIOLI Eugenio (archivista capo).

Archivista: MARCONE Gabriele Antonio.

Ufficiale d'o.rdine: PETRUCCI Carlo.

Spedizione

Trasmissioni -Spedizioni periodiche -Francatura e franchigia postali Svincoli doganali.

Archivista: SIGNORONI Elia Camillo (corriere di gabinetto).

Tipografia del Ministero

Direttore: ALFERAZZI Giacomo Antonio.

CONSIGLIO DEL CONTENZIOSO DIPLOMATICO

Presidente: Il Ministro.

Vice Presidente: N. N.

Consiglieri: ARTOM !·sacco, •senatore del Regno; BIANCHERI S. E. Giuseppe, deputato; BoccARDo !)lro.f. Girolamo, senatore del Regno, ,consigliere di Stato; CAPPELLI marchese Raffaele, deputato; CANONICO prof. Tancredi, senatore del Regno; DAMIANI Abele, deputato; FÈ D'OsTIANI conte Alessandro, senatore del Reg:.10; FusiNATo prof. Guido, deputato; EsPERSON prof. Pietro; lNGHÌLLERI Calcedonio, senatore del Regno, consigliere di Stato; MESSEDAGLIA prof. Angelo, senatore del Regno; PAGNAO GUARNASCHELLI Gio. Battista, senatore del Regno, primo presidente della Corte di Cassazione di Torino; PIERANTONI avv. Augusto, professore nella R. Università, senatore del Regno.

Segretario: FAsSATI DI BALZOLA (dei marchesi) nob. Ferdinando, capo sezione nel Ministero degli affari esteri.

APPENDICE III

AMBASCIATE E LEGAZIONI ESTERE IN ITALIA

(Sitoozione al giugno 1897)

Argentina -MORENO S. E. Enrique B., inviato straordinario e ministro plenipotenziario; GARCIA MANSILLA Daniel, primo segretario; ZAVALIA Carlos, secondo segretario; MORENO Hilarion, segretario.

Austria-Unghe1·ia -PASETTI VON FRIEDENBURG S. E. barone Marius, ambasciatore; VoN MuLLER Ladislaus, consigliere; LoNYAY conte Elemer, segre· tario; SzECHENYI conte Lajos, addetto; VoN FLoTow ball'one Ludwig, addetto (l); VoN PoTT Emilius, colonnello di stato maggiore, addetto militare (2); CoDARDE Guy, capitano di fregata, addetto navale (3).

Baviera -VoN TucHER barone Heinrich, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; D'ORTEMBURG-TAMBACH conte Frederik, addetto.

Belgio -VAN Loo S. E. Augustus, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; MoNCHEUR barone Ludovic, consigliere (4); GRENIER barone Albéric, primo segretario.

Brasile -REGrs DE 0LIVEIRA S. E. Francisco, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; CHAVES BRUNO, primo segretario; DE VIEIRA FERREIRA Carlos, secondo segretario (5); REGIS DE OLIVEIRA Raoul, segretario.

CHe -PINTO S. E. Francisco, inviato straordinario e ministro plenipotenziario (6); ENFANTES Heliodoros, primo segretario; PUELMA B. Pio, secondo segretario.

Cina -CHICHEN LoFENGLUH S. E. sir K. C. V. 0., inviato straordinario e ministro plenipotenziario; Ou TsONG-LIEN, segretario; KuNG SrNG-CHAN, addetto.

Colombia -HuRTADO S. E. Josè Marcelino, inviato straordinario e ministro plenipotenziario DE SANTA MARIA Manoel, segretario (7).

Dani1narca -VAN REVENTLOW conte Ferdinand Julius Gottlieb, inviato straordinario e ministro plenipotenziario (8).

Francia -BILLOT S. E. Albert, ambasciatore (9); DE LAVAUR DE SAINTE FORTUNADE visconte Henri, consigliere (10); AYNARD, secondo segretario; BoNNARDET Paul, secondo segretario; DE LA CHAUVINIÈRE, terzo segretario; LEscA Armand, addetto (11); GIRARD-PINSONNIÈRE Félix, tenente colonnello del genio, addetto militare; JoussELIN Lucien, tenente di vascello, addetto navale.

(l) -Fino al maggio 1898; dal 1° luglio 1897 SzAPARY conte Laurent, addetto; dal 12 maggio 1898 LilWENTHAL DE LINAU Heinrich, addetto. (2) -Fino all'aprile 1898, poi MARENZI DI TAGLIUNO E TALGATE conte Franz, marchese di Val Oliola, barone di Marenzfeldt e Schenek, tenente colonnello. di stato maggiore, addetto militare. (3) -Fino al maggio 1898, poi BASELLI DE SfrssENBERG barone Victor, capitano di corvetta, addetto navale. (4) -Fino all'ottobre 1897: dal dicembre 1897 SAINCTELETTE Maurice, consigliere. (5) -Fino al maggio 1897. (6) -Dal 29 dicembre 1897 SUBERCASEAUX Ramon, inviato straordinario e ministro plenipotenziario. (7) -Fino al luglio 1897, pru DE MAavAEZ Manoel M., segretario. (8) -Dal settembre 1897 AHLEFELDT LAURVIG conte F., addetto. (9) -Fino al 3 febbraio 1898, poi BARRÈRE S. E. Camille, ambasciatore. (10) -Fino al febbraio 1898, poi BLoNDEL Emile, consigliere. (11) -Fino al febbraio 1898, poi MARUÉJOULS Pierre, addetto, GATINE Lucien, addetto.

Germania -VoN BilLow S. E. Bernhard, ambasciatore (l); VoN PilKLER conte Karl, consigliere; VoN RoMBERG barone Gisbert, segretario (2); HERWARTH VON BrTTENFELD Hans, addetto (3); VoN ARRAH conte Leopold, addetto; VoN !ACOBI Albanus, maggiore, addetto militare; VoN ORIOLA conte Joachim, tenente di va,scello, addetto navale ( 4).

Giappone -MAKINO Nobuaki, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; IcHIKU Massakata, segretario; KusAKABÉ Sankuro, addetto; OTZIAI Toyosaburo, colonnello del genio, addetto militare (5).

Gmn Bretagna-CLARE FoRD S. E. sir Francis, ambasciatore; HERBERT Michael H., primo segretario (6); FAIRFAX CARTWRIGHT L., secondo segretario (7); FoRD John, terzo segretario; BROOKE H. B., terzo segretario; BEAUCHAMP BROWNE D., addetto onorario; NEEDHAM Charles, colonnello, addetto militare; LEwrs WINTZ, capitano, addetto navale (8); PAGET Alfred W., capitano, addetto navale.

Grecia -CoNDURIOTIS D., incaricato d'affari.

Guatemala -CRuz Fernandez, inviato straordinario e minist.ro plenipotenziario (residente a Parigi).

Messico -EsTEVA Gonzalo A., ministro residente; CANEDO Salvador, primo segretario (9); EsTEVA Y CUEVAS Gonzalo A., addetto.

Paesi Bassi -WESTENBERG Bernhard, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; LoNDON John, segretario.

Persia -NERIMAN Khan, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; NEvRouz Khan A., consigliere.

Perù -CANEVARo José Francisco, duca di Zoagli, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; CÀCERES José Domingo, primo segretario (10); ELsTER Alfredo, addetto; MACKENZIE Robert F., capitano, addetto (11); DE ALTHAUS Augusto, colonnello, addetto militare.

Portogallo -DE VALMOR S. E. visconte, inviato straordinario e ministro plenipotenziario (12); MoNTEVERDE Alfredo Achilles, primo segretario; DE 0LIVEIRA SoARES Antonio, secondo segretario.

(l) -Dal 5 dicembre 1897 SAURMA DE JELTSCH S. E. barone A., ambasciatore. (2) -Fino al dicembre 1897. (3) -Fino al Settembre 1897, poi STOLBERG WERNIGERODE principe Wilhelm, addetto. (4) -Fino al settembre 1897, poi WENTZEL Oscar, capitano di fregata, addetto navale. (5) -Dal 13 maggio 1898 KABURAKI Makoto, capitano di vascello, addetto navale. (6) -Fino all'agosto 1897, poi BONHAM sir Geo.rge, primo segretario. (7) -Dall'ottobre 1897 LEECH Stephen, secondo segretario. (8) -Fino al novembre 1897, poi JACKSON Henry B., capitano, addetto navale. (9) -Fino al 13 aprile 1898. (10) -Fino al dicembre 1897, poi PUENTE Alehandro, segretario. (11) -Fino al settembre 1897. • (12) -Dal dicembre 1897 DE CARVALHO Y VASCONCELLOS S. E. lVIATIAS, inviato straordinarlO e ministro plenipotenziario.

Romania -LAHOVARY Alexandru, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; ZAMFIRESCO Duilius, primo segretario (l); LANGA-RASHCANO Kostantin, addetto.

Russia -VLANGALY S. E. Aleksandr Ijergorovic, ambasciatore (2); KROUPENSKY Anatol Nikolaevic, consigliere; BAGGOVOUT Viktor, primo segretario; KELLER conte Aleksandr, secondo segretario (3}; TRoUBETSKOI principe Nikolaj, tenente colonnello di stato maggiore, addetto militéiJI'e.

Serbi.a -BoéréEVIc Milan, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; Pr,'-'!..ovrc Ivan, incaricato d'affari ad mterim (4).

Siam -PHYA SuRIYA NuvART, inviato straordinéiJI'iO e ministro plenipotenziario; CoRRAGIONI D'ORELLI Carlo, consigliere; LUANG VrsAIT, primo segretario; LUANG VrsUTR, addetto; LUANG BHAKDI, addetto.

Spagna -MERRY Y CoLON DE BENOMAR S. E. conte Francisco, ambasciatore (5); OsoRIO Fernandez, primo segretario; GASSEND Y FRIAS Carlos, secondo segretario; MrTJANA Rafael, terzo segd'etario; DE LA GANDARA Y PLAZAOLA marchese José, addetto; DE YARA Alfonso, addetto (6); VALLES Y S.oLER DE ARAGON Camillo, colonnello, addetto militare.

Stati Uniti -DRAPER S. E. William Franklin, ambasciatore; HALE Chandlef, !;egretario (7); ScRIVEN George Percival, capitano di stato maggiore, addetto militare; NrBLAC A. P., tenente di vascello, addetto navale (8).

Svezia e Norvegia -DE BrLDT barone Karel Nils Daniel, inviato straordinario e ministro plenipotenziaLl'io.

Svizze1·a -CARLIN Gastone, inviato straordinario e mini,stro plenipotenziario; CHOFFAT Joseph, primo segretario; BuRCKARDT Johann Rudo1f, addetto (9).

Turchia -RÉCHID S. E. Moustapha bey, ambasciatore; PANGIRIS bey, consigliere; OHANNÉs bey, primo segreta:I'io; RÉCHID bey, primo segretario; RÉCHID SAADI bey, secondo segretario; IBRAHIM S.AMIH bey, terzo segretario; ALI NADIR be:y, tenente colonnello di stato maggiore, addetto militare.

Uruguay -Mu&oz Daniel, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; RovrRA Enriquen, primo segretario; CASALIA José Augustino, addetto; FERRARI José Manoel, ufficiale onorario.

Venezuela -CALCANO MATHIEU Juan, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; FLORES conte E., segretario; QUINTERO Angelo, addetto.

(l) -Dal giugno 1897 GHrKA Demetrius, segretario. (2) -Fino al luglio 1897; dal 4 dicembre 1897 DE NELIDOW S. E. A. J., ambasciatore. (3) -Dal novembre 1897 CANTACURÈNE principe Mikail, addetto; dall'aprile 1898 DE HALPERT Karl, addetto; dal giugnc. 1898 BARCLAY-DE ToLLI-WEIRMAN, principe, addetto. (4) -Fino al febbraio 1898, poi Yovrcrc Aleksandr, segretario, incaricato d'affari. (5) -Fino al dicembre 1897; dal gennaio 1898 DEL MAzo S. E. Cipriano, ambasciatore. (6) -Fino al dicembre 1898. (7) -Fino al gennaio 1898; IooiNGS Lewis Morris, secondo segretario dal settembre 1897 al gennaio 1898, pc.i primo segretario; dal marzo 1898 PARSONS Richard secondo segretario. (8) -Fino al maggio 1398, poi BARBER F. M., addetto navale. (9) -Dal 2 novembre 1897 ScHULER Hans, addetto.